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Autore: rosy03    15/02/2023    4 recensioni
• || Storia Interattiva || Iscrizioni Chiuse || •
Tutto è determinato da forze sulle quali non abbiamo alcun controllo. Vale per l’insetto come per gli astri. Esseri umani, vegetali o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una musica misteriosa, suonata in lontananza da un pifferaio invisibile.
È questo il destino? Come vostro Umile Narratore non posso rispondere a una tale domanda.
Finora non ho mai visto nessuno abbandonare la pista, non ho mai incontrato qualcuno che fosse stato in grado di cambiare disco. Il destino è davvero già scritto?
Se sapeste la verità, penso proprio che mi odiereste.
Ma nonostante questo sono qui: a raccontarvi di questa mitica impresa. Sono qui a parlarvi di come la Bestia dagli Occhi di Luna ululerà, di come questo porterà il caos nel continente di Ishgar, di come seguirà un’infinita notte, di come le stelle smetteranno di brillare, di come la luna scurirà il suo colore... e magari anche di come sorgerà una nuova aurora. Chissà.
Il vostro Umile Narratore.
J.C.
|| • «Ho perso tutto. Ho perso la mia umanità, il mio tempo, la mia famiglia. Lei è l'unica cosa buona che mi sia rimasta...»
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ancient Aurora'
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CAPITOLO 09. Sapere è potere



 
 
Avevano pensato di mettere un telo sul carretto in modo da non attirare l'attenzione. Certo, era uno spreco non approfittare di quella bella giornata di sole, ma per lo meno nessuno avrebbe davvero fatto caso a un uomo e a una ragazzina in viaggio per Damocles.
Sarebbero passati per un padre e sua figlia – peccato che non si somigliassero affatto.
Naevin avrebbe preferito chiacchierare ma Diana non ne era entusiasta e quando percepì la sua intenzione di cominciare una conversazione con lei, lo fermò prima ancora che potesse aprire bocca. Aveva già i suoi problemi, stava cercando in tutti i modi di aguzzare le orecchie oltre i suoi limiti per poter udire la voce di suo fratello e non voleva ulteriori distrazioni: lo erano già la voce seccata di Lily, i commenti poco pudici di Orias, le scialbe battute di Killian e i pensieri omicidi di Hydra rivolti a un Rehagan che parlava amabilmente con le ragazze.
Sono davvero imbarazzanti...
Poi, d'un tratto, sentì delle voci. Proseguendo per quella strada li avrebbero raggiunti ma era troppo tardi per poter cambiare direzione: erano stati avvistati.
Tempo cinque minuti e Naevin parlò: «C'è qualcuno.» Erano lì, a un incrocio, tre carri.
Killian fece capolino dalla tenda, seguito a ruota da Lily e dallo scienziato. «Chi sono?»
«Non lo so.»
«Hanno intenzioni ostili» disse Diana, aprendo finalmente gli occhi che aveva tenuto chiusi per potersi concentrare al meglio. «Vogliono i nostri soldi.»
Il mago dell'Aurora sghignazzò. «Che bello avere una persona come te in squadra!»
«Che facciamo? Li attacchiamo?» Lily parlò con una voce non tanto entusiasta, stranamente.
«Nah. Non ne vale la pena. Ma alla minima ostilità, mi affido a voi.»
«Cosa?» esclamò sorpresa Eve. «Perché dovremmo fare noi tutto il lavoro, scusa?»
Lui si voltò a guardarla. Il suo viso non tradiva alcun fastidio, era sempre il solito Killian. «Perché io sono una frana a combattere.»
La discussione venne messa a tacere da Naevin, che li avvertiva di essersi avvicinato a quei tipi.
«Buongiorno» tentò il Vagabondo, cercando di essere gentile.
Uno degli uomini, quello con una grossa pancia lasciata scoperta da un gilet rattoppato in più punti, rise. Fu una risata davvero infelice. «Buongiorno anche a voi, signori viaggiatori!»
Diana non disse niente, semplicemente scandagliò le loro menti.
«Il ragazzone sembra forte ma noi siamo tanti, non avremo problemi.»
«Sono settimane che nessuno lascia Tyrfing per addentrarsi nel regno. Stavo per perdere le speranze!»
L'uomo panciuto aveva sì e no una quarantina d'anni ed era lercio, puzzava di birra. Non era ubriaco ma doveva aver bevuto tanto di quell'alcol nella sua vita da aver impresso addosso quell'odore. I capelli erano ispidi e la barba scura incolta.
Persino i bambini si sarebbero tenuti alla larga da un tipo del genere. Per non parlare della sua risata: terribilmente falsa. Il suo nome era Ias. «Per poter proseguire il vostro viaggio dovrete pagare. Il regno sta attraversando una crisi profonda e i soldi ci servono per poterlo ricostruire da zero. Siamo uomini di Yvan Thorpe, avete presente?»
A quel punto intervenne un secondo uomo, grosso quanto un armadio ma dalle gambe piccole e mingherline. Era calvo e gli mancavano diversi denti. Probabilmente, Doxa – così si chiamava – era il più forte e il più possente. «Prima della catastrofe era il Cavaliere personale della Principessa Pandora Damocles. Un eroe. E adesso sta cercando di dare adito alle ultime volontà dei sovrani.»
«Ma per farlo ha bisogno di soldi» concluse Ias, infine.
Non era necessario possedere una magia sensitiva come quella di Diana per capire che stavano mentendo. Quei tizi non cercavano nemmeno di nascondere le loro vere intenzioni!
Probabilmente la gente, pensò Naevin, era troppo spaventata per controbattere e finiva per acconsentire a quell'inganno di loro spontanea volontà. Sono proprio dei vigliacchi...
«Non abbiamo soldi da offrirvi» disse Diana, duramente.
Per un istante, Ias perse quell'aria fintamente cordiale che aveva avuto fino a quel momento. Si ricompose subito dopo. «Forse non ti è chiaro, ragazzina, che non andrete da nessuna parte finché non ci darete i soldi. Sono mille Jewels a persona. Non mi sembra tanto, visto che siete solo in due.»
Diana gli lanciò un'occhiataccia carica di risentimento. Quel tipo la stava innervosendo.
«Oh, la nanerottola si è arrabbiata?!» esclamò qualcuno, alle spalle del suo capo.
«Che c'è, ti sei offesa?» gli fece eco un altro.
All'interno del carro, Killian si mise la testa tra le mani emettendo un lieve sospiro di rassegnazione. Se c'era una cosa che aveva capito di quella ragazza era che non bisognava stuzzicarla troppo perché sapeva essere davvero violenta... sotto quel punto di vista era come avere a che fare con una seconda Lily. Certo, più giovane di un paio d'anni e con meno seno – senza contare l'aura di freddezza che irradiava –, ma Diana andava comunque tenuta d'occhio.
«Siete in cerca di guai, non è vero?» sibilò Naevin, in collera. «A quante altre persone avete sottratto i loro soldi mettendo in scena questo teatrino?»
Ias sorrise, allargando le braccia. «Ehi, calmati, amico. Di cosa parli?»
Questi qui ci credono davvero scemi o lo fanno soltanto per farci innervosire?!
«Direi la seconda» disse Diana. «E mi sono rotta di starli a sentire.»
Con un balzo, atterrò proprio davanti all'uomo panciuto che si preparò a sfoderare i suoi coltelli. Purtroppo per lui, però, non riuscì a estrarli in tempo perché la ragazza girò su stessa e gli piantò un calcio sulla tempia, tanto potente da farlo andare a sbattere contro uno dei suoi carri.
Per alcuni istanti, il legno che si frantumava a causa dell'impatto e le casse piene di soldi e viveri che cadevano rovinosamente a terra sfasciandosi, furono gli unici suoni percepibili a orecchio umano. Ma per Diana non era affatto così: sentiva lo stupore, l'irritazione e quel sottile velo di paura che aveva annebbiato le loro menti e che, in qualche modo, la rendeva orgogliosa di sé.
Sceso dal carretto, Naevin emise un sospiro. «A questo punto direi che potete uscire.»
La sua voce parve scuotere il gruppo di banditi menzogneri che si voltarono giusto in tempo per vedere una giovane ragazza dai lunghi capelli neri avventarsi su uno di loro con artigli lunghi e affilati. Persino Nimue piantò i piedi a terra e rivolse uno sguardo carico di disprezzo verso quegli uomini. Non aveva mai sopportato chi utilizzava il nome di qualcuno per raggiungere i propri scopi.
La dottoressa unì i polpastrelli tra di loro e una leggera patina verde la ricoprì. Il suo obiettivo era colpire i carri, così da non permettere a quella banda di bugiardi di scappare.
Lanciò il suo incantesimo, Aumento, e le piantine che aveva “percepito” con la sua magia cominciarono a crescere a una velocità spaventosa fino a trasformarsi in tre alberi dalle fronde verdeggianti. Incastrati tra i rami e il fogliame, i tre mezzi di trasporto.
Nypha si meravigliò non poco. «Sei stata tu?»
«È l'unico incantesimo che conosco» ribatté con un alzata di spalle.
A quel punto, la battaglia iniziò per davvero. Alcuni uomini si lanciarono iracondi su Diana con l'intenzione di rifarsi dalla cocente umiliazione. Certamente non si aspettavano una ragazzina tanto forte e veloce nel corpo a corpo!
Tutti coloro che tentavano anche solo di sfiorarla, finivano per prenderle miseramente nei denti.
Poco più distante da lei, Eve creava micro cerchi dorati che utilizzava come proiettili; a coprirle le spalle c'era Naevin che con i suoi tatuaggi di spine aveva messo ko una decina di avversari senza lasciarli avvicinare. «Sei troppo scoperta. Il tuo modo di combattere ti mette in pericolo, lo sai, vero?»
La rossa annuì, dopodiché creò un aureola un po' più grande delle altre e con un rapido movimento delle dita lo sparò addosso al primo energumeno che aveva osato correrle incontro con un'alabarda. Il colpo lo destabilizzò non poco e Eve ne approfittò per tirare fuori dal poncho il suo kunai.
Lo usò per parare il colpo di un secondo avversario per poi lanciarlo in direzione di un altro, permettendo alla dottoressa di rintanarsi dietro qualche albero senza essere seguita. Nimue aveva spiegato loro che a parte far crescere le piante, la sua magia non avrebbe potuto aiutarli in caso di lotte – tra l'altro, voleva dare a Nypha l'opportunità di ripararsi con lei e poter sparare con tutta tranquillità.
Si diede il tempo necessario a riprendere aria per un secondo prima di tornare a rivolgersi al Lakad: «Golden Halo ha un sacco di punti deboli, lo so. Il tempo. La concentrazione. Se non chiudo bene il cerchio rimango senza proiettili e, di conseguenza, disarmata.»
«E a te va bene così?» esclamò Hydra, mentre calciava lontano un tizio dopo averlo colpito con le sue sciabole.
Eve inclinò la testa, curiosa. «Anche ieri ti sei intromesso nella stessa discussione quando è chiaro che non t'importa di chiacchierare con noi comuni mortali, signor Sea Recycle. Come mai quest'interesse?»
Naevin avrebbe voluto intervenire ma un attacco alle spalle lo costrinse a lasciar perdere quello che sarebbe potuto diventare un battibecco e a reagire. Utilizzò nuovamente la frusta di spine ma questa volta la avvolse attorno all'estremità del suo bo per contrattaccare.
Intanto, la rossa schivò una spada appena in tempo, imprecando mentalmente per essersi lasciata distrarre. Alzò un dito per disegnare l'ennesimo proiettile dorato ma qualcuno alle sue spalle ne approfittò per tirarle un calcio all'altezza delle scapole, facendola cadere a terra.
Con entrambe le mani occupate a sorreggersi, senza il kunai che avrebbe dovuto recuperare quanto prima e con il pugnale alla cintura, Eve non avrebbe avuto il tempo di fare nulla se non sperare di schivare il tirapugni di metallo che a breve le avrebbe fracassato la testa.
Rotolò su un lato appena in tempo ma prima che potesse agguantare il pugnale, un getto d'acqua colpì in pieno il bandito, spingendolo contro uno degli alberi che Nimue aveva fatto crescere.
La maga di Bosco si rialzò. «Oh, wow. Grazie. Mi hai salvata.»
Hydra le passò accanto con stizza. «Odio chi non ci prova nemmeno.»



 
§



Un tizio provò a colpirla alle spalle ma fece appena in tempo a girarsi che questo venne colpito da un proiettile al livello della spalla. Lily guardò prima lui, poi Nypha che aveva sparato.
Le sue pistole erano cariche di magia e gli occhi smeraldini fissi sul prossimo obiettivo.
«Uhm, sexy...»
E piantala!
«Non è colpa mia se siamo circondati da bellezze che dovrebbero essere illegali!»
Lily sbuffò un insulto e intanto parò una spada con le dita. Lanciò un'occhiata svogliata al tizio che aveva pensato bene di attaccarla e soffiò. «Sei ridicolo.» E gli fregò l'arma, per ribadire il concetto.
Disarmato e allibito, l'avversario tentò di arretrare ma si bloccò non appena udì un ruglio basso e gutturale alle sue spalle. Quando si voltò, il suo viso divenne bianco – un lenzuolo – e iniziò a tremare. Le gambe divennero gelatina e le ginocchia cedettero di fronte all'orso grizzly dall'insolito colore bluastro.
Si sentiva come un topo in trappola.
Arcade – questo era il nome dello Spirito Guida – si alzò sulle zampe posteriori e bramì forte, facendolo urlare di paura. Tentò di scappare ma Lily lo agguantò per la casacca e lo sbatté a terra facendogli perdere i sensi.
Dopodiché si voltò verso l'animale, sorridendo. «Lo sai, adoro gli orsi.»
«È un grizzly, per la precisione» disse Rehagan, avvicinandosi con la sua solita aria da tuttologo. «Le femmine di questa specie pesano mediamente tra i centotrenta e i duecentotrenta chili, mentre i maschi sono più grossi e raggiungono un peso di trecentosessanta chili, alle volte. Inoltre-»
«Sì, sì. Piantala. Non siamo a scuola, dacci un taglio!» esclamò lei, infastidita. Immediatamente Arcade tornò sulle sue quattro zampe e rugliò nella sua direzione, come a volerle intimare di non rivolgersi in quel modo allo scienziato. Al che, Lily borbottò: «Eri più simpatico prima.»
Ma quel breve momento di ilarità venne brutalmente interrotto da una voce gutturale: «Fermi o ammazzerò il vostro amico!»
Tutti sgranarono gli occhi, mentre la corvina arrossì di rabbia. «Cazzo, Killian! Come puoi essere così imbranato?!»
Il mago dell'Aurora era in piedi, le mani alzate e la lama di un'ascia a pochi centimetri dalla gola. Aveva le labbra strette ma a parte l'espressione vagamente preoccupata non sembrava affatto spaventato dalla situazione: niente di lui tremava e, anzi, sembrava persino divertito. «Hai intenzione di usarmi come ostaggio?» domandò al tizio pelato che era dietro di lui.
«Esatto! E ti conviene posare quelle pistole, signorina, se non vuoi che gli tranci di netto la testa! E tieni le mani belle in vista!» Nypha si morse l'interno della guancia. C'era poco da essere indecisi; non avrebbe voluto mettere a terra le sue armi ma si vide costretta a farlo, a obbedirgli.
Lily rinfoderò gli artigli e trattenne il respiro.
«Che cosa vuoi?» domandò Naevin – anch'egli disarmato del suo bo.
«I vostri soldi. E farvela pagare per tutto quello che avete fatto!» esclamò, furioso.
Diana fece schioccare la lingua al palato, infastidita. «Siete solo dei truffatori incompetenti. Dei galletti che si danno delle arie solo perché messi a derubare i passanti. Il vostro capo dev'essere così fiero di voi...»
Lo disse con ironia, certo, e questo lo fece doppiamente inalberare. Come conseguenza, una goccia di sangue rotolò sul colletto della camicia di Killian. «Non è irritandomi che riavrai il tuo amico.»
«Lui non è mio amico» ribatté Diana, prontamente. «Per quanto mi riguarda, puoi fargli quello che vuoi.»
«Ehi, stai cercando di far incazzare me, adesso?!» esclamò Lily, furiosa.
«Nessuno ha chiesto la tua opinione.»
«Se non chiudi quella fottuta bocca, ti ammazzo io!»
A quel punto, intervenne la persona meno indicata a far calmare le acque, specie in un momento come quello: Killian. «Su, ragazze, non litigate.»
Lily sbottò. «È colpa tua quindi chiudi anche tu il becco!»
«Maledizione» sibilò Ias, raggiungendo il suo compagno pelato. «Chi diavolo siete? Da dove venite? E cosa siete venuti a fare qui?!»
«Non mi dirai che ti aspetti seriamente una risposta! Potrebbero dirvi qualsiasi cosa, come farai a fidarti?» fece Killian. «Tra l'altro, come puoi non conoscere nessuno di loro? Sono la crème de la crème
«Non mi pare di aver chiesto la tua opinione, ostaggio» sibilò il pelato a cui mancava qualche dente e nel frattempo si premurò di fargli capire chi avesse il coltello dalla parte del manico, lui, diminuendo la distanza tra il filo della lama e la sua mandibola, costringendolo ad alzare la testa.
Killian sospirò, per niente intimorito. «Insomma, possibile che non riconosciate nessuno di loro? Eppure, sono abbastanza famosi. Sea Recycle? Il Vagabondo? Lo Sciamano?» E ignorò la voce di Rehagan interromperlo, affermando convinto che lui non era affatto uno sciamano, né lo sarebbe mai diventato. «Oh, nemmeno la Rondine Rossa
Eve gli lanciò un'occhiataccia. L'ultima cosa che voleva era svelare di quale gilda facesse parte. Al che, Diana roteò gli occhi al cielo – lei, naturalmente, lo sapeva già.
«Sapere è potere, amico!» continuò Killian. «Conosci il tuo avversario e avrai buone probabilità di poterlo battere.»
Il pelato ruggì: «Piantala di parlare o ti taglio la testa!»
«Se stai cercando di guadagnare tempo, arrenditi.» E intanto, alcuni dei suoi uomini cominciarono a rimettersi in piedi, seppur doloranti e traballanti. «A questo punto non vi lasceremo andare finché non riceverete una bella lezione per quello che avete fatto.»
Detto ciò, Ias incrociò gli occhi di una Lily furente di rabbia. Semmai avesse avuto il potere di leggerle la mente sarebbe rimasto traumatizzato dai modi in cui la ragazza premeditava di ucciderlo. Lei era capace di quello e di molto altro.
«Io penso che siate degli sprovveduti» disse il mago dell'Aurora, ignorando l'amabile consiglio dei suoi aguzzini. «Voi due siete dei maghi, no? Perché non utilizzate la magia?»
Ias gli lanciò un'occhiata irritata. Ormai non c'era più l'ombra del finto sorriso né della risatina ilare che l'aveva accompagnato sino a quel punto. Gli occhi erano stretti in un'espressione di fastidio e le mani chiuse in due pugni pronti a spaccare qualcosa.
Stava chiaramente perdendo la pazienza. «Cos'è, sei tanto ansioso di morire?!» Il suo corpo divenne caldo, sempre più caldo, fino al punto che persino Naevin e gli altri ne avvertirono il calore nonostante i metri che li separavano. Si arrossò tanto da sembrare un pomodoro maturo. «Pesterò i tuoi amici finché non riusciranno a mantenersi in piedi. Abbi pazienza, dopo toccherà a te!»
Sotto lo sguardo allibito di tutti, Killian alzò le spalle dimostrando totale disinteresse. «Se proprio ci tieni...»
«Non mi lascerò sfiorare nemmeno con un dito, sappiatelo» proruppe Diana.
Hydra annuì, perfettamente d'accordo con lei, per poi volgere un'occhiata rapida alla cacciatrice di taglie, poco lontano. Era evidente che non sapesse cosa fare, come comportarsi: senza le sue pistole e il suo fucile, si sentiva inutile oltre che debole.
Certamente Nypha non voleva sottostare a quella folle idea e probabilmente avrebbe cercato di tirargli un calcio tra le gambe ma l'idea di far soffrire Lily – sua nuova amica – non le piaceva per niente.
«Hai intenzione di startene lì ferma ancora per molto?»
Zitto.
«Per quanto stupido, quel tizio mi sembra pronto ad ammazzarlo.»
Taci.
«Il tuo caro fratellone morirà se-»
«Riesci a stare zitto per cinque fottutissimi minuti?!» sbraitò, al limite della sopportazione.
Il tizio con l'ascia enorme la guardò stranito, mentre Ias addirittura sussultò dalla sorpresa. E questa distrazione costò loro caro.
Nypha riafferrò una sua pistola e senza esitare, nella frazione di mezzo secondo, sparò un paio di colpi in direzione del pelatone riuscendo a perforargli il braccio con cui teneva l'arma e costringendolo a fare un passo indietro. Intanto, Naevin imbracciò l'arco e, materializzando la freccia tatuata sul polpaccio, scagliò il dardo a una velocità inaudita.
Il bandito boccheggiò agonizzante quando l'arma gli trafisse una gamba, costringendolo a tendersi in ginocchio, intanto che Killian si allontanava ulteriormente da lui.
«Come osate?!» gridò Ias, le cui mani vennero avvolte da fuoco puro. Creò una barriera di fiamme che però venne prontamente spenta dall'acqua di Hydra.
Sconvolto dalla facilità con cui avevano liberato l'ostaggio, l'uomo non riuscì a vedere la furia che gli si gettò addosso a testa bassa. Le braccia di Lily si ustionarono a contatto con la pelle calda ma non sembrava importarle di finire bruciata.
Lo sguardo era vitreo; non era arrabbiata, era furiosa. «Come osi, tu, verme!»
Eve disegnò altre aureole da usare come proiettili e Rehagan giunse le mani per poi evocare Arya, il lupo grigio. Era stanco, stanchissimo per aver richiamato Arcade poco prima, ma non poteva permettersi di non fare niente – sarebbe diventato una palla al piede da proteggere e non voleva di certo rischiare che qualcun altro venisse preso in ostaggio da quel branco di mentecatti.
Insieme, si occuparono dei superstiti ancora in piedi, mentre Nypha recuperava l’altra sua pistola e Hydra si lanciava contro l'omone pelato, seguito a ruota dal Lakad.
Killian sghignazzò. «Ve l'avevo detto di non sottovalutarli!»
Quello, alto poco più di due metri e grosso dieci volte lui, alzò il viso furente verso i maghi. Strinse entrambi le mani attorno al manico della sua fidata arma e con un grido la usò per colpire il terreno ai suoi piedi che in un attimo si spaccò.
Il Vagabondo e il marinaio si videro costretti ad arrestare la loro corsa per evitare di finire sottoterra. L'ascia dell'avversario era circondata da un'aura dorata.
«Un'arma magica, eh? In effetti avrei dovuto pensarci» fece Killian.
«E non è il solo asso nella manica che possiedo!»
Il suo corpo si illuminò della stessa luce e per quanto potesse sembrare strano per via della sua stazza, il tipo riuscì a muoversi talmente veloce da superare i due maghi e puntare dritto alla ragazzina che stava massacrando il suo superiore.
La calciò lontano da lui e Lily gemette quando andò a sbattere contro uno il tronco di un albero. Le si mozzò il fiato in gola e suo fratello cambiò rapidamente espressione.
Rehagan sgranò gli occhi. «Velocità della luce? Tu che sei così grosso? Ma dai!» E non imprecò soltanto perché non ne aveva il fiato: avere lì Arya gli stava già costando parecchie energie. Diana lo sentì arrivare ma il suo corpo non si mosse in tempo e lui, afferratele la testa, la sbatté violentemente contro il terreno, facendole perdere i sensi.
Prima ancora di poter prendere la mira, Nypha si piegò in due a causa di pugno allo stomaco che non aveva nemmeno visto arrivare; si ritrovò con una mano stretta sull'addome e l'altra sulla bocca, per non rimettere.
«Giuro che ti ammazzo!» esclamò al contempo il marinaio ma quando evocò i tentacoli d'acqua e, con essi, la sua magia più potente, avvertì uno stesso spostamento d'aria alle sue spalle e si mosse rapidamente, schivando appena il filo della sua ascia che gli sfiorò lo zigomo. Individuato il mago della luce, tentò di colpirlo con un getto d'acqua che però finì per tranciare gli alberi dietro di lui.
Era troppo veloce. Nessuno riusciva a colpirlo. E Ias sollevò le spalle da terra, grondante di sangue. «Adesso mi avete stufato!»
Gambe e braccia presero fuoco e il suo corpo divenne ancora più bollente.
La maga di Bosco tentò di colpirlo con i suoi proiettili ma non servì a nulla, persino le sue aureole sembravano fondersi in quell'immenso calore. Intanto, Lily tossì un paio di volte, imbrattando il terreno di sangue.
Ma ancora una volta, Killian fece qualcosa di sconvolgente. Si tolse le bende dagli avambracci e le gettò a terra con noncuranza, distribuendole un po' alla rinfusa. Poi, come se niente fosse, si avvicinò a Ias, comportandosi come se fosse del tutto immune al suo calore. Si accostò a lui e si inginocchiò. «Il tuo compagno morirà se non mi fermi!» esclamò, rivolto a Doxa che, intanto, aveva appena schiantato Naevin al suolo con il manico della sua ascia. «Sul serio, eh. Lo ammazzerò.»
Quello inarcò un sopracciglio. «Non sei affatto convincente, lo sai?» lo canzonò.
E in effetti la faccia di Killian sembrava tutto fuorché intenzionata a fare quello che aveva minacciato. Sembra stia solo giocando, pensò Eve atterrita.
«Secondo te perché mi sono avvicinato? Sono pure immune al fuoco. Figurati se mi faccio degli scrupoli a farlo fuori.»
«Stai bluffando e poi, in ogni caso, ti ammazzerei prima io. Sono più veloce di te.»
Killian sorrise, enigmatico. «Scommettiamo?»
Ma che sta facendo? Il Lakad a stento riusciva a tenere il collo piegato all'insù tanto era il dolore alla schiena. Così lo attaccherà e nessuno sarà in grado di fermarlo!
Allora il mago dell'Aurora tirò fuori dalla tasca interna del suo trench uno stiletto privo di guardia e affilatissimo. Alzò il braccio, pronto a trapassargli il cranio da parte a parte.
Ias era troppo debole per potersi voltare, era costretto a terra e il sangue fuoriuscito dagli squarci era evaporato: la puzza era insopportabile. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era bruciare tutto.
Eppure, quel tipo accanto a lui che attentava alla sua vita non era minimamente colpito da quelle alte temperature. Le lingue di fuoco lo evitavano danzandogli accanto e con la coda dell'occhio Ias vide la lama sottile dello stiletto avventarsi su di lui.
Ma sapeva che il suo compagno sarebbe riuscito a fermarlo e così fu. Killian incassò il colpo e un'espressione di dolore puro gli deturpò il viso, quando la schiena andò a colpire un grosso masso al lato della strada.
Lo stiletto gli cadde di mano con un sonoro clang. Per un attimo, pensò di essere morto. Un rivolo di sangue gli colò dal mento fino a penetrare nel tessuto della camicia.
Vedendo lo stato pietoso in cui si era ridotto a causa di un singolo pugno, il bandito scoppiò in una fragorosa risata. «Sei proprio debole!» esclamò.
«Lo so. Mia sorella è ben più resistente di me. E più forte. A dire il vero i suoi pugni fanno più male persino dei tuoi!»
Tentò di rimettersi in piedi ma le gambe non glielo permisero; ma ci pensò l'energumeno ad afferrarlo per il bavero e a sollevarlo da terra. In viso vi era un'espressione davvero poco rassicurante. «Dimmi la verità, stai cercando di farti ammazzare, eh?»
Killian ridacchiò e il debole fremito di quella risata lo scosse da capo a piedi. «Forse la morte è la mia più grande aspirazione. Ci hai pensato?»
«Se proprio vuoi morire... ti accontento!»
Rehagan tentò di muoversi ma non fece in tempo. Il corpo di Killian sfrecciò a una velocità pazzesca e si schiantò contro il terreno alle sue spalle.
Oddio...ma sarà ancora vivo? Si chiese Eve, allibita.
Poi, d'un tratto, udì un leggero mugugno e la nube di polvere si diradò. Killian era a terra e il solo respirare gli causava un dolore tremendo. Fece per andargli incontro ma lui la indicò e con un'occhiata le fece intendere di non avvicinarsi. Cos'ha in mente di fare?
«Un altro colpo e farai un brutta fine» sentenziò, avvinandosi. «Come mai i tuoi compagni non muovono un dito per aiutarti?»
«Che domanda idiota. Come possono fermarti quando la tua velocità sfiora quella della luce. Dai, sii serio.»
La questione era però un'altra. Killian aveva fatto intendere a tutti di non muoversi di un passo e per quanto le costasse, persino Lily attendeva il momento propizio per poterlo attaccare.
Lei sapeva di cos'era capace il fratello e sapeva cosa stava aspettando. Quando quel grosso idiota sarebbe caduto nella sua trappola, niente l'avrebbe fermata dal compiere un massacro.
«È così che si ragiona, Lilì. Sventralo come una pecora!»
Ma intanto, il mago dell'Aurora era fermo a terra. E per quanto la situazione gli potesse sembrare strana, Doxa non si chiese per quale assurdo motivo il tipo dalla benda sull'occhio e la rossa col poncho, avessero smesso di provare ad attaccarlo ormai da diverso tempo.
Lui non poteva averlo visto perché Killian gli aveva dato le spalle ma i maghi avevano chiaramente letto le sue labbra mentre si avvicinava a Ias che, intanto, era ancora avvolto dal fuoco.
L'energumeno si fermò davanti a lui, sollevando ancora una volta la sua potente ascia, sogghignando. Come risposta, Killian tossì prima di ridacchiare. Poi, con voce graffiata, urlò: «Ehi, Scheggia!»
«Hai una bella faccia tosta, sai?!» sentenziò quello, calando l'arma su di lui.
Ma Doxa, talmente sicuro di sé, non si aspettava certo di venire disarmato così all'improvviso! Fece appena in tempo a sgranare gli occhi e a mettere a fuoco la figura minuta di Diana che quest'ultima, con un secondo calcio – stavolta discendente – gli scaraventò la faccia dritta sull'asfalto; come a volersi vendicare per la botta subita poco prima.
Killian rise, seppur l'azione gli costasse qualche fitta al petto. «Lo sapevo! Sei grande, Scheggia!» Intanto, l'ascia magica si conficcò nel terreno a pochi metri da loro.
Il pelatone gemette di dolore. «C-Come diavolo hai fatto?»
Non l'ho nemmeno vista arrivare! Non ha senso! La mia velocità è superiore a quella di chiunque!
«Ehi» fece Diana, rivolgendosi a Killian. «Non chiamarmi più in quel modo stupido.» Dopodiché, il sangue che era fuoriuscito dal taglio sulla fronte prese la forma di una lama; la usò per bloccare il bandito a terra, trafiggendogli una mano al suolo – azione seguita da un grido soffocato.
Il mago dell’Aurora alzò il busto quel tanto per poter vedere Lily balzare sulla schiena dell’armadio, inferocita. Posò la punta dei suoi artigli sul collo del bastardo e inspirò forte prima di parlare, rivolta al fratello: «Sei il solito imbecille. Che bisogno c’era di farti colpire?»
Killian sospirò, conscio di quanto la corvina si stesse trattenendo per non sgozzarlo lì, in mezzo alla strada e davanti a tutti. «Non ce n’è bisogno, Lily. Piuttosto, Sche- Diana, dammi una mano ad alzarmi.»
Lei lo guardò sollevando un sopracciglio – che fosse scocciata di essere chiamare in quel modo ridicolo era palese –, poi girò i tacchi e ignorò la richiesta, con grande disappunto del mago.
«Ti aiuto io» disse Nimue, sbucata fuori dagli alberi solo in quel momento.
Intanto, Ias continuava a bruciare come in una specie di falò umano, gracchiando minacce e impedendo a chiunque di avvicinarsi. Si spense soltanto quando una cascata d’acqua lo investì e finalmente tacque quando il piede di Hydra lo colpì alla schiena. Svenne.
Eve e Rehagan aiutarono Naevin a rimettersi in piedi e in un attimo tutti si radunarono attorno a Killian, allibiti e confusi. Fu la rossa a esternare il suo disappunto: «Che diamine hai combinato? Come ha fatto Diana a essere più veloce di lui? A questo punto mi sembra palese che sia tutta opera tua, no?»
Lui incassò la testa nelle spalle e si mordicchiò la guancia prima di confessare tutto. «Mi spiace. Avrei dovuto dirvelo subito ma così non ci sarebbe stato il colpo di scena!»
«Non siamo in un fottuto fantasy di avventura!» esclamò Lily. Doxa era immobile sotto di lei e sudava freddo – questa volta nessuno l’avrebbe salvato dal finire infilzato da quegli artigli! «E tu non fai più tanto lo spaccone, eh? Com’è che diceva Diana? Non siete altro che dei miseri galletti
«Com’è possibile che un tizio del genere conosca una magia tanto potente? Di certo avrebbe potuto usarla meglio» sentenziò Rehagan, dubbioso. Poi, l’illuminazione. «La sua ascia!»
Al che, Killian annuì.
«Ma questo non spiega come mai Diana sia riuscita a colpirlo tanto facilmente!» esclamò Eve, ancora confusa.
Il mago dell’Aurora decise di mostrare la sua magia. E per farlo, diede una rapida occhiata a tutti i maghi davanti a lui; dopodiché sorrise candidamente e si rivolse a Hydra. «Prova a utilizzare un incantesimo. Quello che vuoi, non è importante ai fini della dimostrazione.»
Il marinaio corrucciò la fronte. Non riusciva a capire il senso di quella richiesta ma fece come detto... restando però deluso dal risultato. Stranito e preoccupato, lanciò un’occhiata omicida in direzione di Killian. «Non ci riesco.»
Nella confusione generale – Naevin temette di veder sbiancare Hydra, davvero – Rehagan cacciò un gridolino entusiasta. «Tu- Tu annulli la magia degli altri!» Killian ridacchiò, annuendo, fiero di aver scelto in squadra qualcuno di tanto intuitivo. «Per questo eri immune al fuoco! E- E le bende che hai sempre addosso hanno fatto il resto!»
Eve, come tutti gli altri, abbassò lo sguardo per poter osservare con i suoi occhi ciò che lo scienziato stava indicando: le fasce che Killian era solito avvolgere attorno agli avambracci erano lì dove le aveva lasciate, sparse sul terreno. E Hydra ne stava calpestando un pezzo.
Per la rossa fu uno shock comprendere ciò che era sempre stato sotto il suo naso – avrebbe dovuto accorgersene molto prima. «Chiunque entri in contatto con le tue bende non può più utilizzare la magia? È per questo? Ti sei fatto colpire così che quest’armadio mettesse finalmente un piede dove non avrebbe dovuto e, in questo modo, Diana è riuscita a disarmarlo...»
«Esattamente!» esclamò, contento di non dover sprecare fiato a spiegarlo.
«Ma allora sei veramente scemo?!» esclamò a un certo punto Naevin, sconvolto. Killian stesso venne preso alla sprovvista da questa sua uscita. «Hai rischiato di morire per questo?! Avremmo potuto trovare un modo per batterlo; siamo in nove e, a parte il falò vivente che non sarebbe andato da nessuna parte a causa delle ferite, lui era praticamente da solo!»
Il mago dell’Aurora sgranò gli occhi, ammutolendosi.
A quel punto intervenne Lily: «È da una vita che glielo ripeto ma lui ha sempre quest’atteggiamento di merda! Ecco perché i suoi piani fanno sempre schifo! Ed ecco perché non vanno mai seguiti!»
 
 
 
§
 
 
 
Nimue si occupò, innanzitutto, di rimettere in sesto Killian. Dopo una decina di minuti, aveva cominciato a lamentarsi perché sentiva male dappertutto e Lily gli aveva urlato addosso che così imparava a farsi picchiare senza un valido motivo.
Al contrario, Diana non aveva emesso alcun suono quando la dottoressa le aveva messo i punti sulla tempia; quello non era niente in confronto al dolore che aveva dovuto patire lei negli anni dell’addestramento.
Per lo meno adesso ho capito perché la mia magia non funziona su di lui.
Nimue volle ricucire Ias, Doxa e tutti gli altri imbroglioni: a nulla erano valse le proteste di Lily – lei stessa sapeva che l’amica non li avrebbe mai lasciati morire dissanguati. La sua professione glielo impediva, dopotutto.
Comunque non avrebbero più dato fastidio a nessuno, di questo erano certi. Killian aveva impresso su di loro un incantesimo che si sarebbe sciolto soltanto alla loro morte: non avrebbero più potuto usare la magia, nemmeno tramite armi incantate. E a proposito di armi, l’ascia di luce che aveva avuto la sfortuna di trovare un padrone tanto inetto, fu sotterrata e ricoperta dal fogliame, poco lontano dalla strada.
Non aveva alcun senso portarsi dietro qualcosa che nessuno sarebbe stato in grado di utilizzare al meglio – tra di loro gli unici a possedere della armi bianche erano Hydra, Eve, Naevin e Killian ma non avrebbero saputo che farsene di un’ascia. Ad ogni modo, il marinaio si era detto interessato a rivenderla, per questo al ritorno si sarebbe senz'altro fermato a recuperarla. Tra l'altro, l'incantesimo di Killian avrebbe impedido a chiunque di utilizzare la Lacrima magica inserita nell'oggetto.
Il carro proseguì lungo la strada principale fino all’ora di pranzo, poi il Lakad suggerì una strada secondaria e prima di sera il gruppo si ritrovò all’ingresso della città di Durandal. Naevin stesso non ci era mai stato e gli sembrò assurdo che il palazzo più grande e più in vista della regione fosse una biblioteca, posta al centro di quella che un tempo era stata la patria di tutti gli studiosi del mondo.
«Tu che hai il super udito, senti qualcuno nei paraggi?»
Diana guardò Eve come a volerla uccidere con lo sguardo. «Ci sono un sacco di persone lì dentro.» Al contrario, la città è deserta. Ma non lo disse; era abbastanza evidente dalla condizione in cui versava.
Una volta scesi dal carretto, i maghi se la ritrovarono davanti in tutta la sua immensità. La biblioteca si sviluppava su tre piani e già da fuori sembrava davvero immensa, praticamente un castello. La facciata era contrassegnata da due colonne di marmo bianco per lato a capitelli compositi, un portone in legno massello finemente intarsiato e rami d’edera che andavano a incorniciare ciascuna finestra.
Fu Eve ad avvicinarsi per prima all’entrata, spinta da un unico desiderio: trovare Kyla. Dev’essere qui. Dev’essere per forza qui.
Il portone era aperto, perciò, bastò una piccola spinta e questo si aprì. I maghi si ritrovarono davanti una hall immensa e nessuno ad accoglierli. Il centro della sala era occupato da scatoloni impolverati e vecchi libri rovinati, praticamente illeggibili, mentre due paia di scale portavano al piano di sopra – da lì, provenivano diverse voci.
«Non si sono ancora accorti di noi...» disse Nypha, non smettendo di guardarsi attorno.
Diana annuì – una specie di gesto d’assenso – ma non disse niente.
Quindi salirono al piano di sopra. Se l’ingresso era parso polveroso e buio nonostante il lampadario di cristallo, il secondo piano sembrava invaso dalla luce. Interminabili file di scaffali e lunghi tavoli, persone che borbottavano tra sé o che correvano da una parte all’altra alla ricerca del tomo giusto, mappe, odore di carta e d’inchiostro... per Lily fu come avere davanti una gilda dell’Ancient Aurora ma cento volte più grande e cento volte più incasinata!
«Nessuno ci ha ancora notati» bisbigliò Naevin, sconvolto.
«È normale quando si è concentrati.» Rehagan sorrise.
Altri topi di biblioteca, pensò Hydra.
«Chissà se hanno il terzo romanzo di quella saga...» si chiese Killian, per un attimo dimenticandosi del dolore atroce – più o meno – di cui fino a qualche attimo prima si stava lamentando.
Tremante per via dell’agitazione, Eve adocchiò il suo obiettivo: un giovane dall’aspetto semplice, capelli rossicci e grossi occhiali rotondi che, anziché stare sul naso, gli tenevano alcuni ciuffi ribelli sulla testa. Gli si avvicinò e richiamò la sua attenzione.
Quello, preso in contropiede, balbettò qualcosa come un saluto o qualcosa del genere.
«Conosci una donna che si chiama Kyla?»
«Eh-? Co- Cioè- Non-»
Il ragazzo farfugliava frasi sconnesse, gesticolava come un matto e intanto i libri che stava trasportando gli caddero di mano, aprendosi sul pavimento; a quel punto, il poveretto non seppe più a cosa dar retta prima.
«Mi sa che si è rotto» sentenziò Reha, divertito, osservando come non riuscisse più neanche a guardare la rossa in faccia. Alla fine, però, mosso a pietà per il poveretto, decise di intervenire: «Ehi, ehi... sta’ tranquillo.»
Schioccò le dita e il ragazzo si girò a guardarlo.
«Allora, la conosci? La nostra amica Eve sembra tenerci un sacco.»
«Non siamo venuti qui per questo» borbottò Lily, ma l’altra non sembrò neanche sentirla.
Il giovane si schiarì la voce, recuperò i libri da terra e li posò sul tavolo prima che gli cadessero nuovamente. Tentò di rivolgersi alla ragazza che gli aveva posto quella domanda ma non ci riuscì: per evitare di fare ulteriori figuracce, decise di puntare lo sguardo sul sorriso rassicurante dello scienziato. «M-Mi chiamo Bam e s-sì, conosco Kyla...»
Allora Eve, senza nemmeno rendersene conto, lo afferrò per le spalle e cominciò a scuoterlo. «E dov’è?! È qui?! Dimmelo!»
C’era urgenza nella sua voce; astio, rammarico, tristezza. Per la prima volta Lily vide dinanzi a sé una Eve Ikuko completamente diversa da quella a cui era abituata. Lei scherzava, ironizzava su tutto... aveva volontariamente stuzzicato Hydra e per poco non era finita a far compagnia ai pesci!
Intanto, Bam – davanti all’esternazione di così tanti sentimenti diversi, e al solo metabolizzare che una ragazza gli stesse rivolgendo la parola con così tanta foga – svenne.
Quando finalmente se ne accorse, Eve lasciò la presa e questo cadde a terra come un sacco di patate. Per un attimo, le sembrò persino divertente. «Ma che gli è preso?»
«Non ha retto all’emozione» Killian sembrava davvero convinto di quel che diceva, con tanto di sorrisetto ironico.
La rossa fece per dire qualcos’altro – forse un’imprecazione – quando una voce da lontano attirò la sua attenzione; una voce che suonò tremendamente familiare alle sue orecchie e quando alzò lo sguardò per capire chi fosse non ebbe alcun dubbio.
«Coin?»
L’uomo indossava un completo color crema che aveva visto giorni migliori – decisamente. Gli orli delle maniche erano arrotolati e i pantaloni sporchi di fuliggine e terriccio. I capelli alla “chierica”, diversamente da come li ricordava, erano grigi e brizzolati; un segno chiaro e inequivocabile dei tanti anni trascorsi. Anche i baffi si erano ingrigiti.
Certo, lei l’aveva visto e conosciuto in un’unica occasione... ma quella voce calda e buona era stato abbastanza per poterlo riconoscere. «Se tu sei qui, vuol dire che anche Kyla-?»
«Eve? Sei davvero tu?!» esclamò, avvicinandosi.
Ma la ragazza ignorò la sua domanda. «Dov’è Kyla?»
Coin si fermò a un passo da lei, indeciso sul da farsi. Le guance paffute erano sbiancate e gli occhi tondi e scuri tremarono non appena incrociò quelli ferini della maga.
Fece per parlare ma Diana l’anticipò sul tempo. «Non è più qui. Ora, possiamo pensare a-»
Sbatté un paio di volta le palpebre, la Dragon Slayer, prima di rendersi conto che qualcuno – Killian – le aveva appena tappato la bocca.
Irritata oltre ogni misura, gli rifilò una gomitata e il mago dell’Aurora, piegato in due dal dolore, alzò le mani in segno di resa e senza dire altro si lasciò cadere all’indietro. Dopodiché, mugugnò un flebile: «Sto morendo.»
In un attimo, Lily l’afferrò per il kimono. «Cosa diavolo pensi di fare?!»
E intanto che le due si guardavano storto, Killian continuava a ripetere imperterrito la stessa identica frase, al punto che Nimue gli si inginocchiò accanto, impassibile come al solito. «Non stai morendo, ti ha solo incrinato una costola, cosa che neanche quell’energumeno di stamattina è riuscito a fare.»
«Chi se ne frega di cosa si è rotto, fa male e preferisco la morte...»
«Sei il solito esagerato.»
«È ferito, idiota!» sbraitò Lily, intanto.
Non sopportando più quella situazione, Diana le diede una spinta, allontanandola da lei. «Quelle me le chiami ferite? E non osare toccarmi.»
Il Lakad pensò di dover intervenire per sedare l’imminente litigio che ne sarebbe scaturito. E, aiutato da Nypha che cercava di distogliere la corvina dall’attaccar briga con l’altra, si piazzò esattamente in mezzo a loro per poterle dividerle.
Ma qualsiasi suo tentativo di aprir bocca fu neutralizzato da un pugno sbattuto contro il legno di un tavolo. I maghi – Killian dovette allungare il collo perché da terra e con la visuale per metà coperta dalla stazza di Naevin non sarebbe riuscito a vedere nulla – si voltarono verso Eve.
Questa, tremante e con gli occhi sgranati, fissava il buon Coin con l’espressione di chi non voleva credere alle sue orecchie.
Nypha, che era stata distratta dalle due ragazze, fece per chiedere spiegazioni in merito ma la voce scura di Eve interruppe sul nascere quel tentativo. «In che senso che non è più tornata dalla capitale?»
«Dopo il disastro, Kyla e altri cinque di noi hanno deciso di voler indagare. Sono partiti un mese fa, hanno raggiunto Cortana e ci sono rimasti per una ventina di giorni ma solo una di loro è tornata indietro, Tabitha.»
«Chi è e dove si trova?! Voglio parlare con lei!»
«Sarebbe inutile, Eve. Non non sa nulla.» spiegò, mortificato. «Volevamo organizzare un’altra spedizione ma ci è stato impossibile. Kiel ha uomini ovunque e impedisce a chiunque di mettere piede nell’entroterra a meno che non si diventa suoi sottoposti.»
Avrebbe voluto urlare, Eve. Avrebbe voluto spaccare la faccia a quel tizio e chiunque avesse impedito a Kyla di far ritorno. Era arrabbiata. Nemmeno lei sapeva dare un nome a quello che stava provando.
Fu Killian a prendere parola, attirando la sua attenzione. «Chi è Kyla?»
Di certo si aspettava una tale domanda, ma la voce le uscì comunque più debole di quanto avrebbe voluto. «Una maga e un’esperta di rune. Lei mi ha salvata.» E poi abbandonata – avrebbe voluto aggiungere, ma non lo fece.
Kyla mi ha salvata, mi ha accolta in casa sua dopo- dopo essermi allontanata da loro, mi ha insegnato tutto e poi... e poi se n’è andata.
Non se la sentì di aggiungere altro. Non se la sentì di ammettere che quella persona aveva scelto di andarsene nonostante la loro promessa!
All’improvviso si era trovata a non avere più qualcuno da salutare al mattino, si era trovata a non avere più chi – con una scusa becera – le affidava compiti noiosi perché... beh, perché erano troppo noiosi! Si era trovata a non avere più nessuno a cui preparare quegli orribili panini al tonno che Kyla era solita divorare, neanche fosse l’unico cibo sulla terra!
La situazione era tanto semplice quanto straziante: Kyla n’era andata e, a quanto diceva Coin, era rimasta persino incastrata in un’orrenda e pericolosa situazione.
 

 
§

 
 
Una volta ripresosi, Bam spiegò ai più interessati le origini di quella enorme biblioteca. Era stata fatta costruire per ordine della regina Nafitte e donata a un suo vecchio amico che grazie alle sue larghe conoscenze di medicina era riuscito a salvare la vita di sua figlia, affetta da una rara e gravissima malattia.
Naevin aveva sentito parlare di lui, Amadís, quand’era piccolo. Durante tutto il racconto, Bam era stato attento a non incrociare lo sguardo di nessuna ragazza e tutti ne avevano ben capito la ragione: non riusciva a spiccicare parola dinanzi al gentil sesso. Le guance, le orecchie e il collo si arrossavano, il cuore cominciava a battere all’impazzata, il respiro gli si mozzava in gola e l’idea di loro che lo guardavano… lo uccideva.
Alla fine, richiamato da altri suoi colleghi, tornò a dedicarsi ai suoi amati libri, lasciando il gruppo di maghi seduti attorno a un tavolo in attesa che Eve terminasse di discutere con il vecchio Coin.
«Ricordatemi perché siamo venuti qui.» Lily incrociò le caviglie sul tavolo e si piegò all’indietro, dondolandosi sulla sedia. «Killian?»
«Ho come l’impressione che questa cosa andrà per le lunghe... ad ogni modo, suppongo che voglia davvero scambiare quattro chiacchiere con questa Tabitha. Andrò con lei.»
Suo fratello parlava di Eve, chiaramente.
«Non stavi morendo?»
Lui sembrò ricordarselo solo in quel momento. «Vero, mi fa ancora male il fianco! Ehi, Nim, non è che potresti-»
«No.» La risposta fu concisa e diretta. «Tu e i farmaci non andate d’accordo. Te lo ricordi cos’è successo l’ultima volta, vero?»
Lui borbottò qualcosa di incomprensibile, al che Nypha ridacchiò: nonostante l’importante ruolo che il re gli aveva affidato, c’erano volte in cui sembrava di avere davanti un bambino. Alternava momenti di giocosità in cui dava prova del suo essere infantile a momenti seri in cui non si faceva il minimo scrupolo a dire la sua – ma anche in quei casi il suo sorriso gioviale e, a volte, sghembo, la faceva da padrone. A dire la verità, un po’ lo ammirava per il suo essere ambivalente.
Certo, anche Nypha – per certi versi – poteva vantare una cosa del genere: era il suo lavoro a renderlo necessario. La timida e dolce Nypha lasciava il posto a un sicario pronto a tutto pur di completare il lavoro.
«Perché? Cos’è successo l’ultima volta?» chiese Naevin, curioso, e spalleggiato dallo scienziato che, anche lui, moriva dalla voglia di saperlo.
Killian restò in silenzio ma ben presto il discorso fu lasciato cadere dal mago stesso che lentamente – e senza smettere di lamentarsi – si alzò per potersi avvicinare a Eve.
Com’era logico, Diana ascoltò tutta la loro conversazione.
«Quindi è per questo che hai accettato di venire con noi» esordì lui, frapponendosi tra i due. «A me non dispiace che tu abbia motivi differenti dai nostri, d’altronde chi non ne ha. Ma se è questo ciò che vuoi, allora potremo aiutarti a trovare questa persona.»
Diplomatico e coerente, era sempre stato così.
Eve sospirò. «Hai ragione. Voglio trovare Kyla e la mia meta è Cortana, non ci sono dubbi.»
«Anche la nostra» disse, sorridendo. «Detto ciò, Coin, non è che potremmo parlare con quella persona di cui hai accennato prima?»
Il vecchio paffuto si mordicchiò un paio di volte le guance prima di rispondere – le mani sudate non passarono inosservate. «Tabitha è al terzo piano, laddove abbiamo organizzato le camerate. La biblioteca è l’unico edificio abitabile e sul retro c’è l’infermeria. Ma vi devo chiedere di andarci piano, è parecchio provata.»
I due maghi annuirono e si avviarono in direzione delle scale. Proseguirono lungo il corridoio che affacciava verso un piccolo cortile interno che stava venendo utilizzato a mo’ di orticello, per poi ritrovarsi davanti a una porta identica a tutte le altre. Killian bussò e si azzardò ad aprire solo dopo aver ricevuto risposta.
Tabitha era seduta a letto; accolse i suoi ospiti con un sorriso stanco e fugace. «Cosa volete sapere?»
Era pallida, scavata... sembrava un fantasma. Aveva lunghi capelli neri che portava legati in una debole e mal fatta treccia, occhiaia profonde e occhi che un tempo sarebbero dovuto essere di un nocciola chiaro brillante.
Sembrava esausta, sul punto di morire da un momento all’altro.
«Che ti è successo?»
Lei sbuffò una risata flebile. «Non è stata la capitale a ridurmi in questo stato. Per la verità, io e Palomo non ci siamo neanche avvicinati a Cortana, è stata Kyla a chiederci di aspettarli lì. Aveva il presentimento che ci fosse qualcosa di sbagliato e, in effetti, dopo nemmeno un paio d’ore sono arrivate delle persone alquanto sospette. Siamo rimasti nascosti per un po’ ma poi si sono accorti di noi.»
Tabitha si vide costretta a fermarsi a causa di un improvviso colpo di tosse. Portò della stoffa alla bocca e tossì violentemente, tanto da non riuscire nemmeno a respirare. Quando credette di aver passato il peggio, tornò a stendere la schiena sul cuscino accuratamente ripiegato dietro di lei, stringendo convulsivamente lo straccio ormai sporco di sangue.
Eve rabbrividì dinanzi alla sua espressione rassegnata all’inevitabile.
«Sei stata avvelenata?»
L’altra annuì. «Tra loro c’era una ragazza... era giovane, forse anche più di me. È stata lei...»
«E l’altro tuo amico? È ancora vivo?» domandò la rossa.
Gli occhi di Tabitha divennero liquidi in un attimo. «No. È stato ucciso. E nel peggiore dei modi…!» Lo ricordava ancora perfettamente, purtroppo. Ricordava le lame che lentamente tagliavano le sue carni, le grida soffocate, le lacrime, il sangue che sgorgava, le ossa che venivano spezzate e Tabitha dovette far fronte a tutte le sue – già poche – energie per non vomitare.
«Puoi dirci di più riguardo quella ragazza?» domandò Killian, mascherando alla perfezione una certa urgenza.
«S-So soltanto che il suo nome è Emilia.»
«Nessun altro particolare?»
Lei scosse la testa e Eve ne approfittò per domandarle di Kyla, lasciando Killian solo con i suoi pensieri. Tabitha sarebbe morta a breve, chiaro. Sarebbe morta a causa di un veleno impossibile da contrastare e che aveva da sempre fatto patire le pene dell’inferno a chiunque ne fosse anche solo sfiorato. Aveva i giorni contanti.
Ma se fosse stato realmente così, allora tanto valeva chiamare immediatamente Nimue e – perché no? – anche Rehagan. Sì, mi sembra giusto così.
Fece per avvertire le due che si sarebbe assentato un attimo, quando Tabitha cominciò strillare. Persino Killian ne rimase sorpreso – così all’improvviso? – e tentò di avvicinarsi a lei per accertarsi che stesse bene, che fosse qualcosa di passeggero, quando un’onda d’urto lo fece volare all’indietro.
Anche Eve subì la sua stessa sorte e sbatté violentemente la nuca contro lo stipite della porta. «Ahia- cazzo!» Ebbe appena il tempo di imprecare che Killian l’afferrò per il poncho e la tirò verso di lui, impedendo così a un comodino di schiantarsi sulla sua faccia.
I due si guardarono attorno e ciò che videro li lasciò perplessi. Tabitha era in ginocchio al centro della camerata e dalla sua gola scivolavano fuori gemiti di dolore alternati a piccole grida soffocate dal sangue.
Fu nel momento in cui la vide portarsi le mani al collo che capirono. Magia vocale. E subito dopo si videro costretti a tapparsi le orecchie mentre le grida di Tabitha mandavano in frantumi le finestre.
«È una fata!» urlò Killian, ma Eve non diede segno di averlo sentito. «Continuerà a strillare finché non morirà!»
L’altra corrucciò la fronte, non avendo capito nemmeno una parola. «Cosa?!»
Poi, all’improvviso, Tabitha si silenziò. Entrambi accovacciati l’uno di fronte all’altra, i maghi si guardarono indecisi sul da farsi e, insieme, volsero gli occhi sulla figura immobile della ragazza schiacciata dall’enorme lampadario in ottone.
Killian fu il primo ad alzarsi – seppur con fatica – e ad avvicinarsi a lei. C’era del sangue; tanto sangue.
«È questo che succede quando appare una fata?» domandò Eve, affiancandolo e massaggiandosi le orecchie doloranti. Non oso immaginare a come debba essersi sentita Diana...
Dalla porta scardinata fecero capolino gli altri. Lily storse il naso a causa del forte odore che impregnava la stanza. «Un’altra?»
Il fratello annuì, pensieroso. «Sarebbe comunque morta entro pochi giorni.» Detto ciò, alcuni studiosi si fecero avanti, sconvolti e disgustati alla vista di una scena tanto macabra.
Uno di loro si vide costretto a uscire per andare a vomitare, un’altra scoppiò in lacrime. Naevin sospirò, triste. «Dovremo seppellirla.»
Killian annuì, impassibile. Prima che qualcuno potesse aggiungere altro, si avvicinò a Rehagan e Nimue per sussurrare loro una richiesta.
 

 
§
 

 
Fu con aria baldanzosa che la ragazza raggiunse i giardini del palazzo.
I capelli corti e rosa erano gonfi e piegati in soffici boccoli; ad ogni piccolo saltello sembravano sollevarsi di qualche millimetro. Non era molto alta e indossava una camicia bianca con colletto e una gonna scozzese a pieghe dalle diverse tonalità di rosa.
Lei amava quel colore. Amava mangiare le caramelle, lo zucchero filato, i biscotti ripieni di glassa alla fragola e i pancakes. Amava rimanere scalza sull’erba e il profumo dei fiori. Le piaceva dedicarsi al giardinaggio, alla pasticceria e al ricamo.
Al contrario, odiava profondamente gli insetti e il non fare niente.
Betty le ripeteva spesso che, dato il suo ruolo, avrebbe dovuto fare la seria e smettere di perdere tempo in baggianate. Lei, però, finiva sempre per ignorare le sue raccomandazioni e a meno che non si arrabbiasse sul serio – cosa impossibile perché per Betty era impossibile avercela con lei, con quel viso d’angelo, per più di due minuti – Emilia continuava a comportarsi come una zuccherosa ragazzina di quindici anni.
Una zuccherosa ragazzina di quindici anni disubbidiente e che molto spesso finiva per combinare dei guai. Senza alcuna scorta – non che ne avesse realmente bisogno – usciva dal perimetro indicato per fare una passeggiata, per andare incontro ai loro nemici.
Emilia raggiunse il gazebo con un sorriso radioso e salutò Betty solo dopo aver dato uno sguardo ai dolcetti che erano stati fatti portare per quella colazione in giardino.
«Ti ho detto mille volte di non chiamarmi così, Emilia. Conosci il mio nome, usalo.»
L’altra ridacchiò, sedendosi difronte a lei. Gli occhi viola saettarono dai cioccolatini al cuore di caramello ai bignè ripieni di crema pasticcera, indecisi su quale lanciarsi. «È un bel soprannome, Betty
«Emilia,» – la redarguì – «Smettila.»
«Di fare cosa?» domandò, prendendo una praline ricoperta di cioccolato fondente e scaglie di nocciole. «È da ieri che non faccio altro che andare negli stessi noiosissimi posti, non ce la faccio più. Non hai qualcosa da farmi fare?»
«No» rispose, atona.
Betty era una bella donna, ben più matura di Emilia – sia per l’aspetto che per la mentalità. I suoi capelli erano lunghi e ben curati, color magenta. Quel giorno aveva deciso di lasciarli scivolare liberamente sulle spalle a eccezione dei ciuffi anteriori, intrecciati tra loro e tenuti all’indietro da un fermaglio bianco, come una farfalla di cristallo immersa tra le onde.
Guardando solo la sua acconciatura – o, più semplicemente, la tinta rossa sulle labbra –, ci si aspetterebbe un vestiario altrettanto femminile. Niente di più errato. Seppur con l’estrema eleganza che la contraddistingueva, Betty era solita indossare abiti con cui era facile muoversi e combattere: le gambe slanciate erano perfettamente fasciate in un paio di pantaloni bianchi, colore in contrasto con il bordeaux scuro degli alti stivali con tacco e della giacca senza maniche, chiusa lateralmente con bottoni d’oro. Le braccia, invece, erano coperte dalle maniche bianche della camicia, sempre perfettamente stirata e calzante a pennello.
Betty era l’eleganza fatta persona. Riusciva a essere femminile pur non indossando mai alcun tipo di gonna o abito. Emilia pensava fosse sexy.
«Questi dolci sono la fine del mondo!»
«Non ingozzarti come al solito.» Eppure, nonostante l’indole ligia e severa, Betty riusciva a tirare fuori un sorriso genuino solo quando c’era lei. «Piuttosto, preparati. È probabile che quelle nove persone riescano ad arrivare fino a qui.»
Emilia alzò gli occhi dai cioccolatini ripieni di caramello, leccandosi le labbra. «Non è compito di Kiel impedirglielo?»
«Di lui non mi fido. Per niente. E poi, se vuoi qualcosa fatta bene, è meglio farlo da sé.»
«Mi stai forse dicendo che posso occuparmene io? Tipo, uscire da qui e-» Ma Emilia non terminò quella frase perché una guardia le raggiunse.
Si inginocchiò in segno di rispetto – neanche avesse davanti due principesse –, salutò entrambe, per poi rivolgersi alla maggiore: «Il Mondo vuole parlarvi, Imperatrice
Betty sospirò. «Arrivo.»
Non appena la guardia andò via, la donna si alzò. Intimò l’altra di non allontanarsi dalla capitale – glielo scandì tre, quattro volte – e solo dopo si avviò verso le sue stanze, ancora ignara della notizia di cui a breve sarebbe stata messa al corrente.





 
 
 
 
 
 

 
 


Ebbene, eccomi.
Dopo un’attesa apparentemente infinita, eccomi di ritorno. Come state? Come sta procedendo questo nuovo anno? Io sono sempre più disperata ma a parte l’ansia costante dell’università e il nonsense a cui sono costretta ad assistere ogni santo giorno a lavoro, direi che non mi sta andando tanto male ^^ La vita è strana; e la gente lo è ancora di più. Bah.

Comunque. Nuovo capitolo. Nuova città – Durandal.
Nuova fata – povera Tabitha. Nuove nemiche – Betty non è il suo vero nome, eh, ci tengo a precisare... è solo che a Emilia non piacciono i nomi troppo lunghi e troppo poco carini, quindi... ciao Betty! Nuovi combattimenti.
A proposito, cosa ne pensate? Sapete, non ne sono particolarmente convinta. Forse avrei potuto osare di più. Piuttosto, mi serviva per rendere chiaro a tutti quanto Killian fosse una pippa totale – cervello a parte, s’intende… forse XD.

Ad alcuni di voi l’ho già accennato: sto preparando TRE capitoli insieme XD
Infatti il prossimo è praticamente pronto, devo solo aggiustare qualcosina e aggiungere un ultimo pezzo ^^ Eheh, non vedo l’ora! Sarà il primo di una lunga serie di capitoli “particolari”, nel senso che sarà interamente dedicato a una cosuccia che, di solito, adoro se fatta bene.
Ma non vi dirò cosa! Tanto penso che si sentiremo a breve ^^
Sono indecisa sul titolo ma quello dell’undicesimo è già deciso. Ripeto: Non. Vedo. L’ora!

Curiosità n.15 ► Emilia ama i fiori, Betty ama le armi. Emilia ricama, Betty si allena. Emilia ama i dolci, Betty ama i cibi salati. Emilia è sempre sorridente con tutti, Betty ha uno sguardo glaciale con tutti. Eppure, a Betty non dispiace avere Emilia intorno e viceversa. Sia a Emilia che a Betty piacerebbe giocare a tennis, peccato che abbiano altro a cui pensare.
 
Curiosità n.16 ► Ricordate quando vi ho detto che a Killian non piace farsi male? Ecco. Non lo sopporta perché ha una bassa, bassissima soglia del dolore e anche la più piccola spintarella per lui è come una pugnalata. Sì, forse è un pochetto esagerato...

A questo punto vi saluto. È stato un piacere. Volevo pubblicare ieri ma come ovvio che sia non ho avuto tempo nemmeno per guardarmi allo specchio.

E ora, tutti insieme a me: l’antibiotico è l’ANTICRISTO. Alla prossima! ^^

Rosy


 
  
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