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Autore: riccardoIII    04/06/2023    4 recensioni
Questa è la storia di Sirius Black, dei Malandrini, di una generazione cresciuta nella guerra e che ha fatto la guerra. Questa è la storia di un bambino che diventa uomo, passo dopo passo, scelta dopo scelta, fino ad arrivare a un momento della sua vita in cui tutto cambierà, per l'ennesima volta, quella più importante. Fino a giungere alla Chiave di Volta.
"-Sirius Black, è un piacere conoscerti-
-Io sono James, e non credo che i cognomi siano importanti, tantomeno tra amici; e dimentica pure tutte quelle manfrine. Non sono mica tuo nonno, io-
Sirius sghignazzò apertamente sedendosi di fronte a lui.
-E così, io e te saremmo amici?-
-Io e te, mio caro Sirius, saremo amici. Me lo sento che sei un tipo forte-"
Rating e avvertimenti sono relativi a scene di maltrattamento di minore e di guerra.
I personaggi appartengono a J. K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Angst, Generale, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlus Potter, Dorea Black, Famiglia Black, I Malandrini, Ordine della Fenice | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Chiave di Volta - Other Voices'
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Prima, avevano accettato la resa.
 



-Come sta?- domandò James, frenando la sua corsa con una scivolata sul pavimento lucido fuori dal reparto Batteri Magici.
 
Sirius si passò una mano tra i capelli. Si sentiva stranamente insensibile, come se i suoi sentimenti fossero congelati da qualche parte dentro di lui e non potesse avervi accesso.
 
-Ha il Vaiolo-
 
Prongs prese un respiro e chiuse gli occhi, cercando di calmarsi.
 
-Ti ha chiamato lui?-
 
-No. Sono andato a casa per colazione, volevo fargli una sorpresa, non ci vedevamo da giorni…-
 
James diede un calcio alla sedia che se ne stava vuota accanto alla porta chiusa.
 
-E hai idea del perché non ci abbia avvertiti che stava male?-
 
-Milly mi ha detto che credeva di avere solo il raffreddore-
 
James rise una risata vuota e sarcastica. Poi lo fissò con un po’ di disperazione negli occhi.
 
-Bene. Quando possiamo vederlo?-
 
Sirius fece spallucce.
 
-Stanno valutando lo stato di avanzamento della malattia. Se fosse ancora contagioso sarebbe messo in isolamento, e dovrei andarci pure io-
 
Lo sguardo di Prongs si fece ancora più preoccupato.
 
-Merda. Merda!-
 
Non riuscì a trovare nulla da ribattere.
 
 
 
Remus arrivò dieci minuti dopo, trafelato.
 
-Lily mi ha avvisato! Come sta?-
 
Sirius scosse la testa.
 
-Non abbiamo notizie-
 
L’altro annuì, lo sguardo un po’ perso, e prese posto sulla sedia che James aveva preso a calci poco prima.
 
-Ci sarà da aspettare, fareste meglio a sedervi anche voi-
 
James gli dedicò uno sguardo che avrebbe spaventato molte persone. Moony non si scompose affatto.
 
 
 
-Signor Potter?-
 
James scattò verso l’uomo col camice verde acido che uscì dalla porta del reparto prima ancora che quello chiamasse il suo nome.
 
-Come sta?-
 
Il Medimago dedicò uno sguardo preoccupato a James e poi lo passò su Sirius, qualche passo dietro di lui.
 
-Non bene. Il rush è già comparso in tutto il corpo, il che testimonia lo stato avanzato della malattia. Non è più contagioso, però, quindi potrà vederlo tra poco e il ragazzo che l’ha portato qui non dovrà isolarsi-
 
Se l’avessero maledetto Sirius avrebbe sofferto meno. James, tuttavia, si voltò, percorse il poco spazio che li separava con un solo passo e l’abbracciò stretto incurante del loro pubblico.
 
-Questa sì che è una grande notizia. Quando possiamo andare da lui?-
 
L’uomo sembrava un po’ interdetto.
 
-L’accesso al reparto è garantito solo ai familiari, per questioni di sicurezza, e…-
 
-E noi siamo entrambi suoi figli, e vorremmo salutarlo. È sveglio?-
 
Il Medimago scosse il capo.
 
-Non ancora, la febbre non è scesa e fino a quando la temperatura non si stabilizzerà lo terremo addormentato. La fase delle scintille non è ancora iniziata, speriamo di riuscire a evitarne del tutto l’insorgenza ma non siamo sicuri di essere intervenuti sufficientemente in tempo. Fortunatamente nei mesi in cui l’epidemia ha raggiunto il picco siamo riusciti a mettere a punto una pozione che ha dato ottimi risultati nella maggioranza dei pazienti. Tuttavia, devo accertarmi che comprendiate che vostro padre, pur non avendo un’età avanzata, presenta alcuni fattori di rischio che non ci consentono di assicurarvi la completa remissione della malattia-
 
Sirius, che aveva tirato un sospiro di sollievo solo pochi istanti prima, si accigliò. La mano di James non aveva ancora lasciato la sua spalla.
 
-Cosa intende con fattori di rischio?-
 
-Il suo fisico è debilitato, è molto magro. E porta i segni di numerose Maledizioni che hanno lasciato strascichi nel suo corpo, anche se sono state curate. Se la fase delle scintille dovesse arrivare e si presentasse in forma esplosiva, non siamo certi che i suoi polmoni saranno in grado di superarla-
 
Il groppo che gli si era formato in gola fu difficile da mandare giù.
 
-Quante possibilità ci sono che si riprenda?- domandò James con tono duro.
 
-Dipende da come risponderà alla terapia, non mi sento di fare previsioni. Se volete entrare, ora-
 
Entrambi annuirono; Sirius si sentiva fisicamente male.
 
-Rem, se vuoi…-
 
Anche lui si voltò verso il loro amico e lo trovò lì in piedi dietro di loro, con il suo sorriso rassicurante.
 
-Andrò a prendere qualcosa da mangiare alla caffetteria, vi aspetto qui-
 
-Grazie- disse, semplicemente, e quello parve bastare a Moony perché il sorriso si ampliò.
 
 
 
Charlus era disteso in un lettino minuscolo, in una stanza dove tutto era bianco: le coperte, il tavolo, gli infissi, il camice del paziente.
 
-Non ho preso gli occhiali, né il bastone. Dovrei…-
 
-Non importa, Sir- lo interruppe James, dolce, mentre si avvicinava al capezzale di suo padre e sistemava lo sprone delle lenzuola in modo da eliminare le pieghe. Sfiorò poi la guancia di Charlus con un’espressione carica di nostalgia.
 
-Non importa, andremo a prenderli poi. Quando gli serviranno-
 
“Se gli serviranno”. James non lo disse, ma Sirius sentì quelle parole aleggiare nell’aria che sapeva di disinfettante.
 
-Va tutto bene papà, tutto bene. Siamo qui noi- mormorò Prongs, chinato sul viso del genitore. Senza averlo deciso Sirius si fece avanti fino a raggiungere l’altra sponda del letto.
 
-Siamo qui con te-
 
 
 
Charlus non si svegliò quel giorno; quando una giovane Guaritrice li invitò gentilmente a lasciare la stanza, quella che parve un’eternità dopo, i due trovarono Remus ad attenderli in corridoio con due tazze di tè e altrettanti tramezzini. Sirius, che non mangiava dalla sera prima e si sentiva lì lì per svenire, divorò il suo con gratitudine mentre James aggiornava il loro amico.
 
Lasciarono insieme l’ospedale, poco dopo. Sirius si rese conto solo allora di non avere con sé il cappotto, perché affrontare il freddo di Londra gli fece battere i denti. James insistette perché entrambi andassero a cena a casa sua, ma Remus aveva il suo turno per l’Ordine da svolgere; Prongs, però, non diede il minimo margine di scelta a Sirius.
 
-Non avrai nulla da mangiare, e sembri un Inferius ambulante. E poi, dobbiamo stare insieme ora-
 
Sirius si sforzò di annuire.
 
Lily li stava aspettando dietro la porta d’ingresso del loro piccolo cottage, in preda all’ansia.
 
-Come sta? Sarei dovuta venire anch’io, non dovevi…-
 
James si sfilò il giaccone scuro alzando gli occhi al cielo.
 
-Aspetti un bambino, Merlino, pensi davvero che fosse il caso di portarti in un reparto in cui potevi infettarti?-
 
Lei lo squadrò con un cipiglio scontroso e le braccia incrociate sulla pancia appena percepibile sotto il pesante maglione di lana che indossava.
 
-Non metterei mai in pericolo nostro figlio, sarei rimasta fuori ad aspettare! Sir, perché stai lì al freddo? E perché sei senza mantello?! Vieni a scaldarti al fuoco, su, prima che ti becchi un malanno-
 
Lo prese per le spalle e lo portò in salotto quasi di forza, spingendolo. Cinque minuti dopo James aveva finito di aggiornare sua moglie sulle condizioni di Charlus, una mano posata sul suo ventre e la testa bassa.
 
-Non capisco perché non abbia chiesto aiuto- concluse Prongs, quasi sconfortato.
 
-Probabilmente pensava di avere solo un raffreddore, dopotutto era stato sotto la pioggia tutta la notte, poteva davvero essere solo infreddolito no?-
 
Sirius, che non aveva ancora aperto bocca, strinse più forte il bicchiere di acquaviola che teneva in mano. Quello era uno dei momenti in cui avrebbe tanto desiderato che non avessero tutti smesso di fumare. Guardò suo fratello, seduto di fronte a lui, e seppe che stavano pensando la stessa cosa.
 
-Penso non volesse andare in ospedale- mormorò con un tono così basso che dubitò fosse davvero udibile. Lily gli dedicò uno sguardo strano.
 
-Ma come no? Intendi che non voleva curarsi? Ma perché?-
 
James si passò una mano sul viso e strofinò gli occhi dietro le lenti.
 
-Non posso pensare si sia arreso. Non ora. Sta per avere un nipote, noi tutti abbiamo bisogno di lui, non ci lascerebbe mai…-
 
Sirius guardò le fiamme dentro il camino.
 
-Non lo farebbe coscientemente. Ma forse, nel delirio della febbre… È stanco, James. Non si è mai ripreso dalla morte di Dorea, né fisicamente né moralmente, e da allora è stato un continuo di battaglie e perdite e delusioni sul lavoro… Tu sei adulto, ormai, hai una famiglia, stai per diventare padre… Si sarà detto che non abbiamo poi così tanto bisogno di lui, ormai, che poteva… Andarsene sereno-
 
James scosse la testa, e fu Lily ad avvolgerlo con le sue braccia calde stavolta.
 
-Papà non mollerebbe mai. E noi abbiamo ancora bisogno di lui. Mi deve insegnare un sacco di cose ancora, e deve vedere il suo nipotino, e deve vedere te che ti sistemi e deve vedere finire questa guerra! Non può lasciarci soli proprio ora!-
 
Sirius sorrise amaramente guardando gli occhi pieni di lacrime di suo fratello.
 
-Lo so. E lo sa anche lui. È stato solo un momento di debolezza, vedrai. Lotterà come un leone per tornare in piedi il prima possibile-
 
 
 
Sedici giorni dopo le condizioni di Charlus non erano cambiate; la febbre era molto diminuita, certo, ma non era ancora passata del tutto e i Guaritori non si arrischiavano a svegliarlo. Non aveva ancora preso a eruttare scintille, però, il che sembrava un segnale positivo, e le sue chiazze non erano più rosso vivo ma tendente al violaceo.
 
James e Sirius si alternavano al suo capezzale negli orari di visita. Non che servisse a qualcuno che non fossero loro stessi, ma questo non contava molto. Sirius passava la sua ora a raccontare a Charlus del freddo che non ne voleva sapere di passare, del brodo di pollo che Milly aveva preparato per quando sarebbe tornato a casa, della pancia di Lily e della preoccupazione di James; quel giorno gli aveva fatto il resoconto dei festeggiamenti per il ventesimo compleanno di Remus, la sera prima.
 
-Abbiamo ancora bisogno di te. Per favore, cerca di tornare. Se puoi-
 
Sirius avrebbe rivoluto i suoi capelli lunghi, quella sera dei primi di marzo, perché avrebbe potuto nascondere la lacrima che non era riuscito a trattenere. Se l’asciugò con rabbia col dorso della mano e si alzò per andarsene.
 
-A domani- mormorò all’uomo coi capelli grigi sdraiato e immobile. Il viso che senza occhiali stentava così tanto a riconoscere sembrava pietrificato. Con un dolore sordo nel cuore, uscì.
 
Lasciò l’ospedale più in fretta che poteva, diretto in un vicolo a due traverse di distanza che nascondeva un angolino perfetto per smaterializzarsi. Scomparve da Londra in un attimo e si ritrovò in un’altrettanto innocua e sudicia stradina di Tinworth, un ridente villaggio investito dal vento dell’oceano che Sirius aveva imparato ad associare alle coste della Cornovaglia. Si avvolse più stretto la sciarpa attorno al collo e si affrettò verso la main street, o meglio verso l’imbotte di un vecchio portone scrostato tenuto chiuso con delle catene arrugginite.
 
-Pst, Black-
 
Il suono di quella voce lo fece trasalire.
 
-Che ci fai tu qui?-
 
Dorcas scostò i lembi del Mantello di Moody in modo che ci si ficcasse sotto. Lui esitò solo un attimo prima di obbedire all’ordine tacito; non stavano così vicini, beh, da quasi un anno e quando Sirius sentì il suo profumo non poté evitare di chiedersi come avesse fatto a restarle lontano così a lungo.
 
-Caradoc è dovuto restare al San Mungo per un’emergenza, il capo ha mandato me-
 
Lui bofonchiò qualcosa in risposta, e a lei dovette bastare.
 
-Sei in ritardo-
 
-Ero da Charlus, chiedo scusa-
 
Per qualche istante lei non disse nulla.
 
-Nessuna novità?-
 
Sirius quasi le ringhiò in faccia.
 
-Ti sembro uno che ha avuto buone notizie, di recente?-
 
Non poteva guardarla in viso, erano troppo vicini ed erano lì per svolgere un lavoro, dopotutto. Continuò a fissare la strada principale, dove comunque non si muoveva foglia vista l’ora e le condizioni metereologiche.
 
-Mi sembri mezzo morto, in realtà-
 
Quasi gli venne da ridere.
 
Non parlarono più, dopo quello scambio di battute; passarono tutte la notte lì, in piedi, a fissare una strada che rimase ostinatamente vuota mentre le mani gli si congelavano nelle tasche. A un certo punto Sirius fu certo che il naso gli fosse caduto tanto era diventato insensibile; sperò che accadesse qualcosa, perfino qualcosa di terribile, purché li trascinasse fuori da quel Mantello e da quello spazio minuscolo, purché non fosse più costretto a starle così vicino. Poi si sentì una merda per averlo pensato.
 
Pensò di rompere il silenzio, a un certo punto, ma non trovò la forza né la motivazione per farlo. Così i minuti scivolarono dentro alle ore e le ore scivolarono nella notte, mentre a turno sgranchivano le gambe atrofizzate dall’immobilità e dal freddo e gli uccelli notturni bubolavano sopra le loro teste.
 
Poi, finalmente, giunse l’alba; la piccola cittadina cominciò a svegliarsi, videro il panettiere passare davanti al loro vicolo in bicicletta per andare al suo negozio, la cesta piena di pane caldo e profumato.
 
-Evidentemente nemmeno questa era la notte giusta. Penso dovremmo andarcene, ora, non abbiamo molto altro da fare qui, e io devo sbrigarmi se voglio farmi una doccia prima di andare al lavoro-
 
Lui si limitò ad annuire al sussurro di Dorcas; non era certo di essere ancora in grado di parlare, dopo tutte le volte che si era morso la lingua nelle ore passate.
 
-Una volta mi avresti invitata a farla con te-
 
Non poté impedirsi di voltarsi a guardarla, stupefatto. Dorcas era sempre uguale, spigolosa e bellissima e fredda come il vento della Cornovaglia, eppure sembrava anche diversa. Più umana, forse.
 
-Una volta- si limitò a rispondere, neutro. Lei continuò a fissarlo con quella sua nuova espressione che non era più una maschera d’indifferenza.
 
-Hai intenzione di farmelo chiedere?-
 
Sirius scoprì che la sua mano destra stava accarezzando la guancia di Dorcas solo quando sentì la sua pelle sotto le dita.
 
-Non sarei gentile-
 
Lei gli passò un braccio intorno alla vita.
 
-Andiamo?-
 
 
 
Sirius era ancora a letto, quando successe. Dorcas era andata via senza svegliarlo, cosa che l’aveva lasciato indeciso su come sentirsi una volta che aveva aperto gli occhi.
 
Era ancora lì a rimuginare su quello che era accaduto quella mattina, e soprattutto su come l’aver condiviso l’ennesimo turno di guardia avesse potuto dare una svolta così inaspettata alla situazione quando era un anno che si ignoravano deliberatamente e con ottimi risultati, quando la cerva di Lily si materializzò ai piedi del letto e lui si tirò le coperte sul corpo nudo come se lei fosse lì a giudicarlo personalmente.
 
-Hanno chiamato James dal San Mungo, Charlus si è svegliato!-
 
D’un tratto della sua nudità smise di importargli: balzò fuori dal letto, afferrò il primo paio di pantaloni che trovò senza nemmeno preoccuparsi delle mutande e fortunatamente pensò anche a mettersi un maglione. Stava ancora infilando lo stivale destro quando prese una manciata di Polvere Volante con la mano libera e si infilò tra le fiamme verdastre.
 
Comparve nell’atrio dell’ospedale e si lanciò su per le scale senza curarsi dei commenti seccati delle persone a cui aveva tagliato la strada.
 
-Non si corre nelle corsie!- gli gridò dietro la Stregaccoglienza, ma lui la ignorò e si precipitò fino al terzo piano. Quando arrivò, trafelato e ansante, sulla soglia del reparto Batteri Magici James era già lì e lo accolse con un sorriso gigante.
 
-Lo stanno visitando, potremo vederlo tra poco- gli disse, evitandogli di porre domande che sarebbe stato difficile pronunciare senza aria nei polmoni. Respirare era sopravvalutato quando si era felici.
 
-Ti han… Hanno… Det…-
 
James scoppiò a ridere, e a Sirius era mancata così tanto la sua risata che sorrise anche lui.
 
-Calmati, Sir, va tutto bene!-
 
 
 
Charlus era seduto sul suo letto, pallido e smunto come mai, ma aveva gli occhiali sul naso ed era tornato se stesso. Li accolse con un sorriso, anche se non largo come al solito.
 
-Mi dispiace tanto di avervi fatto preoccupare, ragazzi- disse, allargando le braccia. Sirius non poté fare a meno di evitare di notare, mentre si avvicinava all’uomo senza esitazioni per accogliere il suo tacito invito, che erano diventate sottili e parevano fragilissime. La loro stretta, comunque, fu salda come al solito.
 
-Se non ci avverti quando stai male come possiamo prenderci cura di te?- domandò James con voce soffocata,  il viso premuto contro il petto di suo padre. Quello fu scosso da un lieve risolino che terminò con un sonoro colpo di tosse; immediatamente entrambi si staccarono per osservarlo, preoccupati, ma l’accesso si calmò senza apparenti difficoltà.
 
-Mi dispiace Jamie, non pensavo davvero fosse tanto grave-
 
Sirius studiò il viso dell’Auror alla ricerca di una menzogna, ma non la trovò.
 
-Grazie, Sir, per avermi portato qui- disse poi, guardandolo con uno sguardo incredibilmente pieno d’affetto. Sirius si ritrovò ad arrossire.
 
-Allora eri cosciente!-
 
L’uomo si grattò la cima della testa con aria colpevole.
 
-Non proprio, ma ricordo la tua voce. Ti ha chiamato Milly?-
 
Sirius sbatté le palpebre per scacciare la patina di emozione che non era ancora riuscito a digerire.
 
-No, ero venuto a trovarti. Non ci vedevamo da tanto-
 
Charlus sorrise.
 
-Hai ragione, figliolo. Non passeremo più tanto tempo senza incontrarci-
 
Lui annuì, incapace di dire alcunché. James, seduto sul letto del padre, lo fissava come se si volesse saziare di lui, e Charlus non poté evitare di accorgersene.
 
-Va tutto bene, James, sto bene. I Guaritori dicono che sta andando meglio di quanto sperassero-
 
Per tutta risposta Prongs sfoderò il suo migliore sguardo severo.
 
-Ed è tutta fortuna, visto che sei un incosciente. Ma non pensare che te la caverai così, oh no! Puoi scordarti che ti lasceremo anche solo un minuto da oggi in poi, te lo giuro!-
 
Charlus ridacchiò, ma Sirius non mancò di notare quanto fosse debole.
 
-Avete intenzione di tornare a vivere tutti a casa per tenermi sotto controllo?-
 
-Be’, di sicuro è abbastanza grande!-
 
Un altro attacco di tosse scosse le sue spalle ma anche questo passò in fretta. Sirius gli si avvicinò rapidamente e gli sistemò i cuscini dietro la schiena, come se ciò potesse aiutarlo in qualche modo a stare meglio.
 
-Allora, mia nuora come sta?-
 
James perse l’aria battagliera e si intenerì immediatamente.
 
-Bene. Finalmente riesce a mandare giù qualcosa senza vomitare, che ci sia un lui o una lei in quella pancia pare davvero un piccolo terremoto-
 
Anche lo sguardo di Charlus si addolcì.
 
-Non sarebbe Potter altrimenti-
 
-E si è presa cura di entrambi in questi giorni. Mi è stato categoricamente proibito di saltare un pasto a casa Potter, a meno di voler essere sequestrato anche per la notte-
 
L’Auror ammiccò a Sirius.
 
-Non mi aspettavo niente di meno da Lily, sa prendersi cura di voi meglio di chiunque altro-
 
-Lily avrebbe tanto voluto venire a trovarti, papà, ma abbiamo pensato non fosse il caso di esporre lei e il bambino al rischio di contagio qui dentro-
 
Lui sventolò una mano in risposta.
 
-Sciocchezze, Lily deve occuparsi solo della sua salute. Verrà a trovarmi quando sarò a casa-
 
-Cosa intendi dire? Ti dimettono?!-
 
Charlus lanciò un’occhiatina a James e deglutì, sembrando un po’ incerto.
 
-Non proprio. In realtà la Guaritrice Smetwick vorrebbe trattenermi per controllare il decorso della malattia, ma non sono più infetto tecnicamente e non posso contagiare gli altri, e la fase critica pare passata. Quindi ha convenuto con me che se, diciamo, un Guaritore venisse a visitarmi un paio di volte al giorno e io me ne stessi buono buono a riprendermi sul divano di casa, andarmene da qui sarebbe possibile-
 
Per un attimo nessuno parlò.
 
-Ma perché questa fretta di andar via? Perché non essere certi che le terapie stiano funzionando, prima?-
 
Charlus chiuse gli occhi e Sirius capì che era esausto. Dopotutto erano diciassette giorni che non faceva altro che dormire; tutto quel parlare doveva averlo sfiancato.
 
-Non mi piace stare qui. Ci sono un sacco di brutti ricordi, e un via vai di gente continuo-
 
Calcò il tono sull’ultima frase e quello fece scattare qualcosa nella sua testa. Anche James dovette cogliere il riferimento del padre alla questione “sicurezza”, perché non obiettò.
 
-In più, semmai le cose… Se non dovesse funzionare, se mi dovessi aggravare…-
 
-Non dire così, stai andando bene e non c’è alcun motivo di…-
 
-Jamie, non voglio morire qui. Voglio morire a casa mia, nel mio letto-
 
James scattò in piedi, di colpo arrabbiato.
 
-Tu non morirai affatto! Nessuno morirà!-
 
Le labbra di Charlus si storsero in un sorriso mesto.
 
-Prima o poi moriremo tutti. E non voglio salutarvi qui, con i minuti contati e una stupida camicia da notte di carta. Voglio stare a casa mia, con voi vicini, e le mie cose, e la mia dignità-
 
Sembrava quasi che James fosse pronto a picchiarlo. Poi si accasciò su se stesso e a Sirius parve di tornare indietro di anni, a quando suo fratello non era un padre ma un ragazzo spaventato e devastato dal dolore.
 
E lui aveva promesso di tenere insieme i pezzi.
 
-Andremo a casa, allora. Io mi trasferirò a Villa Potter per stare con te fino a che sarà necessario-
 
Charlus lo guardò con un’espressione grata e così colma d’affetto che lo fece quasi scoppiare a piangere.
 
-Tu... Sei d’accordo con questa cosa?-
 
Sirius si voltò a guardare James che pareva incredulo, oltre che incazzato.
 
-Charlus è adulto, deve poter fare le sue scelte, e io le capisco. Sono certo che quando ci avrai pensato su lo capirai anche tu. È poi c’è quella cosa del lasciare le persone libere, ricordi?-
 
James lo fissò intensamente per qualche istante e fu quasi certo che l’avrebbe picchiato davvero. Poi prese un respiro, si levò gli occhiali, premette forte i palmi sugli occhi e quando li scoprì sembrava aver riconquistato un briciolo di lucidità.
 
-Ok. Andremo a casa- disse con quell’aria risoluta tipicamente sua, e Sirius annuì di rimando. Quando si voltarono a guardare Charlus scoprirono che era commosso.
 
-Ehi, non c’è bisogno di piangere!- esclamò James tornando di corsa a sedersi accanto al padre e prendendogli la mano tra le sue in un gesto di conforto.
 
-Lo so, lo so. Mi passerà-
 
Per qualche secondo nessuno disse nulla e rimasero lì semplicemente a guardarsi, grati di poterlo fare ancora; poi, dal nulla, James balzò in piedi.
 
-Sarà meglio che vada a cercare qualcuno per poter prendere accordi per le dimissioni, allora-
 
Solo dopo aver sentito il rumore della porta che si richiudeva dietro le spalle di suo figlio Charlus fece cenno a Sirius di avvicinarsi.
 
-Grazie, per aver capito-
 
Sirius si sedette accanto a lui e sorrise.
 
-Va bene, Charlus. Non devi sentirti in colpa-
 
L’uomo chiuse ancora una volta gli occhi e gli sembrò così indifeso che avrebbe voluto stringerlo e nasconderlo dal mondo intero.
 
-Non voglio lasciarvi, ma sono stanco. Non voglio andarmene lasciando tutto a metà ma… Non sono certo di riuscire a riprendermi, di averne la forza-
 
Sirius annuì, la gola che gli doleva.
 
-James capirà, se dovesse capitare. Noi ce la caveremo, te lo giuro-
 
Suo padre gli sorrise.
 
-Lo so. È per questo che sono tanto felice siate insieme. Ah, Sir. È stato bello, quando mi hai chiamato papà-
 
 

 
   
 
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