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Autore: blissfvlness    11/05/2023    1 recensioni
Dal Capitolo II
Erano tornati all'epoca nella quale i loro genitori non solo erano ancora studenti di Hogwarts ma si odiavano.
E se veramente fosse stato il 1996 voleva dire che la II Guerra Magica era nel pieno del suo sviluppo. Voleva dire che ogni giorno qualcuno perdeva la vita a causa di Colui-che-non-deve-essere-nominato. Voleva dire che ormai i Mangiamorte erano usciti allo scoperto, che di lì a poco tutto sarebbe cambiato, che Silente...
Silente.
All'improvviso James e Teddy si guardarono e capirono di aver avuto lo stesso pensiero.
Se veramente si trovavano nel 1996 allora Albus Silente...
«È ancora vivo» sussurrò Teddy.
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«Benvenuti, ragazzi» disse in modo cordiale.
«Potrete rimanere qui, nella Stanza delle Necessità» propose Silente. «Nel frattempo, potreste approfittarne per presentarvi agli attuali studenti di Hogwarts» aggiunse lentamente.
I ragazzi lo guardarono sbalorditi.
«Intende dire che potremo presentarci ai nostri genitori?!» chiese Hugo.
«Esattamente» gli sorrise Silente.
Cosa succederebbe se la Terza Generazione si ritrovasse improvvisamente nel passato e si presentasse a quelli che saranno i loro genitori?
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Luna Lovegood, Ron Weasley
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Nuova generazione
Capitoli:
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«Victoire, tocca a loro» sussurrò Dominique all'orecchio della sorella.

 

«Non credo che siano pronti» rispose preoccupata quest'ultima, guardando in direzione dei gemelli, allegri e spensierati come al solito.

 

«Non lo saranno mai» replicò la rossa, facendo sospirare Victoire. 

 

«Se ci siamo tutti» attirò l'attenzione Silente iniziando a parlare, «possiamo andare avanti con le presentazioni».

 

In risposta, due incappucciati si alzarono e si diressero verso di lui, per prendere il suo posto.

 

«Buonasera» esordì quello che sembrava il più grande dei due. «Io e mia sorella ci presenteremo insieme» disse, per poi togliersi la tunica e lasciare a bocca aperta tutti i Weasley. Capelli rossi, vispi occhi marroni, lentiggini sparse sul volto e le labbra piegate in un sorrisetto furbo e beffardo. Non poteva che essere figlio di uno dei gemelli. «Sbalorditi dalla mia bellezza?» li prese in giro il ragazzo.

 

«Sbalordita dall'incredibile somiglianza con questi due» commentò Ginny indicando i gemelli.

 

«Chi di noi due è tuo padre?» chiesero all'unisono i diretti interessati.

 

«Il mio nome è Fred, quindi va da sé che mio padre è...» 

 

«Fred» concluse Percy sorpreso.

 

«Percy, Percy, Percy è ovvio di chi sia figlio se si chiama Fred» gli disse Fred Weasley assumendo un'aria di superiorità che di solito era propria del suo interlocutore.

 

«È ovvio che sia tuo figlio, certo» rispose Percy irritato.

 

Fred rise. «È ovvio che sia figlio di George! Non sono tanto egocentrico da dare a mio figlio il mio stesso nome» sottolineò.

 

«Esatto, George è mio padre» confermò il ragazzo. «E dovreste riuscire a indovinare anche il nome di mia madre a questo punto» aggiunse, facendo riferimento alla sua pelle mulatta. 

 

Fred fece un sorrisetto sghembo e si girò verso Angelina che sembrava in imbarazzo. «E così saremo cognati» disse, l'espressione divertita che presto si contorse in una smorfia di dolore, visto che George gli aveva assestato una bella gomitata all'altezza dello stomaco. 

 

«Stai zitto» disse a denti stretti, per poi voltarsi e sorridere leggermente ad Angelina.

 

«Bene, avete indovinato. Angelina è mia madre» disse Fred II sorridendo affettuosamente alla ragazza, che ricambiò. «Per quanto riguarda me, non c'è molto da dire. Ho 16 anni e sono stato smistato nella Casa di Godric Grifondoro».

 

«Hai lo stesso carattere di tuo padre, vero?» chiese Molly Weasley, alzando un sopracciglio.

 

Fred II sorrise. «Sì, siamo molto simili» confermò.

 

«Povera me» sussurrò Angelina, facendo ridacchiare Ginny.

 

«Sono fiero di te» disse solennemente George.

 

«Sì, me lo dici ogni volta che combino qualche guaio» rispose divertito il figlio.

 

«Ah sì?!» esclamò Angelina, gettando un'occhiata di ammonimento a George, che smise di sorridere e si grattò la nuca in difficoltà.

 

«Ti comanderà a bacchetta!» cantilenò Fred, prendendo in giro il gemello.

 

«Sta zitto, voglio proprio conoscere la tua di moglie» replicò infastidito George, beccandosi una linguaccia dal gemello.

 

«Non ho nient'altro da dire, tocca a mia sorella» li interruppe Fred II.

 

«Cosa? Di già?» domandò George.

 

«Devi dirci chi è il tuo padrino!» esclamò Fred.

 

«E anche la tua madrina» aggiunse Ginny.

 

«Ve lo dirò» annuì Fred II, «ma dopo la presentazione di mia sorella».

 

«D'accordo» si arrese lo zio.

 

«Vai!» sussurrò allora il giovane facendo l'occhiolino alla ragazza che si trovava al suo fianco.

 

Quest'ultima, leggermente agitata, si tolse la tunica e accennò un sorriso. «Salve» disse. «Mi chiamo Roxanne e sono la sorella minore di Fred, ma questo lo sapete già» aggiunse nervosa.

 

«Ciao» la salutò George sorridendole dolcemente. Il gesto riuscì a tranquillizzarla, facendola sentire più a suo agio.

 

«Ciao papà» disse ricambiando il sorriso. «Ciao mamma» salutò poi Angelina che la guardò amorevolmente. «Ho 14 anni e sono stata smistata in Tassorosso. Non c'è molto da dire in realtà» aggiunse attorcigliandosi una ciocca di capelli intorno a un dito.

 

«Angelina! Ha il tuo stesso vizio» notò George, guardando prima la sua futura moglie e poi sua figlia.

 

«È vero» confermò la Grifondoro, intenerita da quella somiglianza. «Qual è la tua materia preferita?» chiese poi a Roxanne.

 

«Mi piacciono molto Astronomia e Cura delle Creature Magiche» rispose lei.

 

«Scommetto che sei bravissima» disse dolcemente George. 

 

Fred sorrise, felice. Era la prima volta che vedeva il suo gemello con una tale espressione ebete stampata sul volto.

 

«Ora ci direte chi sono i vostri padrini?» domandò Bill, curioso. 

 

Fred II deglutì, nervoso.

 

«Sì» rispose piano Roxanne. «Inizierò io» annunciò.

 

«Stai bene?» domandò George in direzione del figlio, che era pallido come un lenzuolo.

 

«S-sì, papà» rispose titubante lui, abbozzando un sorriso che non convinse del tutto il padre.

 

«I miei padrini sono zio Ron e zia Ginny» disse Roxanne, sorridendo ai diretti interessati. 

 

Il volto di Ron si illuminò alla notizia. «Fantastico! Grazie George, grazie Angelina» disse agitandosi sulla sedia e guardando la futura coppia.

 

«Grazie ragazzi» sorrise Ginny, mandando dei baci ai due diretti interessati e sorridendo poi alla nipote.

 

«E i tuoi Fred? Chi sono?» chiese curioso George. «Anche se penso di sapere chi è il tuo padrino» ridacchiò poi, lanciando uno sguardo divertito al gemello.

 

«Credo che lo immaginiamo un po' tutti» commentò Harry.

 

«La mia madrina è Alicia» disse Fred, sorridendo in direzione di sua madre, «mentre il mio padrino è...» continuò abbassando lo sguardo, non riuscendo a terminare la frase. 

 

Sapeva che se avesse detto il nome del suo padrino gli avrebbero fatto delle domande. E sapeva che le risposte sarebbero state dolorose. Per tutti. 

 

«Percy» sussurrò piano.

 

«Io?!» esclamò sorpreso Percy Weasley, alzandosi.

 

«Sì» confermò Fred II deglutendo rumorosamente. 

 

Il volto di suo zio Fred, sempre raggiante, si era rabbuiato. Suo padre lo guardava incredulo.

 

«Perché io?» ripeté Percy, disorientato.

 

«Già, perché lui?» sottolineò stizzito Fred, lanciando un'occhiataccia al gemello.

 

«Non guardarmi così, non posso sapere il perché di una scelta che non ho ancora fatto» si difese George. «Fred, c'è un motivo?» chiese poi al figlio.

 

«Sì, c'è» rispose quest'ultimo in difficoltà.

 

Roxanne gli prese la mano e la stinse forte. «Ce la puoi fare» sussurrò poi al fratello, per incoraggiarlo a parlare. 

 

Fred II prese un respiro profondo e con gli occhi che gli si stavano riempendo di lacrime pronunciò quelle parole tanto temute. «Non hai potuto scegliere lo zio Fred come mio padrino perché lui... perché lui è morto durante la Battaglia di Hogwarts» disse piano, per poi scoppiare a piangere. Roxanne lo abbracciò, cercando di calmarlo ma anche lei sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi.

 

Sulla Sala Grande calò il silenzio. L'unica cosa udibile erano i singhiozzi di Fred II. Tutti erano attoniti. Nessuno aveva il coraggio di parlare. 

George si voltò lentamente verso Fred, il volto serio e tirato. Il gemello guardava le sue mani che stavano torturando nervosamente un pezzo di stoffa del suo maglione. Ginny passava lo sguardo velocemente da suo fratello a suo nipote e le lacrime iniziarono a rigarle il volto. Dominique, seduta vicino a lei cercò di consolarla, invano. Percy sentì le forze abbandonare il suo corpo e cadde a peso morto sulla panca. Bill fissò il tavolo, le mani strette a pugno, mentre Charlie si prese il volto tra le mani. Ron invece guardava un punto imprecisato della Sala ma era come se non vedesse nulla. Hermione ed Harry si guardarono, storditi.

 

Anche al tavolo dei Serpeverde regnava il silenzio. Non appena ebbero udito quelle parole, Daphne e Pansy non poterono trattenere un'espressione di orrore. Theodore Nott e Blaise Zabini, che stavano chiacchierando sottovoce, si ammutolirono all'istante e Draco Malfoy serrò la mascella.

 

Il tremendo silenzio che aleggiava sulla Sala fu spezzato dall'urlo disperato di Molly Weasley. «No! Non è vero, Fred non può... insomma, è il mio bambino... lui non può... sarebbe...» iniziò a farneticare la donna tra i singhiozzi. 

 

Victoire si alzò e andò ad abbracciare sua nonna che era assolutamente distrutta dalla notizia.

 

Lo stesso fece Louis con Arthur che, sebbene cercasse di mantenersi equilibrato, veniva tradito dai suoi occhi ormai colmi di lacrime. 

 

Fu sentendo l'urlo di sua madre che Fred alzò per la prima volta la testa per guardarla. George lo scrutò. Gli occhi del gemello erano vuoti, spenti. Era come se Fred, in quel momento, non stesse sentendo nulla, come se si trovasse su un altro pianeta, come se fosse già lontano da lui, come se fosse già... morto. George scacciò velocemente quel pensiero dalla testa e quando spostò di nuovo lo sguardo su Fred lo scoprì a fissarlo.

 

«Perché piangete tutti? Non sono ancora morto» disse, abbozzando un sorriso e facendo un gesto scaramantico con le mani. 

 

Solo allora George si rese conto che il suo volto era bagnato dalle lacrime. Solo allora si rese conto che gli occhi di Fred erano tornati a splendere. Solo allora si rese conto dell'immensa forza del gemello. Gli si buttò tra le braccia e lo strinse più forte che poté. 

 

Fred ricambiò e dopo una manciata di minuti, parlò. «Sai se continui a stringermi così non ci arriverò nemmeno alla Battaglia di Hogwarts» mormorò ridacchiando.

 

George si staccò dall'abbraccio e gli sorrise impacciato. 

 

A questo punto, Silente decise di interrompere le presentazioni per quel giorno, così tutti furono congedati.

 

Fred fu avvolto dall'abbraccio della sua famiglia ma non da quello di Ron che, saputa la notizia, era uscito velocemente dalla Sala Grande.

 

———

 

Quel pomeriggio il cielo era livido e l'aria piuttosto pungente. 

 

Ironico, pensò Ron. Combaciava perfettamente con il suo umore. 

 

Il giovane Grifondoro cercò di allontanarsi quanto più possibile dal Castello, addentrandosi nel parco di Hogwarts. Arrivò sotto una grande quercia e, preso da un attacco d'ira, iniziò a prenderla a pugni. Ogni colpo sferrato verso la corteggia dell'albero era accompagnato da urla di rabbia e frustrazione. 

 

Le nocche di Ron erano ormai rosso fuoco e dalla pelle lacerata iniziava a fuoriuscire del sangue. Ma lui non sentiva il dolore. In quel momento era talmente tanto incazzato col mondo che anche sopportare la maledizione Cruciatus gli sarebbe sembrato un gioco da ragazzi. Lacrime amare iniziarono a sgorgare dai suoi occhi e nonostante fosse ormai stanco non smise di tirare pugni alla quercia.

 

«Se continui così la sradicherai» commentò una voce femminile alle sue spalle.

 

«Greengrass non sono dell'umore. Sparisci» rispose laconico Ron, dopo aver smesso di scagliarsi contro quel povero albero.

 

«Non prendo ordini da te, Weasley» ribatté lei calma.

 

«Come ti pare» si arrese il Grifondoro. Si asciugò velocemente gli occhi umidi, poi si voltò verso Daphne e iniziò a camminare nella direzione dalla quale era arrivato. 

 

Quando passò di fianco alla Serpeverde, lei lo fermò afferrandogli un braccio. «Aspetta» sussurrò.

 

«Non ho tempo per i tuoi giochetti» disse duro lui continuando a guardare davanti a sé.

 

«Mi dispiace» lo interruppe Daphne, voltandosi verso di lui. 

 

Ron si immobilizzò per poi voltarsi lentamente nella sua direzione, guardando la Serpeverde negli occhi per la prima volta. Gli occhi azzurro ghiaccio della ragazza lo disorientarono per un istante. Erano magnetici.

 

«Mi dispiace per tuo fratello» ripeté lei, con un velo di tristezza nella voce, guardandolo intensamente. 

 

Ron continuò a puntare le sue iridi chiare in quelle di Daphne, che distolse lo sguardo.

 

«Tieni» disse porgendogli un fazzolettino ricamato che il Grifondoro afferrò. 

Poi si allontanò velocemente, chiedendosi da quando era diventata così sensibile. 

 

Ronald Weasley invece, spiegò il fazzoletto che aveva appena ricevuto e notò le iniziali della ragazza ricamate in basso a destra. Il piccolo pezzo di stoffa, manco a dirlo, era verde smeraldo. Questi Serpeverde sono così egocentrici, pensò alzando gli occhi al cielo. Tuttavia, non poté resistere all'impulso di avvicinare il fazzoletto al suo naso. Inspirò. Vaniglia. 

 

Ron non se ne accorse ma sul suo volto si fece largo un leggero sorriso. Quella ragazza era piena di sorprese.

 

———

 

Ronald Weasley e Daphne Greengrass non erano gli unici studenti ad aver abbandonato la Sala Grande dopo quella sconcertante rivelazione. 

 

Draco Malfoy era corso via non appena Silente aveva annunciato che per quella giornata non ci sarebbero state più presentazioni. Si era diretto a grandi falcate nella sua stanza, era entrato sbattendo la porta e aveva iniziato a lanciare per terra qualsiasi cosa gli capitasse sotto tiro.

 

All'improvviso sentì il respiro mancargli e, con gesti spasmodici, si tolse il maglione e la cravatta che indossava. Non riuscendo ancora a controllare la respirazione, si sedette sul letto e cercò di calmarsi ma non ci riuscì. 

 

La porta si aprì, lasciando entrare nella stanza Blaise e Theo, ignari dell'attacco di panico che stava avendo l'amico. 

 

Per un millesimo di secondo si sentirono disorientati a causa del disordine che regnava in quel posto, ma poi notarono Draco seduto sul letto in condizioni pietose.

 

«Cosa cazzo sta succedendo?!» esclamò Blaise preoccupato, andando immediatamente verso di lui.

 

«N-Non riesco... a... resp-respirare» ansimò Draco.

 

«Guardami» disse Blaise autoritario prendendo il volto dell'amico tra le mani.«Fai quello che faccio io» continuò poi, iniziando a fare dei respiri profondi. 

 

Draco lo imitò e lentamente riuscì a riprendere il controllo e a respirare correttamente.

 

«Tieni» disse Theodore passandogli un bicchiere d'acqua, che lui sorseggiò con calma. «Meglio?»  

 

Draco annuì e posò il bicchiere sul comodino.

 

«Cos'è successo?» domandò Blaise.

 

«Nulla» rispose Draco.

 

«Il tuo attacco di panico non mi sembra nulla» lo riprese l'amico.

 

Draco alzò gli occhi al cielo e sbuffò. «Sto bene, non c'è bisogno che mi psicanalizziate».

 

«Non ti stiamo psicanalizzando, stiamo cercando di capire perché ultimamente non stai bene» ribatté Theo. «E non mi guardare con quella faccia, lo sai che ho ragione» sottolineò poi, notando lo sguardo assassino che Draco gli aveva rivolto.

 

«Quel che è successo oggi è un caso isolato» precisò il biondo.

 

«D'accordo» l'assecondò Blaise. «Ma ho la sensazione che non sia un caso che sia successo dopo la presentazione di Fred Weasley» notò sospettoso.

 

Draco sospirò di nuovo, pesantemente. Si lasciò cadere sul materasso e si coprì il volto col cuscino. «Continuerete ad assillarmi finché non parlerò, immagino» disse afflitto.

 

«Esattamente» confermò Theo.

 

«Va bene» acconsentì allora Draco. «Vi dirò quello che sta succedendo» affermò tornando in posizione eretta. «Ma dovete giurarmi di non farne parola con nessuno» disse serio, guardando prima Blaise e poi Theo, «è una questione di vita o di morte. Letteralmente».

 

Theodore annuì, mentre Blaise prese una sedia e si accomodò su di essa. «Ti ascoltiamo» disse.

 

Nella successiva mezz'ora Draco spiegò ai due amici cos'era successo poco prima che lui tornasse ad Hogwarts. Gli raccontò del piano che Voldemort aveva per lui, della "piccola missione", così era stata chiamata dal Signore Oscuro, che doveva compiere, del Marchio Nero e della vita dei suoi genitori che era nelle sue mani.

 

«Quando Victoire Weasley ha detto che il Signore Oscuro sarebbe stato sconfitto mi sono sentito sollevato. Anche se la prima cosa a cui ho pensato è stata l'inutilità di tutto quello che sto facendo. Ma oggi, quando ho saputo della morte di Fred Weasley, mi sono sentito... colpevole. Non mi ero mai realmente reso conto che qualcuno di noi avrebbe potuto morire in questa Guerra e aver avuto la conferma che accadrà è stato come ricevere un pugno in pieno volto» concluse Draco.

 

Blaise e Theo rimasero in silenzio per alcuni istanti.

 

«Probabilmente avrei reagito allo stesso modo» ammise Blaise. «Devo confessarti una cosa. Sapevo del Marchio Nero» disse, stupendo i suoi amici.

 

«Cosa?!» esclamò Draco. «Come facevi a-»

 

«Ti conosco come le mie tasche» lo interruppe Blaise, «e sono un ottimo osservatore. Ho notato il cambiamento che c'è stato nel tuo modo di comportarti e di relazionarti con noi e ho notato che non hai mai scoperto il braccio sinistro. Non ci ho messo molto ad unire i puntini» spiegò. «Ma non mi sarei mai aspettato che il Signore Oscuro ti avesse ordinato di uccidere Silente. Mi dispiace» disse sinceramente.

 

«Anche a me» rispose l'amico. «Mi dispiace che siate amici di un Mangiamorte» sussurrò amaramente.

 

«Uno stupido Marchio non fa di te un Mangiamorte Draco!» lo riprese Blaise.

 

«Gli altri non la penseranno così» disse duro lui.

 

«Che vadano al diavolo!» sbottò Theo, fino a quel momento silenzioso. «Anche se tu fossi perfetto avrebbero da ridire. Sei stato costretto a ricevere il Marchio, non è stata una tua scelta» aggiunse.

 

Draco si alzò e iniziò a girare in tondo nella stanza. «Lo capirei se vi allontanaste da me» disse dopo alcuni attimi di silenzio, dando le spalle ai suoi amici.

 

«Ma che stai dicendo?» chiese Blaise. «Non ti ho sopportato tutti questi anni solo per allontanarmi da te per colpa di un tatuaggio» scherzò. «E poi... mia madre vuole che lo riceva anche io» aggiunse con nonchalance.

 

«Cosa?!» esclamarono in coro Draco e Theo, il primo voltandosi immediatamente e il secondo puntando i suoi profondi occhi blu sul volto dell'amico.

 

«Ti farò compagnia» confermò Blaise.

 

«Perché?» domandò Draco. «Tua madre si è sempre tenuta fuori da queste cose».

 

«Ha conosciuto un uomo. L'ennesimo. È molto ricco e sapete che mia madre ha solo due passioni... gli uomini e i soldi» disse Blaise lasciando trasparire un certo fastidio dalle sue parole. «Lui è un Mangiamorte. Della peggior specie. Mia madre si è convinta che per rafforzare il legame familiare che ci unisce sarebbe importante condividere qualcosa, che nella sua mente malata è l'appoggio al Signore Oscuro» spiegò. «Non so se lui le ha fatto il lavaggio del cervello o se a lei non importa affatto di rovinarmi la vita e non mi interessa scoprirlo. So solo che durante le vacanze di Natale ha intenzione di farmi ricevere il Marchio» terminò.

 

D'improvviso Theodore esplose in una risata alta e nervosa. 

 

Blaise aggrottò la fronte e lo fissò, mentre Draco alzò un sopracciglio, confuso.

 

 

«Mi fa piacere che ridi delle nostre disgrazie» commentò sarcasticamente il moro.

 

«N-no» negò Theo non riuscendo a smettere di ridere. «N-non... asp-aspettate» disse per poi andare verso il suo letto e tirare fuori dal primo cassetto del comodino una lettera. «Ecco» disse riuscendo a tornare serio e buttando la lettera sul letto di Draco.

 

«Cos'è?» chiese Blaise.

 

«La lettera che mi ha consegnato l'elfo domestico quando l'ho costretto a rubare quella famosa bottiglia di Whisky Incendiario dalle cucine» spiegò Theo.

 

«La lettera che ti ha scritto tuo padre?» domandò Draco.

 

«Proprio quella».

 

«E dovrebbe interessarci perché...» lo invitò a proseguire Blaise.

 

«Perché mi ha scritto senza mezzi termini che si aspetta che io lo renda fiero di me... diventando un Mangiamorte» spiegò velocemente Theo.

 

Draco aprì la bocca per parlare ma la richiuse subito, non sapendo cosa dire.

 

«Quindi Blaise non stavo ridendo delle vostre disgrazie, ma delle nostre» concluse il castano.

 

I tre amici si guardarono piuttosto depressi.

 

«Non è che ne è rimasto un goccetto di quel Whisky?» chiese poi Blaise facendo ridacchiare gli altri due. 

 

Erano in un mare di guai, ma almeno c'erano dentro insieme.

 

———

 

Fred Weasley era riuscito ad allontanarsi da tutti e a restare solo. 

 

Finalmente. 

 

Era disteso sul prato umidiccio del parco di Hogwarts, sotto un grande albero che lo nascondeva alla vista. Aveva gli occhi chiusi e il respiro regolare e dava l'impressione di essere addormentato. 

 

Ma Fred non stava affatto dormendo. Anzi, non era mai stato tanto sveglio in vita sua. La sua mente era invasa da una moltitudine di pensieri. Tutti collegati alla notizia della sua morte, ovviamente. Le parole pronunciate da suo nipote gli rimbombavano in testa ininterrottamente.

 

Pensava alle reazioni dei suoi familiari. 

 

All'espressione straziata di sua madre. 

 

Alla confusione che traspariva dal volto di Harry ed Hermione. 

 

Al dolore impresso su quello di George. 

 

Vedere il suo gemello che non riusciva neanche a guardarlo in faccia gli aveva fatto male. Vedere il suo volto trasfigurato dalla sofferenza lo aveva distrutto. 

 

Lui e George vivevano quasi in simbiosi. Avevano fatto tutto insieme e continuavano a farlo. Il primo giorno di scuola, il primo scherzo, la prima punizione, la prima volta che erano riusciti a volare, addirittura la prima cotta. Tutto. Pensare che George si sarebbe sposato e avrebbe avuto una famiglia lo riempiva d'orgoglio. Ma rendersi conto che lui non sarebbe stato presente lo angosciava. Si era sempre immaginato che sarebbe stato il testimone di suo fratello, così come George sarebbe stato il suo. Aveva sempre pensato che sarebbe stato il padrino del primogenito del gemello e viceversa. Ma non sarebbe andata così. E questo lo distruggeva.

 

Trovava invece ironico che alla sua mente non si fosse affacciata, neanche per un secondo, la paura di morire. Ciò che lo dilaniava era il pensiero di far soffrire la sua famiglia, non la morte in sé.

 

Mentre era immerso nei suoi pensieri, Fred sentì un rumore non molto distante da lui. Aprì gli occhi di scatto e notò l'esile figura di Luna Lovegood avanzare proprio nella sua direzione. La ragazza non sembrava averlo visto, anzi, a Fred parve che fosse immersa nel suo fantastico mondo. Ed era proprio così. Luna non si era resa conto della presenza del Grifondoro fin quando non rischiò d'inciampare nel suo mantello.

 

«Luna, attenta!» l'avvertì Fred, riuscendo ad evitare che la ragazza cadesse.

 

«Fred! Non ti avevo visto!» esclamò lei sorpresa.

 

«Me ne sono accorto» rispose il ragazzo, accennando un sorriso.

 

Luna si guardò intorno. «Sei solo?».

 

«Sì».

 

La ragazza annuì. «Probabilmente avrei sentito la stessa necessità».

 

Fred non rispose.

 

«Fred» lo richiamò lei.

 

«Mmh» mugolò il ragazzo, invitandola ad andare avanti.

 

«Mi-» iniziò la Corvonero, ma il rosso la interruppe bruscamente. 

 

«Ti prego non dire mi dispiace!» esclamò alzandosi in piedi.

 

Luna si zittì e abbassò il capo, facendo sentire in colpa Fred.

 

«Non ce l'ho con te» spiegò, «è che tutti non fanno che dirmi che gli dispiace. Non ne posso più».

 

«Hai ragione» rispose Luna, ricevendo uno sguardo grato dal Grifondoro.

 

«So che sembrerà una domanda stupida, ma voglio fartela lo stesso» continuò la bionda.

 

«Cosa vuoi chiedermi?» chiese curioso Fred.

 

«Come stai?» disse dolcemente la ragazza.

 

Fred si stupì. Poteva sembrare una domanda stupida, è vero. Ma nessuno fino a quel momento glielo aveva chiesto, e lui si rese conto di non saper rispondere. «Non lo so» replicò semplicemente. «Sicuramente non bene». Ci furono degli attimi di silenzio ma che proseguisse: «Mi sento in trappola. Penso che dovrei essere disperato, insomma ho appena scoperto che morirò tra meno di due anni... ma non lo sono. Dovrei avere paura di morire, ma non ce l'ho. Quando penso alla morte... mi sento apatico».

 

«Dici di essere apatico, ma io ti vedo triste» notò Luna.

 

Fred la guardò e si stupì di quanto quella ragazza riuscisse a comprendere gli stati d'animo delle persone. «È per la mia famiglia» mormorò. Luna non parlò, così Fred continuò: «non voglio essere io la causa del loro dolore, non so come riuscirò a vivere sapendo quello che accadrà» concluse mettendosi le mani tra i capelli, disperato.

 

«Forse è proprio questo il punto» disse Luna.

 

Fred aggrottò la fronte confuso. «Che intendi dire?» 

 

«Tu sai quello che accadrà» rispose lei.

 

«Continuo a non capire» ribatté il ragazzo.

 

Luna sospirò e poi si spiegò meglio. «Silente ha scelto di farci conoscere i nostri figli e da quel che dice lui, lo ha fatto per farci capire che i veri nemici non sono tra queste mura. Ma secondo me c'è dell'altro. Se sappiamo quello che succederà possiamo cambiare le carte in tavola».

 

«Intendi cambiare il futuro?» domandò Fred.

 

«Esatto» confermò la ragazza.

 

Il Grifondoro scosse la testa. «Le conseguenze potrebbero essere catastrofiche» replicò. «E se la mia morte fosse cruciale per vincere la guerra? Salvandomi potrei condannare il mondo a un destino ben peggiore» disse serio.

 

«Credi davvero che Silente avrebbe permesso a tuo nipote di rivelare un simile segreto senza essere certo che le conseguenze sarebbero state marginali?» domandò Luna.

 

«Non puoi saperlo» continuò a ribattere Fred diffidente.

 

Luna sospirò. «Pensaci Fred» disse. «Ricordi quando si è presentato Albus?»

 

«Sì».

 

«Non ha risposto a tutte le nostre domande» continuò lei.

 

«Il fatto che non ci abbia detto chi è il suo padrino non è così importante» ribatté il ragazzo.

 

«Non mi riferisco a quella domanda» sottolineò Luna, poi, vedendo che Fred continuava a non capire, si spiegò meglio. «Il secondo nome di Albus è Severus, ma quando Harry gli ha chiesto perché si chiamasse così lui non ha risposto».

 

Il volto di Fred si illuminò. «Credi che Piton abbia avuto un ruolo fondamentale nella guerra e che Albus non ci abbia detto nulla perché sapendolo potremmo cambiare gli eventi, anche inconsciamente» ragionò.

 

«Esatto» confermò lei.

 

«Quindi se Fred ci ha informato della mia morte è perché poteva farlo, ma certo!» esclamò il ragazzo, improvvisamente euforico. «Luna sei un genio!» disse in preda alla gioia, prendendo il volto della ragazza tra le mani e dandole un bacio sulla fronte. «Devo trovare George» disse poi, più a se stesso che alla Corvonero. Così raccolse la sua roba e iniziò a correre verso il Castello di Hogwarts ma, prima di allontanarsi troppo, si girò verso l'amica e le sorrise. «Grazie Luna, Nott è un ragazzo fortunato!» urlò facendole l'occhiolino per poi scappare via. 

 

Luna arrossì ma sorrise, contenta che Fred avesse ritrovato lo spirito di sempre.

 

———

 

Era ora di cena e George Weasley si trovava nella Sala Comune dei Grifondoro ormai deserta. 

 

Non aveva fame. Come poteva averla? Quella che stava per terminare era, senza ombra di dubbio, la giornata peggiore della sua vita. 

 

In quel lungo pomeriggio, la sua mente aveva ripercorso tutti i momenti che lui ricordava di aver condiviso con Fred. Il che equivale a dire che George aveva ripercorso la sua intera esistenza, visto che i momenti in cui si era separato dal gemello si contavano sulle dita di una mano.

 

Sapere che di lì a poco lo avrebbe perso era straziante. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe potuto accadere. Spesso aveva immaginato la sua vita da adulto e da anziano. E l'aveva immaginata sempre insieme a Fred. Si ricordava perfettamente quando, durante il Torneo Tremaghi che si era tenuto ad Hogwarts, lui e il gemello avevano cercato d'imbrogliare il Calice di Fuoco per poter partecipare alla gara nonostante non fossero ancora maggiorenni. In quell'occasione la pozione che avevano creato non aveva funzionato e si erano ritrovati con barba e capelli bianchi. Rendersi conto che quello sarebbe stato l'unico ricordo che avrebbe avuto di un Fred anziano lo fece crollare. 

 

Iniziò a piangere. Di nuovo. Non aveva fatto altro per tutto il pomeriggio, prima nel suo dormitorio, ora in Sala Comune. Non voleva che qualcuno entrasse e lo vedesse in quello stato, soprattutto non voleva che Fred lo vedesse in quello stato, ma in quel momento non aveva neanche la forza di alzarsi e tornare in camera sua. 

 

D'un tratto sentì qualcuno scendere le scale e si sbrigò ad asciugarsi le lacrime.

 

«George» lo richiamò quella che riconobbe essere la voce di Angelina Johnson. «So che stai piangendo, è inutile che provi a nasconderti».

 

George si voltò, consapevole che sarebbe stato stupido continuare a fingere di stare bene.

 

«Sei sicuro di non voler mangiare nulla? Se vuoi posso rubare qualche cosa a tavola e portartela» gli domandò.

 

«Non ho fame» rispose stancamente lui.

 

«Ora che mi ci fai pensare, non ho molta fame neanche io» disse Angelina. «Ti dispiace se mi metto qui?» chiese poi indicando il posto accanto a George sul divano. 

 

Il ragazzo la scrutò per un attimo e poi le fece cenno di accomodarsi. Angelina si sedette e, delicatamente, appoggiò una mano su quella di George. 

 

Il suo tocco gentile e inaspettato fece sussultare il rosso che pian piano si rilassò. Dopo alcuni minuti passati in silenzio, il Grifondoro parlò: «Grazie».

 

«Per cosa?» 

 

«Per essere qui quando so che stai morendo di fame» spiegò lui guardandola furbescamente.

 

«Io non ho fame» garantì Angelina, voltandosi e guardandolo a sua volta. Ma il suo stomaco la tradì. Infatti, scelse proprio quel momento per brontolare. La ragazza sperò con tutto il cuore che George non l'avesse sentito ma lui l'aveva sentito eccome.

 

«Il tuo stomaco non la pensa allo stesso modo» disse, facendola arrossire. George la guardò e, per la prima volta dopo aver ricevuto quella notizia, sorrise.

 

La tranquillità del momento fu interrotta dall'ingresso in Sala Grande di un vero e proprio vulcano di nome Fred Weasley. 

 

Il ragazzo si piazzò di fronte a George e ad Angelina e si piegò sulle ginocchia per riprendere fiato. «Ti ho cercato dappertutto» ansimò.

 

«E ora mi hai trovato» ribatté il fratello cercando di non scoppiare a piangere di nuovo dopo averlo visto.

 

«Ho parlato con Luna» annunciò Fred.

 

«Quindi?» chiese il gemello confuso.

 

«Lei mi ha fatto capire una cosa».

 

«Cosa?» domandò di nuovo George.

 

«Che abbiamo meno di due anni per architettare un piano» rispose Fred.

 

«Un piano per cosa?» chiese George, sempre più disorientato.

 

«Per salvarmi la vita» rispose teatralmente il gemello. 

 

George spalancò gli occhi e lo guardò. Rimase in silenzio per una manciata di minuti, poi si alzò. Guardò Fred dritto negli occhi e sul suo volto si dipinse un sorriso enorme. Lo abbracciò e lui lo strinse a sua volta. 

 

Sarebbero riusciti a cambiare il futuro. Insieme.

   
 
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