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Autore: Milly_Sunshine    04/05/2023    2 recensioni
Dopo molti anni, Enrico torna nella sua città natale, dove ha accettato un lavoro nello stesso albergo nel quale lavorava suo padre. Qui rivede Carolina, sua vecchia amica che lavora alla reception, per la quale prova un'attrazione in apparenza non corrisposta ed è ignara delle vere ragioni che abbiano convinto Enrico a tornare a casa. Alle loro vicende si incrociano quelle di Vincenzo, figlio del vecchio titolare che ha di recente ereditato l'attività di famiglia. Ciascuno di loro ha i propri segreti, ma un segreto ben più grande, che risale all'epoca della loro infanzia, sta per sconvolgere le vite di tutti e tre. Il contesto è "generale/ vago" perché "persone adulte che vivono nei primi anni '90" non è contemplato.
Genere: Drammatico, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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TUTA FUCSIA

All'inizio i giorni erano stati tutti uguali: un lento susseguirsi di nulla, in cui l'unica fonte di sollievo, per Olimpia, era stata avere progressivi miglioramenti delle proprie condizioni fisiche. Erano trascorse ormai settimane dalla sera in cui era stata aggredita nel bar e tanto tempo era già scivolato via, ormai, anche dal giorno in cui era stata dimessa dall'ospedale. Si sforzava di non contare i giorni, perché farlo era una continua agonia, per chi come lei forse aveva perduto per sempre la "vita precedente".
Si sentiva come se non le fosse rimasto più nulla. Il percorso di riabilitazione era andato bene, ma l'Olimpia di un tempo sembrava essere scivolata via, insieme a tutto ciò che aveva fatto parte del suo mondo. Aveva dovuto arrendersi, rassegnarsi a tutto ciò che era accaduto in sua assenza, quando era sospesa tra la vita e la morte e poi, in seguito, anche quando aveva riaperto gli occhi, ma poteva fare ben poco di più che, appunto, aprire gli occhi.
Aveva evitato tutti, negli ultimi tempi, perché non se la sentiva di incontrare persone. A parte i suoi genitori, che passavano da lei ogni giorno per sincerarsi delle sue condizioni e per aiutarla quando aveva bisogno - più spesso di quanto avrebbe desiderato - aveva incontrato solo Claudio, in alcune occasioni. Qualche malalingua affermava che c'erano quasi sempre coniugi o ex coniugi dietro i tentativi di omicidio, quindi doveva essere stato lui a colpirla, ma erano solo chiacchiere prive di fondamento. Olimpia aveva sentito persone bisbigliare, ma non dava peso a quelle chiacchiere. Seppure il suo matrimonio con Claudio fosse fallito, sapeva perfettamente che non aveva l'abitudine di sferrare attacchi alle spalle, specie senza ragioni valide. Non avrebbe avuto niente da guadagnare, dalla sua ipotetica morte. Inoltre il caso voleva che la serata dell'aggressione si trovasse insieme ad almeno una decina di persone - inclusa la sua nuova compagna - che avrebbero potuto testimoniare a suo favore.
Olimpia non era sicura che le visite di Claudio fossero un bene, ma non se l'era sentita di rifiutare di vederlo. Parlare con lui, per la prima volta dopo tanto tempo, non era stato così terribile. Per quanto la loro relazione fosse insindacabilmente terminata, non c'erano tensioni tra di loro. Memore, tuttavia, di cosa fosse un tabù per il suo ex marito, si era attivamente impegnata a mantenere il clima disteso, evitando con cura di menzionare i deliri del defunto Maurizio Melegari.
Per settimane si era fatta bastare la presenza dei genitori, le rare visite di Claudio e l'occasionale ascolto di pettegolezzi condominiali, che le erano sempre interessati il giusto, ma avevano una luce nuova, adesso che spesso riguardavano proprio lei.
Quando Olimpia aveva deciso che non le bastava più, aveva cercato sull'elenco telefonico il numero di Vincenzo Gottardi e l'aveva chiamato, per ricordargli che aveva un mazzo di chiavi da rendergli e per ringraziarlo della vistosa tuta fucsia adatta alla stagione estiva che le aveva fatto recapitare tempo prima. Gli aveva chiesto di vedersi e Vincenzo aveva accettato, così, in una giornata che altrimenti sarebbe stata fin troppo vuota, eccola mentre si ritrovava ad aspettare con ansia il suo arrivo.
Quando il campanello suonò, Olimpia si affacciò alla finestra dalla quale si vedeva il portone, per accertarsi dell'identità dell'ospite. Non ce n'era uno solo, erano in due, Vincenzo era venuto da lei portando con sé Enrico. Le venne spontaneo chiedersi se il suo amico d'infanzia fosse a conoscenza del regalo che Vincenzo le aveva fatto e cos'avrebbe pensato nel vederla indossare proprio quella tuta. Non aveva importanza, si disse, anche perché ormai era troppo tardi per cambiarsi.
Aprì e rimase in attesa che i due salissero. Impiegarono mezzo minuto per raggiungerla, ma le parve un secolo. Li accolse sforzandosi di sorridere e fu colta di sorpresa da Vincenzo, che scattò verso di lei e la strinse in un abbraccio. Non era quello che poteva aspettarsi dopo l'ultima volta in cui si erano visti di persona - o quantomeno in cui lei l'aveva visto - ma le parve un comportamento spontaneo.
«Grazie per essere venuti» disse. «Mi fa piacere che siate qui.»
«Grazie a te per avermi invitato» ribatté Enrico, acido. «Spero che tu sia felice che io sia qui.»
Olimpia avvampò. Non sapeva se facesse sul serio, se non essere mai stato esortato a passare da lei lo disturbasse in qualche modo, o se la sua fosse solo una battuta, ma ritenne opportuno giustificarsi: «Io e te ci conosciamo da tanti anni, ti ricordi bene di com'ero. Non ero sicura di sentirmela, di farmi vedere come sono adesso.»
«Cioè con la ricrescita ancora più lunga dell'ultima volta in cui ci siamo incontrati?»
Olimpia sospirò.
«Sarebbe ora di rifare la tinta, in effetti, ma non sono sicura che sia il momento giusto. Non so ancora se rifarla dello stesso colore. Comunque, se ti può consolare, non ho mai voluto escluderti o tagliarti fuori. Vincenzo è la prima persona che invito a casa, da quando sono tornata.»
Vincenzo suggerì: «Magari potresti farmi anche entrare, invece di lasciarmi qui sulla soglia.»
Olimpia ridacchiò.
«Come vedi, sono sempre maldestra come prima.»
«Mi fa piacere. È proprio il tuo essere così maldestra ad attirare come una calamita.»
Enrico gli allungò una gomitata e gli intimò, seppure in tono scherzoso: «Non provarci con lei, che stai per sposarti!»
«Oh, è vero!» esclamò Olimpia. «Mi fa piacere che tu e la tua fidanzata siate ormai giunti al grande momento. Sono felice per te e Paola.»
Vincenzo scosse la testa.
«Non mi sposo con Paola, mi sposo con Carolina.»
Olimpia spalancò gli occhi.
«Quella Carolina?!»
«Non so a chi tu ti stia riferendo, ma immagino di sì.»
«Wow, sono capitate un bel po' di cose, in mia assenza» osservò Olimpia. «Venite dentro, magari mi aggiornate un po' su quello che è successo.» Si rivolse a Enrico. «Tu, inoltre, devi spiegarmi come hai fatto a scoprire che Vincenzo sarebbe venuto a trovarmi e ad autoinvitarti.»
«Non c'è niente di misterioso» mise in chiaro Vincenzo, mentre Olimpia faceva strada a entrambi. «Gliel'ho detto io, che mi avevi invitato. Gli ho chiesto se ti aveva vista di recente e mi ha detto di no. Stavolta non mentiva. Mi ha chiesto se poteva venire anche lui e ho accettato. Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere, in fondo vi divertivate a complottare alle mie spalle.»
«Non volevo, mi dispiace.» Olimpia entrò in cucina e si sedette al tavolo, invitando i due uomini a fare altrettanto. «O meglio, lo volevo e adesso mi dispiace averlo voluto.»
Vincenzo osservò: «In effetti, detto così è più credibile.»
Olimpia si irrigidì. C'erano momento in cui "Occhi Viola" aveva il potere di farla sentire in imbarazzo, nonostante non fosse mai stata una persona che si imbarazzava molto facilmente - negli ultimi tempi provava una sensazione simile, ma solo quando si accorgeva di non essere più come gli altri se la ricordavano. Per fortuna Enrico intervenne in sua difesa, o meglio, intervenne cambiando discorso e finì per far cadere quello scambio di battute nel dimenticatoio.
«Sono venuto a cercarti al bar, ma l'ho trovato chiuso» osservò, infatti. «Ho sentito dire che deve cambiare gestione e che riaprirà con dei nuovi titolari.»
Olimpia annuì.
«I miei genitori hanno deciso di vendere.»
Enrico spalancò gli occhi.
«No, perché?!»
«Ormai hanno una certa età, non possono continuare a lavorare all'infinito.»
«E tu?»
Olimpia alzò le spalle.
«Non so cosa farò. Però sono abbastanza felice di non doverci più tornare. Ho rischiato di morire, là dentro, e non ne so nemmeno il motivo.»
Vincenzo volle sapere: «Ricordi qualcosa?»
«Non abbastanza» ammise Olimpia. «Ho delle immagini vaghe, il ricordo ancora più vago di una voce... sono abbastanza sicura di essere stata aggredita da un uomo, che non doveva essere molto giovane. Però non ho idea di chi fosse, né saprei dire con esattezza se ci sia qualcosa di vero o se sia stata solo suggestione. Comunque, tornando al discorso di prima, mi è stato detto che anche tu hai venduto la tua attività.»
«Già.»
«Tu hai chiesto a me cosa farò adesso, quindi mi sembra giusto chiederlo a te. Perché hai venduto? Cosa farai adesso?»
Vincenzo puntualizzò: «Veramente te l'ha chiesto Enrico. In ogni caso, io e Carolina abbiamo messo gli occhi su una piccola pensione. La vecchia titolare vuole venderla. Sto seriamente pensando di rilevarla.»
Olimpia obiettò: «Non è un grosso salto in basso passare dall'albergo di famiglia a una piccola pensione?»
Vincenzo scosse la testa.
«No, non è un salto in basso. Sarebbe mia, non qualcosa che mi è capitato senza che mi fosse chiesto se volevo occuparmene o meno. Sono stanco di dovermi circondare di gente che si occupa dei miei affari perché sono troppo grossi per occuparmene da solo. Se tutto andrà come spero, ci saremo io, Carolina e poche persone fidate.» Accennò a Enrico. «Gli ho chiesto se vuole lavorare con me, ma dice di no. Evidentemente gli piace essere un dipendente di Damiano Rossini... anzi, di Paola, perché il mio mancato potenziale suocero ha voluto intestare tutto a lei.»
Senza alcuna remora, Olimpia gli domandò: «Posso chiederti perché il tuo matrimonio con Paola è saltato?»
Nemmeno Vincenzo sembrava molto imbarazzato, nel rispondere: «Era una finta. Sosteneva di potermi aiutare quando suo padre mi stava con il fiato sul collo. Non era vero, però: Paola ha sempre avuto un secondo fine. Si è inventata una storia che mi convincesse a fidarmi di lei, ma l'ha rubata, di fatto, a un'altra persona. Stava insieme di nascosto al direttore, Giorgio Carletti, che ovviamente era a sua volta dalla parte di Rossini. Non che abbia mai agito contro di me, ma il suo obiettivo era convincermi a vendere. Rossini si era messo in testa di comprare l'albergo a ogni costo e cercava di giocare al ribasso. Non so perché abbia voluto farlo, ma mi è parso di capire che ci avesse già provato qualche decennio fa e che mio padre si sia rifiutato di vendere. Avrà pensato che con me era diverso... e in effetti lo è stato.»
Quelle parole abbagliarono Olimpia come un flash, anche se, sul momento, non ebbe idea della ragione. La voce di Enrico non le lasciò molto tempo per riflettere. Sembrava desideroso di mettere le mani avanti e di puntualizzare come stesse la sua situazione lavorativa.
«Tornando al fatto secondo cui mi piacerebbe lavorare come dipendente del signor Rossini» chiarì, «Non ci trovo niente di particolarmente esaltante, ma è un lavoro come un altro. Non è cambiato molto, per me, e i Rossini, sia il padre sia la figlia, li vedo molto raramente. A dirigere è sempre Carletti, esattamente come prima.»
«Nonostante tutto, però, non pensi neanche lontanamente di mollare» replicò Vincenzo. «Non hai neanche preso in considerazione la mia proposta.»
«C'è un motivo.»
«Che non lavori più per me e che non ci tieni a tornare a farlo. Però sarebbe diverso. Avresti un ruolo più centrale, non...»
Enrico interruppe la sua proposta sul nascere: «Non ho niente contro di te e contro la pensione che vuoi rilevare, ma sono uno spirito libero. Non sono mai rimasto a lungo nello stesso posto e probabilmente non lo farò adesso che non ho più niente da scoprire.»
Uno spirito libero: era proprio ciò che Olimpia avrebbe desiderato essere. Non riuscì a tenere a freno la lingua, le parole uscirono da sole.
«Portami con te.»
«Dove?»
«Ovunque tu andrai. Adesso posso farlo, posso andare via.»
Vincenzo guardò prima l'uno e poi l'altra.
«Andarvene?»
«Non ho mai parlato di andare via insieme a qualcuno» mise in chiaro Enrico. «Non voglio zavorre, non voglio condividere la mia vita con qualcuno.»
Olimpia ridacchiò.
«Non hai capito proprio niente! Non penso di vivere con te, voglio solo scoprire cosa c'è al di fuori di questa città. Non ho mai vissuto altrove. Tu conosci un sacco di gente, un po' ovunque. Se mi trasferissi da qualche parte insieme a te, magari potresti farmi conoscere qualcuno, aiutarmi a trovare un lavoro.»
«Vediamo.»
«Lo devo prendere per un no?»
«Non lo devi prendere per forza per qualcosa» replicò Enrico. «Non ho in mente di andare via dall'oggi al domani, ho solo detto che qui non ho più molto da fare.»
Olimpia si rese conto di non avere dato abbastanza peso a quanto l'aveva già sentito affermare poco prima: non aveva più niente da scoprire, aveva detto, e ciò significava che vi erano stati altri sviluppi, nelle settimane in cui non era stata presente.
«Tuo padre?»
«L'ho trovato.»
«È in Italia?»
«Già, e non è da solo.»
Olimpia ricordò le congetture di cui avevano discusso mesi prima.
«È con la donna di cui parlavamo?»
Enrico annuì.
«Proprio così, ma non mi sembra il momento giusto per approfondire.» Si voltò per un attimo, lanciando una palese occhiata a Vincenzo. «Magari una volta ci incontriamo da soli. Se vuoi, posso passare anche stasera, quando esco dal lavoro. Certo, sarà abbastanza tardi, ma...»
Vincenzo lo interruppe: «Glielo puoi dire che tuo padre sta insieme alla madre di Carolina, anche se ci sono io. Magari puoi anche informarla che Carolina è tua sorella.»
Olimpia spalancò gli occhi.
«Carolina è... oh, certo, avrei dovuto capirlo.»
«E da cosa, sentiamo» la esortò Enrico. «Non mi dire che c'erano chiacchiere anche su questo.»
«Non ci sono mai state chiacchiere in proposito» puntualizzò Olimpia. «Solo, poco fa Vincenzo mi ha detto che ha intenzione di sposarsela. Se non fosse tua sorella, avresti fatto di tutto per impedirglielo. Ti conosco.»
«Non abbastanza» replicò Enrico, con amarezza. «Non ho mai fatto saltare i matrimoni altrui. Non so per chi mi hai preso, ma ti assicuro che preferisco lasciare che le persone prendano le loro decisioni senza mettermi in mezzo.»
«Anche quando si tratta di tue amiche d'infanzia?»
«Soprattutto se si tratta di mie amiche d'infanzia.»
Vincenzo doveva sentirsi a disagio, di fronte alle illazioni di Olimpia, dato che si affrettò a introdurre tutt'altro argomento: «Ti sta bene il fucsia.»
Olimpia abbassò lo sguardo sugli indumenti che portava.
«Grazie. Mi ha fatto molto piacere ricevere il tuo regalo. Non ho capito perché tu abbia deciso di farmelo, ma...»
Vincenzo non la lasciò finire.
«Non volevo metterti in testa strane idee: non ho l'abitudine di fare regali alle persone che mi rubano le chiavi per mettersi a curiosare in casa mia. Anzi, devo dire che, a parte te, nessuno ha mai fatto nulla del genere, o quantomeno nessuno si è fatto scoprire. Però tu sei diversa, mi piaci... non in senso romantico, sia chiaro, del resto non sarei l'uomo giusto per te.»
«Strano modo di dirlo» osservò Olimpia. «Hai precisato che non sei l'uomo giusto per me, invece di dire che non sarei la donna giusta per te. È un po' come se volessi dire che hai in mente chi potrebbe essere, un uomo giusto per me. Io, però, ho già dato.»
Vincenzo chiarì: «Non sto insinuando che dovresti puntare a un secondo matrimonio. Però, se qualcuno ti interessa, non dovresti arrenderti, non prima di avere fatto qualcosa per raggiungere il tuo obiettivo. Sei brava a ottenere quello che vuoi. Sono certa che saresti capace di rubare cuori allo stesso modo in cui rubi chiavi di casa.»
Olimpia sospirò.
«Dobbiamo proprio parlare all'infinito di questa storia?» Si alzò in piedi e uscì un attimo dalla stanza, per andarle a raccattare. Gliele mise davanti. «Ecco qui, sei finalmente rientrato in possesso del tuo prezioso cimelio. Non pensi sia ora di voltare pagina?»
Vincenzo annuì.
«Certo, è ora di voltare pagina, ma non è sempre così fattibile. Ci sono situazioni in cui ci si sente come in un eterno limbo.»
«E tu saresti in questo limbo?»
«Non io.»
Olimpia replicò: «Mi sento tutto tranne che sospesa. Ho le idee chiare: vorrei andare via, se potessi. Forse lo farò, se Enrico fosse disposto ad aiutarmi, all'inizio. Non desidero altro.»
«Sei proprio sicura di non volere scoprire chi ha tentato di ucciderti?» obiettò Vincenzo. «Non hai paura che ci provi di nuovo?»
«Perché dovrebbe?»
«Perché avrebbe dovuto farlo la prima volta?»
Olimpia scosse la testa.
«No, è meglio andare via e dimenticare.»
Vincenzo sentenziò: «C'è chi non dimentica. Non permettergli di farti di nuovo del male.»

   
 
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