“I
had all and then most of you
Some
and now none of you
Take
me back to the night we met
I
don’t know what I’m supposed to do
Haunted
by the ghost of you
Oh, take me back to
the night we met”
Ali
nere di sventura
Voldemort vola verso la prigione con la smania dipinta in viso –
sono anni,
moltissimi anni che le sue anime non gli parlano più, ma quella notte
gli
sembra quasi d’averle con sé, le sue sei anime immortali che ordinano:
ricorda.
*
Tom scappa dall’Albania con un tesoro inestimabile e una malinconia nel
cuore
che non gli dà pace – Helena ride nei suoi ricordi, non è bastato
dilaniarne
il retaggio per farla tacere. Vaga per l’Europa, come non avesse
meta, ma
alla fine cede alla propria curiosità e si lascia attirare.
Dal suo nome imponente, dalla sua Rivoluzione, dal mondo che
promette:
Gellert Grindelwald e il Bene Superiore.
Gellert
cammina solo, nei boschi, quando la luna è alta nel cielo. Gli piace
pensare,
la notte, gli piace programmare le sue conquiste – divide et
impera,
gliel’ha insegnato lui molto tempo addietro.
Sta rientrando all’accampamento, quando vede il ragazzo fissarlo.
Tom osserva
Gellert Grindelwald con un distacco
quasi clinico.
Alto, slanciato, la pelle d’avorio. Riccioli bianchi portati troppo
lunghi,
occhi d’un verde affilato che tagliano il buio come coltelli.
Tom non ha paura di niente, non dopo aver amato il Basilisco, non dopo
aver
assassinato il proprio padre, ma s’irrigidisce lo stesso – le sue tre
anime
mormorano: cautela, pericolo.
Gellert
osserva il ragazzo con blando interesse. È bello d’una bellezza
disinteressata,
il volto scavato e le occhiaie violette, i capelli corvini gli
accarezzano il
collo – desiderabile, forse, troppo giovane, ma quegli occhi
assetati di sapere
li riconosce fin troppo bene.
“Ti sei perso, straniero?”
Tom sussulta,
sentendolo parlare in inglese – come
lo sa, si chiede, e non riesce a trovare risposta.
Il tiranno s’avvicina. Irradia potere in quei movimenti esigenti, ma i
suoi
occhi ridono – di lui?
Tom scuote il capo in un gesto meccanico.
È passato del tempo, ma si sente vacillare.
Grindelwald esercita la stessa
fascinazione di Helena, ma lei era morta, morta –
scappa, mormorano
le anime.
“Siamo timidi?”
Gellert gli gira attorno, divertito. Ha in viso un sorriso abbagliante –
il ragazzo ha qualcosa di
diverso dai soliti adepti che lo idolatrano, qualcosa di morboso, non
trema di timore
né di smania.
“Hai
paura di me?”
Quello lo riscuote. Lo straniero si dipinge sul viso una smorfia, gli
scocca un’occhiata
d’arsenico.
“No.”
Grindelwald scoppia a ridere, ma stavolta non di lui. China il capo in
un
ironico invito, poi tende una mano.
“Allora seguimi. Ti insegnerò ad averne.”
Tom esita, solo un attimo. Poi afferra quelle dita pallide, quegli
occhi d’assenzio
protesi verso di sé.
Sa che quello sguardo, il fantasma di quel desiderio, non lo
abbandonerà mai.
Tom
non crede nel Destino e
nemmeno nel perdono, perciò decide in quel momento che, un giorno,
anche
lontano, Gellert pagherà.
*
Mentre Voldemort scivola fra le nubi, Grindelwald solleva appena il
capo. I
suoi occhi, verdissimi, lampeggiano tra le ombre della stanza. Ride
piano, a
bocca aperta.
La morte arriva su ali nere di sventura.
Note dell’Autrice
Il prompt per questa storia è tratto dalla canzone The Night We
Met dei
Lord Huron, proposto da Millythegoat.
E che dire? Adoro le interazioni tra i miei due Maghi Oscuri preferiti
– sì, Gellert,
resti il mio favorito!
Come chi mi conosce già saprà, uno dei miei headcanon del cuore è che
Tom, dopo
il diploma e dopo essere andato a recuperare il Diadema in Albania (e
averlo
trasformato in un Horcrux), abbia passato l’estate in Germania ad
osservare gli
ultimi mesi della rivoluzione di Grindelwald. Per chi è curioso di
saperne di
più, ho dedicato all’argomento una one-shot: “In
bianco e nero”.
Ovviamente il lui a cui fa riferimento Gellert mentre pensa è Albus, spero non ci sia bisogno di specificarlo.
Spero che la flash vi sia piaciuta!
Mary