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Autore: EcateC    05/09/2023    4 recensioni
Questa storia vuole essere un tentativo di proseguimento della seconda stagione, a partire da come abbiamo lasciato i nostri Ineffable Husbands, tristi e separati in due mondi differenti.
Il titolo di questa storia parla da sé: aspettatevi un finale felice.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aziraphale si trovava tra due fuochi. Da un lato c'era la gioia di essersi riunito a Crowley, dall’altro la consapevolezza di avere appena abbandonato il suo incarico. Immaginò la faccia di Michael nel momento in cui si sarebbe accorto che lui non c’era più. L’idea lo riempì d’angoscia, se c’era una cosa che Aziraphale odiava, quella era comportarsi in modo non appropriato. Essere ligio alle regole rappresentava la sua comfort zone. Ma anche Crowley era la sua comfort zone, ora che ci pensava, e forse era la più confortevole di tutte. Lo guardò, il demone sfrecciava rapido davanti a lui. Gli venne una voglia matta di abbracciarlo e toccarlo dappertutto. Si sentiva felice come un idiota e in trepidante vena di romanticherie. Non si riconosceva più, era come se tutto l’amore che aveva trattenuto per lui fosse esploso come una bomba. 
Voleva… sbaciucchiarlo un’altra volta. E poi c’era una parte proibita del suo cervello che amava ricordargli cosa facevano gli umani quando erano innamorati. Come Crowley, anche lui aveva appreso il significato dell’amore romantico e dell’eros attraverso la cultura umana. La prosa, la poesia, l’arte e successivamente il cinema glorificavano al massimo questi tumultuosi sentimenti e gli avevano scaldato il cuore con delle emozioni che, forse, lui e Crowley non avrebbero mai dovuto conoscere. Ma sta di fatto che le conoscevano. Dai versi di Catullo ai passi di Dirty Dancing, dal Simposio di Platone all’ultima stagione di Bridgerton, i due erano stati così a lungo tempestati da rappresentazioni del genere che avevano empatizzato con esse fino a provarle sulla loro stessa pelle. Aziraphale addirittura nutriva in cuor suo il dubbio che Crowley avesse perfino intrecciato qualche relazione amorosa con gli esseri umani, cosa che andava assolutamente contro a tutte le regole possibili e inimmaginabili (letteralmente, inimmaginabili) dei loro rispettivi statuti, ma non aveva mai osato chiederglielo.
Sapeva però che il demone non era né digiuno né disinteressato al romanticismo, per quanto lo avrebbe negato fino alla morte.
E ora, il pensiero che potevano replicare ciò che avevano visto al cinema o rappresentato sul palco del Globe Theatre, gli infondeva un pizzicore alquanto strano e una sensazione di irrequietezza e gaiezza che non aveva davvero nulla di angelico.
Fare finta di niente era sempre stata la sua mossa preferita, ma ora aveva più senso? La risposta era no.
“Puoi camminare più lentamente?” gli chiese, afferrandogli una mano “Non sono atletico come te, ragazzaccio.”
“Siamo quasi arrivati” gli rispose l’altro senza rallentare “E ti prego, chiamami Crowley.”
Ma Crowley aveva fatto l’errore di voltarsi verso di lui: Aziraphale ne approfittò subito per baciarlo. Crowley, che era già imbarazzato di suo, arrossì e si staccò.
“C’è gente!” osservò. “Per Satana” aggiunse per darsi un tono.
“Giusto” ridacchiò l’angelo.
La cosa positiva era che Londra di notte era bellissima. Aziraphale si guardava intorno come se fosse la prima volta.
“Mi è mancata questa città. Quanto sono stato via?”
“Un anno.”
Aziraphale si fermò di scatto. “Un anno?” ripetè “A me è perso molto meno.”
“Là sopra il tempo scorre diversamente, lo sai. Qui è stato un anno.”
“Oh.”
“Già” concordò Crowley, cupo. Inutile dire che era stato l’anno più triste della sua vita.
“Ti sono mancato?” 
“Sì” borbottò “Sai com’è. Non ci siamo salutati proprio cordialmente.”
“No” concordò Aziraphale.
Crowley annuì, gli faceva un effetto stranissimo vederlo lì e parlargli dopo tutto quel tempo. Gli sembrava impossibile, come se stesse vivendo un sogno. Non riusciva a capacitarsi.
“A te come è andata?” gli chiese, più per sentirlo parlare che per curiosità “Avevi tante faccende da sbrigare, Arcangelo Supremo?”
“Non immagini quante. Una noia mortale” ammise Aziraphale “E poi ti pensavo spessissimo. Mi mancavi tremendamente, è per questo che ora mi sento così felice."
Crowley gli accennò uno dei suoi rari sorrisi e Aziraphale sentì come se qualcuno gli stesse contorcendo le budella dal didentro. 
Solo che due fari abbaglianti, che l’angelo aveva già visto nei film di spionaggio, lo accecarono all’improvviso. 
“Oh no, sono già qui!” tremò, coprendosi gli occhi “Gli angeli!”
“No, è solo la Bentley” gli rispose Crowley, che sembrava molto imbarazzato. L’auto nera infatti era davanti a loro, coi fari accesi.
Piantala!” le ringhiò Crowley a bassa voce, visto che questa si era perfino messa in moto da sola “Mi stai mettendo in imbarazzo.
“Ciao, bellezza!” la salutò invece Aziraphale, tutto contento “Ti sono mancato?"
“Certo che le sei mancato. Andiamo.” tagliò corto Crowley, trascinandolo via per un braccio “Siamo arrivati.”
“Ma che maniere” cinguettò Aziraphale. 
Non lo credeva possibile, ma Crowley dentro di sé ringraziò che nell’appartamento ci fosse anche quella palla al piede di Shax, altrimenti sarebbe stato tutto molto imbarazzante, almeno per lui. Per Aziraphale evidentemente no.
“L’ultima volta che sono salito nel tuo appartamento…”
“Non c’è. Non sei mai stato in questo” lo interruppe rapidamente Crowley, mentre salivano le scale “Venivo sempre io nella tua libreria.”
“Hai ragione, sei sempre venuto te” gli disse l’angelo, sembrò rendersene conto in quel momento “Ma adesso verrò anche io. O al limite verremo insieme, ma da qualche altra parte.” 
Crowley tossì. “Sì, mh, okay. Shaax!” gridò subito “Spegni quella dannata televisione e vieni qua!”
La chiamata sopraggiunse dal salotto con lentezza, poi guardò prima Crowley e poi Aziraphale.
“Che schifo” sentenziò, disgustata.
“Senti un po’, Shax” esclamò Aziraphale, impettito “Non dovevi essere un granduca dell’inferno? Come mai sei qui?”
Shax tirò indietro le spalle e guardò l’angelo come se fosse una nullità.
“Sì, ma mi avevano proposto di scegliere tra quello e continuare a essere il nuovo emissario dell’inferno sulla terra e io ho ritenuto opportuno…”
“E lei giustamente ha preferito stare qui a guardare Netflix. Il solito” la interruppe Crowley, facendo sorridere Aziraphale.
“Io non guardo Netflix” replicò subito Shax, inviperita “Sei tu che hai quel canale.”
“Certo. Io sono abbonato a tutti i servizi streaming esistenti al mondo” disse Crowley, orgogliosamente “E comunque si dice grazie!” le gridò dietro, visto che lei se n’era andata sbattendo così forte la porta da far venire una crepa sullo stipite.
“Per Satana. Che età terribile” esclamò Crowley, scuotendo la testa. Poi si rese conto che Aziraphale lo stava guardando. Il suo sguardo era più vellutato e romantico del solito e Crowley lottò per non arrossire.
“Vuoi…” fare un giro in macchina? No, l’aveva già detto prima. “Qualcosa da mangiare? Posso ordinare del sushi.”
Aziraphale scosse la testa “No, meglio di no. Disertare a quanto pare mi chiude lo stomaco.” poi gli sorrise “Dovrei farlo più spesso.”
“Senti, andrà tutto bene” lo confortò Crowley “La Boss capirà, ne sono certo.”
Aziraphale annuì. “Sì, lo credo anche io. Tu, però, dovrai chiedere scusa a un certo punto."
Crowley alzò gli occhi al cielo e si sedette sul suo trono imbottito, restando con una gamba a penzoloni dal bracciolo.
“Sei ancora in tempo per chiedere perdono” continuò Aziraphale, avvicinandosi fino a poggiargli una mano sulla spalla. Crowley la guardò. “Farlo crea un vincolo molto forte nel mio dipartimento, lascia il segno, e l’ultima parola spetta sempre e comunque a tu sai chi.”
L’impulso che provò Crowley fu quello di leccargli tutto il dorso liscio e roseo, ma si astenne dal farlo.
“Preferisco farmi una nuotata nell’acqua santa piuttosto che chiedere perdono, va bene?” rispose invece, piccato.
Aziraphale incrociò le braccia, indispettito. “Ma è possibile? Fin dove può arrivare il tuo orgoglio, si può sapere?”
“Fin dove sono arrivati i tuoi pregiudizi nei miei confronti, probabilmente.”
Con sorpresa di Crowley, Aziraphale abbozzò uno strano sorrisetto.
“Che c’è, adesso?” gli domandò inquieto, stringendo le sopracciglia.
“No, niente” disse subito l’angelo, schiarendosi la voce “Sono solo contento di essere qui con te. Anche se a quest’ora in Paradiso sarà già suonato l’allarme per la mia scomparsa.”
“Se vuoi possiamo dire che ti ho rapito io. Tanto mi hanno già condannato a morte.”
“No” gli rispose Aziraphale “Basta bugie.”
“Basta bugie” concordò Crowley, annuendo vigorosamente. A stento riusciva a guardarlo negli occhi, forse perché l’altro lo guardava senza più celare l’affetto e la tenerezza.
“Ah, mi sono raccomandato con Muriel” aggiunse Crowley, per spezzare quel silenzio denso e imbarazzante “Le ho detto di non vendere nessuno dei tuoi libri e per convincerla ho aggiunto che se lo avesse fatto, tutti i suoi clienti sarebbero morti in modo atroce. Mi ha preso sul serio.”
Aziraphale gli fece un sorrisone “Me l’ha detto. Sei stato davvero un tesoro.”
Un tesoro. Era un insulto terribile, ma detto da lui suonava come un complimento. Crowley nel dubbio arrossì.
“Ascolta, questa potrebbe essere sul serio la nostra ultima notte” gli disse “Potremo morire, domani.”
“Non moriremo” lo contraddisse Aziraphale, ottimista come suo solito.
“Beh, potrebbe capitare” insistette Crowley “E se dovesse capitare, io sarei veramente triste, se non avessi mai fatto una cosa in particolare con te.”
Aziraphale alzò le sopracciglia, tranquillo. “Vale a dire?”
Crowley aprì la bocca, ma una voce dispettosa lo precedette.
“Sta parlando di sesso” disse Shax, appoggiata allo stipite della porta. Sia Crowley che Aziraphale sussultarono.
SHAX!” ringhiò Crowley, iniziando a fumare dalle spalle per l’imbarazzo “Brutta idiota!”
Con i suoi poteri, la murò nella stanza a fianco, facendola sparire quanto meno dalla loro vista.
Aziraphale intanto lo fissava con le labbra dischiuse.
“Era questo ciò che intendevi, Crowley?”
“No!” negò subito il demone, imbarazzato a morte “No, figurati. Io? No! Non ci pensavo nemmeno. Anzi, sono davvero mortificato, quella disgraziata guarda troppa televisione. NIENTE PIÙ BRIDGERTON! HAI CAPITO?” gridò furioso verso la stanza dove era rinchiusa Shax.
“Crowley, sai che non posso farlo” gli disse Aziraphale, come se l’altro non avesse detto niente.
“Certo che lo so” concordò subito Crowley “Io… hm… davvero, angelo, non…”
“Tu puoi invece?” gli chiese invece Aziraphale. Crowley rimase impalato a guardarlo.
“In che senso?” domandò, deglutendo a vuoto. “Se intendi in senso letterale… ma non certo con te. Tu… tu sei tu, insomma. Non oserei mai.”
Aziraphale esitò e Crowley, esterrefatto, notò che c’era dell’indecisione nel suo sguardo.
“Senti, non era questo che intendevo” gli disse rapidamente “Non ti avrei mai fatto una proposta del genere, te lo giuro. Volevo solo chiederti di fare una gita su Alpha Centauri. Tutto qui.”
Oh” sospirò l’angelo, romanticamente.
“Oh?” ripetè Crowley, spaventato.
“Oh, mio diletto Crowley” gli disse, guardandolo negli occhi e facendo un pericoloso passo verso di lui “Se dovessimo sopravvivere e se Dio ci permetterà di stare insieme, ti darò tutto me stesso. Te lo prometto.”
Crowley aveva indietreggiato talmente tanto che era arrivato a sbattere la schiena contro il muro. Nella sua testa, gli aveva risposto che non c’era affatto bisogno di fare un promessa del genere e che non dovevano fare proprio niente, che non gli aveva chiesto assolutamente niente e che se proprio uno dei due doveva dare qualcosa, quello era lui. Ma non disse nulla di tutto ciò e rimase immobile e in silenzio, trafitto dalle emozioni.
“Vado un attimo in bagno” pigolò, scappando sinuosamente dalle grinfie dell’angelo ubriaco d’amore. Aziraphale sembrava impazzito. E Crowley si rese conto di avere le scalmane. Fiotti di fumo gli uscivano dalle spalle. Aprì la finestra e soffiò così forte che una Mercedes nel parcheggiò si decappottò. Poi chiuse la finestra e si afferrò i capelli.
Era stata l’esperienza più imbarazzante della sua vita. Nemmeno sotto tortura avrebbe pronunciato la parola “sesso” di fronte ad Aziraphale, figuriamoci insinuare qualcosa in proposito. 
“Crowley?” Aziraphale bussò alla porta “Stai bene, caro?”
Crowley aprì subito. “Sì, certo. Stavo solo, ngh, stavo solo…”
“Come mai ti sei chiuso lì dentro?” gli domandò Aziraphale, aveva una aria divertita. Crowley strinse forte le labbra.
“Senti, puoi essere un pochino meno adorabile per piacere?” lo rimproverò, spingendolo via “Mi stai mettendo a dura prova.”
“Scusa” gli rispose Aziraphale, ma poi gli sorrise. Crowley alzò gli occhi al cielo e si allontanò.
“Cosa c’è che non va?”
“Tutto” sentenziò Crowley, irrequieto.
“Tutto?”
“Aziraphale, mi hai addirittura proposto di… ti rendi conto?”
Aziraphale lo guardò negli occhi, pazientemente. “L’unico motivo per cui non ti ho corteggiato fino a sfinirti, è stato per paura di commettere un errore e di andare contro alla volontà del Creatore. Se Lei, o Loro, mi dicono di sì, allora non c’è alcun motivo per cui io debba dirti di no.”
Crowley si sentì a disagio “Sì, ma tu non sai cosa vuol dire, non ne hai davvero idea. Non è come lo hai letto nei tuoi stupidi libri. Quel tipo di amore è esplicito, e violento e selvaggio. Mentre tu sei… guardati. Sei tutto candido e così carino. Mettiti nei miei panni, mi sembrerà di calpestare un campo innevato con delle scarpe sporche. O dei fiorellini.”
“Non sono un fiorellino. E non sono nemmeno così ingenuo come credi, tutt’altro” disse Aziraphale, orgogliosamente “Comunque, ne riparleremo”
Crowley alzò le spalle, ovvero la pallida imitazione di un “come ti pare, ma tanto non succederà”. 
Fortunatamente, avevano cose più impellenti a cui pensare, come sopravvivere. Anche se Crowley sembrava più preoccupato per quello che per la sua vita.
Ormai comunque si era fatta mezzanotte e quel momento di imbarazzo si era lentamente stemperato tra tutto il resto.
Aziraphale aveva iniziato a provare il discorso da fare all’Onnipotente davanti allo specchio. Crowley, da parte sua, stava segretamente prendendo in considerazione un’ipotesi a cui non avrebbe mai voluto pensare. 
La malaugurata, remota ipotesi che tornasse sul serio a essere un angelo.
Per Satana, non voleva tornare a essere un angelo. Tornare a essere un paggetto con la messa in piega e una ridicola tunica bianca, senza un briciolo di stile o di carisma. Impressionabile e svampito come un’educanda. Schiavo dei poteri forti e ignaro di esserlo. E i suoi ricordi? Tutte le nefandezze commesse da demone? Oh no, avrebbe avuto dei sensi di colpa logoranti. E non aveva diritto nemmeno alla sua collezione di cd. Forse ci aveva azzeccato l’immaginario degli umani: gli sarebbe toccato di suonare l’arpa per tutta l’eternità.
E poi la sua Bentley? E le sue piante? E quelle due idiote di Shax e Muriel, che insieme non sapevano accendere un forno a microonde? Come avrebbero fatto da sole?
No, Crowley non voleva andarsene dalla Terra, non voleva cambiare. Cosa ne sarebbe rimasto di lui? E se gli avessero fatto il lavaggio del cervello?
“E se mi dimenticassi di te?” pensò a voce alta. Aziraphale si voltò.
“Come dici?”
“E se tornando angelo, perdessi tutti i miei ricordi? Tutta la vita che ho vissuto qui?” ipotizzò Crowley, inquieto. Aziraphale si sedette accanto a lui.
“Sono certo che non accadrà. Il perdono non ha conseguenze negative.”
“Cosa ne sai? Hai mai conosciuto un demone che è stato perdonato?”
“Beh, no…”
“E allora?” lo incalzò Crowley, bruscamente “Non puoi saperlo.”
“Andrà tutto bene, Crowley, ne sono certo” lo rassicurò Aziraphale, poi gli prese una mano tra le sue “Mi ricordo ancora di quando eri un angelo. Avevi gli occhi marroni come il cioccolato.”
Crowley non rispose, chiuso e introverso come un riccio.
“A questo proposito” insistette l’angelo, abbassando lo sguardo sulle loro mani intrecciate “Non mi hai mai detto come ti chiami.”
Il demone fece una smorfia. “Che razza di domanda è. Mi chiamo Crowley.”
“Sai che nome intendo.”
Il suddetto Crowley si alzò di scatto e ciondolò via.
“Sto iniziando a sperare che mi uccidano, domani mattina” farfugliò, aprendo il frigorifero pieno solo di alcolici.
Aziraphale sorrise. Per qualche strana ragione, non si sentiva preoccupato. Niente lo intimoriva più, era fiducioso e pieno di speranza. In altre parole, era felice. 
 

***
 

 
Salve - no, non va bene - Lode a voi, Santità onnipotente ed eterna. No, troppo formale. Ciao, sono Aziraphale, l’Arcangelo Supremo, hai presente? Certo che hai presente, tu hai presente tutto.” Aziraphale fece una risatina nervosa “Ti disturbo, Vi disturbo, perché c’è stato un piccolo inconveniente, un qui pro quo, niente di grave, a proposito di un mio amico. Ecco, lui è un demone, ma è molto diverso dagli altri demoni. Lui… Lui è Crowley ed è il mio migliore amico. Purtroppo è stato accusato ingiustamente. Beh, non proprio ingiustamente” si corresse, imbarazzato “Vo-voglio dire, lui ha effettivamente rifiutato di tornare in Paradiso, ma non l’ha fatto per motivi abbietti o crudeli, o per mancare di rispetto a qualcuno, tutt’altro. L’ha fatto per colpa mia, per colpa mia e della mia stupidità. Sono stato io a fargli quella proposta e a non capire che lui era già perfetto così com’era e che il Paradiso per lui era già questo, stare sulla terra. Non è giusto che lui paghi per un errore che ho fatto io” la voce gli si spezzò, fece una brevissima pausa “Se quindi tu, voi, poteste ritirare ogni accusa nei suoi confronti mi fareste immensamente felice, perché Crowley è davvero l’ultima persona al mondo che meriterebbe una condanna del genere. Certo sono consapevole che a volte lui sia un po' troppo orgoglioso e si comporti in modo poco ortodosso, ma posso giurare che non farebbe mai del male a nessuno, tanto meno agli esseri umani. Anzi, Crowley si è molto affezionato agli esseri umani, ama la loro musica, i loro vestiti, il loro pianeta, tutto. Perfino le piante. E poi è l’unico amico che ho e se non ci fosse più, io…” Aziraphale trattenne il fiato “Io credo che morirei. Forse non dovrei, forse è sbagliato, ma lo amo davvero tanto. Non posso farci niente. Quindi ti supplico e ti imploro di perdonarlo. Se non per lui, fallo per me, per favore. Grazie.”
Aziraphale si asciugò due lacrime. Poi si voltò di scatto. “Ah, un’ultima cosa. Nell’eventualità in cui tutto filasse liscio, mi chiedevo se fosse possibile per me approfondire la mia amicizia con Crowley. E per approfondire intendo… Beh, sai cosa intendo. Grazie.”
Aziraphale sospirò e scosse la testa, affitto. Figuriamoci se sarebbe mai riuscito a chiedere una cosa del genere! Come discorso comunque poteva anche andare bene, ora il tutto era ripeterlo davanti a Dio senza perdere il filo o farsi prendere dal panico.
“Angelo!” gracchiò Crowley dalla sala “Piantala di parlare con il muro e vieni qua. Inizia Bridgerton.”
Aziraphale sospirò ma sopraggiunse sorridendo. “Inizia cosa?”
“Una serie tv dove fanno tutti sesso” esclamò Shax, seduta nel divano come un militare. 
Aziraphale smise di sorridere “Oh.”
“E ora tu la guardi, visto che fai tanto il fenomeno” gli disse Crowley a bassa voce.
“Ma sentitelo” esclamò Aziraphale, sedendosi di fianco a lui “Che mascalzone.”
“Mentre tu” aggiunse Crowley, rivolto a Shax “A letto a dormire. Subito.”
“Così tu puoi profanare liberamente il tempio sacro del tuo amico?”
Crowley la fulminò con lo sguardo e per dare ancora più enfasi ai suoi occhi arrabbiati si tolse gli occhiali da sole.
“Ricordati che ho un Arcangelo Supremo e un rubinetto con un getto d’acqua molto forte, stai attenta perché non ho paura di usarli” la minacciò, terreo. Shax si irrigidì vistosamente e forzò un sorriso. Si alzò in piedi con grazia e poi si tolse il cappello ornato sul centro da un pennuto impagliato.
“Quando è così. Vi auguro una notte piena dei vostri peggiori incubi.”
“Grazie, ora però togliti dai piedi!” ringhiò Crowley bruscamente.
Aziraphale la guardò andarsene di sottecchi.
“Poverina” mormorò “Non c’era bisogno di minacciarla in quel modo.”
“Quando ci vuole ci vuole” sentenziò Crowley, ancora arrabbiato. Dopodiché sollevo i piedi e li mise con poca grazia sul tavolino di cortesia. Aziraphale gli guardò gli stivali che sbucavano dai jeans e poi spostò lo sguardo su di lui. Crowley sembrava accigliato, ma la sua espressione cambiò in fretta quando si rese conto che Aziraphale lo stava fissando.
“Quindi?” lo incalzò l’angelo “Ci accingiamo a guardare uno spettacolo per adulti?”
Crowley sbuffò. “Nah, figurati. Non è nemmeno credibile, le signorine di inizio ottocento non erano vestite in modo così pacchiano, me le ricordo bene.”
Aziraphale appoggiò la guancia al cuscino nero e gli sorrise “Mi sei mancato così tanto.”
Crowley lo guardò e si mise all’altezza dei suoi occhi. “Tu mi hai fatto patire le pene dell’inferno.”
“Anche tu.”
“No, non come a me” disse, scuotendo la testa “Sono ancora infuriato con te.”
Aziraphale si rabbuiò e abbassò lo sguardo.
“Posso solo sapere una cosa?” gli chiese Crowley, a sorpresa. 
“Tutto quello che vuoi.”
“Se io fossi stato un angelo” iniziò il demone “Saresti scappato con me?”
Quella domanda lo intenerì ulteriormente.
“Me se sono seimila anni che scappo con te, Crowley” gli disse Aziraphale, dolcemente “Sono seimila anni che ti seguo e faccio il tuo doppio gioco, sentendomi costantemente in colpa e a disagio con me stesso. E l’unica volta in cui sono io a chiederti di venire con me, tu rifiuti.”
“Non mi hai chiesto di venire con te” osservò subito Crowley “Tu mi hai chiesto di cambiare e di diventare lo schiavo di un gruppo di psicopatici, perché mi preferisci così piuttosto che demone. ”
“Ma no” replicò Aziraphale, cercando di mantenere la calma “Davvero credi che ti ho proposto di tornare a essere un angelo perché non mi andavi bene così come sei? Ma se ti amo proprio perché sei così, razza di sciocco” confessò con gli occhi lucidi “Oh Crowley, io credevo che la mia proposta ti avrebbe reso felice e non l’avrei mai accettata se avessi saputo che tu avresti reagito così. E poi ho accettato solo perché mi avevano garantito che avrei potuto portare anche te, che sei letteralmente la cosa più importante che ho. È per questo che ti sto pregando di chiedere perdono perché non posso vivere sapendo che tu non esisti più. Ho bisogno che tu ci sia.”
Crowley si rimise gli occhiali da sole, forse per celare l’emozione incipiente, ma Aziraphale sapeva guardare attraverso quelle lenti, leggere le sue emozioni e le sue timidezze.
“In effetti è strano che i tuoi non si siano fatti ancora sentire” gli disse per stemperare la tensione.
Aziraphale fece spallucce. “La mia assenza non si nota…”
“Io la noterei.”
Oh” gli sorrise, infatuato.
“Perché mi rompi le scatole, la noterei” corresse subito il tiro, ma lo fece sorridendo. Uno dei suoi rari e affascinanti sorrisi in cui scoprì i denti bianchi e lievemente affilati. Aziraphale fece allora quello che aveva visto una volta al cinema, lo afferrò per la sottile sciarpa di metallo e lo baciò in bocca. Nel film, l’attrice aveva preso uno splendido attore per la cravatta e poi si era seduta sulla scrivania, trascinandoselo addosso con un bacio. Aziraphale fece più o meno la stessa cosa, ma Crowley fece resistenza e senza volerlo si ribaltò dalla parte opposta, con la conseguenza che Aziraphale si ritrovò in un attimo sdraiato sopra di lui, il suo corpo aderì completamente sul suo. Tenne le labbra serrate sulle sue, gli occhi chiusi. Ebbe la netta sensazione che qualcosa dentro di lui si dilatasse in modo drammaticamente piacevole.
“Oh cielo” ansimò, tremante "Q-questa posizione è un po’…”
“Sì.”
“È questo quello che si prova.” 
“Questo è niente.” gli rispose subito Crowley, lapidario.
Ah.” 
“Dovresti alzarti.”
“Dovrei?”
“Eh sì, a meno che tu non voglia…”
“No” rispose subito Aziraphale, paonazzo “. No, non posso. Non mi tentare, Crowley, ti prego.”
“Non sto facendo assolutamente niente. E ci sono almeno mille cose che potrei fare.”
“Fanne una” lo supplicò, chiudendo gli occhi “No, non farla. Ti prego, falla.”
“Sei un idiota, Aziraphale.”
Ti prego.
Crowley allora optò per la cosa più innocente che la sua mente fosca poteva a partorire: gli baciò il collo, o per lo meno quel poco di pelle rimasta scoperta dalla camicia inamidata e dal farfallino. Il profumo dell’angelo era celestiale, la pelle talmente morbida da sembrare di seta. Aziraphale sussultò, l’altro se ne accorse e con coraggio si staccò.
“Fatto” disse Crowley, ispirando aria. 
“Fatto?” chiese Aziraphale, con gli occhi chiusi. 
“Dovresti proprio alzarti” gli ricordò Crowley, iniziando a sentirsi eccitato. Il problema era che Aziraphale invece di alzarsi lo stringeva più forte.
“Dovrei?” pigolò infatti “Perché preferirei davvero cadere all’inferno piuttosto che alzarmi in questo momento.”
Crowley esplose. Gli assalì istintivamente il collo con un bacio languido e vorace, e sotto divaricò le gambe e le agganciò saldamente ai suoi fianchi. Lo sentì mugolare così forte che fu certo che Shax lo avesse sentito. La immaginava con un orecchio attaccato alla porta. Quella pervertita. Sì, era meglio pensare a Shax in quel momento. Non doveva perdere del tutto il controllo, per quanto avere Aziraphale su di sé rappresentasse la tentazione più folle e irresistibile della sua vita. Sì, Shax. Anzi, Hastur, molto peggio. Che brutto Hastur. Hastur e Sandalophon. Hastur e…
Ma proprio in quel momento Aziraphale spinse i fianchi con uno slancio e un’intensità che gli tolse il fiato.
“Cazzo!” ringhiò Crowley, le sue membra rigide si contorsero “Okay, basta adesso! Non sono di gomma.”
Aziraphale non gli rispose, sembrava in preda a un orgasmo.
“Oh, Crowley… oddio, Crowley, non respiro…”
“Sarà meglio che ti dai una calmata” gli disse imbarazzato, imponendosi di non perdere il controllo. 
“È questo quello che si prova” piagnucolò, tremante.
“Questo è una sciocchezza.”
“Com’è possibile, non riesco a… a…”
L’angelo si interruppe, chiuse gli occhi e rimase con la bocca aperta. Il demone lo guardò esterrefatto.
“Stai avendo un…?” lasciò la frase sospesa a metà.
“No… Forse” sussurrò con voce trasognata “Oh, Crowley, voglio passare un secolo così. Ma che dico, un'eternità.”
Crowley era basito. “Ti ho solo baciato il collo.”
Aziraphale aprì gli occhi, erano languidi e dilatati. “Sei bellissimo” gli disse “Sei una visione incantevole, non so se te l’ho mai detto.”
Crowley deglutì “Mh, non mi pare, no.”
“Ti amo” gli disse, guardandolo negli occhi. Ovviamente, si aspettava una risposta a tono. Crowley deglutì.
“Okay” fu tutto quello che riuscì a dire. Aziraphale sorrise lo stesso e gli baciò la guancia. Dopo poco, con non poco sgomento di Crowley, si addormentò.
Crowley rimase letteralmente schiacciato sotto il peso non indifferente dell’altro, che aveva graziosamente appoggiato la testa sulla sua spalla. 
Se questa era stata la sua ultima notte, era pronto per rendere grazie a Dio, Satana o chiunque altro gli avesse concesso un privilegio del genere.
Chiuse gli occhi, inspirando un’altra volta il profumo soave del suo amico.
 
Quando gli riaprì, il peso di Aziraphale non gravava più su di lui. Crowley guardò subito l’enorme quadrante del suo orologio da polso, erano le nove di mattina. 
“Per l’inferno” disse, saltando in piedi con angoscia “Angelo? Dove sei idiota!”
Fortunatamente lo trovò poco lontano. Aziraphale era in cucina, ritto in piedi davanti alla finestra. Shax era seduta con una candela accesa e delle carte demoniache simili a dei tarocchi disposte al centro del tavolo, intenta a fare chissà quale sortilegio.
Appena Crolwey lo vide, provò una fitta di imbarazzo per la notte precedente. Si schiarì la voce ma Aziraphale si voltò e gli sorrise come se niente fosse.
“Buondì, caro.”
Crowley per qualche strana ragione si sentì arrossire. 
“Novità? Hai sentito qualcosa?” domandò, ansioso.
“No, ancora niente” esclamò Aziraphale, perplesso “È strano perché a quest’ora Michael mi avrebbe già dovuto portare l’ordine del giorno. Devono per forza essersi accorti che io non ci sono.”
“Mai sottovalutare la deficienza degli angeli” osservò Shax, tranquillamente. Crowley la indicò con entusiasmo e annuì.
“Verissimo. Ha ragione.”
Aziraphale li guardò pazientemente. “Ehi, qui siamo due contro uno, non vale.”
“Hai provato a chiamare Muriel?” gli chiese invece Crowley.
“No.”
“Ecco, appunto. La chiamo io” borbottò Crowley, prendendo il cellulare. Attese giusto un paio di squilli prima che la voce gentile di Muriel gli rispose.
“Pronto” esclamò “Qui è la libreria Fell, non abbiamo il libro che cercate e se anche l’avessimo, non possiamo vendervelo per non farvi morire tra atroci sofferenze. Arrivederci e grazie per averci chiamato.”
“Sono io, ragazzina.”
“Buongiorno, signor demone Crowley” continuò Muriel, allegramente “È poi andato all’incontro segreto?”
Crowley lanciò uno sguardo ad Aziraphale, che gli sorrise.
“Sì, sì, sono andato. Ascolta, non è che per caso due arcangeli sono venuti a farti visita? Magari chiedendoti qualcosa a proposito di un angelo scomparso?”
“No” rispose subito Muriel.
“No?” ripetè Crowley, stranito “Non ti hanno mandato nemmeno un messaggio, una telefonata? Niente?”
“No, niente” confermò l’altra, serena.
“Okay” disse, basito “Chiamami se ti arriva qualcosa di insolito.”
“Va bene. Salutami Shax.”
Shax alzò il dito medio.
Ti saluta” disse Crowley, fulminando Shax con lo sguardo “Ciao, ragazzina.”
E la chiamata si concluse. Crowley aprì le braccia, basito.
“Niente di niente.”
Aziraphale si sforzò di sorridere “Beh, meglio così. Abbiamo più tempo per fare colazione!”
“Prima o poi arriveranno” soggiunse Crowley.
“Sì” annuì Aziraphale, cupo “Oppure andrò io direttamente…”
“No, questo no” disse Crowley, perentorio “Perché dobbiamo metterci nei guai per forza? Aspettiamo almeno che vengano loro da noi. Io non ho fretta.”
Aziraphale lo guardò e gli sorrise “No, neanche io.”
 
 
Due settimane dopo

 
Quando aspetti di sentire una brutta notizia, ogni giorno sembra quello buono.
Aziraphale si svegliava tutte le mattine con la consapevolezza che presto una schiera celeste sarebbe giunta a dichiarargli guerra. Disonore, alto tradimento eccetera eccetera. Trascorreva le giornate nascosto nell’appartamento di Crowley - purtroppo la sua adorata libreria era off limits, visto che sarebbe stato il primo posto in cui gli angeli sarebbero andati a cercarlo - a guardare la televisione e a preoccuparsi. 
Ormai si poteva dire che si era trasferito in pianta stabile da Crowley, e i due attendevano cupamente il giorno in cui sarebbe arrivata la resa dei conti. Solo che quel giorno non arrivava. Non c’era traccia di minacciosi ultimatum nell’aria, né da parte del Paradiso, né tanto meno dell’Inferno. Era come se il tempo si fosse fermato e tutti si fossero dimenticati di loro.
I due cercavano di non farsi troppe domande, ma quando si vive ogni giorno pensando che sia l’ultimo, al quindicesimo si inizia a essere quanto meno impazienti.
In ogni caso, non cantavano vittoria. Era un comportamento assolutamente bizzarro e inspiegabile da parte dei loro dipartimenti, ma ciò non significava che potevano considerarsi al sicuro. Crowley era stato condannato a morte, e Aziraphale era letteralmente fuggito, lasciando la sua carica vacante. Non poteva non succedere niente ancora per molto. E se da un lato questa immobilità era strana, dall’altro era un filino deprimente per Aziraphale. L’angelo aveva la netta sensazione che la sua assenza non facesse alcuna differenza, che fossero semplicemente felici che si fosse “tolto dai piedi”, come lui stesso pensava.
Era piuttosto abbattuto per questo e cercava di non darlo a vedere, ma Crowley lo notava. Gli risultava pressoché impossibile esprimere le sue emozioni, ma stranamente comprendeva quelle dell’angelo con la prontezza di uno psicologo.
“Non è per te.”
“Che cosa?” gli domandò.
“Se non ti cercano” continuò Crowley, mentre miscelava un cocktail super alcolico “Non è perché non sei importante.”
Aziraphale gli sorrise, ma il suo era un sorriso triste.
“Essere importanti è sopravvalutato, comunque” gli rispose con finta leggerezza “Comporta solo un mucchio di responsabilità e tante scocciature.”
“Tu sei importante” si sbilanciò Crowley, faticosamente. “Si vede che è successo qualcosa di strano. O avranno in mente qualcosa, che magari ha che fare con una seconda apocalisse.”
“Prima o poi dovrò affrontarli, comunque.” disse l’angelo, cupo.
“Perché? No” gli disse Crowley, inquieto “Tu non torni in quella gabbia di matti, scordatelo. E poi se quelli se ne fregano, freghiamocene anche noi.”
“Suvvia Crowley, non posso stare chiuso qui dentro per sempre, con l’ansia che possa capitare qualcosa da un momento all’altro” gli disse Aziraphale “Devo sapere cosa è successo.”
“Per me puoi stare chiuso qui dentro per sempre” gli disse con un’alzata di spalle “Ti ho anche comprato dei macarons.”
Aziraphale malgrado tutto gli sorrise “Demone tentatore.”
“Al tuo servizio” esclamò l’altro con un mezzo sorriso. Poi gli giunse allo sguardo la sua immagine riflessa all’enorme specchio settecentesco che aveva appoggiato di fianco al frigorifero. Avulso dal contesto, ma dopotutto l’intero appartamento di Crowley era arredato in modo eccentrico. La grossissima cornice dorata dello specchio era in pendant con il trono barocco Luigi XV, ma poco in sintonia con l'impianto stereo HI-FI di ultima generazione. 
“Questi pantaloni di pelle sono un po' troppo attillati secondo te?” gli chiese Crowley, ammirandosi con occhio critico allo specchio.
Aziraphale gli lanciò un’occhiata penetrante. “No, caro. Nient’affatto.”
“Nah, vado a cambiarmi. Sembro una di quelle ragazze che aspetta sui marciapiedi.”
Aziraphale ridacchiò e arrossì “Crowley…”
L’altro si voltò e Aziraphale avvertì il piacevole - e ormai vergognosamente famigliare - formicolio danzare dentro di sé.
“Shax è fuori con Muriel” insinuò, con sguardo vispo. Ma il demone non gli resse il gioco.
“E allora?”
“Siamo soli” insistette Aziraphale con aria insinuante. Crowley spostò il peso da una gamba all’altra.
E allora?
“Vieni qui!” sbottò Aziraphale, sporgendosi sul divano “Vieni qui, mia deliziosa ragazza.”
“Senti, io non so cosa ti sia preso ultimamente” disse il demone, avanzando piano. “Ma arriverà il giorno in cui io perderò il controllo e per te non sarà tutto rose e fiori, te lo assicuro.”
Aziraphale alzò l’indice. “Il miglior modo per resistere a una tentazione è cedere” recitò con aria divertita.
Crowley strinse le labbra e annuì, fingendo di essere colpito. “Wilde.”
“Sì.”
“Il tuo amico” continuò Crowley.
“Abbiamo solo frequentato gli stessi salotti per un po’” minimizzò Aziraphale, sostenendo il suo sguardo. Crowley lo fissò a braccia conserte e borbottò un severo “Hm” d’assenso.
Poi fece dietro front.
“Crowley?”
“Vado a cambiarmi” tagliò corto, sembrava arrabbiato.
“No” Aziraphale si ribaltò dalla parte opposta del divano, pigramente "Stai divinamente.”
“Non essere blasfemo, angelo” disse rapidamente, agile e veloce in tutti i suoi movimenti.
“Dimmi almeno dove sono i macarons” lo supplicò Aziraphale, tristemente.
“Nel cassetto segreto della scrivania di Churchill” gli rispose Crowley da lontano “Di fianco al leggio della regina Vittoria.”
“Grazie…” borbottò l’altro, alzandosi in piedi “E posso avere anche un bacio?”
Crowley si fermò sulle scale e si voltò a guardarlo, Aziraphale gli sorrise.
“No” rispose, orgoglioso.
“Ma insomma. Sei davvero tremendo!”
Il demone fece un sorrisetto compiaciuto e sparì nell’altra stanza.
“Comunque, qualunque cosa accada, sappi che ti amerò per sempre” aggiunse a voce alta. Ovviamente il demone non gli rispose.
Dopo la prima sera, non c’erano più stati approcci romantici tra loro. Crowley continuava a essere freddo, restio e introverso, Aziraphale al contrario non celava più né sguardi, né sospiri. Non che lo avesse mai fatto, ma ora i suoi sentimenti e le sue emozioni erano palesi, tanto che perfino Muriel se n’era accorta, anche se non aveva del tutto inteso che genere di sentimenti ed emozioni provasse.
Non sapeva di preciso perché Crowley si comportasse così. O meglio, si dava tante spiegazioni ma non sapeva quale fosse quella più plausibile. Tutte avevano un comune denominatore: Crowley era adorabile, e lui avrebbe lottato fino alla morte per salvarlo.
 
 
***

 
La temperatura dell’acqua aveva raggiunto i cento gradi.
Il fumo era così forte che aveva trasformato il bagno dell’appartamento in una sauna, anzi, in camera crematoria. Qualunque essere umano in quel posto sarebbe morto tra atroci sofferenze.
Crowley invece si era addormentato, in piedi sotto la doccia. Il caldo era il suo elemento, e il caldo spinto a temperature infernali lo rilassava a tal punto che si dimenticava di tutto, e spesso si addormentava. Fu Shax a svegliarlo. Buttò malamente giù la porta del bagno ed entrò in quella fornace come se niente fosse. Spalancò la porta della doccia, e Crowley ringhiò un “per l’inferno!” che avrebbe fatto rizzare i capelli a un morto.
“Netflix non va” disse seria, poi lo guardò dalla testa ai piedi con una smorfia “Cos’è quello?”
Crowley si coprì subito con le mani “Cosa?”
Quello.”
“Tu non ce l’hai?” le chiese, a disagio.
“No. Dovrei?” gli domandò Shax, preoccupata.
“Nah, non è indispensabile. Forse sei una ragazza, congratulazioni” disse tra i denti, mettendosi addosso un asciugamano “Prima di dire che Netflix non va, hai acceso almeno la televisione?”
Shax scosse placidamente la testa “No.”
A Crowley cadde metaforicamente la mascella. Fece un bel respiro, e poi un altro. Omnia.
“Shax, te l’ho detto trecento volte, per vedere Netflix o Prime devi prima accendere la televisione, non vanno se la televisione è spenta” esclamò Crowley, esasperato.
“Non so come si fa” ammise lei con ovvietà.
Crowley perse la pazienza. “Senti, vallo a chiedere ad Aziraphale, okay? Ti aiuta lui.”
“Non lo trovo” replicò Shax, tranquillamente.
“Come non lo trovi?” ripetè Crowley, improvvisamente allarmato.
“Non so dov’è” ribadì Shax.
“Cosa? Ma come” Crowley si lanciò fuori dal bagno mezzo nudo, spaventato. “Aziraphale?” lo chiamò, la sua voce graffiante produsse un’eco sinistro nel corridoio illuminato solo da delle fiaccole, in perfetto stile da prigione sotterranea. Nessuno rispose. Crowley lo chiamò più forte e iniziò a camminare, con Shax alla calcagna. Dell’angelo nessuna traccia.
Crowley percorse in lungo e in largo il suo insolitamente grande appartamento, ma dentro di lui sapeva che era inutile, sapeva già che l’angelo non c’era.
“Oh no” si angosciò, prendendosi i capelli “Oh no, no, no.”
Shax piegò il capo, perplessa “Hai mal di testa?”
“È tornato in Paradiso” si disperò Crowley, parlando più a se stesso che a lei.
“È un angelo” disse Shax, perplessa “Sarebbe stato peggio se fosse andato all’inferno. È successo una volta un angelo fosse entrato per sbaglio all’inferno. Ha strillato come una donnetta.”
Ma Crowley crollò sulle ginocchia e smise di ascoltarla.
 
 
***
 
 
Nell’ascensore verso il suo Dipartimento, Aziraphale ripassò a mente tutto il discorso da fare al cospetto di Dio.
Si sentiva terribilmente nervoso e agitato e non aveva idea di che genere di accoglienza avrebbe ricevuto. Magari lo avrebbero ucciso sul colpo. Magari lo avrebbero ignorato, o insultato in malo modo o, peggio, magari l’Onnipotente si sarebbe rifiutato di ascoltarlo. Magari Lei era infuriata con lui e quella era letteralmente l’ultima volta che vedeva il Paradiso…
Il trillo dell’ascensore gli anticipò che era arrivato. Le porte dorate si aprirono e Aziraphale, malgrado i suoi timori, non trovò nessuno armato fino ai denti ad attenderlo.
Strano.
Due angeli passarono e lo guardarono di sottecchi, senza dire niente, velocizzarono solo il passo.
Aziraphale comunque conosceva la strada. Andò verso quella che era stata la sua postazione per un anno umano e la trovò già occupata. Michael era seduto al suo posto come se niente fosse, al telefono. Appena lo vide, alzò gli occhi al cielo e disse al ricevitore “Scusa, ti devo lasciare. A dopo. Ciao, ciao.” abbassò la cornetta e lo guardò con un sorriso falso.
“Aziraphale” esclamò Michael, forzando un sorriso “Qual buon vento ti porta qui?”
Aziraphale lo guardò perplesso.
“Come qual buon vento? Ho abbandonato la mia carica” iniziò, teso “Sono scappato sulla Terra e ho spifferato a Crowley quello che mi ha detto il Metraton, credo di meritare almeno una lettera di richiamo.”
Michael congiunse le dita delle mani e sospirò.
“Il Metatron non esiste più” tagliò corto. Aziraphale sgranò gli occhi.
Cosa?
“È stato sostituito. Di conseguenza, tutto quello che ha detto o che ha deciso non ha più alcun valore. Io sono l’Arcangelo Supremo, adesso, e per quanto mi riguarda tu puoi tornartene in esilio sulla Terra e restarci, da traditore quale sei.”
Aziraphale era semplicemente sconvolto. “Posso tornare sulla Terra?” ripetè, incredulo.
Devi.” 
“E Crowley? Crowley non è più…?”
Michael lo incalzò con lo sguardo, spazientito. “Cosa?”
Aziraphale chiuse la bocca.
Niente” recitò, scuotendo vigorosamente la testa “Nulla. Ehm, assolutamente niente.”
“Bene” sorrise Michael, un sorriso poco affabile e poco genuino “Se gentilmente puoi andartene, perché avrei del lavoro urgente da sbrigare, compreso quello che hai lasciato in arretrato.”
Aziraphale, ancora profondamente sconvolto, gli diede le spalle. Ma poi si voltò.
“Posso solo sapere perché il Metatron non esiste più?”
Michael alzò le spalle con noncuranza. “Nessuno lo sa, ordini dall’alto. E per alto intendo, molto in alto. Il vertice.”
Oh” sussurrò Aziraphale, stupefatto.
“Nessuno naturalmente ha chiesto spiegazioni” terminò Michael con ovvietà.
“Naturalmente” si affrettò a precisare Aziraphale, annuendo vigorosamente.
“Se non hai altre domande…”
Questa volta Aziraphale scosse la testa, vigorosamente. “No, nessuna.”
“Bene. A mai più arrivederci, allora.”
L’angelo sorrise come un idiota. “Arrivederci” disse, e poi corse via.
Beh, non corse nel vero senso della parola, ma trotterellò molto velocemente verso l’ascensore. Si sentiva incredulo e sollevato da ogni preoccupazione, gli pareva di avere le ali ai piedi. Ora nella sua testa c’era solo l’impazienza di riferire la splendida notizia a Crowley.
Erano liberi. 
Non poteva crederci.
Era un miracolo, un miracolo di quelli veri, giganteschi inaspettati.
“Tutto bene, Aziraphale? Dove vai così di corsa?” gli domandò una donna con la pelle scura, intenta a dare una ripulita a quei corridoi che solo in apparenza erano perfetti.
Aziraphale le rivolse un sorriso cortesia. “Sì, tutto bene, grazie. Sto solo tornando a casa.”
“Dal tuo fidanzato?” indovinò costei, appoggiandosi alla scopa.
Aziraphale la guardò stupito, ma giunto a quel punto si rese conto che mentire non aveva più senso. “Sì” ammise infatti.
“Capisco” gli sorrise bonariamente “Buon rientro, allora.”
“Grazie” le rispose l’angelo “A te buon lavoro!”
“Grazie. Ce n'è bisogno.”
Aziraphale entrò in ascensore e premette il pulsante per tornare sulla sua adorata terra. Non stava più nella pelle, gli veniva quasi da piangere. Poi, quasi d’improvviso, realizzò che il Paradiso non aveva mai avuto figure come inservienti, là sopra. Gli venne un dubbio atroce, che tuttavia archiviò nel momento in cui il trillo dell’ascensore gli annunciò che era arrivato a destinazione.
Quando le porte si aprirono, trovò un’immagine insolita: Muriel insicura che teneva Crowley ammanettato.
“AZIRAPHALE!” strillò Crowley, e in un attimo il demone gli fu addosso. Letteralmente. Aziraphale lo afferrò e avvertì per la seconda volta le sue gambe magre allacciate intorno alla vita. “Tu, idiota!” Crowley lo colpì forte sulle spalle “Credevo che non ti avrei mai più rivisto! Non farmi mai più una cosa del genere, hai capito? Mai più!”
“Sono qui, Crowley” gli disse l’angelo, commosso “È tutto risolto. Resterò per sempre con te.”
“Davvero?” gli chiese Crowley, con le lacrime agli occhi.
“Sì” gli sorrise Aziraphale, mettendolo giù "Il Metatron non c’è più, siamo liberi.”
Crowley lo guardò restando senza fiato per qualche istante, poi lo afferrò per il bavero della giacca e lo baciò con la stessa forza, intensità e disperazione della prima volta.
“Ti amo” gli confessò finalmente “Mi dispiace se non te l’ho mai detto.”
“Amore mio” gli disse Aziraphale, afferrandogli il viso tra le mani “Non fa niente.”
“Ti amo” ripetè Crowley.
“Ti amo” gli confermò Aziraphale, per poi baciarlo a sua volta.
Muriel e Shax, intanto, li fissavano a qualche passo di distanza, esterrefatte.
“Che stanno facendo, secondo te?” le chiese Muriel.
“Sesso” le rispose Shax, fingendo di sapere cosa fosse.
 
 
 
***

 
 
Crowley a stento riusciva a respirare. Davanti a lui, si estendeva il manto stellato più bello che avesse mai visto. Era un peccato che gli umani non potessero vedere il cielo da Alpha Centauri, era uno spettacolo senza pari. Ma mai meraviglioso quanto avere Aziraphale disteso tra le sue gambe.
Sapeva che l'angelo fosse vorace in fatto di cibo, ma non credeva che questa sua voracità si estendesse anche ad altro, più precisamente a una sua parte del corpo, che in quel momento era messa a dura prova. Evidentemente, divorare con gusto faceva parte del suo essere.
Era tutto talmente esagerato e spinto all’eccesso che il demone non fu più nemmeno in grado di trattenere le ali, che comparvero con un fruscio imbarazzante dietro la sua schiena.
“Ops” disse. Aziraphale gli sorrise - o così gli parve, visto che aveva la bocca decisamente impegnata -  ed esternò anche le sue, candide come la neve. Crowley gliele afferrò e se le portò contro il viso. Inarcò la schiena e venne, forse per la sesta o la settima volta. Ormai aveva perso il conto. Sapeva solo che era esausto e che avrebbe dovuto dormire almeno un mese, prima di riprendersi del tutto. Aziraphale però lo voltò di schiena come se fosse un bambolotto. 
“Ancora?” ansimò il demone, stravolto.
“Sì, amore” disse Aziraphale, dolcemente.
“Sono stanc-oooh. Oddio, sì.”
“Ti amo.”
“Spingi forte, non hai idea di cosa sia entrato lì dentro.”
“Crowley!” lo chiamò con disapprovazione Aziraphale, ma poi gli afferrò i fianchi ossuti e spinse dentro di lui senza tante cerimonie. Crowley tese la schiena alata come un gatto e Aziraphale gliela accarezzò per il lungo.
“Era un secolo che volevo farlo” gli rivelò quest’ultimo, sottovoce.
“Solo un secolo?”
“No, di più. Molto di più.”
“Potevi farlo” gli  disse Crowley, fuori di sé “Ti avrei dato una mano.”
“Ti amo” gli disse di nuovo Aziraphale, baciandogli una spalla “Abbiamo seimila anni da recuperare.”
“Sì, ma non dobbiamo recuperarli tutti in tre giorni” mormorò Crowley “Abbiamo l’eternità a disposizione.”
“L’eternità?” ripetè Aziraphale, senza fiato.
“Sì, mio piccolo bicchierino di Whiskey” disse Crowley, sorridendo controluce “L’eternità."
 
 
 
 
 

Note
Ed eccoci qui! Quanto amo questi due <3
Spero che la storia vi sia piaciuta, come avrete notato, non ho fatto alcun riferimento allo strano, enigmatico sorrisetto che Aziraphale fa alla fine dei titoli di coda o alla ben nota "coffee theory". E il motivo è semplice: ci sono mille teorie su quel sorriso, ma io non ne ho ancora trovata una che mi soddisfi.
Per il resto, spero che vi sia piaciuta e che vi abbia divertito (visto che e ne abbiamo bisogno per come si è conclusa la seconda stagione, help…).
Fatemi sapere se vi è piaciuta!
A presto,
Ecate
 
   
 
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