L’Isola
dei Dannati
A.o.T.
Mission-almost-Impossible
38
E
vissero tutti...
Felici e contenti?
Jean
e Mikasa si erano presi qualche minuto per metabolizzare la sorpresa,
poi Jean fu il primo a parlare:«Prima di darvi una qualsiasi
risposta in merito alla vostra richiesta, mi dovete spiegare perché
volete affidare tale compito proprio noi due».
Mikasa rimase in
silenzio.
«Io ed Eren prima della riunione alla Casa Bianca
eravamo stati già messi al corrente di tutto e dobbiamo spiegarvi un
bel po' di cose» cominciò alla lontana Krista «Intanto non è vero
che ho donato loro il cordone ombelicale, io credevo di lasciarlo in
ospedale, a beneficio dei bambini malati, invece mio zio lo ha
comprato e lo ha dato allo staff medico della CIA su richiesta di
Oniankopon».
«Ma non poteva dirtelo?» le chiese Mikasa molto
perplessa.
«Temeva in un mio rifiuto, lui dice che lo ha fatto
per i mutaforma, in particolare per Eren, ma in realtà credo che
avesse questa idea in testa da quando Kenny rapì Eren per fargli
fare da esca e portare via me. Credo che già avessero intuito che il
nascituro avrebbe potuto garantire delle opportunità in tal
senso».
«Temi quindi che ci sia qualcosa sotto? Qualcosa che ci
tacciono?» intervenne Jean.
«Non lo so e spero di no, ma la
posta in gioco è troppo alta per non avere dei dubbi».
«Quando
lo abbiamo scoperto ci siamo opposti categoricamente» s'intromise
Eren riportando il fucus su Milae e sul suo DNA.
«Che cosa ti ha
fatto cambiare idea?» lo incalzò Jean.
«Pixis è molto bravo a
convincere le persone. Mi ha detto che tutto questo casino era colpa
di mio padre e che anche io avevo contribuito seppur manipolato; che
c'erano nuovi ibridi sfuggiti al controllo, che la vita di molte
persone dipendeva dalla nostra decisione, che una sorta di possibile
salvezza di Zeke era nelle mie mani, insomma ha fatto leva sui miei
sensi di colpa».
«Ci ha detto che nostra figlia finché ci
saranno ibridi è in pericolo perché il suo sangue è prezioso, che
se avessero potuto gestire la faccenda in gran segreto e con il
nostro aiuto, avrebbero liberato il mondo da questa piaga veramente
una volta per tutte e il suo futuro sarebbe stato al sicuro».
«E
così avete ceduto» concluse Jean.
«Sì, ma ad una condizione
imprescindibile, ovvero che per la sua incolumità dovevamo sparire
tutti, non esistere più e quindi tornare a Paradise e per il mondo
reale fingere di essere dispersi o morti».
«Quindi sei stato
tu?» chiese allibito Jean.
«È una decisione che abbiamo preso
insieme e non credere che non siamo consapevoli di rovinare la vita a
molti di voi, ma nostra figlia è più importante di chiunque altro,
anche di noi stessi. Spero che un giorno voi e gli altri possiate
capirci» aggiunse Krista molto seria e determinata.
«Sia chiaro
siamo i primi a sperare che quando tutto sarà finito si possa
tornare alla normalità, ma nel frattempo era necessario tenerla in
sicurezza» aggiunse Eren.
«E vi fidate di loro?» li interrogò
Jean.
«No» gli risposero all'unisono.
«Ma dimmi, tu che
avresti fatto al nostro posto? Avresti rischiato la vita di tua
figlia e di altri innocenti? Avresti esposto il mondo ad altri
ibridi? Abbiamo cercato, non senza dubbi e perplessità di fare la
cosa giusta» spiegò Eren.
«O per meglio dire la meno sbagliata»
lo corresse Krista.
Jean non rispose.
Mikasa per il momento si
limitava solo ad ascoltare.
«Milae ha diritto ad una vita normale
e non ad essere il bersaglio vivente per esperimenti da parte di
chissà chi. Noi almeno di Oniankopon ci fidiamo. Ha permesso ad Eren
di vivere, non è cosa da poco, per questo alla fine ci siamo
convinti» spiegò Krista.
«Ma lo sarà per tutta la vita in
pericolo, non credi?» s'intromise Mikasa.
«In effetti no. Ogni
anno che passa il potere curativo del suo sangue va diminuendo.
Arrivata allo sviluppo le proprietà genetiche per effettuare
l'antidoto andranno a scemare drasticamente fino a diventare, in poco
tempo, del tutto nulle e prima di compire vent'anni sarà libera.
Questo hanno omesso di dirvelo, ma a noi l'ha spiegato bene
Oniankopon».
«Quindi se ho ben capito volete che noi ci
prendiamo l'impegno e la responsabilità di vegliare su di lei se vi
capitasse qualcosa, nel qual caso dovremmo crescerla e proteggerla
fino all'età che la renderà al sicuro, giusto?» chiese Mikasa
infine.
Eren annuì «Sei l'unica di cui mi fido ciecamente e tu»
disse puntando Jean «sei l'unico che farai qualsiasi cosa Mikasa ti
chiederà, perché la ami e non lasceresti mai sola con una simile
responsabilità. Inoltre è innegabile che sei una persona con alti
valori morali e sono certo che non venderesti mai mia figlia al
miglior offerente e poi cosa non trascurabile sei un ottimo
agente».
Ci furono alcuni secondi di pesante silenzio che infine
fu rotto da Jean:«Per me va bene» rispose spiazzando tutti. Come
poteva dire di no? Sapeva già che Mikasa lo avrebbe fatto a
prescindere di qualsiasi sua decisione e a parte ciò quella bambina
aveva il sacrosanto diritto di essere salvaguardata.
«Grazie»
gli disse Krista commossa abbracciandolo, mentre lui non sapeva bene
che fare e cercò lo sguardo di Mikasa che aggiunse:«Ovviamente sta
bene anche per me. Contate pure su di noi. Speriamo non accada mai,
ma nel caso la cresceremo e la difenderemo come se fosse
nostra».
Eren e Krista sorrisero ad entrambi e, con un cenno di
gratitudine della testa, li ringraziarono ancora una volta. Non c'era
bisogno di molte parole, perché nonostante tutto si volevano bene e
si stimavano anche se non sempre erano andati d'amore e d'accordo.
«E
ora prendetela un po' in braccio, fate conoscenza!» disse entusiasta
Krista piazzando la bimba tra le braccia di Jean che s'irrigidì come
uno stoccafisso.
«Rilassati Kirschstein non morde, al limite
strilla e piange» ridacchiò Eren divertito dall'imbarazzo
dell'altro.
Jean continuava a maneggiarla come fosse di vetro ma
per fortuna la bambina era tranquilla.
Mikasa lo guardava un po'
compiaciuta e un po' intenerita. Il ragazzo non era decisamente a suo
agio, ma a lei piaceva quell'idea di Jean con un bambino in braccio,
chissà, magari un giorno in un molto, ma molto lontano
futuro...
«Milae? Milae? Sorridi allo zio Jean!» disse Krista
invogliando la bambina ad interagire e a quel punto lui si sciolse e
cominciò a farle dei versetti scemotti, improvvisamente però così
da nulla cominciò a piangere gettandolo letteralmente nel panico.
Come se la bimba scottasse la passò veloce a Mikasa. Era
mortificato.
La ragazza invece la calmò quasi subito passeggiando
e cullandola aumentando così la frustrazione di Jean.
«Poi
imparerai come si fa, non crucciarti» gli aveva detto Eren dandogli
una pacca sulla spalla.
Jean stranamente non aveva reagito, gli
sembrava tutto così surreale. Lui con l'ex di Mikasa diventato padre
per sbaglio, che ora faceva l'amicone, sembrava la trama di una
pessima commedia, ma stranamente nonostante fosse una situazione
bislacca, la cosa gli piaceva, gli dava un senso di rinnovata
serenità. Aveva così tanto penato per realizzare il suo sogno con
la ragazza che amava, che ora non gli faceva più paura niente,
neppure Eren, o fare da padrino a Milae, o il trasferimento a
Paradise. Con lei era pronto anche ad andare all'inferno se fosse
stato necessario. Gli dava una sicurezza che non sapeva di avere e
questo lo legava sempre di più a lei.
«Milae è un nome
particolare, non l'ho mai sentito prima, chi l'ha scelto?» chiese
Mikasa rivolta a Krista continuando a trastullare la piccina.
«Eren.
Eravamo d'accordo che se fosse stata femmina l'avrebbe scelto lui e
fosse stato maschio io» spiegò la ragazza prendendo dalle sue
braccia la figlia per farla mangiare.
«È di origine Coreana e
l'ho scelto perché è il più musicale che ho trovato» aggiunse
Jeager.(1)
«In
che senso? Non mi dirai che non ci sono altri nomi musicali?» gli
chiese Mikasa un po' stranita.
«Milae significa futuro,
concetto
che mi era caro, in quanto mia figlia ha davvero cambiato me e la mia
vita, e poi è semplicemente perfetto perché lei è anche
oggettivamente il nostro futuro, grazie a lei ci sarà un mondo
libero e sicuro per tutti!» spiegò soddisfatto.
«Ma tu guarda,
sei diventato pure poetico» rimarcò Jean un po' per sfotterlo e un
po' stupito, quasi non lo riconosceva.
«È colpa della paternità,
vedrai quando toccherà anche a te».
«Oh andiamoci piano eh? Per
ora non rientra affatto nei miei progetti».
«E nemmeno nei miei,
per carità!» gli fece eco Mikasa.
Lui la guardò un po' storto
perché sembrava proprio refrattaria alla cosa, ma riflettendoci su
non poteva darle torto perché avevano appena cominciato a stare
insieme, anche solo l'idea di un figlio era quanto meno
prematura.
«Allora state attenti e soprattutto non fatevi
prendere dalla foga nei momenti meno opportuni, quando non siete
adeguatamente protetti»
li canzonò Krista.
Mikasa arrossì come un pomodoro fino alla
radice dei capelli «Possiamo cambiare argomento per favore?» si
stizzì appena.
«Credete che accetteranno tutti di venire a
Paradise?» disse Eren accontentandola e tornado ad argomenti più
seri.
«Mi pare di aver capito che non è propriamente una scelta»
sospirò Mikasa.
«Sapevamo che questo tipo di carriera poteva
farci stare sotto copertura anche per anni, quindi è normale che
tutti si traferiranno, i corpi speciali sono un po' come le sette,
non ti consentono facilmente di uscirne e tornare libero, se non con
la pensione» sottolineò Jean pragmatico.
«E così si riparte da
dove tutto è cominciato» sospirò Krista rassegnata dando il
biberon a Milae.
*
Qualche
tempo dopo...
«Questa
moto è favolosa!» disse Mikasa ammirando la Ducati che Jean aveva
appena tirato fuori dal garage. Era la prima volta che la vedeva e
che l'avrebbero usata assieme.
«È una Diavel V4» spiegò
orgoglioso mentre poggiava il bolide rosso fiammante sul cavalletto.
«Sono contento che apprezzi, di solito molte ragazze hanno una certa
avversione per le due ruote».
«Non io» puntualizzò Mikasa e si
avvicinò facendo poi una sorta di carezza passando la punta delle
dita sul serbatoio cromato, con gli occhi che le brillavano.
«Me
la fai guidare?» esordì come un bimbo che anela di salire sulla sua
giostra preferita.
«Non scherziamo» rispose lui sorridendo e
alzando le mani.
«Perché no? Dai fammela guidare!».
«Mi
dispiace ma sulla moto non transigo» gli rispose serioso.
Lei gli
si avvicinò e gli cinse la vita cercando di ammaliarlo con uno
sguardo languido.
«Non funziona, mi dispiace».
«Insomma vuoi
deludere la tua ragazza?».
«Dai Mikasa fare la gatta morta non
ti si addice».
«Hai ragione, allora cambio registro, vorrà dire
che mi regolerò di conseguenza» lo minacciò semiseria.
Era una
sorta di scaramuccia simpatica, anche se c'era effettivamente un
pizzico di voglia di farlo cedere.
«Tipo?» le chiese fingendosi
preoccupato.
«Prevedo all'orizzonte molti mal di testa serali,
seguiti da indisposizioni di vario genere» gli rispose sibillina, ma
non troppo seria.
«Ah capisco» fece lui meditabondo «ma è una
punizione che estendi anche a te stessa, se ti sta bene... un po'
come quello che si tagliò il pisello per far dispetto alla
moglie».
«Che delusione sei il solito maschio che è geloso
delle sue cose».
«Più che altro non posso dartele tutte vinte,
se proprio ti va così tanto di guidarla potresti acquistarne una, ma
la mia moto è sacra e la guido solo io, dai mettiti il casco e
andiamo».
«Ti preferivo sottone!».
«Questo è un colpo
basso, non sono mai stato un sottone e comunque andiamo che sennò
facciamo tardi».
«Non ti sei mica offeso?» gli chiese visto che
si era appena rabbuiato.
«No, ma non mi piace essere definito
così. E comunque abbiamo problemi ben più gravi da affrontare e
questa dovrebbe essere una serata spensierata prima di partire per la
missione»
«Ma io scherzavo, dai! Era solo per farti dispetto
perché non vuoi farmi guidare la moto».
«E non te la farò
guidare lo stesso» puntualizzò imperturbabile.
Lei capì che il
giochino era durato fin troppo, quindi decise di abbozzare. «E
comunque sei un sacco carino quando fai il muso» gli confidò
sorridendo e poi con aria davvero impertinente aggiunse «Sottone!»
e scoppiò a ridere.
«Non avrei mai creduto tu fossi così
perfida» gli disse lui afferrandola e attirandola a sé con finta
aria di minaccia.
«Guarda che anche io sono la tua sottona,
scemo!» fece appena in tempo a dirgli prima che lui le tappasse la
bocca con un bacio.
A volte le loro insicurezze riaffioravano di
colpo, ma bastava molto poco per soffocarle.
Si infilarono i
caschi, salirono sulla moto, Jean diede gas e sfrecciarono verso la
loro destinazione.
*
«Tu
stai tramando qualcosa» disse Levi girando intorno ad Hanji con fare
indagatore.
«Ci puoi giurare» fu la risposta diretta di lei.
«Ti
pare il caso?».
«Lo so che non approvi, che tu sei per farti i
fatti tuoi, ma questa volta è per una buona causa».
Levi sospirò
era inutile insistere con Hanji, lo sapeva bene.
«A proposito ma
di chi è stata l'idea di fare questa serata di merda?» le chiese
poi contrariato.
«Dei più giovani, santo cielo però come sei
acido!».
«Non stiamo partendo per un viaggio di piacere, tutte
queste manfrine mi urtano e poi una serata karaoke? Vade retro,
guarda meglio una missione mortale in culonia saudita!(2)».
«Ma
mica devi cantare».
«Tanto lo so come vanno a finire certe cose,
però potrei sempre darmi malato» disse come colto da
illuminazione.
«Il fatto è che tu sei preoccupato per altro, ti
conosco».
Hanji aveva centrato il punto e Levi non
rispose.
«Sbaglio?» rincarò lei.
«Io non credo che le cose
siamo come ce le hanno prospettate e se vuoi saperla tutta, da
quell'isola temo che non ritorneremo mai più indietro».
«È
probabile, anche se spero proprio di no» ammise lei «ma che
possiamo fare se non accettare il nostro destino? Che ci piaccia o no
come ha detto Pixis siamo gli unici che possiamo arginare il
problema. Abbiamo una sorta di debito morale a cui non
possiamo sottrarci. Siamo uomini e donne pronti anche alla morte per
il bene comune, è ciò che facciamo da sempre».
«E diciamola
tutta: è anche per questo che gli stronzi ci hanno potenziati a
dovere» aggiunse Levi sardonico.
«Certamente, ne siamo
consapevoli, ma il punto non è questo. Insomma questa vita ce la
siamo scelta e per quanto remota fosse questa possibilità, sapevamo
che poteva accadere. Ci sono agenti che hanno passato la loro
esistenza sotto copertura. È raro, ma non impossibile. Quello che
può cambiare la prospettiva è che siamo davvero fortunati, molti di
noi hanno la possibilità di affrontare questo salto nel buio non da
soli ma in compagnia di chi amano, e chi non ha un compagno, o una
compagna, può sicuramente contare su dei veri amici pronti a vendere
cara la pelle gli uni per altri».
«Proprio per questo motivo non
appoggio la tua scelta, non puoi tirare nel mezzo una civile e
condannarla ad una vita da latitante su un'isola che per il mondo non
esiste! Ti rendi conto?».
«Ma questa è una decisione che non
spetta né a me, né a te, ma solo a lei. Credo che sia giusto che
possa disporre della sua vita come meglio desidera».
«A volte
non ti capisco» commentò Levi.
«Consolati, nemmeno io» ammise
Hanji sorridendo per sdrammatizzare.
«Hai la testa veramente
dura».
«Senti chi parla!».
«Va bene mi arrendo, ma se
scoppia un casino e scoppierà, almeno ho la coscienza a posto perché
ho provato a farti cambiare idea».
«E che casino può mai
scoppiare? È stato detto che i familiari possono essere inclusi nel
progetto e mi sono informata ai piani alti, non importa siano
legalmente sposati per essere definiti tali».
«Credi davvero che
Erwin la prenderà bene? È un'enorme e inopportuna ingerenza nella
sua vita privata».
«Un po' come ha fatto lui con noi. E non
dimenticare che se non si fosse messo nel mezzo non sarebbero
cambiate le regole e oggi noi, come altre coppie, saremo state divise
da protocollo. Si incazzerà di sicuro, ma poi gli passerà vedrai.
Ha diritto anche lui ad una fetta di felicità. Ed è questo che
fanno gli amici: si impicciano, aiutano e soprattutto non si girano
dall'altra parte».
Levi la guardò molto incupito e poi sbottò
«Mi fa girare altamente i coglioni dirlo, ma hai sempre
ragione!».
Hanji rise di gusto, ma decise di non infierire oltre
e non commentò.
*
Davanti
al locale karaoke, Canta che ti Passa, scelto ovviamente da
Connie, Erwin trovò Marie che l'attendeva all'entrata.
«Che ci
fai qui?» sobbalzò completamente spiazzato dalla sorpresa.
«Ho
bisogno di parlarti, ti va se facciamo due passi?».
«Io... sì,
va bene» farfugliò confuso «ma come hai fatto a trovarmi?».
«È
stata Hanji ma ne parliamo dopo, non abbiamo chissà quanto tempo,
domani è il giorno della partenza e dobbiamo chiarirci».
Quindi
sapeva tutto? Erwin avrebbe strozzato l'amica, ma per il momento
decise di ascoltare Marie, anche perché il suo cuore era in tumulto
tra gioia e preoccupazione.
«Prima fammi finire tutto ciò che ho
da dire, poi parlerai tu, promesso?».
Smith suo malgrado
annuì.
«Capisco le tue ragioni nel tacermi la cosa. Non solo,
credimi, le apprezzo. In questo caso hai fatto la cosa che ritenevi
fosse più giusta per me, ma non puoi decidere al posto mio. Erwin
qui non ho più niente che mi leghi. Nil è morto e sepolto, lavoro
rintanata in un ufficio polveroso e il mio mondo si esauriva a questo
e poco più, fin tanto che non sei riapparso. È vero ho avuto paura
e un po' ne ho ancora, non ci conosciamo più come un tempo, ma hai
ridato colore alla mia vita. Mi sento nuova e piena di fiducia in un
futuro che prima aveva i toni grigi di un triste e perpetuo Novembre.
La vita è comunque un salto nel buio, i progetti spesso sfumano, ma
ci sono anche occasioni che vanno prese al volo e senza pensarci
troppo, quindi io ho deciso, se mi vuoi starò con te a Paradise e
potremmo convivere proprio come speravi prima che accadesse questo
casino».
Quelle parole furono per Erwin come un picco violento di
adrenalina che lo investì in pieno, in cui gioia e disapprovazione
facevano a pugni mozzandogli il fiato, mentre il suo cuore aveva
preso il ritmo di un assolo di batteria.
«È molto pericoloso
Marie, potrebbe essere una missione senza ritorno, inoltre è una
situazione al limite dell'assurdo, una vita da fantascienza io
non...».
«Hanji mi ha spiegato tutto».
«Quella disgraziata
mi sente! Ma lo sai che è una cosa folle? Oltretutto è
terribilmente rischioso, oltre che incosciente, da parte sua averti
messa al corrente di tutto ciò, potrebbe costarti molto caro! Io la
strozzo!» sibilò indignato, come aveva potuto farlo e Levi? Lui che
era sempre così razionale, ne sapeva qualcosa? Era scioccato.
«Non
agitarti non siamo tutti matti da legare, abbiamo fatto le cose come
si deve, ormai anche io faccio parte del progetto. Ho rispolverato la
mia vecchia laurea di infermieristica che non ho mai voluto
esercitare, darò una mano come OS nell'ospedale di Onyankopon. Ho
cercato io Hanji. Ho insistito io, perché volevo capire e sapere
cosa ti stesse accadendo e soprattutto non volevo perderti. Così
prima che tu mi dissuadessi, o peggio mi impedissi con qualche
magheggio dei tuoi di seguirti, ti ho anticipato e lei mi ha aiutata
ad avere ciò che volevo. Dopo un attento esame Pixis mi ha
accettata. Ha detto anche che per te sarebbe stato un bene avermi
accanto».
L'uomo era rimasto ad ascoltare stupefatto e a corto
di parole, sempre in bilico tra l'essere felice e l'essere incazzato
nero.
«Hai detto che volevi fare sul serio ricordi? Beh ora è
giunto il momento di dimostrarlo. Io ti ho appena fatto vedere quanto
realmente tu conti per me, ora tocca a te» concluse Marie.
Lui
sospirò forte in balia di mille sentimenti diversi. Era ammirato
dalla sua determinazione, era felice di aver scoperto quanto lo
amasse, ma allo stesso tempo era preoccupato, impaurito, arrabbiato e
spiazzato. Era abituato ad essere sempre un passo avanti e non uno
indietro, questa volta non avrebbe potuto avere il controllo su
questa faccenda.
Ma era poi così male? La guardò dritta negli
occhi per cercare di calmarsi e vi lesse tutta la sua risolutezza,
oltre che il suo amore. In pochi secondi sì sentì come svuotato e
libero da un peso, si rese conto che contrastarla sarebbe stata una
battaglia già persa, quindi fece quello che non faceva quasi mai: si
arrese. Si sentì improvvisamente leggero e la prese tra le braccia,
poi la baciò con una tale intensità che a Marie tremarono le
ginocchia. Quando si staccò da lei erano i suoi occhi che
scintillavano dall'emozione: «Non ho mai voluto niente e nessuno
quanto voglio te. Ti basta come risposta?».
Lei si accucciò tra
le sue braccia felice e anche rasserenata, non era del tutto sicura
che sarebbe andata così bene e che lui l'avesse digerita così in
fretta, non era di certo un uomo abituato ad essere gabbato, o preso
in contropiede, ma avrebbero affrontato il vento e le burrasche una
alla volta. Ci sarebbe stato ancora tanto da chiarire e da parlare ma
per il momento era giusto godersi quella neonata ed incosciente
felicità.
La
serata Karaoke era andata bene anche con buona pace di Levi che alla
fine si era arreso e scioccando tutti aveva pure cantato. Tra lo
stupore generale e facendo perdere cinquanta dollari di scommessa a
Connie, si era esibito in I was made for lovin'g you dei Kiss,
ovviamente dedicandola ad Hanji, la quale dopo un primo momento di
shock, ne rimase lusingata e piacevolmente sorpresa, sia dal fatto
che fosse intonato e sia dal fatto che sapesse pure ballare, dato che
mentre cantava si muoveva a tempo di musica in modo indecentemente
sexy. Quell'uomo era davvero una miniera di sorprese pensò giuliva
la novella signora Ackerman, una cosa era certa loro due non si
sarebbero mai annoiati insieme.
Levi non appena ebbe terminata la
sua inaspettata performance, riprese il suo perfetto aplomb, come se
nulla fosse accaduto, raggiunse Hanji e si giustificò dicendole che
non avendo tenuto fede nel farle la proposta in pubblico, le doveva
comunque una figura di merda e ora, con questa, aveva saldato il suo
debito ed era a posto con la sua coscienza.
Erwin che aveva
promesso fuoco e fiamme contro Hanji nel vedere Levi ballare e
cantare aveva riso così tanto che alla fine aveva desistito da ogni
proposito bellicoso, almeno per il momento.
A fine serata Jean
aveva consegnato le chiavi della moto a Mikasa perché la guidasse
adducendo come scusa che lui aveva bevuto e lei no. La ragazza si
sciolse letteralmente e se aveva avuto qualche dubbio, ora più che
mai aveva la certezza di quanto lui fosse speciale, anche se a volte
voleva fare il sostenuto, ma del resto nessuno è
perfetto.
L'indomani la partenza per Paradise era stata
traumatica, ma anche carica di aspettative.
Ritornare in
quell'isola come neonato Corpo di Ricerca, nominato da Pixis per
via della sperimentazione e il contenimento degli ibridi nell'attesa
di avere un antidoto, fu sia dolce che amaro, ma almeno questa volta
erano tutti coesi e soprattutto sapevano perché fossero lì e che
cosa li attendeva.
O almeno questo era ciò che sembrava sulla
carta...
EPILOGO
Molti
mesi dopo il loro insediamento nell'isola le loro vite erano ormai
incanalate in una sorta di routine regolare e tutto sembrava
procedere nella giusta direzione e senza troppi scossoni.
L'unico
vero grosso problema era far mangiare Zeke che sembrava depresso, ma
soprattutto tenergli Levi lontano dato che, in modo assai magnanimo
voleva personalmente porre fine a quella sua vita di merda,
come amava dire lui ad ogni occasione.
L'antidoto era già quasi
stato messo a punto e quindi stava per essere condotta una prima
prova di sperimentazione su ibrido.
Nonostante Krista si fosse
opposta con tutte le sue forze, Eren si era offerto volontario e a
breve lo avrebbe testato su se stesso. Poi se le cose fossero andate
bene, uno ad uno anche gli altri lo avrebbero ricevuto e nel giro di
un anno o poco più, tutto sarebbe finito.
Nel frattempo i così
detti ibridi
dormienti inconsapevoli della loro reale condizione, convinti
solo di essere portatori sani di un virus letale, erano stati tutti
racchiusi a Marley e per il momento nessuno di loro aveva dato grossi
problemi. Insomma tutto sembrava andare per il verso giusto.
Ma
qualcuno tramava nell'ombra...
«E
così questo Corpo di Ricerca sta per testare l'antidoto eh?».
Uri
annuì e guardò Kenny soddisfatto.
Lui non era mica stupido come
suo fratello, ci aveva ragionato su e alla fine si era detto che era
insensato non cogliere quell'occasione così ghiotta. Kenny poi gli
aveva forzato la mano proponendosi come socio e mettendogli a
disposizione i suoi contatti e la sua squadra speciale. Uri era un
uomo molto influente e sapeva come muoversi e come sfruttare al
meglio le opportunità e si era comportato di conseguenza.
«Quando
penseranno di aver risolto per sempre la questione noi ci faremo
avanti e ci occuperemo della faccenda. Se tutto andrà secondo i
nostri piani avremmo in mano l'arma più potente di sempre. A quel
punto potremmo dettare le nostre condizioni. Tutte le nazioni più
potenti faranno a gara per accaparrarsela e noi da bravi generosi la
venderemo a tutti e diventeremo straricchi!» concluse Kenny
soddisfatto.
Poi aprì la valigetta in cui c'era già una fiala di
siero per creare ibridi di seconda generazione e uno scomparto vuoto
pronto ad ospitare il neonato antidoto appena fosse stato
testato.
Uri gli ammiccò sornione era stato tutto più facile del
previsto, anche se era conscio che la CIA e l'FBI non gli avrebbero
di certo reso le cose semplici. Sicuramente al momento delle trattive
per vendere quell'arma così potente e così preziosa qualche
scaramuccia ci sarebbe stata, ma era sicuro che ogni potenza ne
avrebbe voluta almeno una dose, compresa anche quella che diceva di
volerla debellare dal mondo.
Brutte
teste di cazzo cacate male! Ride bene chi ride ultimo! Lo sapevo io
che non poteva essere tutto così semplice, ma avete fatto male i
vostri conti. Al momento opportuno vi accoglieremo con un comitato di
benvenuto che neanche immaginate. Di te Kenny la merda mi occuperò
personalmente, infame che non sei altro!
Pensava
Levi incazzato nero, mentre ascoltava la conversazione grazie alla
cimice che aveva piazzato strategicamente per origliare quel gran
figlio di una buona donna di suo zio. Conosceva fin troppo bene i
suoi polli, aveva sentito puzzo di bruciato fin dall'inizio e aveva
avuto ragione a prendere questa iniziativa senza chiedere il permesso
a nessuno.
Farla a Levi Ackerman se non impossibile era senz'altro
molto difficile, anche se a dire il vero Erwin lo aveva coperto e
spalleggiato a sua insaputa.
E così erano davvero tornati ad un
passo dal punto di partenza: altra storia, altra guerra
da
combattere. Nessuno come sempre aveva imparato nulla dagli errori
passati...
FINE
§
L'uomo
si distrugge con la politica senza princìpi,
col piacere senza
la coscienza,
con la ricchezza senza lavoro,
con la
conoscenza senza carattere,
con gli affari senza morale,
con
la scienza senza umanità...
Mahatma Gandhi
L'utimo
monologo dell’autrice
Allora
gente come va? Siete rientrati dalle ferie?
Di seguito il pippone
promesso, che se non avete voglia di leggere potete skippare subito
dopo le note!
NOTE
1)
La considerazione fatta da Eren in
realtà è la mia che ho preso in prestito questa cosa da "Mare
Fuori," dove Carmine chiama la figlia Futura ispirandosi alla
canzone di Lucio Dalla, ma anche perché rappresenta il suo futuro.
L'idea mi è davvero piaciuta così ho cercato un modo di dire
"futuro" più musicale e più femminile possibile e ha
vinto la lingua coreana!
2)Culonia
saudita è uno colorito modo di dire
delle mie parti che significa alla fine del mondo e oltre!
E
ora vorrei spendere due parole sul perché ho scritto questa fic. La
prima motivazione è molto semplice avevo bisogno di leggerezza.
Volevo prendere il contesto di SNK o AOT che dir si voglia e
"ammorbidirlo" senza spogliarlo però della sua essenza
primaria e l'AU era l'unica strada. La seconda, che è quella che mi
premeva di più, era dare quel qualcosa (chiamata anche gioia) ad
alcuni personaggi a cui Isayama l'aveva negata, così ho regalato
loro ciò che avrei voluto vedere nel canon.
Per quanto riguarda la fine
però ho voluto essere coerente con l'Isayama pensiero, ovvero
che l'uomo non impara MAI dai propri sbagli e tutto, in qualche modo,
si ripete.
Se per caso vi state chiedendo se questa storia avrà
un continuo la risposta è no.
Ci tengo a
specificare che forse questo capitolo potrebbe apparirvi "frettoloso"
o eccessivamente riassuntivo, ma vi assicuro che è nato così e
così doveva essere. Potevo scrivere altri capitoli per
approfondire certe cose, ma non avrebbe avuto per me lo stesso
"effetto", oltre che darmi l'idea di allungare il brodo (cosa che odio), quindi sappiate che è unicamente una mia scelta narrativa ponderata.
Mi sono divertita come una
matta a scriverla, ma vi confesso che dietro c'è stato un lavoro
accurato e tanta fatica, anche per questo spero che come mi sono divertita
io a scriverla, parimenti voi vi siate divertiti a leggerla, per me
sarebbe la cosa più bella. Per
questo mi rivolgo a te che l'hai letta dal primo all'ultimo capitolo
e magari l'hai apprezzata, ti va di farmi sapere che cosa ti è
piaciuto o cosa non ti è piaciuto? Te ne sarai davvero grata, non
perché io sia in cerca di lodi o approvazione, ma perché vorrei
capire che cosa può averti lasciato questa storia, se ovviamente
lo ha fatto. Sappi che le critiche sono sempre bene accette e sono
molto utili quando sono costruttive, sono la prima che ne faccio
tesoro per migliorare, perché di fatto non si migliora mai
abbastanza e io di strada ne ho da fare molta, ne sono consapevole.
Grazie di vero ♥ a chi
mi ha accompagnata dall'inizio alla fine in questo viaggio durato un
anno, ma grazie anche a chi l'ha fatto solo per una parte del
percorso, so di avere tanti difetti ma non sono di certo un'ingrata e
ogni recensione (anche le 100 e più andate perdute) è stata
apprezzata e gradita.
In particolare vorrei ringraziare le mie
fedelissime Fool♥ e Coldcat♥,
ma anche Jakefan e Im_notsupposedtobehere per il loro incoraggiamento
(la prima) e per essere passata (la seconda), grazie anche a Lady Five, lei sa perché.
Concludo scusandomi
per i vari errori di battitura che grazie a segnalazioni e riletture
estemporanee sono riuscita a correggere (spero tutti).
E per chi
fosse mai interessato alle mie future elucubrazioni mentali, sappiate
che sto già lavorando ad una canon Levi-centrica, quindi ci
rivedremo presto, ma non subito, tra un po'!
E con questo è
tutto, vi ho ammorbato abbastanza, passo e chiudo.
Ad maiora
semper!
Con affetto e riconoscenza
kamony
{See you soon!}
Disclaimer
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Tutti i personaggi di SNK qui citati (purtroppo) non mi appartengono, ma sono proprietà di Hajime Isayama.