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Autore: Shadow writer    22/03/2023    2 recensioni
Nate è un ventiquattrenne disilluso e pessimista. Ha un lavoro che odia, vive in una città che non sente sua ed è rimasto intrappolato in un passato che non riesce ad accettare.
Per aiutare un amico, partecipa a una corsa automobilistica, ma questo lo porterà a invischiarsi in qualcosa di più grande di lui.
"«Si dice che tu ti stia facendo un nome in città» commentò Alison, appoggiandosi al bancone di fronte a lui.
Il ragazzo alzò gli occhi dalla bistecca e incrociò quelli civettuoli di lei.
«È stata la mia prima e ultima gara» ribadì, «l'ho già detto a Richie.»
Lei fece schioccare la lingua contro il palato in segno di disappunto.
«Mi hanno riferito che ci sai fare con le auto.»
Nate rise e si sporse verso la ragazza.
«Me la cavo bene con molte cose, Alison» quando pronunciò il suo nome, le appoggiò le dita sotto il mento, costringendola a guardarlo negli occhi, «ma ciò non significa che io sia interessato a tutte queste.»"
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Epilogo 
 

La valigia, che Mila trascinava rumorosamente per i corridoi del dormitorio, pesava almeno trenta chili e le stava provocando un fastidioso crampo al braccio. Si sistemò il borsone sull’altra spalla e continuò ad arrancare tenendo gli occhi fissi sui numeri delle porte che andavano diminuendo.

Un ragazzo che stava attraversando il corridoio in direzione opposta rispetto alla sua le rivolse uno sguardo malizioso e domandò: «Ti serve aiuto, cara?»

«No, grazie» ribatté lei a denti stretti. «Ce la faccio da sola».

“Ce la faccio da sola” era stato il suo mantra nelle ultime settimane, da quando, sotto lo sguardo severo dei suoi genitori, aveva accettato che la sua vita nel lusso era finita. Li aveva incontrati per informarli che la sua relazione con James non esisteva più e che aveva deciso di riprendere gli studi, ma non più in Legge. Non avrebbe saputo dire quale delle due novità avesse generato maggiore disgusto sui loro volti. Le erano apparsi egualmente delusi e scontenti da quello che la loro unica figlia aveva appena detto.

«E cosa vuoi studiare se non Legge?» aveva chiesto suo padre.

«Giornalismo» era stata la sua risposta. Avrebbe potuto aggiungere che se avessero fatto più caso a lei, se ne sarebbero accorti da soli che quella era una scelta naturale. Aveva scelto Legge perché era sensibile alle disuguaglianze, ma il suo ruolo non era dietro ad una scrivania a raccogliere scartoffie e compilare documenti. Il suo posto era per strada, a parlare con le persone, ad ascoltare le loro storie e a raccontarle agli altri. Che i suoi genitori non la capissero, ormai non la stupiva più. La stupì, invece, la loro decisione di tagliarle tutti i fondi, se non quelli strettamente necessari alla sua sopravvivenza, che consisteva in una camera condivisa in dormitorio e nei pasti alla mensa del campus. Mila aveva accettato dignitosamente quell’offerta infame e li aveva salutati con la speranza di non rivederli per un po’ di tempo.

Quando finalmente si trovò davanti il numero della sua camera, aprì a fatica la porta con la chiave che le avevano dato e si ritrovò in una piccola cucina in cui persisteva l’odore di cipolle di chiunque avesse pranzato lì alcune ore prima. La stanza era spoglia e piuttosto malridotta, a giudicare dalla vernice scrostata in più punti e da alcune ante mancanti nei mobili. Sulla cucina si affacciavano due porte, che sapeva avrebbero condotto ad altrettante camere doppie. Aprì la sua, quella di sinistra, rivelando una stretta camera da letto arredata con due letti a castello, ciascuno con un materasso nella parte alta e una scrivania al di sotto. Un lato era già occupato, come poteva vedere dai vestiti ammucchiati e i libri aperti abbandonati sulla scrivania, mentre l’altro stava aspettando lei.

Avrebbe voluto piangere, e non di gioia. Quella camera era microscopica e a malapena ci stava da sola con la sua valigia da trenta chili, figurarsi in due ragazze.

Sentì un rumore di passi provenire dalle sue spalle e si concentrò per ricacciare indietro le lacrime e dipingersi un sorriso sulla faccia. Magari le sue compagne di stanza avrebbero reso la permanenza più piacevole e non voleva farsi riconoscere come la patetica ragazzina viziata che piangeva per un po’ di polvere e disordine.

«Wow, dopo quell’hotel è stato tutto un precipizio per te, in fatto di alloggi».

Un’inaspettata voce maschile la fece sobbalzare e si voltò di scatto, per vedere la figura di un ragazzo fermo in mezzo alla cucina. Portava dei pantaloni eleganti e una camicia chiara a maniche corte che lo facevano apparire signorile, ma i capelli scuri spettinati ne rivelavano la vera essenza.

Mila incrociò le braccia al petto. «Sembra che i ruoli si siano invertiti. Come si sta nell’ala dei ragazzi ricchi?»

«La mia stanza singola è così grande che a volte mi sento solo» replicò lui facendosi avanti, con un sorrisetto sulle labbra. Si fermò sulla soglia della camera e si appoggiò al muro. «Vedo che tu non avrai lo stesso problema».

Lei sbuffò. «Pare di no, dovrò mischiarmi con la massa». Si portò la mano al petto e sospirò profondamente. «Mi saluterai ancora, quando ci incontreremo per il campus? Insomma, non vorrei metterti in imbarazzo di fronte ai tuoi nuovi amici».

Il sorriso dell’altro assunse una piega canzonatoria, mentre si inclinava verso di lei e la guardava con aria divertita. «Non potrei mai provare imbarazzo per te, signorina Barnes. Dopotutto l’edificio in cui alloggio ha il nome di tuo nonno».

«Ironico, no?»

«Potremmo fingere di non conoscerci, per divertimento» continuò lui.

Lei scosse il capo e si fece seria. «Non riuscirei ad ignorarti, Nate».

Il ragazzo rise. «Lo so, neanche io ce la farei».

La prese per un braccio e l’attirò a sé, poi la strinse in un abbraccio. «Sono così contento che ci sia anche tu qui».

Mila inspirò profondamente il suo profumo e si lasciò cullare da quella sensazione piacevole che le era mancata più di ogni altra cosa. Chiuse gli occhi, avvolta dalle sue braccia.

«Sembra che saremo compagni di studi, signorina Barnes».

 

 

 

 

 

***

Angolo autrice

Ciao!

Prima di tutto vorrei ringraziare chiunque sia arrivat* fino a qui, sia silenziosamente, sia lasciando recensioni nei vari capitoli. Sinceramente, non mi aspettavo che sarei arrivata alla fine di questa storia, iniziata così tanti anni fa e ripresa quasi per caso. Per questo sono particolarmente grata a chiunque mi abbia seguita fino a questo punto <3

So che la storia ha cambiato direzione in diversi momenti, qualcuno è stato piacevolmente sorpreso e qualcuno (spero una minoranza) magari è rimasto deluso. Sono curiosa di sentire qualsiasi parere, anche di chi si aspettava una fine diversa ;)

 

Non ho indicato la storia come “conclusa” perché ho intenzione di pubblicare alcuni capitoli extra nelle prossime settimane (magari per raccontare qualcosa di più di quello che è successo prima dell’epilogo).

 

Questo epilogo chiude e allo stesso tempo apre a nuove possibilità. Un seguito al momento non c’è, ma esiste solo una bozza vaga. Non so quando la scriverò né tanto meno quando la pubblicherò.

Vi lascio intanto alle mie altre storie concluse: La duchessa (con anche l’atto II) e No promises

Ho anche pubblicato un libro! Lo potete trovare qui, si chiama Blink of an Eye e potete leggere gratuitamente i primi capitoli qui

 

Grazie di cuore a chi è ancora qui. Spero di potervi risentire presto!

Alla prossima,

M. 

 

   
 
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