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Autore: Milly_Sunshine    14/05/2023    2 recensioni
Dopo molti anni, Enrico torna nella sua città natale, dove ha accettato un lavoro nello stesso albergo nel quale lavorava suo padre. Qui rivede Carolina, sua vecchia amica che lavora alla reception, per la quale prova un'attrazione in apparenza non corrisposta ed è ignara delle vere ragioni che abbiano convinto Enrico a tornare a casa. Alle loro vicende si incrociano quelle di Vincenzo, figlio del vecchio titolare che ha di recente ereditato l'attività di famiglia. Ciascuno di loro ha i propri segreti, ma un segreto ben più grande, che risale all'epoca della loro infanzia, sta per sconvolgere le vite di tutti e tre. Il contesto è "generale/ vago" perché "persone adulte che vivono nei primi anni '90" non è contemplato.
Genere: Drammatico, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'ACCUSA IMPROBABILE

Olimpia si guardò intorno, chiedendosi per l'ennesima volta se stesse facendo un passo più lungo della gamba. Enrico non avrebbe apprezzato la sua iniziativa e, ne era certa, nemmeno Vincenzo, se avesse saputo dove si trovava. "Occhi Viola", tuttavia, non aveva la benché minima possibilità di sapere dove fosse, anche se senz'altro l'avrebbe appreso quella sera da Carolina.
C'era una bella donna, alla reception, con i capelli neri raccolti in una coda in cima alla testa. Era elegantissima nella sua uniforme e Olimpia fu travolta brevemente dall'invidia nell'ammirare le sue curve decisamente pronunciate. Non le fu difficile comprendere che Carolina era proprio lei e ritenne del tutto giustificabile l'attrazione che Enrico aveva provato nei suoi confronti prima di apprendere della loro parentela.
La receptionist alzò lo sguardo e Olimpia si diresse verso di lei. Non le venne in mente nulla da dire e si ritrovò a fissarla in silenzio.
«Prego, mi dica» la esortò Carolina.
Non poteva fare altro che presentarsi, quindi la informò: «Sono Olimpia.»
«Oh, Olimpia, l'amica di Enrico.» Carolina sorrise. «Scusami, non ti avrei mai riconosciuta, se non me l'avessi detto. Stai cercando lui?»
Olimpia esitò.
«Veramente non...»
Carolina la interruppe: «Penso che non sia ancora arrivato. Comunque gli dirò che sei passata e che lo stavi cercando.» Continuò a sorridere. «Non so esattamente cosa ci sia tra di voi, ma sto dalla vostra parte.»
Olimpia avvampò.
«No, guarda, penso che tu non abbia capito che cosa c'è tra noi.»
«O magari siete voi che non l'avrete ancora capito.»
«Difficile che possa averlo capito tu, che nemmeno mi conosci.»
Carolina chiarì: «Vincenzo mi ha parlato di te. Dice che sareste una coppia perfetta.»
Olimpia ribatté: «Vincenzo è convinto che Enrico sia ancora interessato a te, sta solo cercando di levarselo di torno.»
«Enrico è mio fratello.»
«Lo so.»
«Vedo che le notizie girano molto in fretta.»
Olimpia obiettò: «Non mi sembra chissà quale segreto, o almeno non lo è per Enrico. Ci sono dettagli ben poco chiari di questa faccenda su cui mi piacerebbe saperne di più, ma mi rendo conto che fare domande sarebbe fuori luogo. E poi non sono qui per Enrico.»
Carolina aggrottò le sopracciglia.
«Ah, no?»
«Ti stupisce?»
«Non vedo altre ragioni per cui tu debba fare irruzione qui» ammise Carolina, «Ma Vincenzo mi ha detto che sei una persona un po' particolare.»
Olimpia: «Ti ha detto che sono una pazza scatenata, quindi, solo che tu sei molto gentile e non vuoi correre il rischio di offendermi. Non preoccuparti, sono abituata a sentire dire cose peggiori su di me.»
«Veramente Vincenzo non ha mai detto che...»
«Va bene, qualunque cosa abbia detto non importa. Questo posto, adesso, è di proprietà di un certo Damiano Rossini, vero?»
Carolina chiarì: «Sì e no. Il signor Rossini ha intestato l'albergo a sua figlia Paola.»
«Oh, la presunta fidanzata di Vincenzo.»
«Ex fidanzata di Vincenzo.»
Olimpia le domandò, a bruciapelo: «Cosa ne pensi di lei?»
Carolina rispose in tono secco, ma senza perdere l'espressione cordiale.
«Non penso niente di particolare. Ho sempre saputo che Vincenzo e Paola avevano inscenato il loro fidanzamento. L'ho accettato. Era la cosa più giusta da fare.»
Olimpia replicò: «Io non sarei molto contenta, se l'uomo che amo volesse sposarsi con un'altra per finta. Vincenzo doveva avere le sue buone ragioni per architettare una cosa del genere insieme a Paola. So che doveva dei soldi a Rossini e che cercava di tenerlo tranquillo. Eppure alla fine ha accettato di vendere e non mi è sembrato molto turbato da questa decisione. Anzi, mi è sembrato piuttosto soddisfatto, non vede l'ora di dedicarsi ad altro.»
«Non c'è bisogno che tu me lo dica» ribatté Carolina. «So perfettamente quali sono le intenzioni di Vincenzo, così come so che ha preso la decisione migliore, quando ha deciso di vendere a Rossini e a sua figlia. Erano molto desiderosi di diventare proprietari di questo posto. O, per meglio dire, Damiano Rossini lo desiderava molto. Mi è stato riferito che anche molti anni fa aveva cercato di comprare. Roberto Gottardi, però, si era sempre rifiutato di vendere, nonostante tutto.»
«Nonostante tutto...» mormorò Olimpia, ripetendo le parole di Carolina. «Nonostante cosa, se non sono indiscreta?»
«Non te lo so dire, anche perché si tratta di decenni fa, io dovevo ancora nascere ai tempi. So che, nel periodo in cui Rossini voleva comprare, l'albergo era in crisi. C'erano stati dei furti ai clienti e si ripetevano ciclicamente, o qualcosa del genere.»
«Interessante.»
«Se provi un interesse smodato per cose accadute secoli fa, che non ti riguardano, allora sì.»
«Non mi riguardano. Interessante anche le parole che hai scelto.»
Carolina sorrise, ma stavolta dava l'impressione di volerla fulminare.
«Senti, Olimpia, io sono qua per lavorare. Qualcuno potrebbe avere bisogno di me da un momento all'altro, oppure potrebbero passare il signor Rossini o sua figlia, chiedendoti di andartene. Non ho idea di quali mie parole ti abbiano colpita, ma non intendo nemmeno approfondirlo.»
Nonostante quell'affermazione, Olimpia puntualizzò: «Non hai detto che i furti non ci riguardano, ma che non riguardano me. Tu hai qualcosa a che fare con quel fatto, quindi?»
«Ho solo trent'anni» ribadì Carolina. «I furti avvenivano diversi anni prima.»
«L'esecutore materiale era un certo Alfredo Vitale» ipotizzò Olimpia. «Era stato fidanzato con tua madre, che però l'aveva lasciato per via della vita che conduceva. Non abitavano da queste parti, ai tempi, ma poi tua madre ha conosciuto Maurizio Melegari. È stato lui a portarla qui e a farla assumere come addetta alla reception. Questo, però, succedeva dopo che si era ripresa da un tentativo di omicidio, di cui era stato accusato Vitale. Non era stata tua madre ad accusarlo - non ricordava nulla dell'aggressione - ma un testimone che sosteneva di avere visto Vitale nel luogo in cui era accaduto il fattaccio. È tutto corretto?»
Carolina sospirò.
«Qualcosa del genere.»
«Non è stato facile ricostruire i fatti, ma mi ha dato qualche dritta il mio ex marito» la informò Olimpia. «Sai, ero sposata con Claudio Melegari, il figlio di Maurizio. E mi ha raccontato, tra le varie cose, una storia molto interessante.»
«Ovvero?»
«Ovvero che Rossini, che ai tempi bazzicava da queste parti perché, appunto, desiderava mettere le mani sull'albergo, parlando con Vincenzo accusava Maurizio di essere colui che, dall'interno, organizzava i furti... furti che, casualmente, sono iniziati quando Vitale è stato scarcerato e si è trasferito da queste parti. A proposito, non trovi strano che tutte queste persone si siano trasferite qui? E che anche la moglie di Damiano Rossini sia originaria dello stesso paese di tua madre?»
Carolina spalancò gli occhi.
«Come sai da dove viene la signora Rossini?»
«Ti stupisce?»
«Beh, sì, io non ne ho la minima idea.»
Olimpia ridacchiò.
«Sono molte le cose che tu non sai.»
Per la prima volta, Carolina si incupì sul serio.
«Ne so abbastanza, non ho bisogno di saperne anche altre. Chi fosse a derubare i clienti dell'albergo e in che modo riuscisse ad accedervi senza problemi non mi interessa.»
Olimpia annuì.
«Sì, è comprensibile. Immagino che tu voglia stare il più lontana possibile da tutto, specie da Alfredo Vitale. Quando morì, dovevi essere una bambina. Avevi solo otto anni, se non ho sbagliato i miei calcoli.»
Carolina abbassò lo sguardo.
«Te lo ripeto, Olimpia, sono qui per lavorare. Ho delle carte da archiviare e potrebbe arrivare qualcuno da un momento all'altro. Non ci tengo a farmi trovare da qualche cliente mentre chiacchiero con te, come non ci tengo a farmi vedere così dai nuovi titolari. So che presto me ne andrò, quindi ho ben poco di cui preoccuparmi, ma ho sempre fatto il mio lavoro con serietà e intendo continuare fino alla fine.»
«Certo, ti comprendo perfettamente» rispose Olimpia, «Ma sono venuta qui per una ragione ben precisa... e quella ragione sei tu.»
«Io?» Carolina alzò timidamente gli occhi. «Perché?»
«Alcuni giorni fa ho incontrato Vincenzo ed Enrico» la informò Olimpia. «Immagino che tu lo sappia.»
«Sì.»
«Ho parlato con loro. Mi hanno chiesto dell'aggressione. Io all'inizio avrei soltanto voluto andarmene, lasciare la città e dimenticare tutto. Poi, però, ho capito che non posso farlo. Non so cosa sia scattato dentro di me. Quella sera sono andata a trovare Enrico, quando è tornato a casa dal lavoro. Non sono riuscita a estorcergli nulla che già non sapessi o sospettassi. Mi sono resa conto che non sa molto. O quantomeno, sa sicuramente qualcosa che mi ha nascosto, che ha a che vedere con suo padre e tua madre, ma non deve essere a conoscenza di qualcosa di davvero grosso. Era mio suocero quello che sapeva più di tutti, peccato che fosse deciso a portare certi segreti nella tomba. Purtroppo per lui, non c'è riuscito del tutto. Era gravemente malato e, negli ultimi tempi, non era più molto lucido. Vaneggiava a proposito di un morto ammazzato, il cui cadavere era stato occultato. Così, alla luce di certe riflessioni, ne ho dedotto che quel cadavere non poteva essere altro che quello di Alfredo Vitale.»
«Capisco. Non sono tuttavia in grado di capire perché tu sia venuta proprio qui, a cercare me.»
«Tua madre stava insieme a Vitale, prima della tua nascita.»
«Come appunto hai già detto anche prima. Non mi sembra di averti smentita.»
«Poi è stato accusato di avere tentato di ucciderla ed è finito in carcere.»
«E anche questo non mi risulta sia un segreto. Posso aggiungere, a questo punto, che verosimilmente è venuto qui in città, dopo essere uscito, se davvero era l'autore di quei furti.»
Carolina sembrava non avere idea di dove Olimpia volesse andare a parare. Meglio così, almeno non sarebbe stata preparata all'essere messa di fronte al fatto compiuto.
«Probabilmente ti chiederai perché io ti stia parlando di Vitale» ammise Olimpia, «E in effetti ci stiamo allontanando dal punto centrale del mio discorso. Come ti ho detto, mi sono convinta a cercare la verità e mi sono rivolta all'unica persona che potesse aiutarmi: Claudio. Ti ho detto che mio suocero parlava e straparlava a proposito di un omicidio, ma non ti ho ancora detto che mio marito - ai tempi stavamo ancora insieme - era convinto che non si dovesse in alcun modo sapere che suo padre faceva quei discorsi. Ho capito perché, del resto non ci voleva molto. Claudio era convinto che Maurizio non stesse immaginando, che sapesse davvero qualcosa a proposito di un delitto risalente a tanti anni prima. Aveva paura che essere a conoscenza di qualcosa di troppo potesse metterlo in pericolo. Ha sempre negato, ma ieri ho preteso di parlarne con lui e ha acconsentito. Ha ammesso tutto: aveva dato credito alle parole del padre e, per quella ragione, si era detto che era meglio fare finta di niente, per non rischiare. Mi ha chiesto se penso che quello che mi è successo sia una conseguenza di quello che Maurizio sapeva o sospettava.»
«E tu?» volle sapere Carolina. «Cosa gli hai detto?»
«Ti ringrazio per l'interessamento» rispose Olimpia, prima di raccontarle qualche dettaglio in più.
Dosò le parole con il contagocce. Da un lato non vedeva l'ora di arrivare dritta al punto, dall'altro sapeva che si sarebbe addentrata in un terreno ostico, che poteva riservare brutte sorprese. Non solo sorprese, in realtà, ma anche repliche molto prevedibili. Sapeva che avrebbe messo Carolina di fronte a dichiarazioni che apparivano totalmente assurde, ma non poteva farne a meno. Per quella ragione fece il possibile per trattenersi, limitandosi a dire la verità: era convinta che la grave aggressione della quale era stata vittima avesse dei collegamenti con la vicenda di Alfredo Vitale, ma non poteva esserne certa.
«Ti capisco» ammise Carolina, «Dopotutto Vitale è stato ucciso moltissimi anno fa. Anche se i tuoi sospetti fossero corretti, la persona che l'ha eliminato potrebbe essere già morta.»
Olimpia non ci aveva pensato. In effetti era possibile e non poté astenersi dal ricordare a se stessa che lo stesso Roberto Gottardi era venuto a mancare già da tempo. Tuttavia Maurizio Melegari non aveva mai menzionato il padre di Vincenzo, né in sua presenza, né in presenza di Claudio, se quanto riferito da quest'ultimo poteva essere considerato attendibile.
Ne avevano discusso a lungo, la sera precedente. Olimpia l'aveva pregato in tutti i modi di metterla al corrente di tutto ciò che sapeva. Si era aspettata che Claudio negasse, invece aveva confessato, senza nemmeno provare a mentire, di avere cercato di approfittare della scarsa lucidità del padre per farlo parlare di quell'oscura vicenda.
«Non avrei mai voluto arrivare a tanto, ma avevo bisogno di risposte» le aveva confidato. «Avevo un'idea almeno vaga di chi fosse l'uomo assassinato, quindi riuscii a convincere mio padre ad ammettere che si trattava di quel Vitale. Decisi di non dirti niente, perché speravo che potessi dimenticarti di questa storia. Io, però, avevo bisogno di risposte. Temevo che, tra la gente con cui mio padre lavorava quando ero bambino - persone che io stesso avevo conosciuto - potesse nascondersi qualcuno di pericoloso. Sapevo vagamente qualcosa a proposito di furti avvenuti dentro l'albergo e ho cercato di scoprire se avessero a che vedere con il delitto. Mi sembrava strano. Così ho chiesto a mio padre se sapesse chi aveva ucciso Alfredo Vitale.»
«E lo sapeva?» aveva chiesto Olimpia.
«No, non lo sapeva» aveva risposto Claudio. «Anzi, ho iniziato a dubitare di tutto il suo racconto, perché mi ha fatto un nome totalmente assurdo e insensato... Eppure doveva esserne convinto, perché poi quel nome l'ha ripetuto anche in punto di morte.»
Olimpia rabbrividì al pensiero di quella conversazione. Si sentì trafitta da una lama di gelo, nonostante le alte temperature di quel giorno d'estate. Si rese conto di essere di fronte a Carolina, in silenzio da ormai troppo tempo, incerta su quali fossero state le ultime parole che avevano pronunciato. Riuscì a fare mente locale, ricordando che la receptionist aveva asserito che l'assassino di Alfredo Vitale, a distanza di così tanti anni, poteva essere passato a miglior vita.
Valutò come agire. Poteva ancora tornare indietro e lasciare le farneticazioni di Maurizio relegate in uno spazio privato al quale solo lei e Claudio avevano avuto accesso, fino a quel momento. Non erano più una coppia, ma potevano ancora condividere un segreto, specie se riguardava una persona a loro cara.
Poteva farlo, ma non lo fece. Si ritrovò a fissare Carolina dritto negli occhi e ad affermare: «La persona che ha ucciso Alfredo Vitale è ancora viva, secondo quanto disse mio suocero in punto di morte. Certo, non è molto facile credere alla sua versione dei fatti, ma tutto è possibile, anche che una persona che nessuno prenderebbe mai in considerazione possa avere commesso un delitto. In fondo, senza essere dentro a una situazione, è difficile sapere cosa sia successo esattamente.»
«Non capisco» replicò Carolina, fredda. «Davvero, non ho idea di che cosa tu sia dicendo.»
«Mio suocero, nei suoi vaneggiamenti, affermava che un uomo era stato ucciso e che poi il suo cadavere era stato occultato da qualcun altro» le spiegò Olimpia. «Di per sé non ha senso. Ci sono due ragioni per cui qualcuno potrebbe averlo fatto: o perché temeva di essere incolpato del delitto, oppure perché voleva che la verità non venisse alla luce. Ti assicuro che quest'ultima opzione mi sembrava assurda... e che mentre ne parlo con te mi sembra tuttora assurda. Però Maurizio un nome l'ha fatto e Claudio se ne ricorda bene. Sembrava assurdo pure a lui, però l'ha ripetuto almeno un'altra volta: un nome e un cognome, una persona precisa.»
«Chi?»
«Sei sicura di volerlo sentire?»
Carolina annuì.
«Sì, devo sapere.»
Olimpia non riuscì a capire se fosse seriamente interessata a quelle che fino a poco prima dovevano apparire come fantasie deliranti, ma non se ne sarebbe sorpresa.
«So benissimo che mi dirai che è impossibile, ma molte cose che poi sono accadute, un tempo sembravano impossibili. Maurizio era una persona affidabile. Un fondamento di verità, nelle sue parole, doveva esserci.»
Carolina insisté: «Che nome ha fatto?»
«Ti vedo molto coinvolta» osservò Olimpia. «C'è qualche ragione particolare per cui ti interessa così tanto?»
«Sei qui e me ne stai parlando. Ormai ci sono dentro, voglio sapere.» Carolina la fissò con fermezza. «Ti prego, Olimpia, dimmi quello che sai.»
Olimpia la accontentò subito.
«Ha fatto il tuo nome. Ha detto: "è stata Carolina Riva a ucciderlo".»
Per lunghi, interminabili istanti la receptionist parve una persona che avesse appena visto un fantasma. Olimpia la scrutò con attenzione, pronta a captare il minimo segnale.
Carolina, comunque, ritornò in sé, affermando: «Avevo otto anni. Come puoi pensare che una notte abbia colpito alla testa un uomo uccidendolo?»
«Una notte?» ripeté Olimpia. «Chi ha mai detto che Vitale è stato ucciso di notte?»
L'altra non si scompose.
«Più facile di notte che di giorno, davanti agli occhi di tutti. Comunque te lo ripeto: avevo otto anni. Quello che dici è assurdo.»
La sua esitazione di poco prima sembrava del tutto sparita. Olimpia sapeva che la scelta più logica sarebbe stata riconoscere che ciò che Maurizio aveva affermato era impossibile. Non ebbe il tempo di farlo. Enrico comparve all'improvviso accanto a loro e l'espressione di ritrovata serenità di Carolina sfumò.
«Buongiorno, ragazze» le salutò Enrico. «Cosa succede di interessante?»
«Niente» si affrettò a rispondere Carolina.  «Olimpia passava di qua, voleva salutarti, ma le ho detto che non c'eri.»
Era una reazione quantomeno curiosa. Olimpia si era aspettata che la receptionist approfittasse dell'arrivo di Enrico per ridicolizzarla, mettendolo al corrente delle sue accuse, invece si stava comportando nella maniera esattamente opposta. Sembrava non volesse affatto che Enrico scoprisse cosa si erano dette, ma non le avrebbe regalato quella soddisfazione.
«In realtà no» confidò a Enrico. «Le stavo chiedendo se ha ucciso lei Alfredo Vitale. Mio suocero era convinto di sapere chi l'aveva ammazzato.»
Enrico la fissò con gli occhi strabuzzati.
«Che cazzo stai blaterando, Olimpia? Non ti senti bene? Se vuoi ti accompagno a casa.»
«Ti assicuro che non mi sono mai sentita meglio» replicò Olimpia, «Ed è stato mio suocero a fare il suo nome. So che è assurdo, che Carolina aveva solo otto anni, al momento...»
Carolina la interruppe: «Infatti, lo ribadisco, è assurdo pensare che a otto anni io abbia fatto quello di cui, a quanto pare, un uomo in punto di morte mi accusava. Il signor Melegari doveva avere le idee molto confuse.»
Olimpia ribatté: «Eppure il tuo nome l'ha fatto, testuale. "È stata Carolina Riva a ucciderlo", così ha detto.»
Quelle parole ebbero un effetto inatteso: di colpo fu Enrico quello che sembrava avere appena visto un fantasma. Per chissà quale ragione, quella frase parve fare scattare una molla dentro di lui.
Si girò all'improvviso verso Carolina.
«È vero?» volle sapere. «Quell'uomo ha detto la verità?»
Carolina abbassò lo sguardo, senza proferire parola. Olimpia non comprese per quale ragione fosse bastato che fosse Enrico a interpellarla, per farla crollare.
Infine la receptionist parlò, rivolta solo all'amico: «Mia madre non dovrà saperlo mai. Ti prego, Enrico, fa che non scopra mai la verità.»

   
 
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