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Autore: Shadow writer    20/01/2023    2 recensioni
Nate è un ventiquattrenne disilluso e pessimista. Ha un lavoro che odia, vive in una città che non sente sua ed è rimasto intrappolato in un passato che non riesce ad accettare.
Per aiutare un amico, partecipa a una corsa automobilistica, ma questo lo porterà a invischiarsi in qualcosa di più grande di lui.
"«Si dice che tu ti stia facendo un nome in città» commentò Alison, appoggiandosi al bancone di fronte a lui.
Il ragazzo alzò gli occhi dalla bistecca e incrociò quelli civettuoli di lei.
«È stata la mia prima e ultima gara» ribadì, «l'ho già detto a Richie.»
Lei fece schioccare la lingua contro il palato in segno di disappunto.
«Mi hanno riferito che ci sai fare con le auto.»
Nate rise e si sporse verso la ragazza.
«Me la cavo bene con molte cose, Alison» quando pronunciò il suo nome, le appoggiò le dita sotto il mento, costringendola a guardarlo negli occhi, «ma ciò non significa che io sia interessato a tutte queste.»"
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Tradimento
 


Il rumore meccanico della macchina da cucire riempiva la piccola stanza. Dalla finestrella nella parte alta della parete si vedeva un cielo sempre più scuro, ma all’interno le luci erano talmente luminose da far perdere la concezione del tempo.

Alison si accorse che si era fatto tardi quando il suo capo, una donna alta e sottile, con una crocchia di capelli grigi sulla testa, fece capolino nella stanza per dirle che poteva andare a casa.

La ragazza ringraziò e finì di cucire la stoffa che aveva tra le mani. Poi controllò che andasse bene e la ripose nel baule accanto alla sua postazione di lavoro. Non era l’unica stagista in quel momento, ma era l’unica che si tratteneva oltre l’orario prestabilito, la maggior parte delle volte perché si immergeva a tal punto nel lavoro da dimenticarsi di controllare l’ora.

Lanciò un’occhiata al cellulare e pensò che, se non si fosse affrettata, Richie l’avrebbe ammazzata. Non mancava molto all’inizio del suo turno al Venus

Riordinò la propria postazione, salutò la proprietaria della boutique e corse verso la propria auto.

Il sole era tramontato alle sue spalle, ma dei rimasugli di colore vivacizzavano l’ovest, mentre dalla parte opposta si stava alzando il velo blu della notte.

Mentre guidava, provò a chiamare Nate. Non lo sentiva dalla sera al campus universitario perché erano stati entrambi impegnati. Il cellulare squillò a vuoto, ma nessuno rispose. Riprovò un altro paio di volte, prima di arrendersi. Nelle ultime settimane era cambiato, si era fatto più affettuoso e presente, ma ogni tanto gli capitava ancora di sparire per qualche ora perché si addormentava o perché si distraeva insieme a Jay o Mike. Almeno era sicura che non fosse con quella ragazzina mora. Sapeva che Nate non aveva sentito nulla di quella confessione d’amore strappalacrime e alla serata al campus, quando aveva incrociato lo sguardo della ragazzina, l’aveva vista spaventata e consapevole della propria sconfitta. Eppure ancora ronzava intorno al suo ragazzo. 

Alison cercò di scacciare il fastidio che quella le provocava. Nel frattempo aveva raggiunto la sua destinazione, così lasciò l’auto nel parcheggio sul retro, quello per i dipendenti. Non appena fu scesa, notò due strane figure sotto ad uno dei lampioni del parcheggio. Strizzò gli occhi e riconobbe il volto tatuato di Skull, uno dei corridori del Devil’s Wheels, insieme a un suo collaboratore.

«Questo parcheggio è riservato ai dipendenti» gridò, dirigendosi verso l’ingresso.

«Lo sappiamo, dolcezza» ribatté Skull, «è per questo che siamo qui».

Alison si fermò e gli scoccò un’occhiata inquisitoria. Sapeva che non le avrebbero fatto nulla — sarebbe stato un affronto troppo diretto a Richie, dato che si trovavano dietro al suo locale — ma non riusciva a capire cosa ci facessero lì.

«Cosa volete?» chiese, mentre i due si avvicinavano lentamente.

«Sei la ragazza di Winchester?» le chiese quello che non conosceva, più basso e tozzo rispetto all’altro.

«Se anche lo fossi, non sarebbero affari vostri. E non avete risposto alla mia domanda».

«La nostra risposta dipende dalla tua risposta, dolcezza» ribatté Skull in tono melenso.

Alison lo fissò nei suoi occhi contornati dall’inchiostro. «Cosa intendi dire?»

Le labbra di lui si piegarono in una smorfia che voleva essere un sorriso. «Winchester è il nostro avversario nella corsa, immagino che la sua ragazza non voglia dare via informazioni che potrebbero danneggiarlo».

Non rispose, ma lo fissò in silenzio. 

«Vedi, se hai qualcosa che potrebbe esserci utile, siamo pronti a ricompensarti. Altrimenti, sarà come se non ci avessi mai visti».

Alison sbuffò e, scuotendo il capo, si diresse verso l’ingresso del locale. Aveva già perso abbastanza tempo. Stava per raggiungere la porta, quando un pensiero la colpì, rapido e pungente. Si bloccò. Non si voltò subito, ma contemplò l’idea nella propria mente per qualche secondo. Poteva davvero farlo? Il tempo scorreva e presto sarebbe stato troppo tardi.

«Aspettate!» gridò, voltandosi verso i due uomini. «Forse posso aiutarvi».

 

 

 

 

Il momento dell’ultima gara era arrivato. Richie e Ross, nello studio del primo, avevano un’espressione tesa mentre se ne stavano ricurvi sulla cartina stradale aperta sulla scrivania.

Al contrario, Nate li seguiva con un’espressione tranquilla e rilassata. Era ormai sopravvissuto alle corse precedenti e si sentiva positivo riguardo all’ultima. Era una sensazione così nuova per lui, da esserne quasi spaventato. 

Sapeva che gli altri due avevano dei buoni motivi per il loro nervosismo — il punteggio era ancora basso a causa del guasto che gli aveva fatto perdere una corsa — ma grazie alla rimonta delle due sfide successive poteva puntare al primo posto, se tutto fosse andato per il verso giusto.

Finirono di commentare gli ultimi dettagli tecnici, poi si spostarono tutti insieme — Richie al volante, Ross al suo fianco, Nate e Alison dietro — verso il luogo della gara, un ampio spazio in mezzo al nulla. 

La macchina di Nate era già lì quando arrivarono, sistemata su una collinetta sopraelevata rispetto alla punto della partenza.

Erano rimasti in pochi ormai a gareggiare, ma la folla di spettatori non era diminuita. Sparsi qua e là tra gli alberi e la strada rovinata, un centinaio di persone attendevano la partenza.

Richie aprì il baule della propria auto e pescò da un minifrigo una birra per Nate – «Per allentare la tensione» –, ma Ross fu più rapido di lui ad afferrarla – «Devi rimanere lucido».

Di fronte alla sua espressione delusa, Nate vide Alison ridacchiare, ma non ebbe tempo di ribattere, perché sentì il suo cellulare vibrare nella tasca dei jeans.

«Quello dovrebbe essere spento» brontolò Ross, ma, dato che mancava ancora qualche minuto alla gara, Nate decise di rispondere.

«Scusa se ti disturbo» gli rispose una voce maschile. «Sono James, Mila è con te?»

Nate corrugò la fronte. «No, dovrebbe?»

Mila lo aveva usato come scusa per vedere qualcun altro? Avrebbe dovuto coprirla? Ponderò le opzioni, ma le scartò entrambe. Non era così stupida, se gli fosse servita una copertura glielo avrebbe detto. O forse non si aspettava che James lo avrebbe chiamato.

«Ieri non è rientrata al lavoro dopo pranzo e ho pensato che potesse essere con te».

Nate si allarmò. Non capiva perché avrebbe dovuto presupporlo.

«Magari è con un’amica» ipotizzò. Si accorse che gli altri intorno a lui si erano zittiti e stavano seguendo con interesse la conversazione. Richie pareva incuriosito dalla vicenda, Ross avrebbe voluto strappargli il telefono di mano e Alison lo scrutava con le sopracciglia sollevate in due archi perfetti.

«Me lo avrebbe detto. E non è da lei sparire dal lavoro senza avvisare».

«Hai ragione».

Il tono preoccupato di James cominciò ad avere effetto su di lui. Mila era la persona più responsabile che conoscesse. Non sarebbe mai scomparsa senza informare qualcuno. 

«Chi è stato l’ultimo a vederla?» chiese e cominciò a passeggiare avanti e indietro nel piccolo cerchio formato dagli altri tre.

«Il portinaio l’ha vista dirigersi verso il ristorante dove pranza spesso. Ma non è più tornata».

Nate strinse il pugno libero, poi lo rilassò e si guardò attorno, cercando di placare la sensazione di panico che si stava diffondendo dentro di lui. Ogni ipotesi che si presentava nella sua testa lo spaventava. Un moto di rabbia verso James lo afferrò prima che riuscisse a controllarlo. Perché non era riuscito a proteggerla? Perché era stato così sprovveduto?

«Non ti sei preoccupato quando non è tornata a casa ieri sera?»

Spostò lo sguardo su Alison e, con sua sorpresa, notò che la ragazza stava piangendo. Colpita dal suo sguardo, lei prese a tremare e le sue labbra farfugliarono parole di scuse.

«Aspetta» disse a James e scoccò un’occhiata confusa alla ragazza. Coprì il microfono del cellulare con una mano e lo allontanò

«Cosa significa?» chiese alla ragazza.

Lei cominciò a respirare a fatica, quasi singhiozzando. «Credevo che l’avrebbero solo spaventata… io non pensavo… non pensavo…».

Nate sentì che il suo autocontrollo stava per raggiungere il limite. Una vena prese a pulsagli sulla tempia.

«Che significa?» ringhiò. Ross si mise tra lui e la ragazza, bloccandolo con una mano sulla spalla. 

«Alison, che cosa hai fatto?» le chiese ancora. 

Lei tremava come una foglia e neanche la presenza di Ross parve rassicurarla. Si asciugò le lacrime con le dita.

«L’altro giorno Skull mi ha chiesto un modo per distrarti… gli ho detto che Mila era la tua ragazza, credevo che l’avrebbe spaventata…»

Ross si voltò a guardare la cugina. «Avresti compromesso la gara per questo?»

Lei scosse il capo e i capelli ondeggiarono davanti al suo volto come fronde di un salice piangente. Fissò gli occhi acquosi su Nate. «Non pensavo lo avresti saputo, credevo si sarebbe risolto in fretta e che lei non si sarebbe più fatta viva».

Il ragazzo era ormai assordato dal rombo del suo cuore nelle orecchie. «Però ti andava bene mettere in pericolo una ragazza innocente?»

Si sporse verso di lei, ma Richie lo afferrò per le spalle e lo costrinse a guardarlo negli occhi. «Conosco la zona di Skull, possiede un paio di appartamenti a nord-est. Adesso mando qualcuno a controllare, okay?»

Le sopracciglia cespugliose dell’uomo erano aggrottate mentre scrutava il suo volto, in attesa che si calmasse.

«Col cazzo» sbottò Nate. «Dammi l’indirizzo, ci vado subito».

Richie sbuffò e Ross emise un verso di frustrazione. «Pensa alla gara. Nessuno può correre al tuo posto».

«Ed è pericoloso. Lascia che mandi qualcuno dei miei» rincarò la dose l’omone barbuto, battendogli la mano sulla schiena con fare paterno. 

Nate se lo scrollò di dosso e fece un passo indietro. «Non mi importa un cazzo della gara, finché non so che Mila sta bene». Guardò Alison con il volto contorto in una smorfia. «Come hai potuto…»

Non riuscì a finire, perché Ross si mise davanti alla ragazza e Richie lo spinse senza troppa gentilezza per allontanarlo da lì.

«Seriamente, tu non sei un criminale» gli disse, premendo una mano tra le sue scapole. «I miei possono andare a dare un’occhiata».

Nate stava puntando verso la sua auto parcheggiata poco distante. Alzò gli occhi verso l’uomo. «Rick, io devo andare».

L’altro sospirò e alzò gli occhi al cielo. Spostò le sue braccia grassocce dietro la schiena e pescò una pistola dal retro dei pantaloni. Gliela mise in mano. «Sai usarla?»

Nate annuì, anche se non era sicuro che tirare alle lattine in un bosco contasse.

Richie gli spiegò come arrivare agli appartamenti di Skull e gli chiese ancora un paio di volte se fosse sicuro. Il ragazzo lo ascoltava annuendo, ma la sua mente era lontana. 

Si sentiva tradito da Alison, aveva abbassato la guardia e l’aveva accolta nella sua vita come non aveva fatto con nessuno da anni. Se lei lo avesse pugnalato, il suo cuore gli avrebbe fatto meno male, perché quella notte aveva dormito abbracciato a lei, senza sapere ciò che aveva fatto. 

Pensò a Mila. Mila che si nascondeva dietro la tenda dei suoi capelli scuri e la montatura ingombrante dei suoi occhiali, che arrossiva per ogni commento. Mila che, quando l’aveva accolto in casa sua, aveva tenuto per tutto il tempo lo sguardo basso, mordicchiandosi le labbra e che, quando l’aveva baciata per la prima volta, aveva rabbrividito, come se nessuno l’avesse mai vista fino a quel momento.

«Cerco di ritardarli» concluse Richie. Nate si stava già infilando nella sua auto, lanciò la pistola sul sedile del passeggero e partì accompagnato dal rombo del motore.

   
 
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