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Autore: Milly_Sunshine    03/01/2023    3 recensioni
Novembre 2002: al termine di una serata con gli amici, Mark ha un appuntamento con la fidanzata Ellen, ma lei rimane ad attenderlo invano, senza ricevere sue notizie. Il giorno dopo, l'amara realtà: è stato brutalmente assassinato, mentre si trovava in un luogo in cui già fu consumato un atroce delitto. Il mistero legato alla sua morte non viene svelato, ma provoca la morte di altre persone. Novembre 2022: a vent'anni di distanza, Ellen e gli amici di Mark si ritrovano di nuovo nel loro paese natale per commemorarne la scomparsa, senza sapere che chi ha già ucciso vent'anni prima è ancora in agguato. Li aspetta un mistero fatto di lettere anonime, identità scambiate e intrighi di varia natura. // Scritta nel 2022/23, ma ispirata a un lavoro adolescenziale.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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ANCHE GLI ASSASSINI SONO VITTIME

[29 novembre]
«Alla porta c'è una donna che chiede di te.»
Lydia alzò lo sguardo dal depliant promozionale che stava leggendo.
«Una donna che chiede di me?» ripeté, rivolta a suo padre. «Chi è?»
«Non so, non la conosco. Non l'ho nemmeno mai vista a Goldtown.»
«Va bene, vado subito.»
Lydia si alzò in piedi e si diresse verso la porta. Sulla soglia trovò una donna con i capelli tagliati corti, tinti di biondo. Le era capitato, una volta o due, di vederla per strada, ma non aveva la più pallida idea di chi fosse.
«Lydia Blackstone?» le chiese l'ospite.
«Esatto» confermò Lydia. «Cosa posso fare per lei?»
«Mi chiamo Janice Petterson» si presentò l'altra. «Non so se ha mai sentito parlare di me.»
Lydia invitò la Petterson a uscire e si portò fuori casa a sua volta, limitandosi ad accostare la porta, dal momento che non aveva preso con sé le chiavi.
«Giornalista, vero?»
«Mi conosce di fama?»
«In un certo senso. Per caso è stata fidanzata con mio marito, in passato?»
«Molto in passato.»
«Allora ricordavo il suo nome» osservò Lydia. «Dylan mi ha parlato di lei, in qualche occasione. Non capisco, tuttavia, perché mi stia cercando.»
«Dovrò prenderla un po' in largo. Conosce Ellen Jefferson?»
«Eccome se la conosco.»
«L'ha incontrata, ultimamente?»
Lydia azzardò: «Non è un po' avventato che una perfetta sconosciuta mi chieda chi ho visto di recente?»
Janice accennò un sorriso.
«Ha ragione, devo sembrarle un po' scortese e impicciona.»
«Mi spieghi» la pregò Lydia. «Il fatto che si sia scomodata a venire da me significa sicuramente qualcosa. Perché vuole sapere se ho visto Ellen?»
«In realtà so che ha visto Ellen, deve essere stato qualche sera fa, la scorsa settimana» rispose Janice Petterson. «Me ne ha parlato Ellen in persona. Sa, siamo coinquiline qui a Goldtown.»
«Quindi Ellen le ha raccontato di...» Lydia esitò. «Di cosa le ha parlato Lydia?»
«Di Janet Birthy, di Jack Mitchell, di Jennifer Robinson che si spacciava per entrambe le gemelle... Come vede sono piuttosto informata. Comunque, come saprà, solo un giorno più tardi il fidanzato di Ellen ha avuto un grave incidente mentre era al volante dell'auto di lei.»
«Sì, lo so bene. Per caso sa come sta?»
Janice Petterson sorrise.
«Perché non lo chiede alla sua amica Janet?»
«Dovrei?»
«Ho ragione di pensare che la sua amica Janet sia molto legata a Kevin Morgan.»
«Non abbastanza da potersi intromettere così tanto» replicò Lydia. «Sicuramente Ellen ne sa molto di più e, a quanto capisco, le riferisce tutto.»
«Non proprio tutto, ma sono al corrente di una novità non ancora uscita sui giornali: qualcuno aveva manomesso i freni dell'auto di Ellen. È molto probabile che fosse lei la vittima designata.»
Lydia rabbrividì.
«Oh, mi dispiace.»
«Penso che, arrivata a questo punto, abbia capito perché sono qui» azzardò la Petterson. «Parlo dell'incidente in cui morirono suo marito e la sua amica Meredith Taylor.»
«Oh.»
«È sorpresa, Lydia?»
«Diciamo che non me lo aspettavo.»
Janice puntualizzò: «Ho provato a fare qualche ricerca e tutto lascia pensare a un incidente, ma mi stanno venendo molti dubbi... e non sono la sola. Anzi, devo ammetterlo, è stata proprio Ellen a farmi notare che, se il killer di Goldtown se la cava anche nella manomissione di auto, potrebbe esserci la sua firma anche dietro la morte di Dylan e Meredith.»
«Mi sembra un'ipotesi un po' labile, per quando la dinamica dell'incidente di mio marito non sia stata ricostruita con esattezza» obiettò Lydia. «Perché il killer avrebbe dovuto volere uccidere Dylan e Meredith?»
«Innanzi tutto, mi scusi per la domanda, Meredith Taylor era solita ricevere passaggi in macchina da Dylan?»
«Lavoravano insieme. Meredith non era giornalista, era un'impiegata della redazione. Capitava con una certa frequenza che Dylan la accompagnasse, quando dovevano andare al giornale alla stessa ora.»
«Quindi è plausibile che il killer volesse uccidere anche Meredith, non solo Dylan.»
Lydia le ricordò: «Non vi sono prove, e ai tempi nemmeno indizi che facessero pensare a un potenziale omicidio. Perché avrebbe dovuto ucciderli? Non ha senso.»
Janice replicò: «Non posso assicurarle che la mia idea sia esatta, ma quando stavo insieme a Dylan, mi sembrava molto affascinato dai delitti di Goldtown. Voglio dire, affascinato in senso giornalistico, il suo sogno era scoprire qualche retroscena. Sbaglio o, a suo tempo, Meredith stava insieme a una delle vittime?»
«Non sbaglia» ammise Lydia. «Sta pensando, quindi, che Dylan fosse ancora interessato quella storia e stesse cercando di scoprire qualcosa di più con l'aiuto di Meredith?»
«Le sembra improbabile?»
«Non del tutto.»
«Non scarterei questa ipotesi, allora» insisté Janice. «Vede, Lydia, ci deve essere una ragione per la quale Will Mason fu ucciso. Le viene in mente qualche possibile collegamento tra Will e Linda Miller?»
«No.»
«Come sospettavo. Conosceva bene Will?»
«No, non mi piaceva particolarmente. Non voglio dire che avesse qualcosa che non andava, ma non mi pareva tanto interessante. Non al punto da far interessare tutte le mie amiche a lui. Janet si era presa una cotta per Will, prima che si mettesse insieme a Meredith, mentre Cindy gli stava sempre intorno. Parlavano di Linda, penso di sì, ma ho sempre creduto fosse Cindy a tirare fuori quell'argomento. Conosceva Linda, anche se, a pensarci, quel suo desiderio di capirci qualcosa deve essere nato dopo che abbiamo iniziato a vedere Will.»
«Nessun legame tra Mason e Linda Miller, quindi» riassunse Janice, «Ma per qualche motivo Will nutriva molto interesse per quel caso. Per quel poco che conosceva Will, le sembra possibile che qualcuno lo pagasse perché scoprisse qualcosa?»
Lydia alzò gli occhi al cielo.
«Mi sta chiedendo troppo, Janice. Non ne ho la più pallida idea. Certo, gli piaceva avere a disposizione dei soldi da spendere, forse di più di quelli che il suo lavoro poteva consentirgli, quindi non sarei del tutto sorpresa se fosse stato pagato per fare una sorta di indagine parallela. Rimane solo una teoria, però, potrebbe essere solo una fantasia.»
«La ringrazio, Lydia. La nostra conversazione mi è stata molto d'aiuto.»
«Riferirà tutto a Ellen?»
Janice Petterson accennò una risata.
«A Ellen? Perché?»
«È Ellen, tra di voi, quella che sta facendo un'indagine parallela contemporanea, mi pare di capire.»
«Le sto dando una mano, anche se non posso fare molto. Ellen conosce le persone coinvolte, io non tanto. Comunque la metterò al corrente della sua ipotesi. È una mia ipotesi, dopotutto, e lei si è limitata a non stroncarla sul nascere.»
Lydia ritenne che fosse il momento di congedarsi.
«La lascio andare a casa da Ellen.»
«Sperando che sia a casa» ribatté Janice. «Non si può mai sapere.»
Non aveva tutti i torti, realizzò Lydia, dopo che la Petterson se n'era andata. Dalla finestra vide proprio Ellen e, per un attimo, si domandò cosa volesse da lei. Ellen, però, non la stava cercando. Era molto probabile che stesse suonando il campanello di Steve.

 

Ellen non aveva idea di cosa avrebbe pensato Janice se avesse potuto vederla in quel momento, ma tutto ciò che contava era che la sua coinquilina non la stesse vedendo. Prima o poi si sarebbe sorbita una predica perché se n'era andata in giro da sola al buio nonostante quello che era accaduto pochi giorni prima, ma non contava, in quegli istanti.
Aveva avvertito Steve del suo arrivo e non ebbe nemmeno bisogno di suonare il campanello: Steve doveva averla già vista, dal momento che il cancello scattò non appena Ellen vi si fermò davanti. Entrò nel giardino, lo richiuse e si recò verso la porta d'ingresso, che venne ugualmente aperta al suo arrivo.
«Entra» la invitò Steve. «Mi fa molto piacere vederti.»
Ellen non replicò.
Steve la esortò: «Vieni, ti faccio sedere.»
La accompagnò nel soggiorno, dove Ellen trovò il televisore acceso.
«Ti ho disturbato? Stavi guardando qualcosa?»
Steve spense la TV.
«Niente di interessante.» Si sedettero entrambi, poi le chiese: «Come sta Kevin?»
«L'intervento è riuscito, mi ha detto suo fratello, e i medici sono fiduciosi, ma è ancora troppo presto per sbilanciarsi.» Ellen sperò che quella sintesi fosse sufficiente. «Non riesco a credere a quello che è successo, potrebbe non essere stato un caso. Nessuno poteva sapere che avrei prestato la macchina a Kevin, quel giorno. Aveva avuto un problema con la sua e mi aveva chiesto se potevo accompagnarlo, ma siccome avevo da fare gli ho detto di prendere la mia auto. All'inizio non voleva. Ho insistito io e vorrei tanto non averlo fatto.»
«Non hai niente di cui rimproverarti» le assicurò Steve. «La cosa peggiore che può capitare è convincersi di essere in qualche modo responsabili di quello che succede. Nessuno di noi lo è, siamo solo vittime degli eventi.»
«Il colpevole, però, potrebbe nascondersi tra noi. Non vorrai dirmi che anche gli assassini sono vittime.»
«Gli assassini sono vittime? No, non lo direi mai, il killer di Goldtown non è una vittima. Però dipende cosa intendi, quando dici che è "tra noi". Non rischi di fare lo stesso errore che in tanti hanno fatto con Danny?»
«A proposito di Danny, è tornato, l'ho visto in ospedale da Kevin.»
«Lo so, è tornato proprio per lui. Si aspettava di trovarlo in condizioni migliori.»
Ellen sviò ancora una volta l'argomento.
«Comunque non penso di rischiare di fare lo stesso sbaglio che mezza Goldtown ha fatto con Danny. L'hanno tirato in mezzo perché Maryanne Sherman lo detestava e qualcuno ne ha approfittato per mettergli il cadavere nel garage, nonostante avesse un alibi. Il killer voleva incastrarlo, ma non ha funzionato. Nel nostro caso nessuno vuole incastrare nessun altro. Anzi, può darsi che, quando la mia macchina è stata manomessa, quel maledetto sperasse che io avessi un incidente che non destasse sospetti. Non posso fare a meno, però, di riflettere sulle tempistiche: ho smascherato i segreti di quattro persone e subito dopo qualcuno ha tagliato i freni della mia auto. Non può essere un caso.»
«Non è possibile!» esclamò Steve. «Non penserai che Janet o Jack o Jennifer o Patricia abbiano...» Si interruppe, come se non se la sentisse di pronunciare ad alta voce ciò che stava sottintendendo. «Sono nostri amici, sappiamo tutto di loro.»
«Proprio tutto non direi» ribatté Ellen. «Ti ricordo che Jennifer, o Roberta che dir si voglia, si è finta un'altra persona. Anzi, ha finto di essere due diverse persone. Non mi sembra una faccenda da poco.»
«Ha spiegato le sue ragioni.»
«Certo, e anche piuttosto bene, ma mi pare comunque avventato dire che sappiamo tutto di loro.»
«Comprendo quello che vuoi dire, ma a maggior ragione mi sembra assurdo ipotizzare che possa avere a che vedere con i delitti. Rifletti, Ellen, l'obiettivo del killer deve essere quello di cercare di dare nell'occhio il meno possibile. Quello che ha fatto Jennifer è l'esatto contrario: allestire tutta la sceneggiata della gemella, e farlo per anni, comportava il rischio di essere smascherata e, di conseguenza, avrebbe reso molto difficile continuare a passare inosservata. Non penso di potermi identificare con un killer al punto da fare ipotesi sul modo in cui potrebbe agire, ma di sicuro cercherei di non destare sospetti.»
Il discorso di Steve aveva molto senso, ma Ellen non poteva scartare la convinzione che la manomissione dell'automobile fosse legata alla serata in cui si era "divertita" a smascherare segreti altrui al bar di Patricia Lynch.
«Qualcuno deve avere saputo cos'è successo quella sera. Hai ragione, è difficile che qualcuno tra Janet, Jack, l'unica gemella vivente e Patricia se ne vada in giro ad ammazzare gente, ma l'assassino potrebbe avere legami con qualcuno di loro. Non parlo di complicità, né sto tacciando uno di loro di coprirlo, però fidarsi della persona sbagliata non è un errore così inconsueto. Quindi» azzardò Ellen, «Dovremmo passare in rassegna tutte le frequentazioni di quei quattro, o addirittura di tutta la gente presente.»
«Più facile a dirsi che a farsi» ammise Steve. «Addirittura dovremmo anche analizzare tutte le persone di cui noi stessi ci fidiamo o alle quali ci capita di confidare quello che ci succede.»
«Hai raccontato a qualcuno di quella serata?»
«No. Tu?»
«Nemmeno io, ne ho parlato solo con Janice.»
«E se fosse Janice la killer?» suggerì Steve.
Ellen sussultò.
«Che cazzo stai dicendo? Che cosa c'entra Janice con i delitti di Goldtown? Le tue accuse sono assurde.»
«Non sono accuse» chiarì Steve. «Era solo un modo per farti capire che non sempre dietro a un "non ne ho parlato con nessuno" c'è davvero quello che si dice. In più ci sono persone che non sospetteremmo mai di avere seminato cadaveri. Come tu nutri la fiducia più assoluta nei confronti di Janice, con tutta probabilità anche gli altri hanno punti di riferimento simili. Sono certo a mia volta della più totale estraneità di Janice a questa storia, ma potrebbe esserci qualcuno che si fida della persona sbagliata e per cui la "persona sbagliata" è talmente scontata da non citarla nemmeno esplicitamente.»
«Un genitore, un parente» suggerì Ellen, anche se l'idea la faceva inorridire. «Questo coinciderebbe con la mia idea iniziale, ovvero che Linda Miller sia stata uccisa da qualcuno che si spacciava per suo padre: una persona che nel 2002 aveva sui quarant'anni o quarantacinque, forse addirittura cinquanta. Però adesso basta parlarne, sto andando giù di testa. Possiamo vederci domani e parlarne a mente più libera?»
«Certo. O devi lavorare? Intendo dire, scrivere qualcosa che non abbia a che vedere con i delitti?»
Ellen propose: «Posso venire in negozio da te con il mio computer portatile. Quando abbiamo qualche ritaglio di tempo, possiamo cercare di schiarirci le idee.»
Steve borbottò: «O complicarle ancora di più.»
«Questo significa che accetti?»
«Sì, accetto.»

   
 
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