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Autore: Milly_Sunshine    19/01/2023    3 recensioni
Novembre 2002: al termine di una serata con gli amici, Mark ha un appuntamento con la fidanzata Ellen, ma lei rimane ad attenderlo invano, senza ricevere sue notizie. Il giorno dopo, l'amara realtà: è stato brutalmente assassinato, mentre si trovava in un luogo in cui già fu consumato un atroce delitto. Il mistero legato alla sua morte non viene svelato, ma provoca la morte di altre persone. Novembre 2022: a vent'anni di distanza, Ellen e gli amici di Mark si ritrovano di nuovo nel loro paese natale per commemorarne la scomparsa, senza sapere che chi ha già ucciso vent'anni prima è ancora in agguato. Li aspetta un mistero fatto di lettere anonime, identità scambiate e intrighi di varia natura. // Scritta nel 2022/23, ma ispirata a un lavoro adolescenziale.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Per la prima volta dopo tantissimi anni, Patricia sentiva di avere il coltello dalla parte del manico, un po' come se la vendetta di Mabel stesse per essere consumata. Non sapeva come, ma era riuscita a convincere sia Ray a sostituirla per qualche ora al bar, sia Roberta a organizzare l'incontro a casa. John Stewart sarebbe arrivato a breve, sempre se avesse avuto il coraggio di presentarsi.
Patricia non aveva certezze ma, finalmente, l'idea di non avere certezze aveva smesso di spaventarla. Non aveva la più pallida idea di come si sarebbe comportato John, nel vederla apparire con indosso l'abito preferito di Lisa e con la stessa acconciatura, ma sperava di spiazzarlo al punto tale da renderlo innocuo. Non sarebbe stato facile, considerando che doveva trattarsi di un pluriomicida, ma qualcuno doveva sacrificarsi per metterlo alla prova.
Roberta non sapeva niente di quella vicenda oscura, o quantomeno non aveva mai dato segno di essere a conoscenza del coinvolgimento del proprio padre. Credeva di essere figlia di un genitore inadatto e inaffidabile, ma di certo non era al corrente di essere la discendente diretta di un efferato criminale.
Patricia ricordava vagamente i discorsi di Lisa, quando da bambina insisteva per strapparle confidenze. Lisa non aveva mai dato segno di trovarla irritante, quando le chiedeva con insistenza se avesse un fidanzato. Qualche volta le aveva parlato di John, un contabile dell'azienda nella quale lavorava come centralinista, che doveva avere cinque o sei anni in più di lei. Era una relazione complicata e, per il momento, da tenere segreta. Questo le aveva detto Lisa e, solo molti anni dopo la sua morte, Patricia era riuscita a risalire a John, che già non stava più con sua sorella da qualche tempo, al momento del "suicidio".
Tante volte Patricia si era chiesta come agire e come fare giustizia, finendo per rassegnarsi all'idea di non avere niente tra le mani. Tra le righe del racconto di Lisa traspariva la triste vicenda di una donna vittima di una brutale violenza da parte del suo ex fidanzato, ma se non bastava il realismo delle scene narrate come indizio, figurarsi se poteva essere una prova.
Era stato terribile innamorarsi della figlia di John Stewart e, di colpo, Patricia si era ritrovata a volere staccare dal passato una volta per tutte. Si era resa conto che Roberta, la "gemella cresciuta con il padre" aveva lo stesso animo innocente e gentile di Jennifer e, a posteriori, non c'era da stupirsi, dato che si trattava della stessa persona. Nonostante il terribile inganno di Roberta, nel quale era stata travolta come tutti, la considerava ancora la donna della sua vita. Sarebbe potuta andare peggio: Roberta avrebbe potuto essere complice di suo padre, e di certo non lo era.
Patricia era immersa in quelle riflessioni quando il campanello suonò. Aveva a disposizione pochi istanti per convincere Roberta ad attendere in soggiorno e di non andare insieme a lei ad aprire la porta. Per fortuna aveva una grande arma tra le pani: quella sera la figlia di John Stewart pendeva dalle sue labbra, certa che, se avesse eseguito tutti i suoi ordini, per loro ci sarebbe stato un futuro.
John Stewart era arrivato. Patricia andò ad accoglierlo da sola, ferma sullo stipite della porta ad attenderlo.
Quando John apparve sul pianerottolo, studiò il suo sguardo che mutava. A Stewart bastò il tempo di mettere a fuoco per iniziare a fissare Patricia come se avesse appena visto un fantasma. Poi mormorò quel nome, facendola sentire come trafitta da mille lame.
«Lisa.»
Patricia sorrise, sprezzante: sapeva che l'abito, i capelli corti e le sfumarure blu avrebbero fatto effetto.
«Lisa non c'è più e nessuno meglio di te può saperlo.»
«S-scusa» balbettò John. «Mi dispiace. Somigli così tanto a tua sorella.»
Patricia rimase spiazzata. Stewart sembrava più scolvolto di quanto si sarebbe aspettata da un assassino seriale.
«Ti faccio entrare» gli propose Patricia. «Oppure pensi sia troppo pericoloso per me e per Roberta?»
John Stewart dava l'impressione di essere caduto dalle nuvole.
«Pericoloso?»
«Ti devo spiegare io del killer di Goldtowm?»
«Oh, no» rispose John, «Li vedo, i telegiornali. Perché dovrebbe essere pericoloso per voi se io entrassi in casa tua?»
Patricia si fece da parte. Lo lasciò entrare e richiuse la porta.
«Sarò sincera» ammise, «Non me ne frega un cazzo di Linda, di Mark e di tutti gli altri, nemmeno di quella testa di cazzo di Kimberly. Però so cos'hai fatto tu, so che stavi con mia sorella e farò di tutto per distruggerti.»
John si guardò intorno.
«Dov'è Roberta?»
«Le ho chiesto io di aspettare di là» rispose Patricia. «Non voglio che mi senta, mentre dico che è figlia di un maniaco assassino. Prima o poi pagherai per quello che hai fatto a Lisa.»
John spalancò gli occhi.
«Mi stai accusando di essere responsabile del suo... suicidio?»
«Ma quale suicidio» replicò Patricia. «So tutto di te. So quello che le hai fatto. Ho capito che non si è suicidata. L'hai ammazzata per impedire che ti denunciasse.»
«Denunciarmi? Non so di cosa parli» obiettò John. «Lisa mi ha lasciato perché ha scoperto del mio passato, sapeva che avevo lasciato la mia precedente fidanzata quando era incinta e non avevo riconosciuto le mie figlie. Mi ha detto che non voleva correre il rischio di fare la stessa fine di Margaret.»
«Lei ti ha lasciato e tu l'hai violentata» lo accusò Patricia. «Le hai messo qualcosa nel bicchiere, hai aspettato che perdesse i sensi e poi hai abusato di lei.»
«La somiglianza tra voi è solo fisica. Tu sei pazza, completamente pazza. Sono una persona di merda e ho fatto tanti errori, nella vita, ma non così tanto di merda.»
«Ho letto i racconti di Lisa. Ha scritto tutto, la storia di una ragazza innamorata, che si sente costretta a lasciare il fidanzato, ma lui non si rassegna e la stupra.»
John replicò: «Non avrei mai fatto del male a Lisa. Sai qual è stata la mia reazione, quando mi ha lasciato? Volevo sposarla, per farle capire che per lei ci sarei sempre stato. Le ho comprato un anello e le ho proposto di diventare mia moglie. Non voleva, ha rifiutato sia la proposta sia l'anello, diceva di non sentirsi pronta, e che comunque non cambiava quello che pensava di me, dopo avere scoperto che avevo abbandonato le mie figlie. È grazie a Lisa se ho cercato di diventare una persona migliore, se ho deciso di essere presente nella vita di Roberta e di Jennifer. Lisa era tormentata da una vecchia storia, per questo immagino abbia scritto quel racconto, ma ti assicuro che non le ho mai fatto del male e mai gliene avrei fatto.»
«Quindi» dedusse Patricia, «Sarebbe stato un altro ex fidanzato a violentarla? È questa la vecchia storia?»
«Nessuno ha violentato Lisa, né aveva mai avuto altri uomini prima di me, per quanto ne so, o quantomeno nessuna relazione stabile. Comunque era ancora vergine quando ci siamo messi insieme, quindi la protagonista non è lei. Quella storia parla di una sua amica, che aveva conosciuto durante il suo precedente lavoro. Io non ho mai incontrato quella donna, né sapevo come si chiamasse, ma so che Lisa era rimasta in contatto con lei e non sapeva cosa fare per aiutarla.»
«Perché dovrei crederti?»
«Non so, ma perché dovresti credere che sono uno stupratore e un assassino sulla base di un racconto di una grande appassionata di scrittura?»
Furono raggiunti da Roberta proprio in quel momento.
«Cosa succede?»
«Succede che la tua ragazza mi sta accusando di avere ucciso sua sorella» rispose John, con schiettezza. «Ora che se qui ad ascoltare, magari puoi testimoniare a mio favore, qualora dovessi querelarla per diffamazione.»
«Non sono la sola persona ad essere sempre stata sulle tue tracce» mise in chiaro Patricia. «Non so se tu conosca Ellen Jefferson, John, ma sono convinta che presto dovrai vedertela con lei.»
«Ellen Jefferson» mormorò John. «Non la conosco personalmente, ma ricordo il suo nome. Era la fidanzata di una delle vittime del 2002.»
«Mark Forrester» confermò Patricia. «Immagino che mi dirai che non sai chi fosse, così come non sai chi fosse Will Mason o chi fosse Cindy Spencer.»
«Non ho mai conosciuto Mark e Cindy» replicò John, «Mentre Will lo conoscevo. Ecco, se proprio vuoi accusarmi di qualcosa, ti concedo di dire che Mason sia morto per colpa mia. Ero io che gli avevo chiesto di fare indagini su Linda. Era la figlia dell'insegnante che, otto anni prima, era stata aggredita dall'assassino di mia figlia. Temevo di non potere scoprire mai chi avesse ucciso Jennifer e non volevo che Melanie Miller passasse quello che avevo passato io.»
«Fammi indovinare, Will Mason non ha scoperto niente?»
«Ovvio che no, è stato ammazzato anche lui.»
«E immagino che nessuno possa provare che l'incarico che gli avevi affidato fosse vero e che non sia una tua invenzione del momento.»
«La sua fidanzata dell'epoca, temo. Però anche Meredith Taylor, ormai, non può più parlare. Lo so, Patricia, ti sei messa in testa che ho ucciso Lisa ed è la mia parola contro la tua. Però, quando vuoi accusare qualcuno di omicidio, la parola non basta. Sei libera di credere nelle tue fantasie, se ti fanno stare meglio, ma non basterà per farle diventare reali.» John si diresse verso la porta. «Buon proseguimento di serata, Patricia.»
Se ne andò e calò il silenzio, che purtroppo non durò molto a lungo.
«Che cazzo hai fatto?» Roberta era incredula. «Come ti viene in mente una simile assurdità?»
«Sbaglio o hai sempre detto tu stessa che tuo padre non era degno si essere considerato tale?»
«Ho detto che era un pessimo padre e che lo consideravo alla stregua di un estraneo, non che dovesse diventare un folle a cui dare la caccia per hobby. L'hai fatto venire fino a qui e gli hai rivolto delle accuse gravissime solo sulla base di qualche fantasia.» Roberta prese il proprio cappotto appeso all'attaccapanni. «Quello che hai fatto è assurdo, devo dargli delle spiegazioni.»
«Accomodati» replicò Patricia. «O me, o l'assassino di mia sorella. Però devi decidere adesso.»
Roberta obiettò: «Non ci sono decisioni da prendere. Voglio anch'io che tua sorella abbia giustizia, se è stata uccisa, ma non puoi scegliere arbitrariamente a chi dare la colpa solo perché vorresti fosse così.»

 

Kevin si guardò intorno. Phyllis non c'era e non sapeva che interpretazione dare alla sua assenza. Frattanto, iniziò a pensare che fosse bene scoprire dove fossero andate a finire Patricia e Roberta. Ellen non sarebbe stata d'accordo con lui, ma scelse di mettersi in contatto con Roberta.
Ebbe risposta quasi subito.
«Kevin, perché mi cerchi adesso?»
Nel suo tono c'era un po' di stupore, ma non sembrava la voce di una persona in pericolo.
«Va tutto bene?»
«Diciamo di sì.»
«Sei con Patricia?»
«Perché me lo chiedi?»
«Sono passato dal bar e ho visto che non c'era» le spiegò Kevin. «Mi è stato detto che stasera doveva conoscere tuo padre.»
«Bella figura di merda che mi ha fatto fare» borbottò Roberta. «Patricia è a casa sua, o almeno penso sia ancora là. Io e mio padre siamo appena venuti via. A proposito, se vedi o senti Ellen, dille di badare ai cazzi suoi. Patricia è convinta che anche lei si stia impicciando dei fatti miei e di mio padre.»
Kevin obiettò: «Non mi sembra il momento di parlarne, se sei con lui e...»
Roberta lo interruppe: «Fammi indovinare, per caso anche Ellen si è convinta che mio padre sia il killer di Goldtown? E sulla base di cosa? Sono curiosa, spiegamelo.»
«Non posso farlo adesso» replicò Kevin. «È una storia lunga, che non ha convinto nemmeno me e ne sono sempre meno convinto. Però, davvero, non posso spiegarti adesso, devo andare da Ellen.»
Riattaccò senza dare a Roberta il tempo di replicare e riprese a pensare alla faccenda dell'assenza di Phyllis.
Poi udì la sua voce.
«Kevin!»
Si girò di scatto.
«Dove ti eri cacciata?»
Phyllis gli indicò una direzione vaga.
«Ero là in fondo a fumare.» Si avviò verso la macchina di Kevin e salì a bordo senza aspettare di essere invitata a farlo. «Riesci a spiegarmi per filo e per segno cosa sta accadendo?»
Kevin si sistemò in auto.
«Non te lo saprei spiegare per filo e per segno, ma ritengo plausibile che qualcuno abbia attirato Steve a casa di Ellen spacciandosi per lei.»
«Chi?»
«Mi sembra presto per fare nomi, anche perché si tratta molto probabilmente di qualcuno che non conosco di persona.»
«Mhm.»
«Cosa c'è che non ti convince?» Kevin chiuse la portiera e accese il motore. «Ti vedo perplessa.»
Phyllis replicò: «Come potrei non esserlo? Non ci sto capendo un cazzo. Per caso questa presunta trappola ha a che vedere con i delitti?»
«Temo di sì.»
«Allora, se pensi che Steve sia in pericolo e che tutto ciò abbia a che vedere con i delitti, perché non chiami la polizia?»
«Perché potrebbe essere un'assurdità che mi sono messo in testa e vorrei evitare di giocarmi la mia credibilità. Vorrei prima controllare cosa stia succedendo.»
Phyllis continuò a non sembrare convinta, ma non disse altro per tutto il breve tragitto che li separava da casa di Ellen. Parcheggiarono proprio accanto alla macchina di Steve che, evidentemente, si era recato all'appuntamento.

 

Stavano passando nella via in cui abitava Roberta, ma John Stewart non sembrava intenzionato a fermarsi. Per un attimo le venne spontaneo chiedersi se Patricia avesse ragione, se si stesse a sua volta esponendo a un pericolo che non aveva preso in considerazione.
«Dove mi stai portando?» chiese a suo padre, in tono secco. «Fammi scendere.»
John Stewart ignorò la sua richiesta.
«Sai dove abita quella Ellen?»
«Sì, perché?»
«Andiamo da lei, vorrei parlarle.»
«Non mi pare il caso.»
«Ti prego, Roberta» la supplicò John Stewart. «Credo che quella donna stia travisando, esattamente come Patricia. Io non c'entro niente con i delitti, tutto quello che volevo era scoprire la verità. Penso che anche tua sorella sia stata uccisa dalla stessa persona e che sia stata un'azione deliberata contro di me.»
«Tu non devi nemmeno menzionarla, mia sorella» replicò Roberta. «Faceva di tutto per compiacerti e tu la trattavi con indifferenza. La sua morte ti è dispiaciuta solo perché credevi fosse me. Fammi scendere.»
«Come vuoi, ma dimmi almeno dove abita Ellen. Dammi l'indirizzo, se lo sai, la troverò io, guardando sui citofoni.»
«Sul citofono c'è scritto Callahan, credo.»
Quelle parole ebbero un effetto inaspettato. John frenò bruscamente e ripeté: «Callahan?»
«Sì, è il suo padrone di casa» rispose Roberta. «Perché me lo chiedi?»
«Dimmi dove abita questa Ellen, per favore» la pregò John Stewart. «Le devo parlare con urgenza, a maggior ragione.»
«Chi è questo Callahan?»
«È una storia troppo lunga e tu volevi scendere.»
Roberta replicò: «Ho cambiato idea. Portami con te. Ti indicherò la strada, così potrai trovarla più velocemente. Però mi porti con te. Voglio sentire cos'hai da dirle.»
John Stewart rise, con amarezza.
«Vedo che non ti arrendi mai. Va bene, ti porto con me, tanto il problema non è Ellen, qualunque cosa si sia messa in testa su di me.»

   
 
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