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Autore: Milly_Sunshine    11/05/2023    2 recensioni
Dopo molti anni, Enrico torna nella sua città natale, dove ha accettato un lavoro nello stesso albergo nel quale lavorava suo padre. Qui rivede Carolina, sua vecchia amica che lavora alla reception, per la quale prova un'attrazione in apparenza non corrisposta ed è ignara delle vere ragioni che abbiano convinto Enrico a tornare a casa. Alle loro vicende si incrociano quelle di Vincenzo, figlio del vecchio titolare che ha di recente ereditato l'attività di famiglia. Ciascuno di loro ha i propri segreti, ma un segreto ben più grande, che risale all'epoca della loro infanzia, sta per sconvolgere le vite di tutti e tre. Il contesto è "generale/ vago" perché "persone adulte che vivono nei primi anni '90" non è contemplato.
Genere: Drammatico, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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QUESTIONI IN SOSPESO

Quando Enrico aprì la porta per uscire, si ritrovò a tu per tu con Olimpia. Non si stupì, era stato accennato a un loro potenziale incontro, quella sera, senza la presenza di Vincenzo.
«Mi fai entrare?» chiese Olimpia.
Enrico la squadrò con attenzione. Portava un anonimo abito grigio che le arrivava fino alle ginocchia, al posto della tuta fucsia che aveva indossato quel pomeriggio.
«Non ti sei vestita in modo da fare colpo su Vincenzo, dato che non c'è, stasera?»
Olimpia gli scoccò un'occhiata di fuoco.
«Non voglio fare colpo su Vincenzo. E poi sta per sposarsi, adesso.»
«Anche prima stava per sposarsi» le ricordò Enrico.
«Per finta.»
«Tu non sapevi che fosse una finta. E poi, doveva essere un matrimonio vero.»
Evidentemente stanca di attendere sulla soglia, Olimpia lo forzò a farsi da parte ed entrò.
Enrico cercò di trattenerla: «Ehi, aspetta. Stavo andando a fare una passeggiata fuori.»
«Difficile farla dentro.»
«Se è un tentativo di apparire divertente, temo che tu stia fallendo.»
«Anche il tuo tentativo di andare fuori sta fallendo.»
«Non perché l'abbia deciso io.»
Olimpia rimase in silenzio qualche istante, come se fosse pensierosa. Infine gli domandò: «Perché vuoi uscire? Cosa devi fare?»
Enrico ribatté: «Non devo fare niente, voglio solo prendere un po' d'aria. È una bella serata. Lavoro quando gli altri vanno in giro, non resterò a casa solo perché per gli altri è tardi. O almeno, non volevo restare a casa. Immagino di non potere fare altrimenti, adesso che sei qui.»
Olimpia ammise: «Ormai conosco le abitudini. È per questo che sono venuta da te. Sapevo che saresti uscito, anche se non hai niente di particolare da fare, e ho pensato che avrei potuto aspettarti sul pianerottolo per farti cambiare idea. Mi sembra che abbia funzionato.»
Enrico si arrese, d'altronde ogni possibile alternativa prevedeva il rischio di offendere l'amica, e non era ciò che desiderava. Rientrò e richiuse la porta, era l'unica opzione possibile. Per quanto Olimpia avesse confidato a lui e a Vincenzo di non sentirsi più come prima, certi aspetti di lei apparivano immutati agli sguardi esterni. Preso da una certa curiosità, comunque, si spinse a confidarle un suo dubbio esistenziale: «Posso chiederti almeno chi ti ha aperto il portone? Non ci sarai passata attraverso come i fantasmi, immagino. Anche perché, in tal caso, avresti potuto entrare in casa mia. E non avresti dovuto rubare le chiavi a Vincenzo per andare a...»
Olimpia lo interruppe, forse desiderosa di non rivangare quel discutibile evento del suo recente passato: «Non saprei chi mi abbia aperto. Ho suonato un campanello a caso e ho detto testualmente che ero la signora del terzo piano e che avevo lasciato le chiavi di casa in cantina. Ho chiesto se mi potevano aprire il portone, in modo da potere entrare e andarle a recuperare, invece di rimanere fuori in attesa del nulla cosmico.»
Enrico fu costretto ad ammettere: «Bella trovata, ma non è un po' tardi per mettersi a suonare campanelli? Forse ti sfugge che c'è gente che dorme, a quest'ora.»
Olimpia gli strizzò un occhio.
«Suonando il campanello, magari si sveglia e inizia a rendersi utile.»
Enrico sbuffò.
«Dai, vieni di là a sederti invece di dire cavolate. Un giorno o l'altro qualcuno scoprirà chi è che disturba la quiete pubblica e se la prenderà con me.»
Olimpia gli ricordò: «Potremmo andarcene insieme, lasciare la città. Tu hai agganci ovunque, conosci un sacco di gente. Possiamo iniziare una nuova vita... o per meglio dire, due nuove vite.»
Lo seguì e presero posto nel solito soggiorno. Prima, tuttavia, Olimpia fissò, senza dire nulla, la solita foto di Enrico e Carolina bambini. Quello fu il momento in cui, più di ogni altro, Enrico provò almeno un vago stupore. Si era aspettato domande a raffica sulla sua amica d'infanzia nonché sorellastra nonché fidanzata ufficiale di Vincenzo, ma non accadde nulla di simile. Non si fece illusioni: prima o poi l'argomento sarebbe arrivato, evidentemente prima c'era qualcosa che le premeva di più.
Enrico non ebbe bisogno di chiederle chiarimenti a proposito della sua idea di andare via - doveva essere quella, la priorità - dal momento che Olimpia riprese a parlare e fu piuttosto esaustiva.
«Per tanti anni sono stata ancorata qui, senza sentirmi davvero a casa, e solo per senso del dovere nei confronti dei miei genitori. Se me ne fossi andata, avrebbero dovuto assumere una persona al posto mio, per il bar, e sapevo che avrebbero preferito di gran lunga che rimanessi io. Sono arrivata a convincermi di sentirmi realizzata, cercando altre strade per sentirmi completa.»
«Tipo sposarti?»
Olimpia abbassò lo sguardo.
«Avrai sentito un sacco di chiacchiere su Claudio, ultimamente.»
Enrico fu piuttosto diretto.
«È stato lui, vero?»
Olimpia alzò gli occhi, spalancandoli.
«È questo che credi?»
Enrico azzardò: «Tu l'hai lasciato, perché era un uomo violento oppure senza controllo - immagino per via del consumo di alcool o droghe - e non ha accettato la fine della vostra relazione. Quindi a distanza di anni ha deciso di venirti a cercare e ha tentato di ucciderti. Oppure, nella sua mente contorta, non pensava di poterti fare così male, quando ha...»
Olimpia lo interruppe: «Basta! Stai dicendo un mucchio di cazzate! Hai vissuto per anni la tua esistenza felice lontano da qui, abbi almeno la decenza di non giudicare le persone con cui ho avuto a che fare per tutto questo tempo!»
Enrico non si arrese. Guardandola negli occhi, insisté: «Ci ho visto giusto, vero?»
«Assolutamente no!» sbottò Olimpia, e per la prima volta Enrico ebbe l'impressione che fosse sincera. «Non so che idea tu ti sia fatto di me, ma ti assicuro che non giustificherei mai un compagno violento. Claudio non lo è mai stato, così come non è né un ubriacone né un tossico. È un uomo normalissimo, così come mi sento del tutto normale io. Semplicemente credo di averlo sposato perché era quello che familiari, parenti e amici si aspettavano da me. Tu te ne sei andato, per essere te stesso. Io credevo di potere essere finalmente me stessa sposando Claudio. È brutto a dirsi, lo so, ma l'ho fatto perché credevo che il matrimonio mi avrebbe resa libera. Invece no, era tutto come prima, solo che portavo un anello al dito. Non ero felice e questo ha avuto delle ripercussioni su di noi. Se posso riconoscere un grande difetto a Claudio, è l'essere sempre stato poco individualista.»
«Sarebbe un difetto?»
«Per Claudio esistevamo "noi". Per me esistevo io ed esisteva Claudio. Eravamo due persone distinte, non una cosa sola. C'era un lato di me che non riuscivo a condividere con lui. Non è mai stato in grado di capire che la mia insoddisfazione non derivava da lui. Anzi, con lui avevo cercato di combatterla, senza risultato.»
«E poi?»
«Poi un giorno Claudio mi ha detto che dovevamo decidere se avesse senso o meno continuare a stare insieme. In realtà aveva già deciso tutto da solo. Non posso biasimarlo. L'ho lasciato andare, non aveva senso cercare di trattenerlo. Ho provato a cercare di salvare i lati positivi di quello che era successo, o almeno quei pochi che c'erano: ero indipendente, o almeno più di quanto lo fossi mai stata in tutta la mia vita, e potevo difendermi da chi cercava di controllare le mie mosse. Certo, non era granché nemmeno così, ma almeno potevo voltare pagina.»
«Eppure non te ne sei andata nemmeno dopo la separazione.»
Olimpia fece un sospiro.
«Come potevo? Ormai non avevo molte alternative, i miei genitori contavano sempre più sulla mia presenza al bar... e niente, l'hanno venduto senza nemmeno chiedermi cosa ne pensassi. So che non hanno mai voluto agire contro di me, ma mi aspettavo un po' più di considerazione, visto che mi hanno educata fin da ragazzina a pensare che un giorno avrei dovuto prendere il loro posto. Mi hanno praticamente forzata a pensare con la loro testa per decenni, perché quello, secondo loro, doveva essere il mio destino. Io l'ho accettato e tutto ciò che ho avuto in cambio è che mi hanno messa di fronte al fatto compiuto.»
«Quindi» dedusse Enrico, «Ti senti come se finora fossi stata forzata a non fare davvero le tue scelte.»
«Già.»
«Ed è per questo che vuoi andare via.»
«Esatto.»
«Poetico.»
Olimpia si voltò di scatto verso di lui.
«Mi stai prendendo in giro?»
«No, affatto» si difese Enrico, domandandosi se avesse usato il tono sbagliato per pronunciare quel termine, o se fosse proprio il termine stesso ad apparire sbagliato. «Voglio dire, c'è qualcosa di romantico nella tua storia. Io sono andato via semplicemente perché volevo scoprire posti nuovi invece di passare il resto della mia esistenza nella mia città natale, tu vuoi farlo per una sorta di riscatto personale. Se non sapessi che sei la stessa persona, non penserei mai che, al contempo, tu sia anche quella che si è intrufolata in casa di Vincenzo per farsi i fatti suoi.»
Si pentì subito di avere pronunciato quelle parole e di avere accennato all'argomento per la seconda volta in pochi minuti, dal momento che Olimpia gli chiese: «Cosa mi dici di Carolina?»
Che cos'avrebbe dovuto dirle? Era tutto molto semplice, in fondo. Tornato in città, si era infatuato della sua amica d'infanzia, salvo scoprire subito che aveva una relazione con un uomo già impegnato con un'altra. Aveva scoperto che si trattava proprio di Vincenzo, ma non era stata la scoperta peggiore: suo padre e la madre di Carolina gli avevano riferito della loro relazione segreta di tanti anni prima e di come Carolina fosse la figlia segreta di suo padre. I suoi sogni, per quanto vaghi e privi di spessore, erano crollati una volta per tutte, lasciandolo con la misera consolazione di non essersi almeno mai fatto vere e proprie fantasie erotiche esplicite sulla ragazza che si era rivelata essere sua sorella. C'era sempre stato un che di platonico nell'attrazione che provava nei suoi confronti, un po' come se l'immagine più lampante che riconduceva a Carolina fosse quella della bambina che ritagliava angeli di carta di giornale.
Poteva riferire tutto ciò a Olimpia? In altri momenti, Enrico non l'avrebbe fatto. Quella sera, però, era diverso: la sua amica si era aperta con lui, come forse non aveva mai fatto con altri prima di allora. Pensò di doverle la stessa sincerità. Le spiegò per filo e per segno quello che aveva provato, messo di fronte a un'amara realtà.
Iniziò a parlare e fu come un fiume in piena. Si ritrovò a confidarle fatti che fino a quel momento erano stati una sua esclusiva, come quel figlio che non aveva mai conosciuto, di cui non sapeva nemmeno il nome e che forse non avrebbe conosciuto mai. Non aveva più senso indossare una maschera, non con Olimpia, che gli aveva mostrato il lato più nascosto di se stessa. L'amica lo ascoltò senza interromperlo, limitandosi a chiedere qualche piccolo chiarimento ogni volta in cui Enrico faceva involontarie omissioni che rendevano la sua storia poco chiara.
Alla fine si sentì svuotato e riempito allo stesso tempo, finalmente senza segreti, di fronte ad almeno una delle persone che aveva vicino. Certo, non le riferì il racconto di suo padre e di Giovanna, ma ciò che era accaduto quella notte, quando era bambino, non era un suo segreto personale. Se non avesse forzato il padre e la compagna di quest'ultimo, nessuno dei due gli avrebbe mai accennato a quella storia.
Aveva appena terminato, quando Olimpia osservò: «Sei più simile a me di quanto pensassi.»
In un primo momento Enrico non comprese il significato di quelle parole, al punto da obiettare: «Non mi sembra.»
Olimpia replicò: «Hai ragione, in apparenza sembriamo agli antipodi, ma in fondo siamo solo due persone che non hanno ancora trovato il loro vero posto nel mondo. Lo sai cosa dicono, di quelli della nostra età. Pensano tutti che ormai sia troppo tardi, per noi, che tutto quello che possiamo fare è accettare che il nostro futuro sarà come il nostro presente, oppure limitarci a sopravvivere. Non è così. Abbiamo ancora tante cose da fare, entrambi, e dobbiamo in primo luogo mettere a tacere quelli che ci dicono che non abbiamo possibilità. Io sono sempre stata qui, perché pensavo di non potere scappare. Tu sei sempre scappato, perché pensavi di non avere alternative alla fuga.»
«Non sono sicuro che mi piaccia questo tuo modo di ragionare, mi fai sentire come se fossi sempre stato rinchiuso in una trappola» ammise Enrico. «Io, però, non mi sono mai sentito tale.»
«Sei tornato, però.»
«E allora?»
«Allora, forse, c'era ancora qualcosa di incompleto in te. Hai trovato le risposte che cercavi?»
Enrico rabbrividì. Olimpia stava forse cercando di estorcergli qualche informazione su suo padre?
Preferì essere vago: «Perché me lo chiedi?»
«Perché fino a qualche tempo fa avresti distrutto ogni singolo componente della famiglia Gottardi per vendicare l'ingiustizia subita da tuo padre» rispose Olimpia, «Mentre oggi pomeriggio mi sei venuto a trovare insieme a Vincenzo, come se foste amici da sempre.»
Enrico puntualizzò: «Infatti è proprio così, io e Vincenzo eravamo amici da ragazzini e...»
Olimpia non gli lasciò finire la frase.
«Non pensare di cavartela così. So benissimo che eravate amici, da ragazzini, ma non mi risulta che lo foste da adulti. O quantomeno, non mi sembra che tu lo sopportassi molto, fino a poco tempo fa. Adesso, per giunta, sta per sposarsi con la tizia che ti piaceva e che si è scoperto essere tua sorella.» Ridacchiò. «Scusa, ma è una situazione molto comica. Certo  magari non per te... e infatti, se fossi stata al posto tuo, sarei scappata a gambe levate. Come mai hai insistito con Vincenzo per venire a trovarmi, oggi pomeriggio?»
Enrico puntualizzò: «Non ho insistito con Vincenzo. È stato lui a chiedermi se volessi accompagnarlo. Sono abbastanza sicuro che si senta in colpa nei miei confronti - in fondo si sta per sposare con Carolina - e che voglia a tutti i costi spingermi tra le braccia di una donna. O in alternativa teme che abbia dei pensieri incestuosi nei confronti della sua futura moglie e vuole assicurarsi di togliermeli dalla testa.»
«Mhm, potrebbe essere.»
«Spero di avere risposto alle tue domande e che non torneremo più sull'argomento.»
Olimpia scosse la testa.
«Oh, no, non abbiamo affatto finito. Sbaglio o non mi hai detto da quando, esattamente, i tuoi rapporti con Vincenzo sono più distesi? Dopotutto non lavori più per lui, non c'è alcun motivo per cui dovreste incontrarvi.»
Enrico osservò: «Sei molto sveglia, quando si tratta di intromettersi nei fatti degli altri.»
«E tu sei bravo a eludere le mie domande.»
«Lo ammetto.»
«E poco fantasioso.»
«In che senso?»
«Io, quando mi sono trovata in difficoltà con "Occhi Viola", ho tentato di baciarlo.»
«Mi stai suggerendo di baciarti?»
Olimpia rise.
«No. Volevo solo spaventarti. Magari funziona per scioglierti un po' la lingua. Cos'è successo tra te e Vincenzo?»
Enrico fu piuttosto vago, ma le rispose: «Io e Vincenzo abbiamo parlato delle nostre questioni in sospeso e ci siamo resi conto che non riguardavano nessuno di noi in prima persona. In più, come già sai, Carolina è mia sorella. Di fatto io e lui stiamo per diventare parenti. Mi sembra il momento migliore per mettere da parte vecchi dissapori che ci riguardano solo alla lontana. Ti pare così assurdo?»
«Oh, no, per niente» ammise Olimpia. «È solo che pensavo aveste risolto la storia di tuo padre, che vi avesse spiegato come stavano le cose. Perché io mi sono fatta un'idea.»
«Non sono sicuro di volerla sentire. Forse avrei fatto meglio a baciarti.»
«Non è troppo tardi per farlo, se vuoi. Del resto non sarebbe la prima volta. Te lo ricordi, no, di quando eravamo ragazzini? Non te la cavavi male.»
«Almeno lì, no. Purtroppo non sapevo con esattezza dove mettere le mani, quindi questo ha fatto sì che tu mi abbia messo da parte per qualche ragazzo più sveglio.»
«Mi fai apparire più precoce di quanto non fossi. Secondo me è una tattica. Non vuoi sentire la mia teoria. Meglio così, ci sono molti elementi che non si incastrano ancora, quindi mi scambieresti per una visionaria.»
«Ti hanno mai detto che non è bello lanciare il sasso e poi nascondere la mano?»
«Altro che mano nascosta, c'è chi ha nascosto un cadavere. Alfredo Vitale era un ladruncolo di basso rango, tutti l'hanno sempre descritto così. Aveva qualcosa a che vedere con l'albergo, non solo con Giovanna Riva, che sia stato lui a tentare di ucciderla o no. Qualunque cosa sia successa tra tuo padre e Roberto Gottardi qualche anno fa, ha a che vedere con Vitale. D'altronde il fattaccio è capitato poco dopo il ritrovamento dei suoi resti. È stato Gottardi a occultare il cadavere di Vitale, vero? E tuo padre lo sapeva. Però non sapevano chi fosse stato ad ammazzarlo, giusto?»
Enrico avrebbe voluto replicare con foga, dirle che era pazza. Esitò troppo a lungo, un tempo sufficiente a far comprendere a Olimpia che c'era molta verità in quelle parole.
Curiosamente l'amica non parve spiazzata dal suo silenzio. Anzi, osservò: «Tu e Vincenzo pensate che sia stato mio suocero a ucciderlo, vero? È per questo che mi hai chiesto se è stato Claudio ad aggredire me?»
«No» rispose Enrico, senza troppa convinzione. «Pensavo che Claudio potesse essere un marito problematico, tutto qui.»
A sorpresa, Olimpia si alzò in piedi.
«Si sta facendo tardi, è meglio che vada a casa. Ci vedremo presto, comunque. E su una cosa hai ragione: andarsene è un'idea da tenere in considerazione, ma prima abbiamo molto da fare qui.»
Si avviò verso la porta lasciando Enrico interdetto. Quando la raggiunse, con l'intento di pregarla di non commettere azioni avventate, era ormai troppo tardi: Olimpia era già andata via.

   
 
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