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Autore: starlight1205    20/02/2023    3 recensioni
Edimburgo, 1996
Diana Harvey è una normale ragazza che vive con la zia e lavora nel negozio di antiquariato di famiglia. Una serie di circostanze e di sfortunati eventi la porteranno a confrontarsi con il mondo magico, con il proprio passato e con un misterioso oggetto.
Fred Weasley ha lasciato Hogwarts e, oltre a dedicarsi al proprio negozio Tiri Vispi Weasley insieme al gemello George, si impegna ad aiutare l'Ordine della Fenice nelle proprie missioni.
Sarà proprio una missione nella capitale scozzese a far si che la sua strada incroci quella di una ragazza babbana decisamente divertente da infastidire.
[La storia è parallela agli eventi del sesto e settimo libro della saga di HP]
- Dal Capitolo 4 -
"Diana aveva gli occhi verdi spalancati e teneva tra le dita la tazza di tè ancora piena.Non riusciva a credere a una parola di quello che aveva detto quel pazzo con un'aria da ubriacone, ma zia Karen la guardava seria e incoraggiante. Il ragazzo dai capelli rossi nascondeva il suo ghigno dietro la tazza di ceramica, ma sembrava spassarsela un mondo. Diana gli avrebbe volentieri rovesciato l'intera teiera sulla testa per fargli sparire dal viso quell'aria da sbruffone."
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Fred Weasley, George Weasley, Mundungus Fletcher, Nuovo personaggio | Coppie: Bill/Fleur
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Diana percorreva a passo di marcia lo spazio tra gli scaffali colmi di volumi polverosi, sbuffando sonoramente per la rabbia che sentiva gonfiarsi e dilatarsi nel petto.
L’eco dei suoi passi rimbombava sul pavimento di legno.
Quando Fred sfogava la sua frustrazione in quel modo non riusciva proprio a reggerlo: a nessuno piaceva quella strana situazione di reclusione forzata.
Diana si sentiva già abbastanza in colpa per aver trascinato in quell’avventura i tre ragazzi in un momento in cui ognuno avrebbe dovuto restare accanto alle rispettive famiglie, quindi trovava davvero spiacevole quando Fred, preso dal nervosismo, si lasciava scappare quei commenti che non facevano altro che accrescere il clima di tensione già ad alti livelli.
Restare in quella casa era come rimanere in una bolla lontana dal mondo che deformava la realtà come uno specchio convesso: di qualunque guerra o fatto di cronaca si parlasse, tutto assumeva una dimensione distante e surreale.
Continuò a camminare avanti e indietro con lo sguardo rivolto verso l’alto alla schiera di volumi perfettamente impilati quasi fino al soffitto cercando di calmarsi.

Quella vecchia biblioteca polverosa e stantia era diventata quasi subito la sua stanza preferita dell’intera casa.
L’odore di carta stampata che i vecchi libri emanavano le ricordava tremendamente il negozio Harvey e, di conseguenza, zia Karen. Le sembrava quasi di poterla vedere muoversi tra quegli scaffali e allungarsi in punta di piedi per raggiungere gli scaffali più alti anche senza l’uso della scala, come aveva sempre fatto.
Una fitta di nostalgia le si impigliò in un imprecisato punto tra la gola e il petto: avrebbe dato qualsiasi cosa per riabbracciare zia Karen e parlare con lei dei mille dubbi e interrogativi che la attanagliavano.
Si fermò accanto allo sgangherato pianoforte a coda: ne accarezzò il legno scuro che una volta doveva essere stato lucido e poi le sue dita scivolarono distrattamente a pigiare un paio di tasti, giusto per riempire il denso silenzio che permeava la stanza.
Inevitabilmente, le note gravi dei tasti che rieccheggiavano nel seminterrato le ricordarono Benjamin Murray: non riusciva a non provare un moto di tristezza e amarezza nel ripensare a lui.
Sì, le aveva mentito e Fred era ormai fermamente convinto che fosse invischiato in loschi traffici, eppure una fioca fiammella di tenue speranza baluginava ancora nei pensieri di Diana. Il suo inconscio continuava ad intestardirsi nel credere impossibile il fatto che Ben volesse, in qualche modo, farle del male.
Il pianoforte era l’unico oggetto che Benjamin aveva portato con sè una volta trasferitosi a vivere all’appartamento sopra al negozio Harvey e, su consiglio della stessa Diana, lo aveva collocato accanto alla finestra del soggiorno, proprio alle spalle del divano color senape. 
Se chiudeva gli occhi le sembrava ancora di trovarsi lá, affondata nella poltrona a bere una tazza di the con Antares sulle ginocchia, con le dita di Ben che si muovevano rapide sui tasti per suonare una melodia.
Ricordava perfettamente una delle prime sere che lei e Ben avevano passato sotto lo stesso tetto: lei chiusa nella sua camera, arrabbiata con il mondo e con quel semi estraneo con cui era costretta a dividere la sua vita. 
Poi lui si era messo a suonare e allora, come un topolino incantato da un magico flauto, Diana era uscita dalla sua stanza per accoccolarsi sul divano, cullata dalle note di Rocketman. E anche se fino a quel momento si erano forse scambiati si e no quattro parole, Ben aveva alzato la testa dai tasti bianchi e neri per incrociare il suo sguardo. Diana aveva sentito le labbra stirarsi involontariamente in un sorriso, mentre le note della canzone scioglievano lentamente l’avversione che provava per lui.
Solo il ripensare a quel momento di pace, riuscì ad attutire il suo risentimento nei confronti di Fred.
Sospirò.
In un momento come quello, avrebbe fatto carte false per avere un’amica con cui parlare e confidarsi. Aileen doveva essere preoccupata e arrabbiata per la sua ennesima fuga: una volta tornata a Edimburgo, avrebbe dovuto fare nuovamente i conti con lei e scegliere quale bugia propinare all’amica per tirarsi fuori indenne dalle domande che sicuramente sarebbero sorte spontanee.

Le urla di Fred che si scusava dal piano di sopra la costrinsero a riaprire gli occhi e a ripiombare bruscamente nella realtà.
Il pensiero di Ben, di Aileen, di zia Karen e persino di Antares, le aveva stretto il petto in una morsa malinconica, stemperando sempre di più la rabbia nei confronti di Fred. 
Si mordicchiò il labbro inferiore nel constatare che il clima di tensione causato dall’obbligata convivenza aveva influito negativamente sugli umori di tutti; il suo stato d’animo, inoltre, era di certo peggiorato anche a causa degli incubi che ormai le facevano visita incessantemente.
Aveva anche smesso di dormire insieme a Fred per evitare che lui si accorgesse dei suoi continui risvegli nel cuore della notte o del suo sonno perennemente agitato.
L’incubo delle mani insanguinate, infatti, si era riproposto altre volte e, insieme a lui, si era fatto frequente un altro sogno.
Non riusciva a mettere a fuoco un luogo preciso nè qualcuno accanto a lei, ma tutto ciò che ricordava era la presenza di un alone fatto di energia e luce azzurognola che si dipanava da ogni cellula del suo corpo, formicolando e stridendo in un famigliare ronzio che si faceva largo sotto la sua pelle bruciandola di dolore, fino a esplodere con la stessa potenza con cui aveva colpito i due funzionari del Ministero.
Una volta che quell’esplosione era terminata, lasciandola senza fiato e con il cuore galoppante, non aveva avuto nemmeno il tempo di godersi la fine di quel supplizio che le erano sfilate davanti agli occhi immagini raccapriccianti: Lee, George e Fred riversi al suolo, apparentemente privi di vita. 
La consapevolezza di essere stata lei, insieme a quel suo strano e imbizzarito potere ad aver provocato quell’orrore, l’aveva risvegliata di colpo lasciandola tremante e ansante a domandarsi che cosa le stesse accadendo.
Probabilmente, l’incubo era solo la proiezione dei suoi timori, la paura di perdere le poche persone a cui teneva, in particolare Fred, eppure, si era sentita così atterrita all’idea di poter anche inconsciamente fare del male a qualcuno da essersi progressivamente allontanata dal ragazzo, che invece doveva aver accolto quel distacco in tutt’altro modo, visto l’umore velenoso che ormai sfoggiava in qualsiasi momento. Fred non doveva aver compreso nulla di tutti i pensieri che vorticavano nella mente di Diana, ma si era malamente adeguato alla freddezza a cui la ragazza lo aveva relegato.

Leggeri tonfi di passi echeggiavano dalle scale di legno, ma non potevano appartenere a Fred, che di solito aveva ben poca delicatezza e scendeva i gradini così velocemente che Diana si stupiva ogni volta di come riuscisse a rimanere in piedi. Se avesse sceso lei i gradini quattro alla volta, come minimo, sarebbe ruzzolata per una rampa intera rompendosi qualche osso.
- Ehi - il sorriso candido di Lee sbucò tra gli scaffali rivelando il proprietario dei passi uditi poco prima.
- Ehi - gli fece eco lei in tono privo di entusiasmo fingendo di cercare con grande interesse qualcosa su una mensola.
Lee, silenziosamente, si mise ad osservare gli scaffali al suo fianco, come se aspettasse il momento giusto per parlare.
Diana doveva ammettere di essersi subito trovata a suo agio con lui: essendo quello che i maghi chiamavano “Nato Babbano” non gli doveva spiegare ogni modo di dire o espressione colloquiale che utilizzava come, invece, doveva fare con Fred e George. Poteva tranquillamente parlare di film e musica senza che nessuno le chiedesse come si muovessero le figure all’interno dello schermo di un televisore o con quale incantesimo funzionasse un walkman. 
- Non capisco perchè fa così! Nessuno lo costringe a rimanere qui con me!- sbottò Diana in tono tagliente mentre con un dito lisciava il dorso di un libro dalla copertina marrone scuro.
- Lo sai com’è...come siamo - sospirò Lee, cercando di fare da paciere allo stesso modo in cui già si era impegnato in quell’ingrato compito durante le ultime settimane - Grifondoro iperattivi. Se non abbiamo nulla con cui tenerci occupati diventiamo odiosi!
Diana strinse le labbra realizzando che anche lei non era stata propriamente simpatica e affabile da quando si erano nascosti in quel posto.
Lee le diede una leggera gomitata e sorridendo ipotizzò : - Credo si senta solo un po’ trascurato...
Diana trasalì mentre la colpiva la consapevolezza di aver dedicato tutto il suo tempo a scoprire ogni piccolo dettaglio sulla sua famiglia, senza grandi risultati fino a quel momento, se non che suo padre e Ben si scambiavano qualche lettera parlando del Blackhole.
- Sono sicuro che conosci meglio di me il modo più efficace per farlo sfogare... - continuò Lee con un’altra leggera gomitata a cui si aggiunse un tono piuttosto malizioso.
Diana avvampò e distolse prontamente lo sguardo da quello di Lee, farfugliando: - C-cosa? - e poi, con tono eccessivamente acuto, pigolò - ma che dici??
Lee Jordan sbattè un paio di volte le palpebre e poi, incredulo, rimase a bocca aperta.
- Voi due non avete ancora... - si bloccò per fare un gesto eloquente con la mano destra.
Diana scosse con vigore la testa mentre si sentiva sprofondare nella vergogna nell’affrontare quella conversazione.
- Per le mutande di Merlino! - esclamò Lee scandalizzato portandosi una mano al petto come se stesse avendo un attacco di cuore - e perchè no?
- Shhh - Diana cercò di fargli abbassare la voce colpendolo su un braccio e guardandosi intorno furtiva come se si aspettasse che Fred e George potessero sbucare tra uno scaffale di libri e l’altro.
Lee la esortò con lo sguardo a dargli una risposta.
- Stiamo davvero facendo questo discorso? - brontolò Diana coprendosi il volto accaldato con le mani a causa dell’imbarazzo ed evitando di guardare Lee negli occhi.
- Ehi, mica sono tuo padre - rispose ironico Lee, ma siccome Diana aveva allargato le dita ancora posizionate sul proprio volto per fulminare il ragazzo con lo sguardo, corresse subito il tiro - scusa, pessimo paragone! Ma...perchè non vuoi?
- Non è che non voglio - ammise Diana riportando le braccia lungo i fianchi e fissando concentrata il pavimento come se fosse la cosa più interessante del mondo - ma sai com’è, non è che ci siano state poi così tante occasioni! Succede sempre qualcosa e non facciamo altro che fuggire di qua e di là!
- Beh, ora siamo qui e avete praticamente una casa tutta per voi! - cercò di convincerla Lee.
- Si certo, con te e George dietro la porta ad origliare - borbottò Diana rabbrividendo alla sola idea dei due ragazzi muniti di Orecchie Oblunghe e appostati dietro la porta a cercare di intercettare ogni minimo rumore.
Lee scoppiò in una fragorosa risata: - Nonostante questa immagine sia molto realistica, esiste un incantesimo per evitare che si possano sentire i rumori provenienti da una stanza, se è questo che ti preoccupa...
- E perchè non me lo ha mai detto nessuno? - esclamò Diana sgranando gli occhi e irrigidendo la schiena.
- Scusa, sai, ma a volte noi maghi diamo per scontata qualche cosina... - confessò Lee grattandosi la nuca e continuando a ridere dell’espressione improvvisamente interessata di Diana - ma sono sicuro che Fred lo conosce molto bene...
- A volte vi strozzerei... - sibilò Diana minacciosa e poi aggiunse in tono amaro - non voglio sapere perchè Fred lo conosce bene...
Lee le sorrise grattandosi la nuca, a disagio, e probabilmente maledicendosi per essersi lasciato scappare un po’ troppi dettagli che avrebbe fatto meglio a tenere per sè.
- Oh, no non è come pensi! - cercò di rimediare Lee in tono concitato - sai quando provavano i loro prodotti...per non farsi scoprire dalla signora Weasley...
Diana aggrottò le sopracciglia e storse le labbra in un’espressione di sufficienza per soppesare le parole di Lee, che come sempre, faticava a tenere la bocca chiusa.
- E poi, come vedi, ultimamente non è che le cose tra noi due vadano benissimo... - Diana, con aria triste, lanciò un’occhiata verso le scale desiderando che Fred la raggiungesse e sospirò - se ci troviamo all’interno della stessa stanza non facciamo altro che litigare! - prese un libro da uno scaffale e lo strinse al petto.
- Mmh... - mugugnò Lee fingendosi pensieroso prima di aprirsi in una risata sciocca - pensa allora quanto potreste essere focosi in altri momenti...non so se mi spieg-ooouch!
Lee dovette interrompersi perchè Diana gli aveva colpito la spalla con il libro che teneva tra le mani, mentre aveva gli occhi sgranati e le guance di nuovo roventi per i pensieri che, dopo la frase del ragazzo, si erano inevitabilmente affacciati all’anticamera del suo cervello.
- Sembri George - lo rimproverò Diana in tono sibillino e rimettendo a posto il libro, mentre tentava di riacquistare un contegno - a proposito, non farti venire in mente di dire a Fred che abbiamo fatto questo discorso - lo incalzò Diana minacciosa - o mi prenderà in giro fino alla morte!
- Va bene! - promise Lee.
- Ripensandoci... - Diana si accigliò nuovamente - non dirlo neanche a George, perchè lui mi prenderebbe in giro ben oltre la morte!
- Va bene! - ripetè Lee scoppiando a ridere.
Diana deglutì, sperando vivamente che quella conversazione restasse privata, anche se faticava a credere alle promesse di Lee, di cui ormai conosceva molto bene la parlantina senza freni.
Dopo aver affrontato l’iniziale imbarazzo, però, si sentiva rinfrancata dalla chiacchierata e il suo umore era decisamente migliorato, tanto da essersi praticamente dimenticata del piccolo screzio avuto con Fred.
- Quindi Fred è di pessimo umore per quello? - si informò Diana timidamente, ma determinata a scoprire quanto più possibile sullo strano comportamento del suo ragazzo.
Lee scrollò le spalle in modo evasivo: - Può essere... se ci aggiungi il fatto che poi siamo chiusi qua dentro con ben poco da fare! Quando Fred e George si annoiano, sanno diventare parecchio creativi nel dare vita a nuovi passatempi.

Diana soppesò le parole di Lee con estrema serietà e poi, cercando di cambiare argomento disse:
- Devo farti vedere una cosa -  gli indicò un punto in fondo alla vecchia libreria, dove, sopra ad una vecchia cassapanca in legno intarsiato, si trovava una specie di ammasso di cavi polveroso che la ragazza aveva scoperto durante le numerose ore passate in quella stanza.
Lee si avvicinò scrutando prima l’oggetto e poi Diana con aria interrogativa.
Lei spostò una matassa di cavi e arricciò le labbra per soffiare via il pesante strato di polvere in una piccola nuvoletta grigia che fece tossicchiare Lee.
- E’... - chiese lui incredulo e iniziando ad aprirsi in un sorriso.
- Una vecchia radio - terminò Diana per lui sorridendo - pensavo volessi vederla. E’ un pezzo veramente antico e probabilmente di grande valore...
- E’ una signora vecchia radio - esclamò Lee eccitato trascinando una sedia per accomodarsi e avere il viso all’altezza giusta per studiare ogni dettaglio del vecchio oggetto, felice come un bambino la mattina di Natale.
Lee rimase in estasi per parecchio tempo a guardare la radio, sfiorandola con reverenza solo ogni tanto e cercando di ruotare le manopole per accenderla.
- Ci ho già provato... - spiegò mestamente Diana - non funziona, purtroppo!
Lee, con una nuova scintilla nello sguardo, osservò il retro della radio e poi dichiarò con determinazione: - Penso che potrei rimetterla in funzione!
Diana sorrise, felice sia per aver trovato un oggetto che sembrava davvero appassionare il nuovo amico sia per avere la remota possibilità di ascoltare della musica.
- Tutto bene laggiù?? - la voce di Fred li raggiunse da in cima alle scale.
- Arriviamo, gelosone! - gli gridò Lee di rimando scuotendo la testa con un sorriso - non te la ruba nessuno la ragazza!


Così la radio divenne il nuovo passatempo dei ragazzi. 
Più che un passatempo, Lee aveva eletto il rimettere in funzione l’oggetto a sua missione personale. Era sgattaiolato nei paesi vicini a cercare pezzi di ricambio e utensili per portare a termine il proprio progetto e lui, Fred e George passavano ore e ore chini sull’oggetto polveroso armati di cacciaviti, batterie, cavi e spine.
Avevano addirittura trasferito la radio in soggiorno, perchè, secondo Lee, sarebbe stato più semplice agganciarsi alle frequenze radiofoniche.
Fred e George sembravano capire relativamente poco di antenne e microfoni, ma ascoltavano rapiti Lee e si impegnavano per rendersi utili. 
Sicuramente il nuovo intrattenimento aveva contribuito a risollevare gli animi dei tre ragazzi e anche Diana riusciva a sentirsi maggiormente ottimista vedendoli così presi ed entusiasti della nuova occupazione. Era come se le tensioni che si erano addensate tra loro in quelle settimane si fossero dissolte come per magia. 
Come se non fossero mai esistite.
- Papà potrebbe urlare di gioia - esclamò Fred con lo sguardo luccicante e una ditata di polvere sulla guancia, mentre faceva levitare un cacciavite per passarlo a Lee con un po’ troppo entusiasmo, tanto che l’utensile andò a conficcarsi con la punta nella parete opposta.
- Ehii - lo sgridò Lee con un cavo elettrico stretto tra i denti, una pinza nella mano destra e una forbice nell’altra - stavi per cavarmi un occhio! Quante volte devo dirti...
- Niente cacciaviti volanti, Weasley! - terminò la frase George con le mani sui fianchi e lo sguardo minaccioso, in una perfetta imitazione di Lee Jordan che fece ridacchiare Diana, la quale osservava la scena da lontano, nascosta dietro alla copertina di un librone che stava spulciando alla ricerca di informazioni utili.
- Passami il cavo giallo, Fred - ordinò Lee perentorio tendendo la mano verso di lui.
- Eccolo, capo! - Fred eseguì l’ordine portando la mano destra alla fronte nell’imitazione di un saluto militare.
- George, unisci quei cavi!
- Sissignore, ma come facc...ahiaaaa - gridò George con una smorfia di dolore e tenendosi un dito - ho preso la scossa, Jordaaan!
Diana continuava a ridere con il viso nascosto dietro alla copertina del libro.
- Hai preso la scossa, perchè hai messo il cavo lì e non dove ti ho detto! - Lee indicava la maniera corretta di collegare i cavi, mentre sgridava George che si ritraeva spaventato dallo scatenato Jordan. Fred, imperterrito, invece, stava facendo levitare tutti gli utensili sopra alla testa di Lee in una coreografia danzante.
- Oh, andate a farvi un giro - sbottò Lee esasperato schivando con la testa una pinza che stava sfrecciando vicinissima al suo orecchio sinistro e ridendo perchè Fred e George avevano evidentemente raggiunto il loro limite di attenzione per quel giorno.
Fred, congedato da Lee Jordan, raggiunse Diana e sbucò con un’espressione buffa da dietro la copertina del libro che lei stava ancora reggendo verticalmente sul tavolo dicendo: - Ciao Pixie! Il generale Jordan ci ha concesso una pausa!
- Ciao soldato Weasley- lo salutò Diana incapace di trattenere un sorriso - tu non hai preso la scossa?
In tutta risposta, Fred si lanciò a terra agitandosi e contorcendosi, come se fosse stato effettivamente attraversato dalla corrente elettrica, per scoppiare poi a ridere mentre Diana strillava per lo spavento e si precipitava verso di lui.
- Sei un idiota! - lo rimproverò Diana ridendo e tempestandogli il petto di frenetiche sberle - mi hai fatto prendere un colpo!
Dopo che Fred ebbe ricevuto la sua dose quotidiana di rimproveri, Diana domandò: - Ancora non ho capito perchè non l’avete riparata con la magia...
Fred scrollò le spalle: - Lee ha detto che sarebbe stata un’esperienza indimenticabile ripararla come fanno i babbani!
- Ragazzi! - esclamò Lee con gli occhi luccicanti e aria trionfante - ci siamo!
Calò per un attimo un silenzio carico di aspettativa. 
Lee ruotò la manopola della radio, mentre Fred e Diana attraversavano la stanza di corsa e George caracollava verso di loro. 
La radio emise dei suoni scomposti e gracchianti mentre Lee sistemava la frequenza, ma quella che risuonò poco dopo era l’inconfondibile voce di Liam Gallagher.
Fred sollevò Diana tra le braccia per la gioia come per festeggiare una grande vittoria, mentre George riempiva Lee di pugni amichevoli che furono ricambiati da una serie di spintoni altrettanto calorosi.
- Freeed! Mettimi giù! - Diana si strinse alle spalle di Fred mentre lui girava su sè stesso sempre più velocemente, fino a che non perse l’equilibrio e lasciò cadere entrambi sul divano sopra a Lee e George. 
Ridevano tutti e quattro come matti, mentre le note di She’s electric riempivano il soggiorno facendo da sfondo al buonumore ritrovato dopo molte settimane di musi lunghi, tristezza e nervosismo.
Diana e Fred ridevano con le mani che si sfioravano e lo sguardo complice come non succedeva da tempo.
La musica terminò poco dopo per lasciare spazio alla voce nasale di una giornalista che snocciolava in tono annoiato le notizie del giorno riportando, inevitabilmente, tutti quanti alla realtà.
Ovviamente le notizie erano sempre più preoccupanti, anche se provenienti dal mondo babbano.
Le sparizioni di persone aumentavano sempre più e nemmeno la cronaca riusciva a spiegarsene il motivo. Il colpevole ricorrente individuato dall’opinione pubblica era sempre l’IRA, ma era più difficile trovare una spiegazione per quelli che venivano definiti spettacoli pirotecnici fuori controllo che invece, Fred aveva interpretato come duelli tra maghi.
Le ondate di maltempo non preoccupavano più di tanto fino a che un numero spropositato di trombe d’aria distrusse parecchie zone dove secondo Lee abitavano parecchi maghi.
- Se solo anche la gente là fuori potesse divertirsi... -  Fred si lasciò sfuggire un sospiro malinconico ascoltando l’elenco di notizie nefaste della giornata.
Diana, la mano stretta a quella di Fred, sbattè le palpebre mentre un’idea le attraversava la mente.
- Ragazzi, la radio! - sbottò Diana indicando l’oggetto in questione.
Tre paia di occhi la fissarono confusi.
- La radio non si ascolta e basta! Si può usare anche per comunicare!
- Che genio - commentò George guadagnandosi un pugno ben assestato sulla spalla da parte della ragazza.
Fred sgranò gli occhi. Sembrava aver capito ciò che volesse dire Diana.
- Potremo parlare noi! - propose Fred - Lee, si può fare?
- Si certo che si può fare - rispose prontamente Lee grattandosi il mento, assorto - ci servirà un po’ di attrezzatura: microfoni, cuffie... - poi con lo sguardo illuminato dal nuovo progetto aggiunse - Potremmo raccontare le notizie del mondo magico!
- Oppure sollevare soltanto il morale con qualche battuta! - propose Fred con un sorriso - In questo direi che siamo bravi!
Diana non poteva che essere pienamente d’accordo.
- Si e come la chiamiamo? Radio Potter? - domandò George sarcastico.
- Non essere scemo - Lee assestò all’amico un pugno sulla spalla.
- Ehi basta violenza, voi due! - rise George dandosela a gambe e additando Diana e Lee.
- No, Radio Potter è perfetto! - esclamò Diana sorridente e interrompendo le lamentele di George - chi meglio di Harry può essere un simbolo di speranza?
Fred la guardò con un sorriso traboccante di entusiasmo prima di stamparle un bacio sulle labbra.
- E Radio Potter sia - annunciò Fred in modo teatrale allargando le braccia come per presentare un ospite d’onore ad un’immaginaria platea di spettatori.
- Guarda che il nome “Radio Potter” l’ho inventato io, non lei! - protestò George indicando Diana.
- Dai, Georgie, non essere geloso! - lo canzonò Fred abbracciando la ragazza - se ci tieni tanto, dopo bacio anche te!
George si limitò ad omaggiare il gemello con una smorfia disgustata.
Lee stava già scrivendo un elenco di tutto quello di cui avrebbero avuto bisogno per mettere in atto il loro progetto e poco dopo lui e George sparirono in paese per cercare l’attrezzatura più adatta.

Diana e Fred rimasero soli nell’ampio soggiorno illuminato da una rara giornata di sole, ad ascoltare le canzoni susseguirsi una dopo l’altra, inebriati dal sottofondo musicale.
- Sono stata orribile ultimamente... - Diana provò a scusarsi attorcigliando una ciocca di capelli con le dita.
- Solo ultimamente? - chiese Fred ridendo, ma avvolgendo già Diana in un abbraccio.
- Scusa - Diana abbassò lo sguardo al pavimento per un fugace attimo mentre deglutiva sonoramente. 
Tornò ad osservare Fred: i capelli rossi lucenti a causa dei raggi del sole che si diffondevano dall’ampia finestra.
Deglutì di nuovo, mentre sentiva la gola farsi più asciutta nel constatare che fossero soli in quella grande casa.
- Mmhh - mormorò Fred afferrandole la mano che ancora stava tormentando nervosamente la ciocca di capelli - anche io non sono stato proprio di ottimo umore...mi dispiace!
Diana gli sorrise avvertendo l’iniziale imbarazzo appianarsi e svanire lentamente.
Fred, però, non sembrava della stessa idea perchè prese a passarsi una mano tra i capelli, mentre il suo sguardo si posava ovunque fuorchè su Diana.
Lei studiò minuziosamente ogni suo gesto, non potendo evitare di ripensare al discorso avuto con Lee qualche tempo prima. 
Si era inavvertitamente lasciato sfuggire qualcosa a riguardo?
Diana doveva aver assunto un’espressione vacua mentre un vago calore le risaliva dal collo alle guance nell’immaginare che Fred fosse a conoscenza della sua conversazione con Lee.
- Devo dirti una cosa...
La voce di Fred era seria e la riscosse dai suoi pensieri: - Oh...ehm, si? - balbettò lei cercando di riprendersi.
- Ascolta, io non so come dirtelo... - Fred sembrava in difficoltà, mentre dischiudeva le labbra in maniera incerta.
Diana percepì un principio di panico farsi largo dentro di lei all’idea che Fred stesse per affrontare quel discorso e desiderò con tutta sè stessa di soffocare Lee Jordan.
- Senti - lo bloccò con un’urgenza sottolineata anche da un secco gesto della mano - perchè non parliamo più tardi?
Un caldo raggio di luce autunnale fendeva la stanza gettandosi sul divano scuro e riscaldandolo con un morbido tepore.
Fred inarcò un sopracciglio, senza capire, ma prima che potesse fare domande, Diana si era già alzata in piedi per muoversi avanti e indietro per la stanza, irrequieta.
- Dobbiamo sbrigarci a preparare qualcosa per cena! Andiamo di sopra!

Quando Lee e George fecero ritorno, Diana e Fred si trovavano in cucina.
Lei era intenta a mescolare con estrema concentrazione una zuppa dal colore poco invitante, mentre Fred la osservava affaccendarsi con aria perplessa.
Quando la ragazza smise di rimestare la brodaglia, incrociò lo sguardo malizioso di Lee, mentre George squadrava Fred in maniera eccessivamente severa.
Lee aveva una piccola borsa contenente cavi elettrici, trasformatori, batterie e utensili vari e sotto al braccio teneva un paio di quotidiani, invece, George reggeva in mano due grandi buste dall’aria pesante.
- Allora...voi due avete parlato? -  domandò George in tono pungente, mentre appoggiava rumorosamente le due buste sul tavolo.
Diana impallidì all’idea che anche George fosse a conoscenza del famoso discorso e si maledisse interiormente per la ventesima volta in quel pomeriggio per essersi confidata con Lee.
Fortunatamente, Fred lanciò al gemello un’occhiata tagliente che mise fine alle domande, così Diana si spostò per sbirciare il contenuto delle borse: c’erano dei viveri e una grande quantità di alcolici.
Diana si accigliò in un muto interrogativo in direzione di George che si giustificò subito: - Ehi, dobbiamo festeggiare Radio Potter!
- Non è ancora nata Radio Potter - protestò Diana rimarcando il concetto.
- No, è vero - Fred era prontamente intervenuto a dare manforte al fratello - però è nata l’idea, quindi questa potrebbe essere...un’inaugurazione? 
- Un battesimo? - propose Lee con un sorriso a trentadue denti mentre già tirava fuori dalla busta vodka, whisky e vino e alzava le bottiglie verso il cielo come degli ambiti trofei.
- Ti prego - la implorò George a mani giunte - devo ingurgitare una grande quantità di alcool per sopportare le violenze a cui tu e Jordan mi sottoponete costantemente!
Diana scoppiò a ridere spingendo indietro George e guardò i tre ragazzi che per la prima volta dopo tanto tempo sfoggiavano un enorme sorriso e uno sguardo gioioso. Chi era lei per impedire un po’ di sano divertimento?
- Oooh...e va bene! E vada per i festeggiamenti... - parlò con il tono di chi stesse facendo una grande concessione, mentre già due braccia ben note la sollevavano di nuovo in aria, esultanti.


- Pixie! - la voce di Fred era leggermente distorta da una nota alcolica - vieni a vedere!
Lee e Diana si trovavano in cucina a preparare dei panini, la zuppa era stata prontamente messa da parte di fronte a pietanze molto più appetitose.
Quando tornarono in soggiorno, udirono prima una sequenza di ritmici tonfi e poi si trovarono davanti la scena di Fred e George posizionati ai lati della stanza, impegnati in quella che sembrava una partita di tennis.
Al posto delle racchette, però brandivano due padelle.
- Te l’ho detto che la noia li rende creativi... - ridacchiò Lee Jordan osservando l’espressione allibita di Diana.
- Interessante... - riuscì ad articolare Diana prima di scoppiare a ridere - e tutte quelle palline dove le avete prese? - domandò indicando un mucchietto di sfere rosa.
- Sono uova! - spiegò Fred allegro facendo un balzo e allungandosi per ribattere un lancio piuttosto insidioso.
- Trasfigurate perchè non si rompano! - aggiunse fieramente George esibendosi in un complicato tiro di rovescio.
Diana e Lee seguivano con movimenti del capo lo scambio di battute e di lanci tra i due gemelli.
Dopo parecchi tiri, un tonfo diverso dai precedenti bloccò l’improvvisata partita.
- Oh - constatò Fred preso da un attacco di ridarella nel guardare l’uovo rotto e spiaccicato sulla superficie della sua racchetta - mi sa che su qualche uovo la trasfigurazione non è riuscita tanto bene...qualcuno vuole una frittata per cena?
Diana esalò un profondo sospiro di sopportazione di fronte alle risate dei tre ragazzi.

- E se poi con questa storia della radio riuscissero in qualche modo a rintracciarci? - farfugliò Fred molto più tardi, meditabondo e decisamente alticcio, mentre camminava avanti e indietro sul divano con una bottiglia in mano schivando Diana che vi era seduta sopra e lo guardava ridacchiando come se lui stesse facendo qualcosa di estremamente divertente e degno di tutta la sua ammirazione.
- Potremo usare una parola d’ordine! - propose Lee sdraiato sul pavimento con lo sguardo rivolto al soffitto.
- Come quelle della Signora Grassa! - si riscosse George staccando le labbra dal suo bicchiere di carta solo per pronunciare quella frase.
- Non è carino che la chiamiate “Signora Grassa” - commentò Diana arricciando le labbra in una smorfia di disappunto - insomma, se anche è un po’ sovrappeso, non è bello farglielo notare!
- Ma si chiama così! - rispose George ridendo e porgendo a Lee un altro bicchiere pieno, mentre Diana si domandava se nel mondo dei maghi fosse normale chiamarsi in quello strano modo.
Lee avvicinò il bicchiere alle labbra e distorse il viso in una smorfia disgustata.
- George, che cavolo ci hai messo qui dentro?
- Un po’ di questo...un po’ di quello... - alzò le spalle George indicando la fila di bottiglie sul tavolo.
Lee strabuzzò gli occhi: - Guarda che non siamo a Pozioni! Non è che se mischi alcolici a caso il risultato è migliore!
George si limitò a muovere una mano in gesto di noncuranza verso le proteste di Lee.
Fred, che continuava imperterrito la sua maratona sul divano, si fermò improvvisamente colpendo con una ginocchiata la testa di Diana.
- Ahiaaa - si lamentò lei gettandosi sdraiata tragicamente sul divano con il viso coperto dai folti capelli biondi.
Fred franò sopra di lei in una profusione di scuse intervallate da risatine: - Scusa Pixie, non volevo...ahahaha! Dai non ti ho fatto male!
- Si invece! - si lagnò Diana cercando di fingersi offesa, ma faticando a rimanere seria.
Fred le si avvicinò per osservare il punto che erroneamente aveva colpito, appoggiandole una mano sulla guancia - fammi vedere dove ti ho fatto male!
Diana rimase immobile mentre Fred le squadrava con concentrazione una tempia e sbattè le ciglia, attratta da quella vicinanza improvvisa.
Istintivamente si sporse in avanti per baciare Fred e lui si sdraiò praticamente sopra di lei per assecondarla con trasporto.
- Ehm...ehm... - tossicchiò George schiarendosi la voce - noi siamo ancora qui! Così per dire...nel caso non ve lo ricordiate!
Nè Diana nè Fred gli diedero retta.
- George, io ho sonno - sentenziò Lee in tono eloquente alzandosi in piedi di scatto.
- Ma non puoi lasciarmi qui con questi due! - protestò George in tono drammatico.
Diana si staccò da Fred per osservare la scena di Lee che tirava George per un braccio per convincerlo ad andare a letto.
Dopo vari tentativi e proteste, finalmente i due ragazzi sparirono al piano di sopra.

Diana sospirò imbarazzata perchè Fred la osservava con aria furba.
- Andiamo fuori - propose Diana alzandosi rapidamente prendendo con una mano una bottiglia di vino rosso già aperta e con l’altra una pesante coperta che si drappeggiò sulle spalle.
- Ma come fuori? Pixie! - si ribellò Fred rimanendo seduto sul divano e prendendo Diana per i fianchi per riportarla verso di lui nel tentativo di farle cambiare idea - fuori fa freddo!
- Ma smettila! - Diana in una manovra dettata dalla poca lucidità, si infilò la bottiglia di vino aperta di traverso sotto l’ascella per tirare Fred per un braccio fino a farlo alzare in piedi e trascinarlo all’aperto.
- George e Lee sono andati a letto! Siamo soli e tu... - Fred si lamentò rabbrividendo per il freddo una volta che ebbero raggiunto il porticato - tu vuoi uscire!
Diana si avvicinò al corrimano per appoggiarvi sopra la bottiglia e riuscendo, incredibilmente, a non rovesciarne nemmeno una goccia, poi con entrambe le mani si risistemò la pesante coperta fin sopra la testa.
- Ma si sta così bene qui!
- Per forza, tu sei al caldo! - protestò Fred afferrando un lembo di tessuto - prestamene un po’!
Diana si avvolse ancora più a fondo nella coperta e rivolse a Fred uno sguardo innocente sbattendo le ciglia.
- Non fare così - la ammonì Fred in un rauco sussurro.
- Così come? - cinguettò lei in tono frivolo - è la mia normale espressione che ho sempre!
- Sei sempre bellissima! - mormorò Fred prendendola per i fianchi da sotto alla coperta, ancora drappeggiata sulle spalle della ragazza, per avvicinarla a sè.
- E tu sei cieco come una talpa! - Diana rispose con scetticismo al complimento.
- Ci vedo benissimo! E comunque la normale espressione che hai sempre è questa - Fred assunse un’aria severa con le labbra strette e lo sguardo cupo, in quella che doveva essere un’imitazione di Diana.
- Non è vero! - protestò lei colpendolo scherzosamente.
Indietreggiando si avvicinò pericolosamente al corrimano, urtando la bottiglia di vino rosso aperta che cadde rovinosamente sulle assi di legno chiaro del porticato infrangendosi in pezzi, mentre una chiazza scarlatta si allargava colorando il pavimento e attraendo l’attenzione di Diana, che rimase a fissarla, ipnotizzata.
- Che disastro - ridacchiò Fred - vado a prendere la bacchetta e sistemo tutto!
Il ragazzo sparì all’interno dell’abitazione.

Diana rimase a fissare la pozza rossastra con il buonumore che sfumava in una sensazione di disagio, mentre il ricordo del suo incubo ricorrente le si avviluppava con prepotenza alla mente.
Con mani tremanti, si chinò a cercare di raccogliere i vetri rotti per porre rimedio quanto prima a quell’immagine inquietante e spazzarla via il più velocemente possibile da davanti ai suoi occhi.
Un bruciore tagliente al palmo della mano glielo fece voltare verso l’alto, mentre si rendeva conto di essersi stupidamente tagliata con un frammento della bottiglia.
Il palmo era percorso da un piccolo taglio, dal quale il sangue aveva preso a fuoriuscire copioso, sporcandole in fretta la mano.
Un conato di vomito le strinse lo stomaco, mentre la vista sfarfallava di fronte a quei dettagli che non facevano altro che rendere ancor più reale il suo incubo facendole rivivere il medesimo orrore e la stessa paura.
Il respiro si fece più rapido, inseguito immediatamente dal battito del suo cuore, così prepotente da farle fischiare le orecchie in un ronzio ben conosciuto.
Abbassò di nuovo lo sguardo sulla mano insanguinata e tremante, mentre le sembrava di vedere un alone azzurrino scintillare e crepitare intorno ai suoi arti.
Fred tornò sul porticato proprio in quel momento.
- Pixie - la rimproverò lui preoccupato nel vedere il sangue - ma perchè hai toccato i vetri rotti? Con la bacchetta ci avrei messo un attimo!
Diana non rispose, continuando a fissarsi il palmo della mano, pallida e inorridita dal ricordo dell’altro sogno in cui un bagliore azzurro colpiva Fred con violenza.
Lui, ignaro di tutti i pensieri che la tormentavano, agitò la bacchetta: la bottiglia si ricompose e la macchia svanì.
Diana tamponò il sangue con la coperta e farfugliò frettolosamente: - Io...io..vado a dormire! 
Si precipitò di corsa al piano superiore, cercando di calmarsi, ma la sensazione di angoscia la seguì anche mentre si allontanava da Fred per fuggire dal terrore di potergli fare del male.
Quandò spalancò la porta della camera, però, il ragazzo era già all’interno della stanza a braccia conserte ad aspettarla con aria preoccupata.
Diana storse istintivamente il naso fronteggiando la dura realtà nella quale Fred Weasley poteva raggiungere qualsiasi angolo della casa prima di lei utilizzando la materializzazione.
- Che sta succedendo? - chiese lui con aria comprensiva conducendola verso il bagno.
Diana deglutì e poi, con la mano colpita dal getto d’acqua fredda che portava via con sè le ultime tracce di sangue, mormorò: - Fred, credo che tu abbia ragione...forse è arrivato il momento di provare ad utilizzare il potere che il Blackhole ha lasciato su di me..

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Ehilà :)
Sì, lo so in questo capitolo non succede praticamente niente, ma che ci crediate o no, un pochino il canon lo seguo...e va da sè che Radio Potter a un certo punto doveva saltar fuori!
Come al solito i capitoli di passaggio mi mettono ansia (io sto sempre lì a immaginarmi che voi diciate "ma a me di leggere di Fred e George che giocano a padel che mi frega?" XD, ma la mia mente malata a sto giro ha partorito queste cagate e, ahimè, vi tocca sorbirvele XD)
A parte questo, come vedete, Fred ci ha provato a parlare a Diana della lettera, ma lei ha decisamente frainteso -_-' XD
In questo periodo sono super stanca e nonostante abbia riletto almeno cento volte il capitolo, spero di non aver fatto qualche strafalcione !
Alla prossima :)
  
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