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Autore: Milly_Sunshine    01/05/2023    2 recensioni
Dopo molti anni, Enrico torna nella sua città natale, dove ha accettato un lavoro nello stesso albergo nel quale lavorava suo padre. Qui rivede Carolina, sua vecchia amica che lavora alla reception, per la quale prova un'attrazione in apparenza non corrisposta ed è ignara delle vere ragioni che abbiano convinto Enrico a tornare a casa. Alle loro vicende si incrociano quelle di Vincenzo, figlio del vecchio titolare che ha di recente ereditato l'attività di famiglia. Ciascuno di loro ha i propri segreti, ma un segreto ben più grande, che risale all'epoca della loro infanzia, sta per sconvolgere le vite di tutti e tre. Il contesto è "generale/ vago" perché "persone adulte che vivono nei primi anni '90" non è contemplato.
Genere: Drammatico, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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RIVELAZIONI

Olimpia era sola e stava per andare a casa. Aveva già finito di pulire e non vedeva l'ora di andare a prepararsi per andare a dormire: c'era stata una partita di calcio importante quella sera e un gran numero di pensionati l'avevano guardata al bar radunati intorno al televisore, facendo una confusione micidiale ed esclamando improperi nei confronti dei calciatori di entrambe le squadre coinvolte, oltre che dell'arbitro.
Era stata una serata piuttosto stressante, ma Olimpia si rese conto di dovere ancora affrontare lo scoglio peggiore, e se ne accorse nel momento in cui la soglia fu varcata da Claudio, il suo ex marito. Era passato un po' di tempo dall'ultima volta in cui l'aveva visto e non era stata una bella circostanza.
«Cosa vuoi?» gli chiese Olimpia. «Ormai hai già portato via tutto, ma se pensi di avere dimenticato qualcosa puoi venire direttamente a casa.» Era proprio là che si erano incontrati, qualche settimana prima. «Per me non c'è problema, puoi andarci anche quando non ci sono.»
Claudio la fissò per qualche istante in silenzio, prima di confidarle la vera ragione per cui era andato da lei.
«Mio padre è morto.»
Olimpia non ne rimase particolarmente spiazzata. Il signor Melegari riversava già da tempo in condizioni pessime. Preferì non fingere stupore, né attaccarsi a stupide frasi di circostanza.
«Quando è successo?»
«Stamattina.»
«Ha sofferto?»
«Non più di quanto soffrisse quando continuava a tirare avanti» le riferì Claudio. «Almeno adesso potrà finalmente riposare in pace.»
Olimpia abbassò lo sguardo.
«Già, almeno non sarà più tormentato da quelle visioni.»
Claudio le scoccò un'occhiata di fuoco.
«Non parlare di quelle "visioni", come le chiami tu. Sai bene che non voglio che qualcuno lo venga a sapere.»
«Siamo soli» puntualizzò Olimpia. «Cosa credi, che qualcuno mi abbia messo delle cimici nel bar?»
Claudio ignorò quel commento.
«Dimentica quello che è successo.»
Olimpia scosse la testa.
«No, non me lo dimentico. Non posso dimenticarmelo, non dopo che questa storia ha rovinato il nostro matrimonio.»
Claudio replicò: «Non è stata la malattia di mio padre a rovinare il nostro matrimonio, né le sue "visioni", ma proprio non avremmo mai dovuto sposarci, io e te.»
Olimpia lo sapeva, lo sapeva più che bene, ma non intendeva discuterne in quel momento. Sostenne lo sguardo penetrante dell'ex marito e gli domandò: «Perché per te è così importante che rimanga tutto segreto?»
«Perché non è successo niente» replicò Claudio. «Mio padre vaneggiava, quando raccontava la storia dell'omicidio. Non c'è niente di vero. Cosa credi, che abbia davvero ammazzato qualcuno?»
«Oh, no, assolutamente» rispose Olimpia, con decisione. «Sono andata da lui, in ospedale, qualche volta, quando tu eri al lavoro. Ogni tanto, quando era un po' più lucido del solito, ne ha parlato anche con me. Se in certi momenti abbiamo avuto l'impressione che parlasse di una vicenda personale, quando era almeno un po' in sé ne parlava in terza persona.»
«E questo cosa cambia?»
«Cambia tutto.»
«Stava pur sempre vaneggiando.»
Olimpia convenne: «Quando sembrava che tuo padre raccontasse di avere ucciso un uomo, allora sì, lo credevo anch'io. Pensavo fosse una sua fantasia, perché conosco...» Si corresse. «Conoscevo Maurizio e sapevo che era una persona perbene. Non ho mai creduto, nemmeno per un attimo, che potesse avere davvero ammazzato qualcuno.»
«E adesso cosa cambia?» obiettò Claudio.
«Cambia che non avrei mai creduto che Maurizio potesse commettete un omicidio» rispose Olimpia, «Ma non posso escludere che ne sia stato testimone o che abbia in qualche modo scoperto qualcosa da cui avrebbe fatto meglio a stare lontano. Il tuo comportamento mi suggerisce che potrebbe essere andata proprio così.»
«Credi forse che voglia coprire un potenziale assassino solo perché mio padre potrebbe - parlando per assurdo, non osare dire che è un'ammissione - avere detto qualcosa in proposito?»
«Non credo che tu voglia coprire qualcuno, ma che tu abbia paura. Non vuoi che, se c'è un assassino a piede libero, possa mettersi sulle tue tracce.»
Claudio sospirò, alzando gli occhi al soffitto.
«Hai una fantasia smisurata, Olimpia. Dovresti fare la sceneggiatrice. Però, lasciatelo dire, non è per niente bello farsi questo genere di viaggi a proposito di persone vere. In più sono venuto qui per dirti che mio padre se n'è andato per sempre, non è carino da parte tua renderlo il protagonista di una delle tue storie.»
Anche Olimpia fece un sospiro.
«Non ho mai voluto mancare di rispetto a tuo padre. Gli volevo bene. È sempre stato molto gentile con me, si vedeva che era affezionato a me.»
Claudio annuì.
«Sì, gli sei sempre piaciuta. È per questo che mi dispiace se ci siamo lasciati.»
«Solo per questo?»
«No, non è quello che intendevo dire. Lo ripeto, io e te non avremmo mai dovuto sposarci. Sarebbe stato meglio se fossimo riusciti a far funzionare il nostro matrimonio, ma purtroppo non è andata così. Mi dispiace averlo deluso. Sperava che io e te potessimo restare insieme per tutta la vita.»
Olimpia accennò un lieve sorriso, per rassicurarlo.
«Non preoccuparti, lo so anch'io che è meglio che sia finita.»
Era davvero così. Quando Claudio viveva ancora insieme a lei, aveva la costante sensazione che ci fosse una vicinanza solo apparente, tra di loro, e da quando il suo ex marito era andato via tutto le appariva sempre più chiaro. Tante volte aveva preferito minimizzare e si era accontentata: il senso di lontananza reciproca era l'unica ragione che le aveva impedito di essere davvero felice insieme a Claudio, non c'erano mai stati altri grossi problemi tra di loro.
Lo vide voltarle le spalle e andarsene, non prima di assicurarle che le avrebbe comunicato la data e l'ora del funerale, non appena l'agenzia di pompe funebri si fosse messa in contatto con lui. Olimpia lo ringraziò e lo guardò uscire. O almeno, ebbe l'impressione che intendesse uscire. Claudio, tuttavia, si fermò di scatto proprio mentre stava per andare fuori. Si voltò verso di lei e prese a fissarla.
Olimpia azzardò: «Qualcosa non va?»
Fu Claudio, a quel punto, ad accennare un sorriso.
«Stai bene bionda.»
«Oh. Te ne sei accorto?»
«Era impossibile non notare che i tuoi capelli sono diventati molto più sobri» ribatté Claudio. «Avresti potuto farlo prima.»
Olimpia gli strizzò un occhio.
«Non lo sai che noi donne ogni tanto, quando veniamo lasciate, decidiamo di stravolgere il nostro look?»
«Stai forse dicendo che avrei dovuto lasciarti prima?»
«Sei un idiota.»
«E tu una visionaria. Mi raccomando, tieni la bocca chiusa.»
Olimpia sbuffò.
«Sembri un disco rotto! È da settimane che non fai che ripetermelo. Ti ho detto che puoi fidarti. Ti è così difficile convincertene?»
«Ti prego» sussurrò Claudio, prima di andare via. «Per me è importante che non si sappia nulla, credimi.»
Olimpia gli credeva, proprio come credeva che, un giorno o l'altro, avrebbe scoperto il perché. Se davvero Maurizio Melegari sospettava qualcosa su un caso di omicidio e occultamento di cadavere, prima o poi quella vicenda di cronaca avrebbe bussato alla porta. 

Vincenzo non parlò con Carolina del suo incontro con Enrico. La receptionist non lo menzionò, quella sera, così ritenne opportuno comportarsi allo stesso modo. D'altronde non era certo di poterle riferire quantomeno una parte delle confidenze del suo amico d'infanzia, né di volere scoprire quanto ne sapesse Carolina in proposito: era al corrente della relazione tra la madre e Giuseppe Bianchi, così come della località in cui si erano trasferiti, quindi era piuttosto improbabile che fosse del tutto all'oscuro di quella torbida vicenda. Trascorsero una bella serata insieme e non le accennò nemmeno al suo incontro previsto per l'indomani con Rossini.
La mattina seguente, dopo che Carolina era già uscita per andare al lavoro, mentre Vincenzo si preparava per fare visita a Olimpia, ricevette una telefonata proprio da Damiano, per accordarsi sull'orario del loro incontro. Sarebbe stato disponibile nel tardo pomeriggio, con ancora tante ore, quindi, a separarlo da quel momento.
Si recò a fare visita a Olimpia in ospedale, incontrando sua madre e scoprendo da lei notizie positive: la barista aveva finalmente riaperto gli occhi, il giorno precedente. Nella realtà, tuttavia, il risveglio dal coma non avveniva allo stesso modo in cui veniva mostrato nei film e Olimpia non era né lucida abbastanza per potere affrontare una conversazione, né in generale nelle condizioni di potere ricevere visite. I medici, tuttavia, si dicevano piuttosto ottimisti e quella consapevolezza bastò a Vincenzo per sentirsi più sollevato. Per quanto quella donna avesse avuto una presenza del tutto ridotta nella sua vita e fosse stata in prevalenza una seccatura  non vedeva l'ora che stesse meglio.
Uscito dall'ospedale, cercò di togliersi dalla testa quel pensiero e per un po' vi riuscì, ma l'intento fu vanificato mentre era fermo a un semaforo lungo una via del centro: nell'attesa si voltò alla sua destra e gli occhi gli caddero sulla vicina vetrina di un negozio di abbigliamento. Un manichino indossava una tuta estiva di colore fucsia, che immediatamente Vincenzo immaginò addosso a Olimpia. Avrebbe dovuto chiedere a sua madre che taglia portasse, per regalargliene una.
Un clacson che suonava con insistenza alle sue spalle lo riportò alla realtà: il semaforo era diventato verde e, con tutta probabilità, l'automobilista alle sue spalle gli stava lanciando insulti con la stessa frenesia con la quale premeva la mano sul clacson.
Vincenzo ripartì, con probabile sollievo della persona a bordo dell'automobile alle sue spalle, e si recò verso l'atelier di Paola. Sentiva di avere bisogno di confidarsi con lei, per anticiparle di avere preso una decisione. Si immaginò a lungo le parole con le quali le avrebbe annunciato l'intenzione di vendere l'albergo a suo padre, ma le immaginò invano, dal momento che, quando giunse sul posto, non trovò né Paola né sua madre.
Ad accoglierlo fu Sabrina, una delle sarte che, in caso di necessità, accoglieva all'occorrenza la clientela. Lo riconobbe, nonostante si fossero visti poche volte, e subito lo informò: «Paola non c'è, tornerà nel pomeriggio. La signora Rossini, invece, dovrebbe arrivare a breve, ha avuto un contrattempo.»
Anche Vincenzo riconobbe la donna, nonostante l'avesse incontrata poche volte e non le avesse mai rivolto più di un "buongiorno" o un "buonasera", e pensò bene di chiederle: «Sa per caso dov'è Paola? Avrei bisogno di vederla con una certa urgenza.»
Sabrina scosse la testa.
«No, certo che no. Quando Paola ha degli impegni, non mi riferisce certo di cosa si tratti.»
In altri momenti Vincenzo avrebbe accettato la volontà delle due donne di tenere segreta la loro relazione, ma quel giorno aveva fretta di parlare con Paola, quindi si espose.
«So tutto, non c'è bisogno che finga con me. Paola mi ha detto tutto di voi fin dal primo giorno.»
Sabrina lo fissò con aria stralunata.
«Tutto... di noi? Di cosa sta parlando?»
Vincenzo avvampò. Si sentiva in imbarazzo, mentre Sabrina appariva soltanto molto sorpresa.
«Mi scusi, non volevo essere invadente... sa, Paola mi ha parlato della vostra relazione.»
Ancora una volta, Sabrina gli lanciò un'occhiata stranita.
«Guardi, signor Gottardi, non so cosa le abbia raccontato Paola, ma le assicuro che non le interessano le donne.»
«Eppure mi ha parlato di lei, del fatto che sia stata costretta a sposarsi con un uomo, in passato, ma che poi sia riuscita a lasciarlo e...» Vincenzo si interruppe. «Mi scusi, credevo che Paola parlasse di lei, forse si riferiva a un'altra donna che lavora qui.»
«Oh, no.» Sabrina scosse la testa. «Se Paola le ha detto che ho lasciato mio marito e ho una relazione con una donna, non mentiva affatto. Solo, quella donna non è lei. A Paola interessano solo gli uomini, questo glielo posso assicurare. L'ho anche visto, l'uomo con cui sta insieme, è un signore distinto, più vecchio di lei, avrà sui quarantacinque anni, forse cinquanta. Non...»
Vincenzo la interruppe: «E allora perché mi ha raccontato di voi?»
«Non lo so» ammise Sabrina, con schiettezza. «Non ne ho idea. Lavoro per lei, ma non siamo amiche, non ci frequentiamo fuori dal lavoro. Qualche volta mi ha esortata a confidarmi con lei e mi ha espresso la sua vicinanza, ma a quanto pare era solo per appropriarsi della mia storia e fingere che fosse la sua. Sul perché l'abbia fatto non lo so, né sono nella posizione di potermi mettere a fare ipotesi. Lavoro per lei, non mi sembra il caso di...» Esitò. «Immagino non volesse farle sapere della sua relazione con un uomo e che, per deviare i sospetti, le abbia parlato di me.»
Non era una teoria molto plausibile, considerato che tra loro era sempre stato tutto molto chiaro e non c'era mai stata l'idea di trasformare il loro rapporto di facciata in qualcosa di reale. Doveva esserci qualcosa di più, pertanto Vincenzo le domandò: «Chi è quell'uomo?»
«Non ne ho idea.»
«Conosce la sua età, non sa altro di lui?»
Sabrina chiarì: «Come le ho già detto, mi è capitato di vederlo di sfuggita e quella era l'età che dimostrava. Era un uomo ben vestito, con i capelli brizzolati, di media statura... non lo conosco, però, non gli ho nemmeno parlato. Mi sembra che Paola si sia rivolta a lui chiamandolo...» Si fermò un attimo, come a cercare di rievocare un ricordo al quale non aveva mai dato molto peso. «Giorgio, se non sbaglio. Penso si chiami Giorgio.»
Il cuore di Vincenzo perse un battito, ma cercò di mostrarsi impassibile.
«Non si preoccupi, Sabrina, non ha importanza. Mi scusi se sono stato inopportuno.»
La sarta mostrò finalmente un lieve sorriso.
«È tutto a posto, spero lo sia anche per lei.»
«Cosa intende?»
«Potrei avere dei problemi, se rivelasse a Paola che sono stata io a raccontarle certe cose. Cerchi di non mettermi in difficoltà, se può.»
Vincenzo la rassicurò: «Non parlerò a Paola di questa nostra conversazione. Non ho motivo di chiederle delle spiegazioni. Come immagino saprà, non siamo mai stati realmente fidanzat-...» Si interruppe di scatto. «Ma aspetti un attimo, lei lo sapeva già, anche se non è lei ad avere una storia con Paola. Non è un'amica, non è una confidente, eppure era al corrente del suo più grande segreto.» Gli venne molto facile fare due più due. «I Rossini lo sapevano. L'hanno sempre saputo.»
Sabrina parve a disagio.
«Non so cosa dirle, mi dispiace. Non so quale fosse la vostra situazione, so solo quello che sentivo da Paola e dalla signora Rossini. Che il vostro fidanzamento fosse una montatura l'ho sempre saputo, ma non avevo idea delle vostre ragioni, ne mi interessavano.»
«Capisco» convenne Vincenzo, «E mi scusi se l'ho messa in difficoltà. Le chiedo solo una cortesia: come io non dirò nulla a Paola di questa nostra conversazione, lei faccia lo stesso.»
«Va bene. Anzi, è un sollievo per me che anche lei voglia fare finta di nulla.»
Si salutarono così, con quelle parole. Vincenzo uscì e si diresse verso la macchina. Salì a bordo chiedendosi quale fosse, esattamente, il piano dei Rossini. Non si capacitava ancora a pieno di quanto avesse appena scoperto, ma stava già iniziando a fare congetture e considerazioni inevitabili. Paola non gli aveva suggerito di fidanzarsi per finta per aiutarlo, ma per arrivare a un obiettivo, che doveva condividere con suo padre. Non era una stata una sorta di cuscinetto tra di loro, quanto piuttosto una pedina che l'aveva asservito totalmente, senza che se ne rendesse conto, alla volontà di Damiano Rossini, e non erano soli, avevano il sostegno di chi avevano intorno. Vincenzo sapeva che avrebbe dovuto insistere, fare il possibile per mantenere il controllo di ciò che era suo. Eppure sapeva che non l'avrebbe fatto: l'idea che Paola tramasse contro di lui e che avesse una relazione con Giorgio Carletti era un ulteriore incentivo. Avrebbe venduto l'albergo e si sarebbe liberato di loro una volta per tutte.

   
 
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