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Autore: riccardoIII    28/05/2023    3 recensioni
Questa è la storia di Sirius Black, dei Malandrini, di una generazione cresciuta nella guerra e che ha fatto la guerra. Questa è la storia di un bambino che diventa uomo, passo dopo passo, scelta dopo scelta, fino ad arrivare a un momento della sua vita in cui tutto cambierà, per l'ennesima volta, quella più importante. Fino a giungere alla Chiave di Volta.
"-Sirius Black, è un piacere conoscerti-
-Io sono James, e non credo che i cognomi siano importanti, tantomeno tra amici; e dimentica pure tutte quelle manfrine. Non sono mica tuo nonno, io-
Sirius sghignazzò apertamente sedendosi di fronte a lui.
-E così, io e te saremmo amici?-
-Io e te, mio caro Sirius, saremo amici. Me lo sento che sei un tipo forte-"
Rating e avvertimenti sono relativi a scene di maltrattamento di minore e di guerra.
I personaggi appartengono a J. K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Angst, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlus Potter, Dorea Black, Famiglia Black, I Malandrini, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Chiave di Volta - Other Voices'
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Prima, c’era stato lo sgomento.
 
 

-Non eravamo nemmeno sicuri di volere dei figli. Insomma, almeno non in questo momento. E siamo sposati solo da un mese, a mala pena avremmo modo di conoscerci bene noi due prima del suo arrivo, e so che sembra una follia ma… Ma quando me l’ha detto, Sirius, mi sono sentito la persona più felice sul pianeta-
 
James parlava guardando il fuoco di fronte a loro. Erano seduti per terra, spalla contro spalla come ai vecchi tempi, solo loro due. Lily era andata a dormire dopo la cena e i primi tre brindisi al giovane Potter dicendo che davvero non poteva reggere la vista di loro due che si ubriacavano quando lei non aveva il permesso di bere troppo. Né lui né James avevano creduto alle sue parole.
 
-Per la prima volta da quando tutto è cominciato, da quando eravamo dei ragazzini mi sono sentito invincibile e… Felice. Non ho pensato alla guerra e al pericolo che corriamo, soltanto al fatto che ho contribuito a creare qualcosa di grande e… Meraviglioso. E la speranza… Non so nemmeno come spiegartelo-
 
Sirius, che aveva seriamente rischiato di commuoversi, gli diede una piccola spallata.
 
-Lo vedo James. Lo vedo nei tuoi occhi e in quelli di Lily. E sono davvero, davvero felice per voi. Sarete degli splendidi genitori-
 
-Lo pensi davvero? Insomma, non sono stato troppo male come figlio ma crescere un bambino… Ecco, questo mi terrorizza. Potrei rovinargli la vita, essere troppo indulgente o troppo rigido, potrebbe odiarmi…-
  
-Oppure potrebbe essere fiero di suo padre come noi lo siamo del nostro. Potresti essere un papà fantastico e diventare il suo eroe, hai avuto un esempio incredibile. E poi ci sarà lo zio Sirius a farti da spalla-
 
James si voltò a guardarlo, mortalmente serio.
 
-Ci sarai Sir? Come ci sei stato per me, più di così? Posso contare su di te?-
 
Lui lo guardò stupito.
 
-Certo che ci sarò, Prongs. Sarò tutto quello che lui, o lei, vorrà che io sia-
 
L’altro deglutì.
 
-Se dovessi… Se mi dovesse succedere qualcosa, se dovesse succedere qualcosa a Lily… Promettimi che tu ci sarai sempre. Che lo proteggerai e lo amerai come se fosse tuo, e gli dirai che gli abbiamo voluto bene dal primo momento in cui abbiamo saputo di lui-
 
Sirius scosse la testa. Non voleva pensarci, non in quel momento. Quello doveva essere un momento felice.
 
-Non vi accadrà niente James, non devi pensare…-
 
-Sirius, sto facendo nascere un bambino nel pieno di una guerra terribile e a causa mia è nell’occhio del ciclone. Ho fatto una cosa incredibilmente stupida, per quanto possa rendermi felice, una cosa da pazzi suonati. Ho bisogno di sapere che potrò contare su di te più che in ogni altro momento della mia vita. Più di quando è morta la mamma. Ti sto pregando-
 
La voce di James si era rotta sulle ultime parole e Sirius fece l’unica cosa che gli venne in mente: lo strinse a sé con tutta la forza che aveva.
 
-Se mai vi succederà qualcosa lui sarà al sicuro con me, te lo giuro. Gli racconterò di tutte le follie che abbiamo fatto e di quanto Lily sia straordinaria e di quanto tu la ami più della tua vita. Gli racconterò di quanto amate lui. Te lo prometto, James, io ci sarò sempre, qualunque cosa accada e a qualunque costo, dovessi morire. Mi sforzerò di essere ciò che Charlus è stato per me. Hai la mia parola-
 
Finalmente lo sentì rilassarsi tra le sue braccia e ricambiare l’abbraccio.
 
-Grazie. Grazie Sir-
 
-Ehi, è a questo che servono i padrini. E anche a viziare i propri figliocci. Perché andrà tutto bene Prongs, e io sarò solo il baby-sitter che lo riempie di regali-
 
James scoppiò in una risatina e si staccò da lui.
 
-Certo che vi siete dati da fare in queste poche settimane, eh?-
 
Si beccò uno scappellotto per quello.
 
-Va’ a letto da tua moglie, adesso. È quello il tuo posto, non qui a ubriacarti con me-
 
-Fermati qui stanotte-
 
-Oh no, grazie, non ci tengo proprio ad ascoltare i vostri festeggiamenti! No, me ne vado a casa, ti prego solo di farmi sapere quando lo dirai a Charlus. Non vedo l’ora di vedere la sua faccia-
 
James rise di nuovo, stavolta più convintamente.
 
-Pads, credi che abbia fatto una cazzata?-
 
-Penso che questa sia la tua cazzata più bella-
 
 

Si strinse nel cappotto per ripararsi meglio dal nevischio che cadeva sulle strade di Londra. Aveva poco tempo, gli altri lo aspettavano già da mezz’ora, ma si era ricordato solo quella mattina di non aver preso un regalo per la madre di Lily. In realtà non sapeva nemmeno se avrebbe trascorso il pranzo di Natale con loro, ma non intendeva fare la figura del mentecatto.
 
Il resto dei suoi regali erano già a Villa Potter, sotto l’immenso albero di Natale che avevano decorato loro tre insieme, proprio come quando c’era ancora Dorea. Per la prima volta dalla sua morte Charlus sembrava tornato quello di un tempo, e tutto era dovuto all’imminenza del suo diventare nonno. Aveva ripreso peso, il viso era meno scavato e i suoi occhi erano tornati a brillare di contentezza mentre guardava i neo sposi parlare di culle e tinte per le pareti.
 
Sirius pensava di non aver ancora processato del tutto l’informazione. Sotto l’albero c’erano una sfilza di pacchetti per il piccolo Potter, si era divertito un sacco a sceglierli e sentiva di voler già bene a quel cosino minuscolo non ancora nato, eppure faceva davvero fatica a immaginarsi James e Lily a fare i genitori. Forse perché erano tanto giovani e il suo modello genitoriale erano delle persone davvero in là con gli altri, o forse perché non comprendeva davvero come si potesse decidere di fare un figlio nel bel mezzo di una guerra civile, ma in qualche modo gli sembrava tutto surreale. Quasi si aspettava che da dietro un angolo sbucasse qualcuno urlandogli “Scherzetto!”. Era una sensazione stranissima.
 
Remus, da persona matura qual era, l’aveva presa benissimo e incredibilmente sul serio. Aveva regalato un paio di libri davvero spaventosi ai futuri genitori e si stava documentando su come rendere la loro casa a prova di bambino. Peter invece era sempre più sfuggente: già col matrimonio Sirius aveva notato un certo defilarsi, attribuendolo alla difficoltà nelle relazioni sentimentali di Worm, ma l’annuncio della gravidanza aveva davvero peggiorato le cose. Sembrava quasi che Pete fosse invidioso di tutta quella felicità, nonostante si sforzasse di nasconderlo e ci riuscisse abbastanza bene da non aver fatto sorgere alcun dubbio in James e Lily sulla genuinità della sua partecipazione alla gioia. In realtà si faceva vedere pochissimo, usando ancora la scusa della convalescenza difficile di suo padre, e più di una volta Sirius l’aveva beccato a occhieggiare con aperta ostilità alla coppie in attesa. Già, perché a quanto pareva era un’epidemia nell’Ordine: anche Juliet e Alice erano incinte, e l’unico che pareva averla presa peggio di Peter era Moody, che non apprezzava di dover restare senza tre soldate. Ne aveva discusso con Remus, di Wormtail, chiedendogli se non fosse il caso di parlarci, ma lui l’aveva scoraggiato. “Gli passerà, ha solo bisogno di tempo” aveva detto. Sirius sperava avesse ragione, come sempre.
 
-Hai iniziato a vestirti da donna?-
 
Sirius continuò a scrutare la vetrina di accessori per signora, ma un ghigno sorse automaticamente sul suo viso al suono di quella voce.
 
-Mi aiuteresti a scegliere qualcosa per una signora di mezza età? Non sono esperto di questa roba, soprattutto di moda babbana. E la madre di Lily ci tiene molto alla moda, l’ho scoperto mentre organizzavamo il matrimonio-
 
Sarah lo affiancò e cominciò a studiare un paio di guanti di un giallo davvero troppo acceso per qualcuno che avesse passato i trenta.
 
-Questi direi che non sono il caso. Ti sei ricordato di aver dimenticato un regalo mentre ti vestivi per il pranzo di Natale?-
 
Lui ridacchiò e si voltò a guardarla. Fu stupito di trovarla più magra e più pallida di quanto la ricordasse; sembrava minuscola avvolta in un soprabito troppo leggero per quel tempo.
 
-Qualcosa del genere. E tu? Sei come me un’ospite degenere alla ricerca di regali dell’ultimo minuto?-
 
Lei fece spallucce continuando a fissare il vetro.
 
-In realtà non sono ospite di nessuno. Ho deciso di restare qui per Natale, non torno a casa, quindi mi sono evitata la seccatura dei regali fino a che mi hai chiesto di aiutarti-
 
-In che senso resti qui da sola? Vieni da noi allora!-
 
Finalmente la ragazza si voltò a guardarlo negli occhi; aveva occhiaie profonde quasi quanto quelle di Remus intorno al plenilunio. Quando parlò usò un tono secco che Sirius non ricordava di aver mai udito prima.
 
-Sirius, non sono tornata a casa proprio per evitare i miei famigliari e stare da sola. Perché dovrei passare del tempo coi tuoi, di parenti?-
 
-Perché Milly cucina benissimo e noi non facciamo domande indiscrete?-
 
A quel punto quasi sorrise.
 
-Grazie ma preferisco restare sola. Farò quattro passi e mangerò del tacchino comprato al supermercato insieme al mio gatto. Comunque, dovresti prenderle qualcosa di molto babbano. Molto tradizionale-
 
-La signora Evans non è un’amante delle stravaganze?-
 
Sarah riprese a scrutare la vetrina.
 
-Non proprio. Cioè, avere una figlia strega va benissimo, ma in materia di abiti mi pare sia molto classica a quanto diceva Lily. Quella sciarpa blu lì, per esempio-
 
-È abbastanza babbana?-
 
-Molto babbana. Perfetta-
 
-Sarah, cosa c’è che non va?-
 
Non riuscì a impedirsi di chiederlo. Nel mezzo di quella strada grande e invasa dal vento, intabarrata nell’impermeabile grigio, la sua vecchia compagna di scuola sembrava minuscola e persa. Gli faceva tenerezza come un pulcino bagnato.
 
-Con tutto il rispetto, Sirius, ma quando per mesi non hai rivolto la parola a nessuno non sono stata lì a romperti le scatole, vero?-
 
Lui deglutì, a disagio, muovendo le mani nelle tasche nella vana speranza che facesse passare più in fretta il tempo.
 
-Ecco, allora magari sarebbe il caso di ricambiare con la stessa cortesia-
 
-Non volevo essere invadente, è solo… Non ci vediamo da un po’, intendo a parte per quello, e ho pensato che magari ti facesse bene parlare…-
 
-Perché sono una ragazza, e noi vogliamo sempre parlare dei nostri sentimenti, vero?-
 
Un moto di ingiustizia lo infiammò.
 
-Non ho mai detto, né pensato, niente del genere. Provavo a essere gentile-
 
Sarah chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e poi li riaprì. Era evidente che si stesse sforzando di non essere pungente.
 
-Ti ringrazio, ma sto bene. Il tacchino si fredda. Buon Natale-
 
-Organizziamo una birra per la prossima settimana, ok?-
 
Per tutta risposta lei arricciò le labbra nell’imitazione di un sorriso.
 
-Ok-
 
-Buon Natale, Sarah. Salutami il tuo gatto, mi stava simpatico-
 
-E tu il tuo cane, Black-
 
Sirius ridacchiò, ma rimase fermo a guardarla allontanarsi con sguardo corrucciato.

 
 
Comprò la sciarpa molto babbana per la signora Evans e poi cercò disperatamente un posticino nascosto per smaterializzarsi e sfuggire a quel freddo pungente. Ricomparve davanti al cancello di Villa Potter, dove il vento era se possibile ancor più gelido; raggiunse di corsa il portone d’ingresso ed entrò senza bussare.
 
-Buon Natale!-
 
-Ed ecco il solito ritardatario! Siamo in salotto Sir!-
 
La signora Evans non c’era; venne fuori che anche la figlia maggiore era incinta e che aveva preteso passasse le feste con lei in quanto primogenita. Lily non pareva particolarmente turbata mentre se ne stava seduta a bere te infagottata in un gigantesco maglione rosso.
 
-Se questo rende felice Tunia e tiene lontano da me orrendi quadri, va benissimo così- disse, facendo spallucce non troppo convintamente.
 
-Questo è lo spirito giusto! Cos’hai fatto preparare a Milly, Charlus?-
 
L’uomo, seduto in poltrona con un sorriso gigante sulle labbra, gli fece l’occhiolino.
 
-Tacchino, pasticcio di rognone e una quantità davvero spropositata di altra roba, probabilmente mangerò avanzi fino a primavera, Milly è convinto che Lily non mangi abbastanza-
 
James ridacchiò,
 
-La mamma diceva che fece la stessa cosa quando aspettava me, è vero?-
 
L’Auror sbattè le palpebre un po’ più lentamente del solito.
 
-Insisteva anche perché bevesse un bicchiere di burrobirra ogni giorno, benedetto elfo-
 
Risero tutti e quattro con aria nostalgica.
 
-Beh, apriamo questi regali o devo aspettare ancora molto per il mio vinile dei Buzzcocks?-
 
-Non ci credo! James ha fatto la spia!-
 
-Giuro che non gli ho detto niente, Lily! È un dannato mago!-
 
-Certo questo avrebbe un qualche senso in una casa babbana, James, ma non qui!-
 
Charlus dalla sua poltrona rideva a crepapelle, e Sirius si sentì davvero felice di avere una famiglia, di avere quella famiglia. Il piccolo Potter sarebbe stato un bimbo fortunato. O una bimba, certo.
 
-A proposito, siete invitati a una festa la prossima settimana-
 
-Una festa? Chi la dà?- chiese Lily, spacchettando una tutina con un motivo di calderoni ribollenti in technicolor.
 
-Io. Pare che sia stato piuttosto distante, ultimamente. È ora di riunire i nostri amici-
 
James gli dedicò una strana occhiata.
 
-Cosa ti è successo stamattina?-
 
Lui fece un sorriso mesto.
 
-Potrei aver incontrato un fantasma-
 
 

-Non verrai!-
 
-Perché non dovre…-
 
-Perché sei incinta, dannazione!-
 
-Cosa dovrebbe significare, che adesso non servo più?!-
 
-Non essere infantile, non è questo il punto! Una vita dipende da te e non è la tua! Non ti lascerò rischiare nostro figlio, questo non puoi chiedermi di accettarlo!-
 
Se la situazione non fosse stata tanto tragica Sirius avrebbe sorriso.
 
-È andata così anche tra voi?-
 
James sbuffò e lanciò un’occhiata di sbieco a Lily, che con aria sostenuta preparava lettighe nel loro nuovo rifugio. Frank, accanto a Sirius, osservava la scena a metà tra il divertito e il costernato.
 
-No, è andata molto peggio. Non credo mi parlerà prima di una settimana-
 
Di certo il modo in cui Alice dava ostentatamente le spalle a suo marito non faceva che avvalorare la sua ipotesi.
 
-Non abbiamo tempo da perdere in stupide liti, se non ve ne foste accorti c’è un attacco in corso e hanno bisogno di tutti quelli tra di noi che non aspettano un bambino. Non voglio sentire altro. Fuori!-
 
Probabilmente l’unica cosa che trattenne Alice dal rispondere per le rime a Charlus fu il rispetto che provava per lui; Lily gli lanciò uno sguardo di fuoco a cui l’Auror non badò affatto. Juliet, che era ormai alla sua seconda gravidanza, sembrava la più rassegnata di tutte.
 
-Bene. Andiamo, Prongs-
 
Lui annuì di rimando a Remus e dedicò un’ultima occhiata affettuosa a sua moglie prima di uscire dalla stanza. Sirius, che non li aveva mai davvero visti litigare in quel modo adulto, si sentiva stranamente allucinato.
 
-Ho appena realizzato che quei due sono sposati ormai-
 
Remus alzò gli occhi al cielo.
 
-Magari per quando nascerà il bambino ti abituerai alle fedi-
 
Avevano ormai raggiunto l’uscio dietro James quando finalmente Lily parlò.
 
-Torna tutto intero stavolta! C’è qualcuno che ti aspetta!-
 
James rimise immediatamente la testa nella stanza, rischiando di buttare Sirius a terra.
 
-E suppongo non sia tu, vero?-
 
L’unica cosa che lo salvò fu la velocità con cui scappò fuori.
 

 
Arrivarono in Trafalgar Square da una via laterale; fortunatamente nei tanti mesi che Sirius aveva passato in panchina aveva steso piani d’intervento rapidi anche per buona parte delle più importanti vie babbane di Londra e quello, insieme al lavoro svolto dal loro orecchio indiscreto a Notturn Alley che gli aveva permesso di sapere con un po’ di anticipo cosa stava per accadere, aveva fatto in modo che partissero prima ancora che l’attacco fosse cominciato. Peter aveva dato l’allarme dal suo turno di sorveglianza e Moody era corso al Ministero per preparare l’intervento degli Auror lasciando il comando dell’Ordine a Charlus.
 
Sempre più spesso Sirius si chiedeva dove si cacciasse Silente in questi casi.
 
Lui era in un gruppo di cui facevano parte anche Podmore e la Vance. Erano le cinque di un pomeriggio uggioso di gennaio, pioveva e tirava un vento gelido, e forse per questo le vie del centro di Londra erano mezze vuote. Quando si affacciarono sul viale tutto parve fin troppo tranquillo.
 
-Che succede?-
  
Un isolato più avanti Sarah, Edgar e Dedalus sbucarono tra un pub e un negozio di souvenir. Sirius cominciò a guardarsi alle spalle, inquieto.
 
-Cosa facciamo? Ci nascondiamo? Aspettiamo?-
 
Finalmente Emmeline si decise a dire qualcosa per rassicurare Podmore.
 
-Siamo stati troppo tempestivi. Torniamo nel vicolo, mandiamo un Patronus agli altri gruppi per coordinarci e aspettiamo che arrivino. Gli saremo addosso prima che si accorgano che ci siamo-
 
Podmore sembrò confortato da quell’autoritaria presa di posizione e Sirius annuì. Tornarono al coperto e la Vance si occupò di comunicare con gli altri.
 
Poi attesero. Dieci minuti, venti, mezz’ora. Il giaccone di Sirius era diventato zuppo e cominciava ad avere i brividi.
 
Dopo più di quaranta minuti finalmente successe: i crack delle Materializzazioni ruppero il rumore della pioggia scrosciante che si abbatteva sull’asfalto, risuonando come tuoni nelle loro orecchie tese. Si fiondarono nella via principale e la trovarono invasa da una ventina di uomini incappucciati; in meno di un minuto il gruppo era circondato dai membri dell’Ordine accorsi e i duelli erano cominciati.
 
Finì tutto talmente in fretta che non se ne rese nemmeno conto; poco prima erano nel vicolo, e un attimo dopo la “battaglia” era finita e tutti gli incappucciati erano stati bloccati. All’arrivo di Moody e dei suoi Auror non c’era nulla da fare se non arrestare i terroristi.
 
-Di nuovo in mezzo alla bolgia, eh?-
 
 Sirius si levò con un gesto i capelli fradici da davanti agli occhi e sbuffò all’indirizzo dell’Auror che ormai lo perseguitava.
 
-Felice di rivederla-
 
-Che scusa hai questa volta per essere qui?-
 
-Volevo tanto comprare una calamita a forma di autobus rosso. E lei?-
 
Quello sghignazzò.
 
-Qualcosa del genere. E ora consegnami i tuoi prigionieri per favore, e se vuoi renderti ancora utile per favore blocca qui i Babbani che hanno visto tutto fino all’arrivo degli Obliviatori-
 
-Tutto troppo semplice- mormorò Emmeline qualche passo dietro di lui, continuando a guardarsi intorno come se temesse un’imboscata. Sirius le si avvicinò.
 
-Davvero troppo, nessuno si è fatto un graffio. A malapena sono riusciti a impegnarci tutti. Qualcosa non quadra-
 
-Ehi! Questo non ha il Marchio!-
 
Si voltarono istantaneamente verso Dorcas, impegnata nell’arresto di un paio di incappucciati.
 
-Nessuno lo ha- sbottò Moody, rialzandosi in piedi a fatica e con lo sguardo fosco dopo essersi inginocchiato per esaminare un uomo pietrificato a terra. Charlus, con l’uniforme asciutta e svolazzante, si avvicinava a grandi passi seguito da James.
 
-Alastor, tutto questo non ha senso. Nessuno degli arrestati è un vero Mangiamorte, ne ho esaminati cinque e sono tutti sotto Imperius-
 
-Le possibilità sono due. O è una trappola o un diversivo. Prewett, tu e la tua squadra, prendete questi qui e portateli nelle celle del Ministero. Voi altri, tutti! Un pattuglia a Diagon Alley, una al San Mungo, tre al Ministero della Magia. Ora!-
 
Tutti gli uomini e le donne in divisa annuirono e sparirono senza un fiato portandosi dietro i “terroristi”, tutti tranne Charlus.
 
-Cosa facciamo noi?-
 
Moody continuava a guardarsi attorno, forse per assicurarsi che non ci fossero orecchie indiscrete a origliare.
 
-Restate qui di guardia. Se è una trappola hanno calcolato male i tempi ma possiamo ancora prenderli. Se no, non saprei comunque come usarvi. Se avrò ordini nuovi vi informerò-
 
Ma non ci fu bisogno di aspettare oltre; Moody aveva a mala pena concluso la sua frase quando con un forte “pop” un uomo in divisa verde apparve ai piedi della colonna di Nelson.
 
-Ehi, ma quello non è…-
 
-Moody! Era un diversivo! Hanno trovato… I miei uomini, tutti morti!-
 
Fenwick, che correva verso di loro dal punto in cui era comparso senza curarsi minimamente dei Babbani che lo fissavano come se fosse, be’, un’apparizione, era più sconvolto di quanto Sirius l’avesse mai visto; i suoi occhi vacui fissavano il capo degli Auror come se non lo vedessero nemmeno.
 
-Cos’è successo, Benjamin?!-
 
La domanda perentoria di Moody sembro riportarlo coi piedi per terra e la mente fredda.
 
-Non so come sapevano dove fosse, nessuno doveva sapere… Siamo stati traditi, l’hanno scoperto. L’hanno trovato. Hanno ucciso Minchum-



 
   
 
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