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Autore: CervodiFuoco    21/02/2023    1 recensioni
[Willow]
[Willow]La storia racconta del ritorno a Tir Asleen dei membri della compagnia di avventurieri protagonisti della prima stagione della serie TV "Willow". La regina Sorsha decide di indire una settimana di festeggiamenti con giochi, musica e cibarie, i cui protagonisti saranno proprio quelli della serie stessa. Esploro sia il lato spassoso dell'avvenimento, sia quello psicologico che per ogni personaggio può significare il "tornare a casa" dopo l'avventura vissuta, il tutto ricreando la stessa atmosfera leggera, ironica ma avventurosa della serie, con la speranza di divertire ma anche trasmettere qualcosa di speciale. Buona lettura!
Genere: Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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12. L’ultima sera

 

Per quella sera l’intero castello, ma soprattutto la sala grande, era stato decorato e allestito in modo trionfale a festeggiare il ritorno a Tir Asleen degli avventurieri. I giochi svoltisi durante la settimana, se pur divertenti, erano stati nulla più che il preambolo del Gran Ballo.

Enormi drappi bianchi dalle sfavillanti sfumature argentate campeggiavano davanti al portone principale spalancato, affiancato da ben quattro guardie reali vestite di tutto punto con l’armatura buona priva di graffi o ammaccature; nei corridoi erano stati stesi sontuosi tappeti rossi e oro, e gli arazzi attaccati alle pareti e ai soffitti riprendevano i medesimi colori. I candelabri sembravano brillare più che mai, le piastrelle splendevano come lastre di diamante, i legni coperti di cere luminose. Persino i pomelli delle porte apparivano ridicolmente più belli e invitanti del normale. Quasi dispiaceva toccarli.

Per l’occasione le mura del castello erano state aperte per ogni abitante di Tir Asleen, che aveva modo di prendere parte all’evento con o senza abiti cerimoniali. E come volevasi dimostrare, per il Gran Ballo c’era stata una sorprendente affluenza di partecipanti; al calar della sera i collaboratori di Sorsha avevano dovuto suggerirle di chiudere il castello perché non c’era proprio più spazio per nessuno: lei allora aveva organizzato un piccolo distaccamento di intrattenitori affinché portassero la festa anche fuori, nella piazza ghiaiosa antistante l’edificio.

La festa comprendeva un cenone da sballo nel salone poco dopo il tramonto, al che i tavoli sarebbero stati sgomberati e ci si sarebbe dati alle danze fino alle ore piccole. Si trattava di un ballo in maschera.

 

Quando Graydon e Elora fecero il loro ingresso in sala grande, tutti coloro che si trovavano nei paraggi si voltarono a guardarli. Erano splendidi nei loro colori panna e oro nero. Elora indossava una lunga e ampia gonna a balze con sfilacciamenti dorati, un bustino rigido con cuciture in oro, un nastro candido a legare i capelli rossi sopra la testa in un’acconciatura ad ananas e a completare un paio di guanti lunghi dello stesso bianco panna del vestito. Camminava a braccetto con un quasi militaresco Graydon: i capelli neri stretti in un morbido codino, giacca, pantalone e scarpe di un nero laccato, elaborati ricami dorati a seguire trame fantasiose sul tessuto. Portava un filo di matita oro sulle palpebre.

«Elora Danan!» stavano esclamando i paesani nel mezzo del brusio. «Elora! E’ Elora Danan!». Le loro voci echeggiavano nel salone sopra i brusii generali.

«E il principe Hastur» presentò Elora con un cenno della mano, indicando Graydon al suo fianco. «Graydon Hastur è il mio accompagnatore per questa sera!»

Seguirono sonori applausi. Loro due erano i primi dei Sei ad essere apparsi in sala.

«Non ce n’era bisogno» mugugnò Graydon un po’ in imbarazzo.

«Tu lasciami fare» rispose soddisfatta Elora. Insieme scesero i gradini e si avviarono nel varco stupefatto che i presenti stavano aprendo per loro.

Una sfilza di affaccendati camerieri faceva avanti e indietro dalle cucine per apparecchiare i numerosi tavoli che riempivano l’area centrale del salone: erano già state stese tovaglie immacolate e qualche piatto e bicchiere qui e là. Di Sorsha, la regina di Tir Asleen, non c’era ancora ombra in giro; gironzolava soltanto qualche membro della corte, forse per accertarsi che i preparativi stessero procedendo nel migliore dei modi.

Poco dopo l’uscita allo scoperto di Elora e Graydon, toccò a Kit e Jade. Apparvero assieme, una a fianco dell’altra e mano nella mano, in cima agli scaloni che portavano ai pieni superiori. La principessa di Tir Asleen aveva optato per un vestito dal tono incerto: virava dal grigio scuro al blu cupo fino a picchi di azzurro elettrico, poiché ricoperto da cima a fondo di minuscole placche come scaglie di pesce che mutavano di sfumatura ad ogni movimento o fonte luminosa. Risultava elegante e fiera in quel completo, per metà maschile e metà femminile: assieme agli stivali in cuoio portava dei pantaloni, con al di sopra una lunga giacca simile a un frac con doppio petto. Da una certa angolazione era come se indossasse gonna e camicia; da un’altra, gilet e pantaloni coperti di stelle blu. I capelli castani erano più ricci del normale e fissati da un lato come se soffiasse il vento. Un fine trucco nero enfatizzava il suo sguardo.

Assieme a Kit Tanthalos, una formalissima e affascinante Jade Claymore infilata in un completo da soldato che aveva molto di regale e poco di guerresco: giacca bianca con spalle rigide e ricami in rosso, e rossi erano anche i pantaloni che le fasciavano le gambe, per metà celati sotto ad altissimi e audaci stivaloni scuri. Le consone treccine riducevano l’altrimenti notevole dimensione dell’acconciatura naturale, tenendo aderenti i capelli al capo mediante laccetti rosso-oro.

Anche il loro sopraggiungere venne seguito da rumorosi applausi, forse più scroscianti dei precedenti essendo comparsa la principessa. Scesi gli scaloni, Kit e Jade andarono a salutare Elora e Graydon che nel frattempo avevano preso posto al tavolo reale per la cena.

La sala era ormai gremita di gente, per la maggior parte già accomodata ai tavoli. Si doveva quasi urlare per farsi sentire. Ogni cosa riluceva di una luce speciale, bianco-oro. Regnava un’atmosfera di quieta e frizzante tensione che avvolgeva e faceva sentire tutti piacevolmente uniti. L’andirivieni di camerieri non cessava, anzi, si faceva sempre più pressante.

«Ma dove si è cacciato Boorman? Tu lo hai visto più da stamattina?» strillò Kit a Jade, che le sedeva accanto. Una sedia più in là c’erano Elora e Graydon stretti l’uno all’altra intenti a ridacchiare.

«Ha detto che voleva andare a lucidare il suo spadone» borbottò Jade, che sembrava infastidita dal caos ma non abbastanza indiscreta da spiattellarlo fuori dai denti. Non quella sera.

«E’ una frase piuttosto equivoca» ribatté Kit con rassegnazione. In effetti era proprio da Boorman uscirsene con quelle trovate.

«Airk invece?» chiese Jade.

Kit era assorta sull’enorme candelabro di cristallo sopra di loro. «E’ con mia madre. Stanno stendendo un discorso per la serata.»

Jade sorrise con metà volto. Sapeva che Kit non era molto tagliata per quel genere di cose e non fece domande.

«Ehi, ragazze» intervenne Elora, una mano sulla spalla di Jade. «Sono quasi certa che stasera avremo degli ospiti speciali. Voi ne sapete niente?»

«Credo di aver capito qualcosa, si» fece Kit sorniona. «Ma non è sicuro. Me ne ha accennato mia madre.»

«A me l’ha detto Willow» continuò Elora, dandosi un colpetto ai ciuffi eretti sulla testa a sistemarsi la capigliatura. «Cioè, in realtà l’ho spiato mentre scriveva la lettera. Mi ha fatto promettere di non dire niente a nessuno. Ne parlavo giusto ora con Graydon.»

«Secondo me sarebbe grandioso se riuscissero a venire» si aggiunse il ragazzo, molto più spigliato e disinvolto del solito. Stava giocando con un tovagliolo per darle la forma di qualcosa.

«Mettete al corrente anche me?» disse Jade, per nulla offesa.

Elora non tardò a rispondere. «Willow ha invitato i suoi amici e parenti Nelwin a venire alla festa stasera. Però non ha ancora ricevuto risposta. L’ha fatto un po’ in ritardo, sai.»

Le chiacchiere proseguirono, amabili e leggere come il vino bianco frizzante nelle bottiglie sistemate davanti a loro, finché un campanellino trillò da una parte del salone. Lo fece una, due, tre volte a intervalli regolari, sino al momento in cui il brusio nella sala cessò quasi del tutto.

Era stato un membro della corte ad attirare l’attenzione. Si schiarì la gola ed esclamò: «Signore e signori, la regina di Tir Asleen.»

E Sorsha entrò da una porta laterale in fondo all’ambiente, sbucando dietro a un paio di statue. Tutti rumoreggiarono. Un vestito lungo sui toni del bianco e del giallo impreziosiva e snelliva la sua figura: per certi versi somigliava a un abito da sposa, ma la gonna lunga con strascico era molto corta sul davanti e mostrava dei pantaloni leggeri attillati alle gambe. Una tiara le abbelliva i capelli intessuti in fini trecce arrotolate attorno al capo. Quel vestito chiariva senza lasciare dubbi chi fosse Sorsha: una graziosa regina di mezza età, solenne e forte nella sua femminilità, ma anche una guerriera, una donna capace di tirar di spada con grande abilità, andare a cavallo, prendere a cazzotti gli uomini se voleva, e via dicendo.

Mentre tutti erano assorti sulla regina, Kit notò suo fratello entrare in sala da un’altra parte, non visto, probabilmente di proposito. Portava un vestito simile a quello che si era messo nell’arena il giorno dell’inaugurazione dei giochi, solo che ora teneva la coroncina da principe stretta in mano e si guardava attorno. Kit levò una mano ed egli la notò; sorrise e si mosse in sua direzione.

Sorsha aveva dato inizio al discorso di benvenuto quando Airk si accomodò alla destra di Kit. «Scusa il ritardo – dov’è la tua corona, Kit?»

«Non ho voluto metterla.»

«Questo l’ho notato.»

«E perché nemmeno tu la indossi?»

«Beh, mi sembra… scortese nei confronti degli altri. Non ho voglia di apparire più importante.»

Kit sostenne il suo sguardo, gli occhi stretti sotto al fine trucco nero. «Altra conferma che siamo fratelli. Posso stare tranquilla.»

L’altro se la rise. Poi salutò gli altri sottovoce.

 

Boorman si fece vivo mentre gli addetti stavano servendo gli antipasti sulle tavolate. Arrivò direttamente dalle porte spalancate che dal corridoio centrale del castello davano accesso al salone. Aveva legato i capelli neri in una coda, lunga e fluente, e si era unto la barba di modo da acconciare anch’essa e renderla meno cespugliosa e più affilata.

«Grazie per avermi tenuto il posto» disse sedendo al fianco di Airk. Stava infilandosi un tovagliolone nel colletto della sontuosissima camicia madreperlacea quando aggiunse: «Sarà una serata speciale, questo lo avete capito, si?»

Gli altri gli rivolsero un’occhiata distratta, ma nel profondo si chiedevano se anche lui avesse in serbo qualche sorpresa, oppure si riferisse a quella che Willow aveva tentato di organizzare.

Boorman si fregò le mani e, eccitato, disse: «Diamoci dentro. Che ne dite?»

«Dove sei stato, amico?» gli chiese Airk, che finalmente era riuscito a sistemare le posate come voleva lui.

Il ladro incespugliò le sopracciglia. «E’ un segreto. Segretissimo.»

Incapace di trattenersi per via dell’energia che animava chiunque si trovasse nella sala grande, e anche per colpa di quel goccio di vino di troppo a stomaco vuoto, Jade disse: «Hai incontrato Scorpia?»

La combriccola se ne uscì con numerose ripetizioni del nome della sorella di Jade.

«Calma, calma! Insomma» ribatté Boorman aprendo le mani in tono ammonitore. «Piano.»

«Allora? Eri con lei?» insistette Jade un poco maliziosa.

L’altro sospirò. «Si.»

«Verrà?»

«Che intendi?»

«Non far finta di niente» lo canzonò Jade andando a bere ancora un po’ di vino. «Il ballo in maschera sarebbe l’occasione perfetta per entrambi. Vi piace il rischio.»

Intanto Kit, Airk, Elora e Graydon bofonchiavano qualcosa in proposito al fatto che la sorella maggiore di Jade si era intrufolata a Tir Asleen da qualche giorno.

«Lo sai? Tu sei fin troppo perspicace. Non mi piaci quando fai così. Te ne stai zitta zitta, ma… in realtà, sai tutto di tutti.» Boorman iniziò a servirsi di sottili sfoglie di carne arrotolate e infilzate in uno spiedo. Si riferiva a Jade ovviamente. «Comunque, si, ovviamente. Scorpia è ancora qui, e si, verrà. Le ho procurato un abito e una maschera per dopo.» E sorrise sghembo, gettando su Jade un cupo sguardo complice. «Fa piacere anche a te, dì la verità.»

Jade non fece altro che sorridere compiaciuta e si riempì il piatto anche lei di roba, mentre Kit si godeva quello scambio vicino a lei.

 

 

Agli antipasti seguirono diverse opzioni di primi piatti, poi di secondi. Il tutto proveniva dalle cucine del castello animate non solo dai consoni cuochi reali ma anche da quelli che, come era avvenuto per gli altri giorni di festa, si erano resi disponibili fra la popolazione di Tir Asleen. Non erano soltanto piatti deliziosi e ben presentati, ma dei veri e propri manicaretti, da leccarsi le dita. Non ci si poteva permettere il bis di un piatto né sceglierne più di uno a portata: lo stomaco di nessuno si sarebbe dimostrato abbastanza capiente (forse solo quello di Boorman).

Dopo un lasso di tempo impossibile da definire, le pance più piene, il dolce appena degustato e una battaglia di battute perfide gratuite, gli avventurieri si accorsero che la cena era finita già da un po’ e che i tavoli si stavano svuotando. Anch’essi dunque si alzarono e, restando in gruppo, si assieparono contro una parete, sotto un gigantesco arazzo che raffigurava il blasone di Tir Asleen, in attesa che accadesse qualcosa.

I camerieri, che probabilmente avevano atteso con qualche fastidio, poterono sparecchiare quella parte del tavolo ed infine quest’ultimo, come gli altri, venne spostato in modo da formare un grande spazio squadrato al centro del salone, un perimetro entro il quale le danze avrebbero avuto luogo.

Al che Kit avvertì un tocco sul braccio. «Kit.» Sorsha era al suo fianco. «Ho bisogno che vieni con me. Oh, e anche tu, Airk.» Rifletté. «Anzi, forse è meglio se venite tutti e sei.»

Sorsha li condusse fuori dalla sala, giù per il corridoio e infine al portone d’entrata del castello. Disse di attendere e che qualcuno sarebbe venuto presto a riferire qualcosa, non volle dire cosa.

«Signora, sono arrivati. Sono qui» annunciò qualche minuto dopo una guardia infilandosi dal portone aperto.

«Falli entrare!» esclamò gaia Sorsha. «Oh, che emozione» commentò subito dopo, voltandosi verso i Sei. «Forza, ragazzi. Disponetevi in ordine.»

«Mamma» la bloccò sua figlia prendendola per le spalle. «Sono arrivati i Nelwin?»

Sorsha si mostrò sorpresa – ma era talmente in trepidazione che rimase in quello stato d’animo giusto un istante. Annuì. «Li ha chiamati Willow. Hanno risposto stamattina, si sono messi in viaggio non appena hanno ricevuto il suo messaggio.»

Kit, Airk, Jade, Boorman, Elora e Graydon in questo ordine, si piazzarono in fila a lato del portone, assieme a un capannello di guardie e membri della corte agghindati di tutto punto. Poi le porte si aprirono ed entrarono i Nelwin.

Fu al contempo esilarante e stupefacente. Non era facile dimenticarsi di quanto fosse speciale quel popolo, eppure, in seguito all’avventura in giro per il mondo, i sei compagni avevano quasi accantonato i Nelwin in un angolo della memoria. Adesso sfilavano lì davanti a loro, sorridenti come non mai, con vestiti pieni di pagliuzze, gingilli, nastri e ricami curiosi (dovevano essere i loro vestiti festaioli); alcuni brandivano delle piccole trombe e vi soffiavano dentro, mentre altri agitavano degli alti e sottili stendardi che garrivano passando dall’aria fredda a quella calda dentro al castello. Portavano quasi tutti dei cappelli a punta e le loro scarpe erano lunghe e buffe. Bassi, tozzi, alcuni barbuti a tal punto da dover annodare i peli facciali in trecce e codini. E poi, in fondo al corteo, c’era ovviamente il trono dello Stregone del villaggio, che con grande sollievo dei suoi portatori era vuoto e leggero, poiché quel posto avrebbe dovuto occuparlo proprio Willow.

Quando apparve la figlia di Willow, più radiosa che mai, venne accolta dagli avventurieri con caldi saluti entusiasti. Fu bello rivederla. Potevano solo immaginare cosa volesse dire per lei aver dovuto attendere il padre e nel frattempo detenere il potere decisionale sul villaggio; finalmente adesso poteva riunirsi a Willow, a cui era mancata oltre ogni modo.

 

 

Il corteo dei Nelwin venne accolto in sala grande da curiosità frammista a grande cordialità e ospitalità. In pochi avevano avuto occasione di conoscere direttamente un Nelwin a Tir Asleen, escludendo Willow ovviamente. Intanto fu possibile constatare che su un lato dello spazio adibito alle danze si erano schierati un buon numero di musici e cantanti, stavano accordando i loro strumenti e preparandosi. Alcuni danzatori già indossavano le maschere sul viso.

«Bene, ragazzi. Io vi lascio» dichiarò la regina. «Oh, che meravigliosa serata! Spero vi stiate divertendo. E’ tutta per voi!»

«Mamma!» Kit cercò di fermare Sorsha sul punto di allontanarsi e ci riuscì, distaccandosi dagli amici. Esitò. «Vorrei tanto che papà stasera fosse qui con noi.»

Sorsha non doveva aspettarsi quella frase neanche in sogno, perché rimase di stucco e abbassò gli occhi. «Lui è qui con noi» disse dopo un po’.

«No, davvero» proseguì Kit animata. «Vorrei tanto che potesse ballare con te. E con me. E aver mangiato assieme a noi. E...»

Sorsha le si avvicinò e le posò la mano su una guancia. «Non preoccuparti. Anch’io lo vorrei tanto. Sarebbe l’anima della festa! Me lo vedo in piedi sui tavoli a ballare come un pazzo… e a volteggiare mentre mi tiene stretta a sé… e poi con te, mentre vi allenate assieme con la spada.» La voce le si era incrinata sin dall’inizio; tuttavia, sorrideva. Un alone di dolce, deliziosa, nutriente malinconia l’avvolgeva. «E poi...» Staccò la mano dalla guancia di Kit e la guardò con intensità. «… mentre ti accompagna all’altare, al tuo matrimonio.» Temporeggiò un secondo. «Tuo e di Jade.»

Kit non aveva ancora avuto modo di spiegare con la dovuta attenzione la sua situazione con Jade ma, visti i recenti accadimenti (e vista la prodigiosa intuizione e lungimiranza di Sorsha, che continuava a sottovalutare) a quanto pare non ce n’era stato bisogno.

«Mamma… è un po’ presto per quello, credo» disse Kit, che non aveva idea di che miscuglio di emozioni stesse provando: più intensa fra tutte di certo vi era disagio. Dispiacere per non averne parlato prima con sua mamma direttamente. «Io...»

«Tranquilla. Ci sarà modo. Ma non stasera. Ora pensa solo a divertirti senza pensieri. Di qualunque cosa tu voglia parlarmi, sappi che sarò a tua disposizione. E non ti giudicherò.» Sorsha sospirò e carezzò la nuca a Kit. «So che tu ti credi molto diversa da me. Ma più ti guardo, più mi rivedo in te. Ribelle, testarda, orgogliosa, precipitosa… ma anche molto emotiva e sensibile.» Si guardarono. «Tuo padre è molto orgoglioso di te. Lo so.»

Si diedero un abbraccio – ma non troppo lungo, perché Kit ebbe la netta sensazione che gli amici fossero alle sue spalle a scrutarla come gufi, e che dopo avrebbe in qualche modo dovuto riferir loro di cosa aveva parlato con sua mamma.

Si congedò dalla regina e tornò dagli altri, Jade che la attendeva con un braccio steso e la mano aperta pronta a stringere la sua.

 

 

Le maschere dei ragazzi (Boorman non era più un ragazzo, ma questo era valido solo per l’aspetto estetico dopotutto) riprendevano lo stile degli abiti che portavano, coprivano la zona del viso dal naso in su, con l’aggiunta di piccole e grandi piume di volatili a dar loro una qualità svolazzante e leggiadra. Quella di Graydon era nera e oro; quella di Elora bianca e oro; Kit, blu perlaceo; Jade, bianca e rossa; quella di Airk era marrone e dorata come il suo completo; quella di Boorman invece bianco e mattone.

Ad aprire le danze furono le coppie Kit-Jade, Gryadon-Elora e Sorsha-Capitano delle Guardie. Iniziarono con un valzer, dapprima adagio, poi sempre più sostenuto, finché le tre coppie non si trovarono a volteggiare e roteare per il salone e ben presto vennero accompagnate da chiunque avesse intenzione di buttarsi. Ovverosia in molti, moltissimi.

Fra loro c’erano anche Willow e la figlia: dopo aver parlato di un sacco di cose, appartati sui gradini di una rampa poco frequentata, indossarono le maschere e si lanciarono nelle danze anche loro – assieme a un ingente numero di Nelwin.

Dopo il valzer seguì una canzone dal ritmo sostenuto e allegro, con l’aggiunta di strumenti a corda e percussioni che la rendeva qualcosa di moderno e mai sentito prima, molto travolgente (era tipo un rock, ma hey, mica esiste il rock a Tir Asleen). Tutti si misero a dimenarsi, saltellare, seguire a voce il duo di cantanti dell’orchestra; alcuni si percuotevano e andavano a sbattere gli uni contro gli altri per l’eccitazione. Si poteva chiaramente intravedere ogni tanto Boorman appiccicato a una donna vestita tutta di nero, con una maschera calata sul volto a foggia di teschio piumato: si baciavano ogni due per tre. Anche Elora e Graydon di tanto in tanto si baciavano. E pure Kit e Jade (come se ci fosse bisogno di precisarlo). L’unico a non baciare nessuno al momento era Airk, che tuttavia dava l’impressione di starsela spassando alla grande, ora con quel gruppetto di Nelwin – lui non l’aveva mai visto il popolo di Willow, ora con quelle graziosissime fanciulle di paese attratte dal suo charme.

Sui tavoli al perimetro del “palco” i camerieri avevano disposto stuzzichini e bevande ad allietare chi voleva fare una pausa o non ballare affatto. Insomma, si era pensato proprio a tutto.

 

 

Fu una serata memorabile. Si ballò fino a tardi, finché i piedi o le gambe o i polmoni non ressero più a nessuno, e ci si fermò e si andò a sedere, a gruppi, in coppia o da soli.

Ma prima che i popolani potessero decidere che il loro pernottamento al castello era finito e tornassero nelle loro case, Sorsha attrasse l’attenzione battendo con una posata su un bicchiere (era piuttosto brilla) e richiamò gli avventurieri protagonisti di quella serata. E ne scandì i nomi per intero a gran voce, declamandone le buone qualità.

 

 

Kit Tanthalos

 

Airk Tanthalos

 

Willow Ufgood

 

Elora Danan

 

Jade Claymore

 

Graydon Hastur

 

Thraxus Boorman

 

 

 

 

 

 

 

 

(«Ma come, di già?» bofonchiò Boorman, la bocca impastatissima dal troppo alcool e dal sonno, seduto storto su una panca e sul punto di cadere all’indietro sul pavimento.

«Si» rispose ridendo Elora, che era andata a svegliarlo. «La storia è finita. Andiamo a riposare, adesso. Stavolta sul serio.»

«Se proprio dobbiamo...» disse Boorman, un occhio chiuso e l’altro mezzo aperto.)

 

 

 

- FINE -

 

 

 

 

 

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Salve salve!

Innanzitutto grazie per aver letto questa storia. Spero che ti abbia divertit@ e intrattenut@!

Era da un sacco di tempo che non scrivevo più, non in questo modo; e soprattutto, che non postavo online un mio scritto. E’ strano, ma anche molto soddisfacente. Il nostro modo di esprimerci, anche per iscritto, cambia assieme a noi, in base a ciò che leggiamo, diciamo, le persone con cui stiamo, le opere che guardiamo (film, serie tv, ecc).

E posso dire che Willow è una serie tv fantasy classico (anche se proprio “classico” non è, ma lo si può capire solo guardandola) che è riuscita a conquistarmi fin dal primo episodio con un entusiasmo davvero grande.

Ho cercato di trasmettervelo in questi capitoli, a mio modo.

 

A rivederci (rileggerci?)!

   
 
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