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Autore: Apollonia Storie    13/05/2023    0 recensioni
Ho iniziato a scrivere questa storia quattro mesi fa. La leggo e la rileggo, e mi inghiotte sempre di più. Finalmente mi sono decisa a pubblicarla.
Parla di una ragazza di diciassette anni, dal cuore nero, l'anima a pezzi e lo sguardo dannato.
Ravenna Blackwood.
La spina nel fianco di Minerva McGranitt.
E poi c'è lui, l'ex Mangiamorte più famoso del Mondo Magico.
Draco Malfoy.
Da sempre dipinto come l'animo scuro da salvare.
E se stavolta fosse lui a salvare l'animo di qualcuno?
Genere: Erotico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Dicono che quando un corvo grida, un uomo muore.


Non sapeva perché gli fosse venuta in mente quella frase, ne dove l'avesse letta.


Non era di certo tra le piú ottimistiche, né poetiche.
Non si addiceva all’euforia del momento.
 

Anzi
Incuteva timore, tristezza.

Un pó come l'animale a cui era dedicata.
Con le sue piume scure.
Un pó come la ragazza che le accarezzava quelle piume.
Con la sua felpa nera, immersa nel grigiore inglese.




- I Serpeverde stanno festeggiando... dovresti andare. -



La sua voce rimase in sospeso, per un attimo.
Ravenna non si voltó neppure, impegnata com’era nel lisciare il manto nero del corvo.
 
  • Blackwood. –
 
- Non sono un tipo da festeggiamenti. – lo interruppe lei bruscamente.
 
Con un gesto della mano slanció il corvo verso il cielo, tenendo gli occhi fissi su di esso.


Draco seguí il suo sguardo, osservando il corvo fare un paio di piroette nell'aria e scivolare dolcemente verso il pelo dell'acqua del Lago Nero.
 


- Che ci fai qui? -

- Non è un posto poi cosí segreto, sai? – disse Draco voltandosi verso di lei.
 
  • Nessuno sa che sarei venuta qui. Né Debby, né Flynn…Mi incuriosce sapere come tu mi abbia trovata… -

    - La Sala dei Serpeverde era un tantino chiassosa, e volevo sgranchirmi le gambe. Il mondo non gira intorno a te Blackwood. Non penserai mica ti abbia pedinata, vero? – disse con un sopracciglio alzato.
 
La veritá era nel mezzo.
Non l’aveva pedinata, sul serio.
Ma si dava il caso che Potter avesse una curiosa mappa di Hogwarts nascosta sotto il cuscino, e che Draco si fosse casualmente trovato a consultarla una mezz’oretta prima.
Certo, non lo avrebbe mai ammesso.
 
  • … volevo solo sgranchirmi le gambe….-

    - Hmm...immagino. - disse solo lei squadrandolo per un attimo dalla testa ai piedi.
 
  • Pessimo abbinamento per sgranichirsi le gambe in pieno inverno.-
 

Draco rispose con un sorrisetto di sfida, effettivamente pentendosi di essere rimasto in camicia di lino e senza cappotto.
 
  • Vogliamo parlare di abbinamenti? Una collana da undici mila galeoni ostentata sotto la divisa è piú stupido che uscire senza cappotto. –
 
Come involontariamente, Ravenna si portó una mano alla collana d’oro che portava al collo.
 
  • Non temere, nessuno puó sfiorarla fin quando è appesa al mio collo.-
 
 
Draco annuí poco convinto, avvicinnandosi di qualche passo.
Il secondo dopo, vide Ravenna rabbrividire quando le sue mani gelate si strinsero intorno alla catena.
 
  • Posso? – chiese dopo un attimo, le nocche fredde che sfioravano appena la pelle della ragazza.
 
Contro ogni aspettativa, Ravenna alzó un sopracciglio ma scostó la mano, lasciando che quella di Draco scivolasse fino al ciondolo opaco.
 

La pietra scura, decorata finemente da una rosa d’oro.
Sotto di essa, inciso in piccolo, quello che doveva essere il motto della famiglia Blackwood.



-"Virtutis et Gloria, Comes Invidia". Con virtú e gloria, nasce l'invidia... pretenzioso. –

- E dannatamente profetico, direi. - sussurró Ravenna con amarezza.
 

Draco alzó gli occhi verso di lei, studiando i tratti.
Forse non l’aveva mai vista da cosí vicino.
 
Ravenna Blackwood era una che manteneva le difese alte.
Forse perché, ad una distanza del genere, ne scortavi le ferite.
Ne vedevi le crepe incise tra le pagliuzze verdi degli occhi.
 


- Perché? Perché i tuoi sono morti prima di poterti vedere giocare a Quidditch? – disse serio.
 
Ravenna si gonfió di sdegno e fece per strappargli la catena di mano, ma Draco reagí a sua volta, afferrandole il polso.


- Vivi nel passato, Blackwood. È patetico…-

- Oh, falla finita! - sbottó Ravenna tentando di liberarsi il polso.

- Parli come se tu non avessi punti deboli! Scommetto che se entrassi nella tua testa ti ridurrei in lacrime!  -
 
 

- D'accordo, allora! – sbottó Draco stringendo appena piú forte.

- Caccia la bacchetta. Scava nella mia testa… E vediamo se questa volta riesci a farlo restando in piedi. -  disse lasciandole il polso di scatto.



Ravenna strinse le dita della mano, dolorante mentre il ragazzo indietreggiava di qualche passo, invitandola a fare la sua mossa con le dita.


Draco notó appena la bacchetta spuntare nella sua mano, doveva ammetterlo.
Era troppo impegnato a scavare negli occhi di Ravenna, a studiarne il viso.
Prima che il suo sguardo si posasse di nuovo sulle sue labbra.
Le stesse labbra che mimarono l’incanto.


-Legilimens -


 
Buio.


Vi fu il buio.

E poi, un lieve raggio di sole.

Un alta finestra gotica, il sofa dalla pelle rovinata nella sua fredda sala degli ospiti.

- ... I Greengrass se la sono cavata con poco... -
- I Greengrass non hanno fatto quello che abbiamo fatto noi madre. Non hanno portato all'omicidio di Silente. Non hanno fatto entrare i Mangiamort nel fottuto castello! -
- Draco –

 
Il volto di Narcissa era appena visibile.
Era la memoria di Draco, dopotutto.
E in quel momento la sua codardia gli impediva di guardare in faccia sua madre.

- Ce lo meritiamo. - sbottó rinunciando a non far macchiare il divano di sangue
- Questo é quello che succede quando un Mangiamorte fa marchiare l'intera famiglia. – continuó, un fiume di amarezza in piena, mentre il rumore della folla accampata oltre i cancelli di casa loro picchiava contro i cancelli.

 

- Non incolpare tuo padre... -
- E CHI DOVREI INCOLPARE? - urló, e nello stesso istante il suo grido si mescoló allo schianto di una pietra contro la loro finestra.



Narcissa tremó gettando un'occhiata preoccupata al sangue che continuava a scendere furioso dal naso del figlio.
 
Draco era appena rientrato.
Il naso spaccato.
Il risultato di una pietra lanciata dritta contro il suo volto.


Narcissa rivolse di nuovo gli occhi verso di lui, inerme.


- É colpa mia. – sussurró.
 
Draco la vide tremare.
I capelli lasciati lisci e poco curati sulle spalle.
 
-Avrei dovuto proteggerti… -

- Non é colpa tua, non intendevo questo. – disse lui velocemente, ma Narcissa scosse la testa, nascondendosi il viso con le mani.
 

Quello fu come peggio del naso spaccato o del marchio che ancora gli macchiava la carne.

L'ennesima pietra si scaglió contro la finestra e Draco sussultó.

 
Strinse i pugni.

Un pó per impedirsi di prendere a pugni il muro.
Un pó per bloccare le lacrime dal mescolarsi al sangue.
Un pó per non stringersi i capelli, e darsi dell’idiota per aver ridotto sua madre in lacrime.

 


- No. - disse una voce.

Una voce che non apparteneva a quel ricordo
Una voce che cinque anni dopo, osservava quella scena con freddezza.




- Non é questo. –

La figura sbiadita di Ravenna si avvicinó a quel Draco cotaneo, scrutandolo intensamente.

- Non é questo il momento peggiore. Non é qui che voglio essere. – sussurró al suo volto insaguinato.

 


Le sue parole rimbombarono nella mente di Draco, le pareti di Villa Malfoy tremarono.

Gli occhi di Ravenna si spostarono verso il soffitto tremante, prima di voltarsi di nuovo verso Draco.

- Portami li. – disse al giovane.

 


Quello che successe dopo, gli diede la nausea.
 


Una nube scura soffocó la scena.

Sentí la sua mente dilaniarsi in due, scivolare tra le mille immagini che i suoi occhi avevano assorbito negli anni.
Anzi
In quegli anni.
Gli anni della guerra, gli anni della morte.
 
Gli anni in cui tutto era cambiato.
A partire dal momento in cui era stato marchiato.

 
Il volto di sua zia apparve fugace, prima di sparire forzatamente.


- Smettila! – urló al nulla.


Fu come lottare con un proprio pensiero.
Impedirgli di scivolare nella sua mente.

Era impossibile.
Impossibile non vedere di colpo il tavolo di casa sua coperto di sangue.

Il corpo dell’ insegnante di Babbanologia venire divorato da Nagini.
 
Impossibile bloccare i flash veloci, dei volti, delle persone catturate.
Delle urla.
Del volto di sua madre barattare bellezza per terrore.
Di un se stesso allo specchio che perdeva peso. Speranza.
 
-No.- sentí solo, come un’eco.


Sentí se stesso aggrapparsi all'immagine sbiadita di Ravenna, trattenerla.

Poi

un ultima immagine tremante.


Il Bagno di Mirtilla.
La sua camicia bagnata. La faccia sconvolta che si guardava allo specchio.

Sentí il suo stesso respiro farsi veloce.

Come quello del ragazzo smunto che tremava davanti allo specchio.
 
Il gocciolio dell’acqua che schizzava sul pavimento.
Un ronzio soffuso.
 
Duró una manciata di secondi, ma sembró un eternitá.
E come un film messo al rallentatore.
Come una macchina a folle.
Prima di spingere l’accelleratore.
 
-Non qui. – sentí ancora.
Quasi si era scordato di Ravenna.
 
E il suo cervello si piegó al volere della ragazza.


Il suo sangue sul pavimento, Piton su di lui.

Una serie di flash, poi

di nuovo la calma.


 


Ravenna era in piedi.


Sembrava avere il fiatone, anche lei.
Non era un’esperienza piacevole scavare nella mente altrui.
Specialmente una mente ostile e piena di cadaveri, come quella di Draco.
 
La ragazza si guardó intorno, riconoscendo le mura alta dell’Infermeria del castello, confusa.
 
C’erano diverse figure stese nei letti, quella notte.

Draco si riconobbe.
In un attimo.



Il ragazzo di diciasettenni che appena respirava nell'ultimo letto sulla sinistra.

I capelli biondi sconvolti e la faccia pallida.




Madama Chips si chiuse la porta dietro le spalle e Draco rimase nell’oscuritá.
 
Lentamente, si portó a sedere.


Si passó le mani tra i capelli, il colorito piú bianco e cadaverico che mai.


Quando alzó lo sguardo, il suo riflesso nello specchio lo fece vomitare.

Erano passate poche ore dal duello con Potter.
Le cicatrici che gli aveva provocato spiccavano sul suo petto come sabbia nera sulla neve .

 


Si sbottonó la camicia pulita, fissandosi il petto sfregiato.
Carezzó le cicatrici con le mani.

Prima con delicatezza.
Poi, con rabbia!


La sua faccia si tramutó in una maschera di sdegno e sofferenza.
Delusione.
Collera.
Con se stesso.
Con la sua debolezza.

Con la sua vita schifosa, dannata, con il suo destino da verme.


Inspiró forte e si alzó velocemente per afferrare delle forbici poco lontane.
 
Si alzó la manica della camicia fino al gomito.

Il marchio lo fissó, deridendolo.
Il teschio scuro che si faceva beffe della sua debolezza.




Lo odiava.
 

Odiava quel marchio.
Il suo braccio.
Il suo corpo.



Voleva solo spegnersi e lasciarsi morire.
Cosí nessuno avrebbe visto il suo fallimento.

Si premette la lama piatta sul polso, alzó lo sguardo.

Ravenna si avvicinó di un passo, prima di sentire una mano sul polso.

 


- Hai visto abbastanza. - sentí.
 

Poi uno strattone, un flash accecante.
La luce del cielo grigio di Hogwarts che le serrava gli occhi.

L'impatto doloroso della testa contro qualcosa di duro.



Quando aprí gli occhi, era schiacciata sulle doghe in legno del ponte, con Malfoy che le teneva i polsi sopra la testa, impedendole ogni movimento.


Tentó di liberarsi ma Draco strinse di piú la presa, sbattendoli con veemenza contro il legno.




Le rivolse un'occhiata di rimprovero, prima di rendersi effettivamente conto delle loro posizioni.
 
Involontariamente, il suo sguardo schizzó sulle labbra della ragazza.

Poteva vedere le increspature delle labbra morbide e distinguere ogni pelo delle ciglia lunghe.




- Guarda che non mordo Malfoy. - sussurró lei di colpo con un sorrisetto provocatorio.
 


Cristo se era bella.
Da manicomio.

Un diavolo dalle ciglia lunghe.
No
Un angelo con le ali nere.
Probabilmente entrambe le cose.


Avvicinó le labbra alle sue.
Ad un soffio.
 
Ravenna alzó il mento, il petto che si alzava ed abbassava velocemente.
Tese le labbra.


- Non ne sono cosí sicuro, Blackwood. - sussurró Draco di colpo.
 

Con uno scatto si alzó da lei, aggiustandosi le pieghe della camicia.


Stese una mano per aiutarla ad alzarsi, ma Ravenna la ignoró del tutto, portandosi su da sola con un’occhiataccia.
 
 

- Contenta ora? –


La ragazza si sistemó la felpa, prima di alzare gli occhi verso di lui.


- Ora siamo pari. - disse con un arroganza.


Draco scosse la testa, stringendo per un attimo i denti.
 
Spostó lo sguardo verso il Lago, dove il gracchiare del corvo gettava riflessi scuri sulle acque immobili.
 
-Dicono che quando un corvo grida, un uomo muore. – ripeté pensieroso.
-Non ho mai capito cosa cazzo significa. Che portano male, immagino…-
- No. – disse Ravenna stringendosi nella felpa.
- Significa che se i corvi dicessero le cose che sanno, in molti ne pagherebbero le conseguenze. Significa che i corvi, mantengono i segreti. –
 
Draco ghignó appena.
Si voltó verso Ravenna, e passó un attimo a fissarla.
 
-Sono in buone mani allora? –
 
Ravenna accennó un sorriso e spostó lo sguardo.
 
  • Come detto, siamo pari ora. –
 
Draco annuí, rabbrividendo per il freddo.
 
  • Andiamo al castello. Ti offro un drink. – disse, prima di incamminarsi verso la fine del ponte.
 
 
 
   
 
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