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Autore: Eryca    22/12/2022    1 recensioni
Draco Malfoy ha rifiutato la missione che il Signore Oscuro gli ha affidato: uccidere Albus Silente.
Non l'ha fatto apertamente - non è certo uno sciocco Grifondoro - ma si è trovato, per qualche strana ragione, in combutta con il Preside, Piton e il fantasma di Sirius Black.
La sua vita poteva forse andare peggio?
Sì, si era anche preso una cotta per Hermione Granger. Maledizione a Salazar!
***
La storia prende le mosse da "Harry Potter e Il Principe Mezzosangue", modificandone la trama
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Code di rospo e occhi di pesce'
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Capitolo 1

Di quando Draco Malfoy schiantò Ronald Weasley
 

*
*
*

Hermione Granger alzò la testa dal libro. Si chiese per quanto tempo i suoi occhi erano rimasti fissi sulle pagine di Lupi mannari. Tutto quello che è necessario sapere per conoscerli. Guardò fuori dalla finestra della biblioteca e si accorse che erano già scese le tenebre. Doveva essere piuttosto tardi, considerando anche che Madama Chips, al momento, stava passando tra le file di banchi vuoti a raccogliere i tomi lasciati da chi li aveva consultati durante la giornata. Hermione si sgranchì le braccia, portandole sopra la testa, e finalmente si decise a chiudere il libro. Raccolse rapidamente le sue cose e posò il volume al bancone di Madama Chips, poi si volse verso la bibliotecaria: «Buona serata, Madama Chips!», che ricambiò il saluto con un gesto della mano. Uscita dalla biblioteca, passò brevemente dal dormitorio per posare il materiale di studio. La Sala Comune era vuota: dovevano essere già tutti scesi per cena. Hermione si affrettò verso la Sala Grande, sentendo infine un certo languorino. Riuscì a schivare, lungo le scale che scendevano dalla Torre Grifondoro, dei gusci di noce che Pix si stava divertendo a lanciare dall’altro di un candelabro. Pensò che fosse irrilevante ricordargli che fosse Caposcuola e aveva così fame che l’idea di chiamare il Barone Sanguinario per spaventarlo le sembrò troppo onerosa. Decise di evitarlo, molto più semplicemente, per godersi la meritata cena dopo il pomeriggio di studio. In Sala Grande, i quattro tavoli delle Case erano già animati dagli studenti, che si affrettavano ad accaparrarsi il cibo. Si accorse che, dal tavolo dei Corvonero, Luna Lovegood si sbracciava per salutarla. Hermione sorrise e ricambiò. Si diresse verso il tavolo dei Grifondoro, dove trovò ovviamente un Ronald Wesley concentrato nella sua attività preferita: ingozzarsi. Hermione lo guardò con fare disgustato, poi spostò gli occhi su Harry Potter, in quel momento intento ad osservare con attenzione - molta attenzione - la sua zuppa di zucca. Hermione lo guardò senza riuscire a tradire la sua preoccupazione: sapeva bene a che cosa stava pensando Harry. Voldemort, la morte di Sirius, i prossimi piani, Hogwarts in pericolo, il Ministero minacciato dal Lato Oscuro. Malfoy. Da quando erano tornati a scuola, qualche settimana prima, Harry era letteralmente ossessionato da Malfoy. Gli passò un braccio attorno al collo, Harry finalmente alzò il viso e le accennò un debole sorriso.

«Ciao ‘Mione», la salutò. A quel punto, anche Ron si accorse di lei e le rivolse un sorriso mentre continuava a masticare una coscia di pollo.

«Com’è andato l’allenamento?», chiese a Harry, cercando di distoglierlo dai suoi oscuri pensieri.

«Da quando ti interessi di Quidditch?»

«Ci tengo molto a sapere i progressi di Grifondoro. Quest’anno dobbiamo far vedere chi comanda ai Serpeverde», disse, ripetendo di fatto ciò che aveva sentito dire a Dean Thomas la sera prima, in Sala Comune. Harry dovette accorgersene, perché ridacchiò, sinceramente divertito. Perlomeno era riuscita a farlo ridere.

«Le ore di Lumacorno oggi sono state infinite», la voce di Neville interruppe il loro ridacchiare.

«Quell’uomo è tremendamente parziale!», commentò stizzita Ginny Weasley, seduta vicino a Lavanda e Calì.

«Non me lo dire», sputacchiò Ron tra un morso e l’altro, «Come al solito non mi ha invitato al suo tè per il “meraviglioso” Luma Club. In compenso…», disse gettando un’occhiata di fuoco verso il tavolo dei Serpeverde «i figli dei Mangiamorte hanno tutti un posto assicurato».

Hermione seguì lo sguardo di Ron e rivolse gli occhi alla lunga tavolata al fondo della Sala Grande, dove sedevano gli alunni vestiti di verde e argento. Theodore Nott, che le metteva i brividi al solo pensiero, stava torturando un pezzo di tacchino, lo sguardo duro. Vicino a lui, Blaise Zabini, elegante e marmoreo come sempre, sembrava ascoltare con poco interesse qualcosa che stava dicendo il “Carlino”, Pansy, di fronte a lui. Seduto accanto a Zabini, le mani perfettamente immobili ai lati del piatto vuoto, Draco Malfoy stava fissando il suo bicchiere, il volto impenetrabile. Sembrava completamente assorto e assente dalla conversazione che i compagni stavano intrattenendo: la Parkinson doveva aver fatto una battuta, perché Tiger era scoppiato in una risata (Hermione pensò che era molto simile a un troll di montagna). Malfoy non rise, non sembrò neanche accorgersi di quello che stava succedendo attorno a lui.

«Guardatelo… Sono sicuro che la pelle del suo braccio sinistro non sia più pallida come il resto del suo corpo…». L’insinuazione di Ron, sussurrata a bassa voce a lei e Harry, le provocò una scia di brividi lungo la schiena. Erano settimane che lui e Harry ripetevano che Malfoy doveva sicuramente avere il Marchio Nero, ma Hermione non riusciva a quietarsi con quella supposizione. Non riusciva a spiegarsi perché, ma le sembrava impossibile che Malfoy fosse un Mangiamorte. Insomma, a rigor di logica era la perfetta conclusione di un romanzo di formazione che andava avanti dal loro primo anno: Purosangue, pupillo di Lucius Malfoy, noto e spietato Mangiamorte, nipote di Bellatrix Lestrange, braccio destro di Tu-Sai-Chi, notoriamente poco favorevole ai Mezzosangue (come aveva premurato di ricordarle ogni giorno della sua carriera scolastica). Aveva senso. Draco Malfoy era finalmente diventato ciò che sognava da sempre: un leccapiedi di Tu-Sai-Chi. Eppure, qualcosa in quella narrazione non la convinceva. Eppure, qualcosa stonava.

Ma che cosa?
«’Mione, c’è qualcuno in casa…?» Ron le stava sventolando la mano davanti al viso.
«Sì, scusate, mi sono distratta…»
Harry le rivolse un sorriso, come per dire “non sai quante volte mi succede”, mentre Ron era intento a leccare - letteralmente - il suo piatto - vuoto -.
Il resto della cena avvenne in pace. Hermione ascoltò i discorsi di Seamus, Dean, Harry e Ron sui pronostici della stagione di Quidditch, mentre con l’altro orecchio cercava di captare i pettegolezzi che Lavanda Brown stava raccontando a Ginny e Calì. Hermione non era mai stata la benvenuta nel gruppo delle ragazze Grifondoro: troppo seria, troppo maestrina, troppo perfetta, troppo amica del Prescelto e di Weasley. Con lei non si sarebbe potuto spettegolare, essere frivole, non si sarebbero sentite “a loro agio”, come le aveva un giorno raccontato Ginny, quando Hermione l’aveva messa alle strette. Ginevra, tuttavia, non smetteva di sforzarsi di includerla, invitandola sempre alle piccole festicciole organizzate nei dormitori delle ragazze o alle merende ai Tre Manici di Scopa. Ma Hermione non voleva di certo sembrare patetica, così si ritrovava quasi sempre a rifiutare, inventandosi delle scuse fantasiose. Sapere di essere esclusa dalle stesse ragazze Grifondoro la faceva stare male, ma cercava di non pensarci, in fondo aveva Harry e Ron. Mentre Dean commentava che l’Irlanda quell’anno avrebbe sicuramente vinto la Coppa, Hermione sentì Calì bisbigliare: «Dicono che la Parkinson abbia più corna che anima. Insomma, Padma mi ha assicurato di aver visto Draco questa mattina all’alba sgattaiolare fuori dalla Sala Comune di Corvonero, aveva la camicia sbottonata e i capelli in disordine».
«Ma quindi sta ancora con Faccia di Carlino?», chiese Ginny.
«A quanto pare… Ho sentito dire dalla Greengrass, che è parecchio intima con Zabini, che è parecchio intimo con Malfoy, che Pansy…», non riuscì a sentire il resto della frase di Calì, perché Harry richiamò la sua attenzione, dicendole che lui e Ron iniziavano a salire in Sala Comune. Hermione si riscosse e seguì Harry e Ron fuori dalla Sala Grande.
Per un secondo pensò di voltarsi verso il tavolo Serpeverde per dare un’occhiata a lui, poi pensò che gli elfi dovevano aver messo qualcosa di strano nella zuppa di zucca, e varcò l’entrata della sala senza voltarsi indietro.

 

*** 
 

La Sala Comune di Serpeverde non era mai stato un tripudio di allegria, ma di certo quell’aria mesta era troppo persino per loro, pensò Malfoy. Theo era intento a leggere un libro, il volto imbronciato - quando mai Theo non era imbronciato? -, Daphne si stava mettendo uno smalto nero alle unghie, mentre Zabini guardava con condiscendenza Tiger e Goyle che si ingozzavano di Cioccorane. Il resto degli allievi - primo anno, secondo anno, chissà - Malfoy non li conosceva e non aveva alcun interesse a conoscerli. Entrò, la sacca da Quidditch ancora in spalla, rivolgendo un breve cenno del capo a Blaise, che aveva alzato la testa vedendolo arrivare. Zabini alzò gli occhi al cielo indicando Tiger e Goyle, Malfoy sghignazzò, ma passò oltre, diretto verso il dormitorio. Aveva un bisogno disperato di farsi una doccia, dopo l’allenamento. Per fortuna Pansy non sembrava essere nei dintorni, quindi gli era concessa un po’ di tregua prima che lei gli si fiondasse addosso. Stava mettendo nel cesto della biancheria i vestiti da Quidditch, quando Nott entrò in camera.
«Draco», disse Nott accendendosi una sigaretta, per poi scacciare il fumo come si fa con una mosca. «Vorrei capire che diavolo aveva in testa il vecchio Salazar quando decise di costruire la Sala Comune sotto il Lago Nero e senza una finestra», si lamentò Theo.
«Forse pensava che i suoi studenti sarebbero stati abbastanza Serpeverde da riuscire a far sparire la puzza di fumo anche senza una finestra», commentò tagliente Draco, mentre entrava nel bagno.
Draco si immerse nella vasca da bagno e si godette il calore dell’acqua sul corpo sudato. La testa di Theo sbucò dalla porta del bagno. «Lo sai che si dice in giro, Malfoy?»
«Che sono così irresistibile che anche la McGranitt vorrebbe portarmi a letto?»
Nott storse il naso, disgustato: «Malfoy, c’è qualcosa che vuoi dirmi sulle tue inclinazioni sessuali?»
Draco non rispose, come faceva spesso quando non sapeva controbattere in maniera tagliente, e si limitò a passarsi la schiuma tra i capelli.
«Si dice che hai il Marchio Nero». Theo sputò l’informazione tutto d’un fiato, poi rimase in silenzio, forse in attesa di una sfuriata di Draco. Che però non arrivò. Il ragazzo si limitò a guardarlo con aria annoiata, poi sollevò il braccio sinistro dalla vasca da bagno. Sulla pelle diafana non c’era nulla.
«Pensi che se avessi il Marchio Nero mi farei il bagno tranquillamente davanti a te, Nott?»
«Be’, non sono esattamente un Grifondoro amico di Potter, quindi…». Theo alludeva, come Draco ben sapeva, alla tradizione della famiglia Nott che, molto similmente a quella Malfoy, poteva vantare un certo numero di Mangiamorte. Draco non disse nulla, si limitò a guardare Nott. Se c’era qualcosa di simile a un amico, se per Draco avesse senso parlare di amicizia, lui e Zabini erano la cosa più simile a ciò che possedeva. Tiger e Goyle gli servivano come meri scagnozzi, ma avevano un quoziente intellettivo da fare invidia a Paciock, quindi il rapporto che intratteneva con loro era utilitaristico. Nott e Zabini, invece, dal terzo anno in poi, erano diventati qualcosa di sempre più familiare: si era abituato ad averli nella stessa stanza di dormitorio, ad averli accanto in Sala Comune, alla Testa di Porco, in giro ad Hogsmeade. Tacitamente, ma comunemente, i tre avevano pattuito che la loro relazione era leale - o meglio, dato che si trattava di tre Serpeverde, di non tradimento alle spalle. Insomma, nessuno dei tre avrebbe scagliato una Maledizione Cruciatus sull’altro. E per dei Serpeverde questo significava molto.
Sopra a quella di Nott spuntò un’altra nuca dalla porta d’ingresso. «Stavate sparlando di me?», chiese Zabini.
Malfoy sospirò, esasperato. «Non sapevo che foste così interessati ad assistermi mentre mi lavo, forse dovrei esserne lusingato?».
«Be’, sicuramente non dovresti esserne offeso», commentò Nott, mentre Zabini annuì vigorosamente. Draco si lasciò sfuggire una risatina, poi chiuse gli occhi, cercando di dimenticarsi di quei due e di rilassarsi, anche solo per un momento. Aveva la testa piena, che gli doleva, anche quella era stata una giornata insostenibile, tra le voci di corridoio, Pansy alle calcagna. E quel maledetto fantasma che gli metteva il fiato sul collo.
«Vuoi che indaghiamo su chi ha messo in giro le voci, Malfoy?», chiese Blaise, tutto d’un tratto serissimo, ogni parvenza di giocosità scomparsa dal suo volto.
Ecco, pensò Malfoy, il senso di solidarietà tipica dei Serpeverdi: emerge solo quando c’è da divertirsi, ovvero quando c’è la possibilità di infangare qualcuno che non siano loro.
«Non ce n’è bisogno, so già chi è stato»
Aprì gli occhi, a questo punto un ghigno oltrepassò il suo viso.
«Ronald Weasley».

 

***

 

La lezione di Erbologia si sarebbe tenuta insieme ai Tassorosso, come di consueto. Hermione stava uscendo dal castello per appropinquarsi alle serre, insieme a Harry e Ron. Stavano chiacchierando a proposito dei Corvonero, con cui avevano appena fatto la lezione di Incantesimi, in particolare si chiedevano quando Terry Steeval si sarebbe dichiarato a Hannah Abbott, per la quale aveva chiaramente un debole. O almeno, questo era quello che sosteneva Hermione.
C’era un bel sole, quel giorno, e la ragazza Grifondoro si stava godendo i raggi caldi della tarda mattina, dopo aver passato due ore chiusa in aula del castello.
«Dopo andiamo in biblioteca? Vitious ci ha dato diversi compiti, pensavo che potremmo…», non fece in tempo a finire la frase che un urlo proveniente dalle loro spalle la interruppe.
«Weasel!»
Draco Malfoy, Theodore Nott e Blaise Zabini stavano camminando verso di loro, il passo inconfondibilmente minaccioso. Nott quel giorno sembrava giù lugubre del solito, la divisa Serpeverde perfettamente stirata, Zabini aveva il suo solito sguardo a metà tra il disgustato e l’insofferente. Poi c’era Malfoy. Era stato lui a gridare, a richiamare la loro attenzione, e ora li guardava con espressione strafottente. Hermione lo guardò dritto in quegli occhi grigi, lui ricambio l’occhiata, sostenendo il suo sguardo. Si ritrovò a chiedersi quando era stato il momento in cui Malfoy era passato da essere un semplice bulletto viziato a un pericoloso figlio del Lato Oscuro dall’aria pericolosa.
«Che cosa vuoi, Malfoy?»
Harry, il temerario, valoroso Harry, aveva fatto un passo avanti, in una mossa protettiva nei confronti di lei e Ron. Come ogni volta, non aveva paura di sfidare il pericolo, di prendersi a carico i problemi degli altri. Harry Potter, il Prescelto pronto per salvare il mondo.
«Non lo so, dimmelo tu che cosa voglio, Potty», disse in tono mellifluo il Serpeverde, avvicinandosi di più a loro, «forse rapirti con l’inganno e portarti dal Signore Oscuro, così che poniamo fine una volta per tutte alla tortura della tua esistenza?». Sentì Nott sghignazzare.
«Piantala, Malfoy». Hermione si fece avanti, la bacchetta sfoderata, lo sguardo fiero. Lui voltò di scatto la testa verso di lei, la mascella contratta e gli occhi grigi gelidi, furiosi.
«Non ti intromettere, Mezzosangue»
«Non osare chiamarla così, Malfoy!» Questa volta fu Ron a parlare, che si avvicinò al biondo puntandogli la bacchetta alla gola. Hermione sussultò. Non fargli del male, pensò. Che cosa?, si chiese un secondo dopo, rendendosi conto di quello che aveva appena pensato.
Malfoy non sembrava preoccupato. Prese a ridacchiare in maniera sprezzante, mentre Nott faceva lo stesso e Zabini guardava con disattenzione, le braccia incrociate, come se fosse costretto a osservare un teatrino che lo annoiava.
«Proteggi la tua ragazza, Weasel?»
Hermione si trovò ad arrossire suo malgrado. Ormai tutta la scuola era a conoscenza della sua cotta per Ronald Weasley, che dall’inizio dell’anno, però, preferiva accompagnarsi a Lavanda Brown. Ovviamente Hermione, l’orgoglio di una leonessa, non aveva fatto nessuna scenata, si era limitata a sostenere le occhiate preoccupate di Ginny, a cui aveva assicurato più volte di stare bene. Eppure, in quel momento, la voce di Malfoy che la derideva, sputandole in faccia il fatto che tutti sapevano quanto era patetica, la mortificava.
Trattenne il groppo in gola. Perché quel ragazzo riusciva sempre a ferirla? Doveva essersi abituata, ormai, dopo quasi sei anni, eppure ogni sferzata che arrivava dal Serpeverde era per Hermione una pugnalata dritta nel petto. Si chiese come mai gli avesse sempre dato quell’importanza.
«Chiudi la bocca, Malfoy». Hermione si chiese che cosa dovesse fare, l’ultima volta che si era trovata a rispondere alle provocazioni di Malfoy gli aveva tirato un pugno in faccia.
«Malfoy», intervenne la ragazza, «che cosa vuoi?»
Il biondo la guardò, per un momento notò uno strano balenio nei suoi occhi, ma fu soltanto un istante. «Ho pensato di ricordare a Weasel di farsi gli affari suoi», disse Malfoy quasi ringhiando, «Cosa che ultimamente non gli riesce benissimo».
Hermione pensò che le stesse sfuggendo qualcosa. A che cosa faceva riferimento? Non intendeva…? Si voltò verso Ron, l’espressione incredula. «Ron, non avrai detto in giro le supposizioni che tu e Harry…»
«Eccellente, Miss Granger, anche questa volta ha colto perfettamente il punto: Oltre Ogni Aspettativa».
Ron non sembrava essere imbarazzato, eppure a Hermione sembrò una cosa di cui vergognarsi, andare in giro a raccontare che Malfoy aveva il Marchio Nero quando nessuno di loro tre ne aveva alcuna prova o certezza. Come gli era saltato in mente? Cercò lo sguardo di Harry, che sembrava stupito quanto lei e le rivolse una scrollata di spalle, scuotendo la testa come a dire “Non ne so nulla”.
Oh, al diavolo Ronald Weasley!
«Mi dispiace aver svelato al mondo il tuo “piccolo segreto”, Malfoy», ghignò Ron, «O forse devo dire che non mi dispiace affatto».
A quel punto, Hermione se lo aspettava. Malfoy urlò Stupeficium e un secondo dopo, senza che Hermione facesse in tempo a fare qualsiasi cosa, Ron giaceva a terra schiantato. Mentre Harry si precipitava a vedere come stesse Ron, i tre Serpeverde sghignazzanti stavano muovendo in retromarcia verso il castello, evidentemente soddisfatti della resa dei conti. Hermione sentì il volto incendiarglisi.
«Harry, corri ad avvisare la Professoressa Sprite e porta Ron in infermeria», disse soltanto prima di correre per raggiungere Malfoy, che ormai le dava le spalle.
«Malfoy!»
Lui si girò non appena sentì il suo nome. Lei gli si avvicinò così tanto da arrivare a sfiorargli il naso con il suo. I suoi occhi si inchiodarono nei suoi, un lampo di divertimento. Hermione pensò che da vicino erano ancora più grigi di quanto non lo fossero da lontano, sembrava che la nebbia li riempisse, come se una foschia densissima si fosse impossessata delle sue iridi. Erano belli. Questo pensò. Prima di ricordarsi che aveva appena Schiantato Ron e che il motivo per cui gli era andata a due centimetri dal naso era per tirargli il secondo pugno della storia e non per osservare il colore dei suoi occhi. Merlino, Hermione, ma ti sei bevuta il cervello?
«Non ti permetterò di uscirne indenne, Malfoy», gli disse, la voce inflessibile. «Non hai nessun diritto di trattare così Ron, non la passerai liscia».
Malfoy le rise in faccia. Letteralmente. Le risa in faccia. Hermione dovette concentrarsi per non lanciare la sua prima Maledizione Senza Perdono (magari un’Avada Kedavra). Pensò che non sarebbe valsa la pena di spendere la vita ad Azkaban a causa di Draco Malfoy.
«Lui invece ha tutto il diritto di andare a dire in giro che sono un Mangiamorte, vero?», la risata che uscì dalla gola del ragazzo, questa volta, suonò amara. «Probabilmente sì. Lui è l’amico di San Potter, io sono solo un altro dei tanti figli di Mangiamorte da calpestare senza ritegno durante la vostra marcia per salvare il mondo, non è vero?».
Hermione era pronta agli insulti, all’essere chiamata Mezzosangue, persino a un duello. Ma non a quello. Rimase attonita, l’espressione persa a guardare un Malfoy che non accennava a ridacchiare o a schernire come faceva al suo solito, ma rimaneva impassibile, la mascella serrata e il volto che tradiva una furia antica, come di centinaia di ingiustizie subite e mai confessate.
«Non vedevi l’ora di mettere la mani su Ron», sussurrò incerta, «hai trovato solo il giusto pretesto».
Un sorriso si aprì sul viso di Malfoy.
«Proprio così, Mezzosangue», sussurrò, vicinissimo al suo viso, «ho più di una ragione per aver voglia di Schiantare Weasel». La guardò dritta negli occhi e a Hermione mancò il respiro, non seppe se per paura o per… per che cosa?«Soltanto che nessuna di queste ragioni sono quello che pensi tu». Così dicendo, si allontanò da lei, lasciandola impalata in mezzo al parco, la bacchetta quasi a penzoloni tra le dita. Lo vide raggiungere Nott e Zabini, rimasti poco più avanti ad attenderlo, e darle le spalle mentre varcava la porta dell’ingresso principale del castello.

 

***

 

«E così, Hermione Granger».
La voce, che sembrava piuttosto divertita, giunse dalle sue spalle. Draco si voltò e vide Sirius Black uscire dal muro di pietra dietro di lui. O quello che rimaneva di Sirius Black. Malfoy alzò gli occhi al cielo, deciso a ignorare quella che sembrava avere tutta la parvenza di essere una lavata di capo. Era appena uscito dall’ufficio di Silente, sottoposto a un interrogatorio a tre, con la McGranitt e Piton. Ci mancava ora il fantasma di un rompiscatole avo. Perlopiù Grifondoro.
«Ho sentito che hai fatto faville, con il povero Ron, oggi»
«Non lo definirei esattamente “povero”», commentò, rompendo il voto del silenzio. Continuò a camminare lungo il corridoio, ma Black non sembrava avere la minima intenzione di mollare il colpo, prendendo a svolazzargli attorno. Salazar dammi la forza, pensò.
«O almeno, lo definirei “povero”, ma solo perché effettivamente è uno straccione, non perché mi faccia pena», concluse soddisfatto di sé.
Sentì Sirius sghignazzare. «Non so perché James continua a dire che sei detestabile, io ti trovo spassoso, Malfoy!». Draco era sul punto di un esaurimento nervoso, quel Black gli dava sui nervi, non riusciva a capire se si prendesse gioco di lui o se gli mancava semplicemente qualche rotella.
«Possiamo arrivare al punto, così me ne vado a letto?», si fermò in mezzo al corridoio del primo piano, le braccia aperte in segno di resa. «Fammi questa ramanzina: lo so, non dovevo Schiantare Weasel, lui è il buono, è il magico aiutante di San Potter, nonché futuro sposo della Mezzosangue zannuta…»
«Ah-ah!», gridò Sirius, puntandogli il dito - o meglio, l’ectoplasma di quello che un tempo fu il suo dito - contro. «Beccato! Noi Black siamo tutti uguali, in fondo. Quando si tratta di donne perdiamo la testa, diventiamo focosi e facciamo gesti sconsiderati, come Schiantare il nostro rivale in amore, per esempio. Pensa che quando avevo la tua età c’era…», Sirius continuò a blaterare una serie di cose, ma a Draco stava venendo il mal di testa, quindi lo fermò con una mano.
«Che diavolo vai farneticando, Black?», chiese, «la morte ti ha forse sciolto i neuroni?»
Sirius rise di nuovo, poi, con molta lentezza, mise un braccio attorno alle spalle del ragazzo, e sussurrò vicino al suo orecchio: «Intendo dire che oltre alla diceria del Marchio Nero, sembravi piuttosto interessato a far pagare a Ron la cotta per Hermione».
Malfoy pensò che in fondo il Signore Oscuro non doveva essere così male, se paragonato a quel Sirius Black.

 

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Note dell'autrice
Rieccoci! 
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto. Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate, lasciando una recensione, sarei felice di sapere le vostre impressioni.

Abbracci stellari, 
Eryca

   
 
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