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Autore: Milly_Sunshine    31/03/2023    2 recensioni
Dopo molti anni, Enrico torna nella sua città natale, dove ha accettato un lavoro nello stesso albergo nel quale lavorava suo padre. Qui rivede Carolina, sua vecchia amica che lavora alla reception, per la quale prova un'attrazione in apparenza non corrisposta ed è ignara delle vere ragioni che abbiano convinto Enrico a tornare a casa. Alle loro vicende si incrociano quelle di Vincenzo, figlio del vecchio titolare che ha di recente ereditato l'attività di famiglia. Ciascuno di loro ha i propri segreti, ma un segreto ben più grande, che risale all'epoca della loro infanzia, sta per sconvolgere le vite di tutti e tre. Il contesto è "generale/ vago" perché "persone adulte che vivono nei primi anni '90" non è contemplato.
Genere: Drammatico, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CONFIDENZE

Era domenica sera, o piuttosto, quasi la notte tra domenica e lunedì. Era tardi, ma Olimpia perdeva un sacco di tempo a guardarsi intorno, come se fosse ammaliata da quella stanza. Enrico la riportò alla realtà: «È solo casa mia, non è la reggia di Versailles. E, se devo essere sincero, non mi pare così meravigliosa.»
«Questo soggiorno non è affatto male.» Olimpia si avvicinò al portaritratti con la forografia di Enrico e Carolina bambini. «Chi sono questi? Tu e chi?»
«Perché non ti siedi?» la esortò Enrico. «Non sei stata in piedi abbastanza, durante tutta la giornata?»
«Anche durante la serata» ribatté Olimpia, prendendo posto sul divano. «Era domenica, quindi oggi erano tutti particolarmente su di giri. Non fraintendermi, molti clienti sono in pensione, quindi per loro non cambia molto, ma la domenica ha le sue problematiche specifiche.»
Enrico si accomodò accanto a lei.
«Gente che discute di partite di calcio più del solito?»
«Anche. Però prima devo sorbirmi clienti che fanno invettive anticlericali contro la gente che alla domenica mattina va a messa invece che venire al bar. Poi è il turno di quelli che vengono al bar dopo essere stati in chiesa, che fanno invettive bigotte contro quelli che la domenica mattina non vanno a messa ma al bar. Poi iniziano le discussioni su quello che mangeranno a pranzo, quando si degneranno di andare a casa. Infine...» Olimpia si interruppe. «Scusa, sto divagando. La bambina della foto chi è?»
«Carolina.»
«Gli occhi ti si illuminano quando parli di lei.»
«Ma se nemmeno mi stai guardando negli occhi!»
«L'ho detto proprio per metterti alla prova. Non hai negato. Hai solo osservato che non potevo vederlo.»
Enrico sbuffò.
«Sì, va bene, Carolina mi piace un sacco e spero di avere una possibilità con lei. Purtroppo non sarà facile. Mi vede solo come un amico d'infanzia, non riesco a capire se si sia accorta di piacermi oppure no.»
Olimpia gli suggerì: «Chiedile se vuole uscire con te.»
«Non è così semplice come credi, visto che abbiamo un giorno libero alla settimana ciascuno e non è mai lo stesso giorno per entrambi.»
«In effetti deve essere un casino. Però non penso sia quello a trattenerti. In un modo o nell'altro potreste organizzarvi.»
Enrico ammise: «Non lo so, non so se sono pronto per questo passo. Dopotutto è da poco che ci vediamo e mi ha fatto capire di avere una mezza relazione. Cosa dovrei dirle? Che è sprecata nel ruolo di amante e che dovrebbe mettersi insieme a me? Come minimo penserebbe che abbia qualche rotella fuori posto. Non voglio sembrarle un pazzo ossessivo, mi perderei ogni possibilità futura. Non che ci siano tante possibilità future, lo ammetto, ma non voglio darmi la zappa sui piedi da solo.»
«Ti capisco.»
«Io, invece, non capisco perché stiamo parlando di Carolina. Sei venuta qui per raccontarmi della tua frequentazione con "Occhi Viola" o sbaglio?»
Olimpia ridacchiò.
«Penso sia un po' fuori luogo definirla una frequentazione.»
«Vi siete visti più volte.»
«La prima è stata al parco. Ti ho già detto al telefono com'è andata. Gli sono rimasta impressa. Non so, o gli sono sembrata troppo sospetta, oppure gli sono piaciuta particolarmente. Propenderei più per la prima possibilità, specie considerato che si deve sposare.»
Enrico avvampò.
«Hai scoperto di Paola, quindi?»
«Non mi ha detto il nome della futura moglie. Perché, lo sapevi anche tu?»
«Sì.»
«E non mi hai detto nulla perché pensavi che altrimenti avrei desistito.»
«No, non...»
Olimpia lo interruppe prima che potesse finire la frase.
«Non negare. Hai pensato che, se avessi creduto fosse libero, sarei stata più invogliata a incontrarlo. Comunque non è un problema, Occhi Viola mi attizza anche da ufficialmente fidanzato. Se si facesse avanti, un pensiero ce lo farei. Purtroppo sembra molto preso da questa futura moglie, come ho avuto modo di scoprire. Però sto andando troppo avanti, dobbiamo tornare al nostro primo incontro.»
Enrico precisò: «Mi hai già spiegato per telefono come sia andata. Parlami degli altri incontri, piuttosto.»
«L'ho rivisto quella sera stessa, quando è venuto a cena al bar. Non me lo aspettavo. Purtroppo era presto e c'era ancora un bel po' di gente, quindi ci ho potuto scambiare solo due parole. Gli ho detto, comunque, che mi sarebbe piaciuto approfondire la nostra conoscenza e gli ho chiesto se la mattina dopo sarebbe andato a correre. Mi ha detto che pensava di sì, allora ci sono andata anch'io.»
«A correre?»
«A fare finta di correre. Ho messo una tuta verde brillante. Il giorno precedente ne avevo una fucsia e mi aveva paragonato a un pappagallo sudamericano, così ho deciso di dimostrargli che potevo assumere un colore più simile a quello del piumaggio di quei graziosi pennuti.»
«E ti ha paragonata di nuovo a un volatile esotico?»
«No, mi ha solo chiesto se non sapessi che carnevale è finito da un pezzo.»
«E poi?»
«Poi ci siamo messi a parlare.»
«Di pappagalli o di carnevale?»
«Dell'albergo.» Olimpia si girò a guardare Enrico. «Non mi sono dimenticata dell'incarico che mi hai affidato, sai? Anzi, me ne ricordavo benissimo, anche se gli occhi di Vincenzo erano uno spettacolo senza paragoni. O almeno, è così che sta bene dire, giusto? Perché ammetto che aveva dei pantaloni abbastanza stretti e lo sguardo mi è inevitabilmente caduto sul pacco.»
Enrico puntualizzò: «Questi dettagli non sono necessari. Cos'hai scoperto sull'albergo?»
«Dire che ho scoperto qualcosa è un po' esagerato. Ho cercato di non apparire troppo sospetta, dato che dovevo avergli già fatto una strana impressione. Mi ha raccontato di suo padre, Roberto Gottardi. Circa tre anni fa ha avuto un infarto, poi si è ripreso. Sembrava stesse meglio, ma poco più di un anno fa ne ha avuto un altro. Si è sentito male in albergo, ma non c'era nessuno con lui. È stato soccorso quando ormai non c'era più niente da fare. Per Occhi Viola è stato un duro colpo, non solo per la perdita, ma anche perché si è ritrovato a prendere il suo posto. Certo, a gestire la maggior parte delle attività è un certo Giorgio Carletti, che da anni lavorava al fianco di Roberto Gottardi, ma Vincenzo ha deciso di vendere il locale che aveva sulla riviera e di tornare definitivamente in città.»
«Non c'è molto di nuovo.»
«Sapevi già come fosse morto Roberto Gottardi?»
«No, ma avrei potuto scoprirlo facilmente chiedendo a qualcuno dei colleghi.»
«Ti ho risparmiato una fatica.»
«Non hai scoperto altro?»
Olimpia chiarì: «Era una conversazione informale tra pressoché sconosciuti che si erano incontrati mentre facevano jogging, non un interrogatorio. Ho cercato di farlo parlare, ma mi ha detto un sacco di cose del tutto inutili per le tue "indagini". Del resto non potevo certo dirgli "non mi importa niente di come hai affrontato il lutto e la consapevolezza di dovere succedere a tuo padre, parlami dei loschi affari del padre del mio amico Enrico". Anzi, non gli ho parlato espressamente di te... quella volta, almeno. Siamo ancora al nostro terzo incontro.»
Enrico la esortò: «Parlami di quello che conta davvero.»
Olimpia ribatté: «Non avere fretta. Ci sono tante cose da dire e, dato che mi hai affidato un incarico, vorrei che in cambio almeno ascoltassi le mie confidenze su tutta la vicenda. L'incontro successivo con Occhi Viola è avvenuto la sera tardi, al bar, non quella sera stessa, quella successiva. Mi sembrava un po' sconvolto e mi ha detto, infatti, che aveva avuto una pessima giornata e che non aveva nemmeno potuto vedere la donna che ama. Te lo dico così proprio perché erano le sue esatte parole: "la donna che amo", ho fatto caso che la definiva sempre così. Non ha mai parlato di fidanzata o futura moglie, né l'ha mai menzionata per nome. Gli ho chiesto se si vedano tutti i giorni e mi ha risposto che di solito è così.»
«Aveva avuto una pessima giornata perché non aveva visto la fidanzat-... voglio dire, la donna che ama?»
«No, problemi di lavoro. Non ha voluto aprirsi molto, nonostante gli avessi detto che con me poteva parlarne. D'altronde come dargli torto? Raccontare i propri affari economici a una barista impicciona che conosceva da tre giorni non doveva apparirgli un comportamento molto saggio. Dico affari economici perché ha accennato a un creditore.»
«A quel punto cos'hai fatto?»
«Ho chiuso la porta a chiave, dato che l'orario di chiusura era già passato da un pezzo, e mi sono messa a parlargli della mia vita. Non potevo solo chiedere. Gli ho raccontato del mio matrimonio, di mio marito che mi ha lasciata, di essermi ritrovata di colpo a ricominciare da zero e poi, alla fine, di essermi accorta che era ancora tutto come prima, solo che non avevo più un marito. Gli ho detto che non sono sicura di volere un'altra relazione stabile, ma che sarei pronta a frequentare un altro uomo, se ne incontrassi uno che mi piace davvero e che vuole una storia leggera. Si è limitato a sorridere e a dirmi che è già impegnato, quindi non potevo contare su di lui. Peccato per questa fidanzata guastafeste, magari avremmo potuto fare qualcosa. Gli ho detto che non ci stavo provando con lui, ma non so fino a che punto mi abbia creduta. Mi aspettavo che scappasse a gambe levate, invece no. È tornato a trovarmi ieri sera tardi... ed è stato inaspettato. Mi è sembrato che avesse un disperato bisogno di essere ascoltato, anche se non aveva molto da dire. Ho avuto l'impressione che ci fossero dei problemi tra lui e la "donna che ama". Ne ho approfittato. Ho cercato di baciarlo, ma si è tirato indietro.»
Enrico spalancò gli occhi.
«Che cazzo hai fatto?!»
«Sei per caso geloso? Oppure mi invidi perché tu non hai il coraggio di fare lo stesso con Carolina?»
«Hai rischiato di compromettere tutto. Magari adesso non tornerà più da te.»
Olimpia precisò: «Mi sono scusata. Gli ho detto che non sarebbe successo mai più. E poi, se torna lo stesso, vuole dire che c'è qualcosa di losco.»
Enrico mise in chiaro: «Vuole dire che pensa che tu abbia qualcosa di losco. O io, nel caso abbia capito che sono stato io a sguinzagliarti dietro di lui. Non significa che sia lui a nascondere qualcosa.»
«Uomo di poca fede, non ho detto che la storia finisce con me che tento di baciarlo e con Occhi Viola che se ne va sconvolto» replicò Olimpia. «Non l'ha presa così male, si è solo limitato a ricordarmi che è già impegnato e, di conseguenza, non può lasciarsi andare. Stavolta ha citato i pennuti: ha detto che, se fosse libero, potrebbe andare a caccia di graziose pappagalline colorate, ma che il vero amore gli ha precluso questa possibilità.»
«Tutto questo non mi è di alcuna utilità.»
«Quello che è capitato dopo, però, sì.»
«Ovvero?»
«Ovvero ero nella situazione di dovere cambiare per forza discorso. Ho parlato degli argomenti più disparati, poi ho citato te. Gli ho detto che avevo incontrato tuo padre, qualche volta, da ragazzina, e che ho sentito brutte voci sul suo conto. Ho romanzato un po', gli ho detto di avere sentito che fosse ricercato per essere scappato all'estero con del denaro di proprietà dei Gottardi.»
Enrico la fulminò con lo sguardo.
«È questo che si dice su di lui?»
Olimpia ridacchiò.
«No, certo, ma dovevo inventarmi qualcosa di improponibile, se volevo che, per smentire, mi raccontasse almeno una mezza verità. Ha risposto che non era vero e che Giuseppe Bianchi ha sì cercato di intascarsi qualcosa, ma non è fuggito all'estero per pararsi il culo. C'è stato un accordo: Roberto Gottardi non l'avrebbe denunciato e, anzi, gli avrebbe dato del denaro se avesse accettato di andare via. Gli ho chiesto se ne sia sicuro e mi ha assicurato che li ha sentiti parlare di quel compromesso. Ho insistito, volevo sapere se potesse avere travisato. Ha detto che, a meno che quei due non stessero entrambi recitando una parte, non era possibile. Suo padre, però, non ha mai voluto dargli spiegazioni. Comunque fosse andata, Roberto Gottardi non voleva infangare il nome del suo vecchio collaboratore.»
«Non è possibile» insisté Enrico. «Mio padre è sempre stato una persona onesta.»
«Non so cosa dirti» ammise Olimpia. «Anche Occhi Viola faticava a crederlo, ma era certo di quello che aveva sentito. Non c'era molto che potessi fare...»
«Ti capisco, non preoccuparti.»
Olimpia non aveva ancora finito, infatti proseguì: «Così ho cambiato di nuovo discorso e gli ho chiesto se avesse sentito parlare della vicenda di Alfredo Vitale. Mi ha detto di averlo sentito menzionare, qualche volta, anche dal personale dell'albergo, ma che non sapeva dire altro. Gli sembrava di ricordare che ci fosse qualche pettegolezzo a proposito di una dipendente che, in gioventù, aveva avuto una relazione con lui, ma non vi ha mai prestato molta attenzione. Inoltre sono pettegolezzi risalenti a tanto tempo fa e una sua potenziale fidanzata potrebbe essere anche già andata in pensione. Questo, devi ammetterlo, è interessante.»
«Tu dici?»
«Si narra che tuo padre sia partito insieme all'ex fidanzata di Vitale e Vincenzo ha parlato di un'ex fidanzata di Vitale che lavorava all'albergo. Non significa molto, ma ora sappiamo che non è del tutto assurdo: se davvero una ex di quel tizio lavorava là, allora tuo padre doveva conoscerla.»
«E se Vincenzo ti avesse raccontato un sacco di cazzate?»
«Occhi Viola non era mai venuto al bar prima di questa settimana e di sicuro non frequenta i pettegoli che vengono ogni giorno a prendere il caffè dopo pranzo, approfittandone per raccontarsi i fatti di chiunque. Non può essere un caso se mi ha raccontato di questa donna: o sa che sto cercando di scoprire questa fantomatica persona di cui si parla - ma non vedo perché dovrebbe esserne al corrente - e ha deciso di mentirmi deliberatamente, oppure ha sentito una storia simile a quella che invece ho sentito io.»
Enrico si arrese: «Va bene, è possibile che questa collega di mio padre fidanzata in passato con Vitale esista davvero. Questo, però, non prova nulla. Hai detto tu stessa che i tuoi clienti non fanno altro che chiacchierare e spettegolare. A volte basta poco per convincersi di cose non vere: metti che qualcuno abbia visto mio padre in compagnia di quella donna. Potrebbe avere travisato, pensare che avessero una relazione, indipendentemente dal fatto che fosse vero o no. Metti che anche lei abbia smesso di lavorare più o meno all'epoca in cui è andato via mio padre e che poi non l'abbiano più vista in giro, potrebbero essersi inventati qualsiasi cosa.»
Olimpia insisté: «Dobbiamo scoprire chi è questa donna.»
«Potrebbe non avere niente a che vedere con mio padre» obiettò Enrico.
«In tal caso ce lo dirà» replicò Olimpia. «Non succederà, se prima non la troviamo.»
«Non lo so, non mi pare un grande idea.»
«Non sarebbe comunque così difficile, per te, fare qualche domanda ai colleghi. Non devi necessariamente dire che pensi che quella donna possa essere scappata insieme a tuo padre.»
Enrico si alzò in piedi, sospirando.
«Magari ci penserò.»
«Ti conviene non pensarci troppo a lungo» ribatté Olimpia. «Non vuoi perdere tempo, giusto? Sei tornato in città per scoprire cos'è successo davvero a tuo padre, non per rimanerci, vero?»
«Cosa te lo fa pensare?»
Anche Olimpia si alzò, senza quasi fare rumore. Enrico se la ritrovò di colpo al proprio fianco.
«Tu non hai mai voluto vivere qui. Fin da ragazzino, cercavi la tua strada altrove. Non ho mai capito con esattezza se ti invidiassi per la tua volontà di cambiare la tua vita, oppure se questo tuo atteggiamento mi mettesse tristezza. Il tuo volere sempre cambiare posto mi fa pensare che tu non sia mai riuscito a sentirti felice da nessuna parte.»
Enrico alzò le spalle, con indifferenza.
«A volte un luogo in cui vivere è solo un luogo come tanti altri. Ovunque sia andato, sono sempre riuscito a trovare il mio equilibrio. Quando scoprirò la verità, lo troverò anche qui.»
«Anche senza Carolina?»
«Anche senza Carolina. Non so se verrà mai il momento di dirle esplicitamente che mi piace, ma ti assicuro che ho imparato a cavarmela da solo.» Enrico iniziò a dirigersi verso la porta, sperando che Olimpia lo seguisse. «Si sta facendo tardi, non trovi?»
Olimpia rise.
«Se vuoi che mi tolga di torno, me lo puoi dire con chiarezza.»
«Nulla contro di te» chiarì Enrico, «Ma faremmo meglio ad andare a letto entrambi.»
«Ciascuno nel proprio letto» ribatté Olimpia. «Non oserei mai distoglierti dai tuoi sogni d'amore.» Scherzava, o almeno così parve a Enrico. Senza protestare, accettò la fine della loro tarda serata insieme e si lasciò scortare fino alla porta. Era già sul pianerottolo quando lo salutò con parole sibilline. «Se cambierai idea su Carolina, magari potremmo riparlarne.»

   
 
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