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Autore: Carme93    12/09/2023    0 recensioni
I nati del 1998 sono figli della guerra e della vittoria su Lord Voldemort.
La loro nascita ha simboleggiato nuova luce nel buio delle tenebre e gioia e speranza in un mondo in macerie da ricostruire. Un chiaroscuro insito nella vita di ognuno di loro.
La generazione figlia della guerra arriva a Hogwarts.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Minerva McGranitt, Neville Paciock, Nuovo personaggio, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo ventiduesimo





 
 
Di gatti, candeline e uova esplosive
 
 
 


«Sei sicura?» sussurrò Zoey.
«Certo. Di che hai paura?».
«Non è come fare uno scherzo a Lumacorno» replicò l’amica. «Poi lui è pazzo, quando ci ha beccato travestite da fantasmi per spaventarlo…».
«Ti prego» borbottò Charlie. «Era il primo mese di Scuola, eravamo alle prime armi… E tu sei inciampata nel lenzuolo…».
«Però lui ha riso».
«Di noi».
«E ci ha offerto una cioccolata calda».
«Senti, Zoey, Lumacorno è un vecchio rimbambito. McBridge è diverso, quindi facciamo attenzione».
«Appunto» ribatté Zoey tentando di mantenere la voce bassa. «Anche tu hai detto che non ci sta con la testa… E ora, di notte, noi gli tendiamo un agguato».
«Hai preso il posto di Teddy?».
Zoey roteò gli occhi e rinunciò.
«È solo un po’ di polvere pruriginosa» disse Charlie.
«Mmm… comunque arriverà a breve, di solito dopo cena si ritira nella sua camera».
«Ma i professori come passano il tempo la sera?» chiese Charlie.
Zoey si strinse nelle spalle. «Leggono?».
Charlie replicò con una smorfia disgustata. A quel punto rimasero in silenzio in attesa. Erano nascoste in uno stretto passaggio segreto, pronte ad agire. In realtà, non avevano mai commesso uno scherzo ai danni di un professore, se non si considerava la pagliacciata con il lenzuolo. Avevano sempre avuto un limite, indipendentemente da cosa ne pensassero gli adulti. Eppure adesso era diverso: McBridge aveva ferito e umiliato Mark e quello non era giusto. Era andato oltre anche lui. Finalmente percepirono dei passi avvicinarsi. Entrambe si tesero. Indossavano un mantello senza alcuna insegna e avevano calato i cappucci sulla testa per non essere riconosciute.
«Pronta?».
«Adesso». Charlie uscì allo scoperto e lanciò un pugno di polvere pruriginosa sul professore. Solo che nella tensione non avevano considerato che non erano solo un paio di passi quelli che si era avvicinati, ma due. Quattro considerando le zampe di un gatto scheletrico.
«Fermatevi!» urlò Gazza, mentre McBridge cominciava a grattarsi. «Oh, ve ne pentirete»,
Le due Tassorosso si diedero alla fuga, ma il Custode, nonostante l’età avanzata, sembrava ancora un campione nella sua specialità: inseguire e tormentare gli studenti. Corsero a perdifiato lungo una scalinata, che decise di muoversi all’improvviso, purtroppo quando Gazza le aveva ormai raggiunte.
«Sto per vomitare l’arrosto» sbottò Zoey.
«Non…». La replica di Charlie si perse nello scontro con un ragazzo che era apparso inaspettatamente.
«Che cavolo…».
«Siamo spacciate» sbuffò Zoey.
«Venite con me».
Le due ragazzine seguirono Robin Peters che le trascinò lungo un corridoio deserto e poi, prima che Gazza svoltasse l’angolo, tirò verso l’alto il braccio di un’armatura. Si aprì un incavo nel muro, stretto ma sufficiente per farli scivolare dentro appena in tempo. Strisciarono nel muro per un tempo che parve infinto, ma probabilmente nemmeno un paio di minuti, poi finalmente uscirono in una stanza minuscola nella quale entravano a malapena tutti e tre.
«Dove siamo?» domandò Zoey riprendendo fiato.
«Una specie di ripostiglio».
Charlie starnutì. «Questo spiega la polvere».
«Com’è possibile che mi trovi sempre in mezzo a un vostro scherzo?» chiese invece Robin.
«Io con te non ci parlo» si ricordò Charlie dirigendosi verso la porta.
«Vi ho salvate da Gazza» sbottò Robin. «Potresti almeno spiegarmi che ti ho fatto».
Charlie lo fulminò. «E lo chiedi pure?».
«Abbassa la voce» la richiamò Zoey, che non voleva ricominciare a scappare.
«Sì!» ribatté il Serpeverde indignato.
«Come hai osato inviare a me un bigliettino per San Valentino!».
Robin sgranò gli occhi. «Cosa avrei fatto io?».
«Non negare!».
«L’ho visto anch’io» borbottò Zoey.
«Non ti ho mandato un bel niente».
«Abbi almeno il coraggio di ammetterlo» lo redarguì Charlie.
Robin scosse la testa. «Te lo giuro, non ti ho inviato nulla».
Charlie sbuffò e si avviò fuori dal ripostiglio senza guardarsi alle spalle, Zoey la seguì. Almeno lo scherzo a McBridge era stato un successo, ma un senso di amarezza non abbandonava comunque Charlie.
 
*
 
Quel lunedì dopo pranzo Mark, non avendo alcuna scelta, si avviò verso l’aula di Difesa contro le Arti Oscure con i suoi compagni. Charis gli prese la mano e gli rivolse un’occhiata incoraggiante. I suoi amici erano con lui, lo sapeva, ma dentro l’aula l’avrebbero lasciato solo e non potevano comportarsi diversamente o sarebbe stato peggio.
Non era ben chiaro che piega avrebbe preso la situazione. Mark non aveva ricevuto alcuna comunicazione né era stato convocato dalla Preside. Il venerdì mattina, successivo alla sfuriata di McBridge, quasi tutti i professori avevano abbandonato la colazione prima del consueto. Girava voce che si fossero riuniti, la maggior parte degli studenti ipotizzava le motivazioni più disparate; i sei Tassorosso erano quelli più vicini alla verità: sicuramente c’entrava la storia di Mark.
Il ragazzino era riuscito a parlare con Elly, la quale era stata convocata il venerdì sera. La Caposcuola non aveva rivelato il contenuto della conversazione, ma la spilla svettava ancora sul suo petto.
Mark si era rintanato nel loro Dormitorio, temendo una convocazione da un momento all’altro; alla fine lui e i compagni si erano convinti che la Preside avrebbe rimandato ogni decisione al lunedì mattina, ma anche in questo caso erano rimasti nell’incertezza: la mattinata era stata normale. Il professor Vitious non aveva minimamente accennato nulla; allo stesso modo il professor Paciock e il professor Rüf non erano sembrati preoccupati. Va bene, forse il comportamento del professore di Storia della Magia non era particolarmente indicativo, considerando che era un fantasma e, oltre le guerre di secoli prima, nulla sembrava turbarlo. Ora, però, avrebbero avuto lezione proprio con McBridge.
I Tassorosso, pur di evitare problemi inutili, avevano lasciato la Sala Grande con largo anticipo e giunsero fuori dall’aula di Difesa contro le Arti Oscure con un quarto d’ora di anticipo. Erano tutti preoccupati per motivi diversi: Mark ovviamente temeva il trattamento che il professore gli avrebbe riservato; gli altri non volevano che l’amico fosse ulteriormente umiliato e maltrattato.
«Veramente non avete fatto i compiti?» mormorò Charlie, ripensando a quello che gli amici avevano detto a tavola. Per lei era normale non consegnarli o copiarli all’ultimo minuto, ma era sorpresa dal fatto che né Teddy né Charis avessero svolto i propri.
«I Babbani la chiamano disobbedienza civile» ripeté per la millesima volta Teddy, lanciandole un’occhiataccia. «La smetti di chiederlo?».
Tra i sei solo Mark aveva svolto il riassunto assegnato dal professore, perché era già fin troppo nei guai. Caroline Shafiq ed Edith Yaxley avevano promesso di unirsi alla loro protesta silenziosa. Naturalmente gli altri Serpeverde non li avrebbero appoggiati, perciò non avevano nemmeno provato a chiederglielo. In realtà, Teddy ed Enan avevano tentato di coinvolgere gli studenti più grandi, ma la maggior parte sembrava averli presi per matti. E i loro compagni li guardavano male, perché Tassorosso aveva già perso parecchi punti.
«E quel gatto di chi è?» chiese all’improvviso Enan.
Mark penso allo kneazle nella loro camera e sospirò: l’amico era proprio fissato con gli animali.
«Sarà di qualcuno» replicò incurante Teddy.
«Non mi nominare i gatti» borbottò Charlie. Né lei né Zoey avevano dimenticato Mrs. Purr.
«È particolare» insisté Enan osservandolo. «Sembra un soriano, ma ha dei segni vicino agli occhi».
«Arrivano i Serpeverde» annunciò Charlie.
Il gatto stranamente si avvicinò loro. «Ehi, vuoi fare amicizia?» chiese tutto contento Enan, ma quando tentò di accarezzarlo quello si tirò indietro palesemente infastidito.
«Guarda che ti graffia» lo avvertì Mark, che non aveva bisogno di altri problemi.
Quando i Serpeverde furono più vicini, però, il gatto si avvicinò di nuovo. «Vuoi nasconderti?» gli chiese Enan abbassando la voce. «Facciamo così: scuoti la coda, se ho ragione».
Mark gli rivolse uno sguardo preoccupato, così come Charis. Teddy, Charlie e Zoey avevano formato una specie di barriera. I Serpeverde, però, rimasero a distanza. Mark lo sapeva ormai: non volevano rovinarsi il divertimento che avrebbero avuto durante l’ora successiva.
Il gatto, dopo un attimo di esitazione, mosse la coda.
«Avete visto? Mi capisce».
«Enan, per Merlino, smettila» sibilò Teddy.
All’arrivo del professore, però, il gatto tentò d’insinuarsi all’interno dell’aula. «Vuoi entrare, eh?».
«Smettila» lo richiamò anche Charis, lasciando passare i Serpeverde. «Abbiamo detto niente guai».
Il gatto aveva mosso di nuovo la coda.
«Visto?».
«Sta solo scodinzolando» sbuffò la ragazzina.
«Non è un cane» ribatté Enan. «Vieni, distraiamo il professore».
Charis non riuscì a opporsi. Mark li fissò stranito, mentre si avvicinavano alla cattedra. Enan s’inventò una domanda sul primo argomento che gli venne in mente, McBridge li osservò sorpresi: durante le ore si limitavano a leggere il manuale, nessuno poneva mai domande. La ragazzina, però, rivolse al compagno un’occhiata scioccata, si scusò con il professore e lo trascinò via. Mark si accorse che il gatto era sparito. Sicuramente Enan se l’era sognato. Insomma, un gatto che comprende il linguaggio umano in quel modo! Comunque non ebbe modo di preoccuparsene, perché Dolohov cominciò a fargli i chiodi. Quel giorno aveva semplicemente una piuma, ma si divertiva a solleticarlo sul collo e sulle orecchie. Non sopportava il solletico, perciò cercò di bloccarlo, mentre Teddy leggeva con voce monotona.
«Fermati, Lupin, sembra che Becker conosca già l’argomento. Ce lo spiegherà lui».
Mark sbiancò alle parole del professore: a differenza dei compagni aveva studiato e si era fatto aiutare anche da Elly, ma quello era un capitolo nuovo. Si trattava di un incantesimo offensivo che produceva una specie di vortice di luce.
«Non lo sai, vero?» sibilò McBridge. «Sei solo uno stupido, vero? Dove sarebbe il tuo talento naturale, eh? USALO».
Il ragazzino lo fissò sorpreso, persino i Serpeverde apparivano turbati.
«Professore, non abbiamo studiato ancora questo incantesimo» gli ricordò Teddy a denti stretti.
«Zitto, Lupin… Cinquanta punti in meno a Tassorosso per la tua stupidità, questa è una scuola di magia! Forse hai sbagliato posto, non credi?».
Mark fissava il libro senza vederlo, il professore nel frattempo si avvicinava. «Tu non meriti di stare qui».
Il ragazzino sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
«Dopo quello che ha fatto tuo padre…».
Mark sollevò gli occhi di scatto a quelle parole e scorse il volto contratto dalla rabbia del professore: era fuori di sé.
«Basta così». Mark si voltò di scatto, come gran parte della classe. In fondo all’aula c’era la Preside: Minerva McGranitt aveva lo sguardo fisso su McBridge.  «La lezione è sospesa. Andate».
«Minerva, questa è la mia lezione» sbottò McBridge sempre più sconvolto.
«Ho bisogno di parlarle, professore. Adesso».
I Serpeverde furono i primi a lasciare l’aula, probabilmente temendo che la Preside cambiasse idea; i Tassorosso erano titubanti.
«Andatevene» ordinò la McGranitt.
Mark svicolò passando dietro la donna, per non avvicinarsi troppo a McBridge e raggiunse gli altri. Insieme si allontanarono dalla classe il più velocemente possibile. Caroline Shafiq ed Edith Yaxley li raggiunsero per commentare l’accaduto.
«Da dov’è uscita fuori?» sbottò Caroline.
«Secondo me ha usato un incantesimo di Disillusione» disse Edith.
Teddy annuì, così come Charlie: era un incantesimo complesso, ma la McGranitt doveva essere capace di quello e altro.
«Era il gatto». Tutti si fermarono e fissarono Enan. Delle risate nervose si levarono lentamente. «Sono serio. L’ho visto. Il gatto si è trasformato in lei… cioè… avete capito…».
Non gli credettero. Mark per conto suo non si unì alle loro chiacchiere: che cosa aveva fatto suo padre di così terribile?
«Non pensare alle sue parole» mormorò Charis, accorgendosi del suo stato d’animo.
Il ragazzino scosse la testa e li seguì stancamente.
 
*
 
Charis appoggiò lo zaino sotto il tavolo non avendo avuto il tempo di passare dal Dormitorio e salutò gli amici. Stranamente quella domenica sera sembravano tutti più rilassati, persino i ragazzi che erano stati i più cupi e agitati negli ultimi mesi erano più tranquilli. Nell’ultima settimana non avevano nemmeno avuto lezione di Difesa contro le Arti Oscure. Il professore sembrava quasi essere sparito e nessuno sapeva nulla, nonostante le consuete ipotesi, una più assurda dell’altra.
«Comunque» disse Enan a un certo punto, «ho parlato con Hagrid del gatto».
«Ancora?» sbuffò Charlie alzando gli occhi al cielo.
Zoey ridacchiò.
Charis sorrise teneramente all’amico che quando si trattava di animali non rifletteva più.
«Avete mai sentito parlare di Animagus?» chiese Enan insistendo sull’argomento nonostante lo scetticismo dei compagni.
«Sì» rispose Teddy a sorpresa. «Che c’entra?».
«La McGranitt è un Animagus» sussurrò.
«Ma che dici?» sbottò Teddy.
«Che cos’è un Animagus?» domandò Charlie perplessa.
«Un mago o una strega che può trasformarsi in un animale».
«Quindi una trasfigurazione» borbottò Charlie.
«È più complesso. Solo maghi molto abili possono riuscirci» mormorò Teddy improvvisamente soprappensiero.
All’improvviso, però, la Preside McGranitt si alzò dal tavolo dei professori e richiamò la loro attenzione.
«Vi chiedo solo un attimo» esordì. «Come ormai ben sapete, il professor McBridge è stato assente nell’ultima settimana… Purtroppo vi devo comunicare che almeno fino alla fine dell’anno scolastico non riuscirà a riprendere l’insegnamento». Un mormorio si levò dalla Sala Grande.
I sei Tassorosso si scambiarono un’occhiata scioccata.
«Permettetemi di presentarvi la professoressa Else Cohen, che sostituirà il professor McBridge».
Tutti si piegarono in avanti o cercarono di alzarsi in punta di piedi per vederla meglio.
«Inoltre, colgo l’occasione per comunicare ai Tassorosso che l’incarico di Direttore della loro Casa è stato per il momento assegnato al professore Finch-Fletchley».
A quel punto la Preside concluse il discorso augurando loro la buona notte.
Charis fissò di sottecchi i compagni: persino Charlie e Zoey erano troppo sorprese per commentare.
«Ragazzi», attirò la loro attenzione la Caposcuola, «dopo cena tornate subito in Dormitorio, il professor Finch-Fletchley vorrebbe parlarci».
«Ma che cosa insegna?» le chiese Teddy.
«Babbanologia. È bravo» replicò lei con un sorriso. Sembrava contenta di quella novità.
Così dopo aver mangiato, i sei si recarono in Sala Comune, che quella sera sembrò ancora più affollata e rumorosa del solito.
«Secondo voi com’è la nuova prof?» chiese Zoey.
«Lo scopriremo domani» sospirò Teddy.
«Peggio di McBridge non può essere» borbottò Charlie.
Charis si strinse nelle spalle: sperava davvero che la situazione migliorasse.
Verso le nove un uomo sulla trentina entrò nella Sala Comune e improvvisamente tutti si zittirono.
«Buonasera a tutti, ragazzi» esclamò il professore sorridendo. «Per chi non mi conoscesse, mi chiamo Justin Finch-Fletchley e insegno Babbanologia dall’anno scorso… A essere sincero, non mi aspettavo di essere nominato Direttore, ma tenterò di fare del mio meglio. Per qualunque cosa, sono a vostra disposizione… E sono sicuro che la Caposcuola e i Prefetti mi aiuteranno a far andare tutto per il meglio…».
Elly si era avvicinata e si limitò ad annuire; sparsi per la Sala c’erano anche gli altri Prefetti che assentirono a loro volta.
«Molto bene» disse Finch-Fletchley battendo le mani. «Allora tornate pure alle vostre attività, buona serata».
Con sorpresa dei sei piccoli Tassorosso, però, il professore non solo non se ne andò ma si avvicinò a loro guidato da Elly.
«Mark Becker?» chiese.
Charis osservò l’amico sbiancare e alzarsi un po’ tremante.
«Ho bisogno di parlare con te, per piacere. Vieni?».
Il ragazzino annuì meccanicamente e lo seguì.
Charis preoccupata raggiunse Elly, che era tornata dai suoi compagni del settimo anno. «Sarà severo con lui?» le domandò. Nessuno di loro dimenticava la strillettera che qualche giorno prima l’amico aveva ricevuto dal padre.
La Caposcuola sorrise leggermente e scosse la testa. «Non ti preoccupare, Charis. Il professor Finch-Fletchley è molto bravo… Forse lo conoscerete al terzo anno, se sceglierete la sua materia… Mark, però, ha saltato le lezioni di Difesa e sapeva che ne avrebbe dovuto rendere conto…».
«Sì, ma…» si mordicchiò il labbro la ragazzina.
«Sul serio, in un anno e mezzo non ho mai visto il professore perdere la pazienza… Non lo farà con Mark…».
Charis sospirò e la ringraziò. Tornò dagli altri e riferì quanto scoperto.
 
Il pomeriggio successivo i Tassorosso si recarono puntuali alla lezione di Difesa contro le Arti Oscure. La professoressa Cohen era già in classe e rivolse loro un rigido saluto. Charis prese posto accanto a Teddy come al solito e lanciò un’occhiata rapida a Mark, che raggiungeva il suo banco. La sera prima avevano aspettato con ansia il ritorno del ragazzino in Sala Comune. Fortunatamente, Finch-Fletchley era stato molto tranquillo, da quello che aveva loro raccontato Mark avevano più che altro scambiato qualche parola sugli ultimi avvenimenti e il ragazzino aveva assicurato al loro nuovo Direttore che non aveva la minima intenzione di saltare ancora le lezioni.
I Serpeverde arrivarono alla spicciolata al suono della campanella. Quando finalmente furono tutti presenti la professoressa si alzò e si pose davanti alla cattedra fissandoli uno a uno per qualche secondo; poi chiamò l’appello.
«So che avete svolto gran parte del programma, ma solo dal punto di vista teorico… Ritengo che dovremmo riprendere alcuni argomenti partendo questa volta dalla pratica».
Persino Charlie appariva particolarmente attenta; Charis per conto suo non era molto entusiasta: molto meglio studiare dal libro.
«Allora, lì in fondo, Dolohov, se hai finito di disturbare, definisci l’incantesimo di Disarmo». Tutti si voltarono di scatto e a Charis non sfuggì la piuma che il Serpeverde aveva in mano. «Ma prima», aggiunse la professoressa, «consegnami la piuma…». Dopo un attimo di esitazione il ragazzino obbedì. «Come pensavo. Un prodotto Tiri Vispi Weasley. Proibito. Venti punti in meno per Serpeverde… Allora, questa definizione?».
«L’incantesimo di Disarmo serve per disarmare l’avversario» rispose il ragazzino contrariato dall’improvviso cambiamento.
«Sì, potrebbe andare bene come definizione… Qual è la formula?».
«Non lo ricordo, professoressa» ammise Dolohov dopo qualche secondo di silenzio.
«Allora, forse è meglio che tu e la signorina Turner facciate cambio… Là dietro, secondo me ti distrai troppo facilmente…».
Charis colse il ghigno sul volto di Charlie e si chiese se l’amica avrebbe restituito al Serpeverde tutte le cattiverie che negli ultimi mesi aveva fatto a Mark.
A quel punto la professoressa li fece alzare e accostò i banchi alle pareti. «Chi sa rispondere alla mia domanda?».
Le mani di Enan, Teddy, Mark e straordinariamente quelle di Zoey e Charlie si sollevarono. «Becker?».
«E-experlliamus» mormorò.
«Molto bene. Ora, in base a come siete seduti, mettetevi in coppia. A turno cercherete di disarmarvi… Credo sia superfluo dirlo, ma non dovete usare nessun altro incantesimo».
Nonostante le preoccupazioni iniziali, Charis non ebbe difficoltà ad apprendere l’incantesimo, soprattutto grazie alla tranquillità di Teddy in coppia con lei. Al suono della campanella sospirò sollevata: forse si sarebbe finalmente sistemato ogni problema. Era persino riuscita a chiarirsi con lo zio e raccontargli quanto le era accaduto negli ultimi tempi.
 
*
 
«Enan».
Il ragazzino si voltò di scatto verso Hagrid e gli rivolse un enorme sorriso. «Ehi, come stai? Facciamo qualcosa insieme?».
Hagrid sorrise leggermente, ma sembrava preoccupato per qualcosa.
«Che succede?» gli chiese Enan accorgendosene.
«Ho trovato la proprietaria dello kneazle».
«Ah». Enan era profondamente deluso. Si era affezionato alla creatura e aveva cominciato a sperare che non avrebbero mai trovato il proprietario, anche se si era sentito incredibilmente egoista: poteva solo immaginare come si stesse sentendo.
Hagrid gli diede una pacca sulle spalle. «Lo sapevi che sarebbe successo».
«Posso venire con te? Voglio conoscerlo».
«Non lo so, Enan… Sta a Hogsmeade… Bisogna chiedere il permesso…».
«Ti prego, ti prego» lo supplicò seguendolo per tutto il corridoio.
«E va bene» sbottò Hagrid. «Chiederò alla Preside, ma non ti prometto nulla…».
«Ti adoro!» lo abbracciò Enan.
«Oh, oh, per così poco. Aspettami all’ingresso».
Enan assentì, corse dagli amici in biblioteca, comunicò loro la novità e recuperò la cesta con il piccolo kneazle nel Dormitorio; alla fine, a passo svelto, si diresse nella Sala d’Ingresso, ma purtroppo Hagrid non era ancora arrivato. Dopotutto convincere la Preside non doveva essere semplice. Trascorse più di mezz’ora prima che Hagrid lo raggiungesse in compagnia del nuovo Direttore di Tassorosso. Per un attimo il ragazzino si preoccupò, ma i due insegnanti sembravano tranquilli e chiacchieravano tra loro.
«Eccoci, Enan, il professor Finch-Fletchley verrà con noi».
«Quindi posso venire?» chiese eccitato.
«Sì, ma non ti allontanare, per l’amore di Merlino, o la McGranitt vorrà le nostre teste» commentò il professore di Babbanologia.
«Farò il bravo, giuro» disse sorridendo.
Per quanto ormai fossero quasi a metà marzo, le giornate continuavano a essere brevi e fredde. Enan si strinse addosso il mantello, ma tutto ciò non scalfì minimamente il suo entusiasmo. Era da dicembre che non usciva dai cancelli della Scuola e farlo a quell’ora faceva tutt’altro effetto. Procedette in silenzio affianco ad Hagrid, ascoltando distrattamente i discorsi dei due professori. Appena giunsero all’inizio dell’High Street di Hogsmeade rimase a bocca aperta, perché non ci era mai stato: era un piccolo villaggio ancora innevato proprio come il parco di Hogwarts, ma sembrava quasi una cartolina. Osservò con attenzione ogni negozio e cercò di sbirciare nelle vetrine illuminate. «Dove andiamo?» chiese ricordandosi di Mielandia, tanto decantato dai cugini.
«Da Mondomago. Il cucciolo è della nipote del proprietario».
Non era mai andato in quel negozio, ma lo colpì all’istante per la grande quantità di merce esposta di varia natura.
«Siria!».
Enan, attirato da uno scaffale colmo di spioscopi, sobbalzò e si voltò verso la bambina che aveva strillato. Si avvicinò proprio mentre Hagrid le consegnava la cesta. Percepì una stretta al cuore e si pentì di essere andato lì. Compì qualche passo indietro con l’intenzione di aspettare fuori, ma la bambina lo assaltò.
«Hai curato tu Siria, quindi?».
«Ehm sì».
«Grazie» lei lo abbracciò e gli scoccò un bacio sulla guancia.
Enan la fissò sorpreso e sorrise leggermente. «Figurati» replicò.
«Io mi chiamo Annabel» continuò la bambina. «Sperò che a Hogwarts saremo amici».
«Sì, sicuramente. Io sono Enan».
«Tra meno di due anni verrò anche io a Hogwarts» insisté Annabel. «Sei un Tassorosso, vero?» gli chiese indicando la sciarpa ben stretta intorno al collo del ragazzino.
«Sì».
«Allora spero di esserlo anch’io».
Enan tornò al castello particolarmente felice e ringraziò i due professori prima di correre in Dormitorio, dove assillò i compagni per tutta la serata raccontando quella piccola avventura.
 
Qualche giorno dopo, fu molto meno felice: si era dimenticato di fare i compiti di Trasfigurazione per due volte di fila e la professoressa McKlin non gliel’aveva perdonato. Sospirò e lanciò un’occhiata alla finestra buia dell’aula di Trasfigurazione, poi riportò gli occhi sul suo tema. Un tema extra. Non solo ne aveva dovuti recuperare due - e la professoressa gli aveva chiaramente detto che si sarebbe accorta se avesse copiato da uno dei compagni -, ma per punizione gliene aveva segnato un altro! Peccato che lui non ricordasse nulla di quell’argomento e non fosse ben sicuro di che cosa avesse scribacchiato nell’ultima ora e mezza; però, la McKlin era stata chiara: non si sarebbe mosso da lì, se non avesse concluso dignitosamente il compito. Si affrettò a consegnarlo alla professoressa, sperando di andarsene al più presto via da lì. La donna prese la pergamena e la lesse con attenzione. Enan trattenne uno sbuffo: aveva sperato che non l’avrebbe letto subito. Era spacciato: aveva scritto tutto quello che si ricordava, senza nemmeno rileggere.
«Avevi il manuale e altri libri a tua disposizione e non ne hai aperto uno. Sei superficiale, Macfusty» lo rimproverò dopo aver messo da parte il tema. Era annoiato, che per lui era ben diverso. «Beh, direi che tu possa ricominciare dall’inizio, in fondo il tempo non ci manca».
Enan sgranò gli occhi. «Ma professoressa…» tentò.
«Macfusty, credo che debba solo metterti a studiare seriamente» lo interruppe lei, prima di tornare a correggere dei compiti.
Il Tassorosso rimase lì impalato, senza alcuna intenzione di tornare a sedersi. «Professoressa, per favore, oggi è il mio compleanno. Compio dodici anni».
La McKlin tornò a fissarlo accigliata.
«Per favore» insisté.
«Macfusty, vedi di consegnarmi questo tema rifatto e gli altri due entro giovedì».
«Ho fatto il tema per domani e ho recuperato gli altri due» le assicurò.
«Spero per te che tu non abbia copiato dai tuoi compagni».
«No, signora. Ho lavorato da solo».
«Va bene, vai».
Enan non credeva a tanta fortuna, salutò e scappò via prima che la professoressa cambiasse idea. In effetti, aveva studiato tutto il finesettimana con Charis, Mark e Teddy. Ora voleva solo godersi almeno la sera del suo compleanno. Quella mattina aveva discusso con Zoey perché era assolutamente ingiusto che il compleanno dell’amica fosse stato di domenica, mentre il suo di lunedì. Di lunedì! Con la Cohen che li faceva sgobbare tanto quanto la McKlin!
«Eccoti, dove diavolo eri?» sbottò Fagan incrociandolo nel corridoio del primo piano. «Ti abbiamo cercato per tutto il castello».
«Ero in punizione con la McKlin, nell’aula di Trasfigurazione. Gli altri lo sapevano».
«Vabbè non importa, vieni con noi. Si sta facendo tardi».
«Dove andiamo?» chiese perplesso Enan.
«Stanza delle Necessità o Stanza che Va e viene» rispose Fagan.
«Viene chiamata anche con tanti altri nomi» aggiunse Blair. «Perché eri in punizione?».
«Non ho fatto i compiti» borbottò, sperando che il cugino non volesse fargli la predica da buon Corvonero.
«E bravo lo scemo, non potevi almeno copiarli?».
«Mi sono scordato» ammise Enan. «Ora che sta arrivando la primavera non riesco a stare dentro il castello».
«Ma tra poco ci saranno gli esami».
«Blair!» gridarono in coro Fagan ed Enan.
«Ok, ok, scusate, fate quello che volete. Io lo dicevo per voi».
«Che facciamo nella Stanza delle Necessità?». Ricordava di averne sentito parlare a Teddy e a Charlie.
«Devi soffiare le candeline, naturalmente».
Enan sorrise. «Davvero?».
«Certo! Come ogni compleanno che si rispetti!».
«Pensavo che dopo tutto quello che è successo…».
«Beh, le cose non saranno le stesse, no? Ora siete in due». Il Tassorosso si accigliò, ma non replicò. «Ma per il resto non vedo che cosa dovrebbe cambiare… A proposito, ho sbirciato uno dei regali che ti hanno mandato da casa… Penso proprio che mio padre abbia seguito il mio suggerimento… Non vedo l’ora che lo apri…».
«Zio Aiden mi ha mandato un regalo?».
«Niente, la McKlin ha un brutto effetto sui tuoi neuroni» borbottò Fagan. Persino Blair ridacchiò. «Certo. Tutti gli zii ti hanno mandato un regalo. Ripeto: un compleanno è un compleanno anche se a Hogwarts!».
«Ma siccome non mi hanno scritto, io pensavo…».
«Ah, per questo… Questa è colpa mia. Abbiamo organizzato la festa, quindi mi sono fatto inviare tutti i regali… Scusa…».
Enan sorrise contento: aveva creduto che i suoi familiari non gli avessero scritto, perché erano arrabbiati, invece continuavano a pensarlo. Nella Stanza delle Necessità c’erano i suoi amici, tutti i suoi cugini e Thomas. Stranamente le uniche Serpeverdi presenti erano Caroline Shafiq ed Edith Yaxley, che non era sicuro se fossero lì per lui o per il compagno di Casa.
«Non avete invitato Burke e Dolohov?» chiese a Fagan.
«Thomas non ha voluto e poi quei due ci avrebbero messo nei guai».
«Nei guai?».
«Non abbiamo il permesso di stare qui» replicò con ovvietà Fagan. «Dai, sbrigati, vogliamo la torta».
Su un tavolo ricoperto da una tovaglia blu troneggiavano due torte, rispettivamente a forma di uno e di due; su entrambe c’erano dodici candeline.
«Avanti» li esortò Artek, «esprimete un desiderio e soffiate le candeline».
«Mi hanno prestato una macchina fotografica» disse entusiasta Zoey facendosi spazio per fotografarli.
Enan lanciò un’occhiata a Thomas, che per pochi secondi ricambiò, poi si concentrò nuovamente sulla torta.
Voglio che la mia famiglia sia felice, pensò intensamente; poi soffiò.
I presenti applaudirono. Mary, la sorellina Corvonero, di Donel e Artek, con l’aiuto di Charis tagliò la torta e Fagan le aiutò a distribuirla.
«Auguri» mormorò a Thomas.
«Anche a te» replicò palesemente imbarazzato il Serpeverde.
Charis si avvicinò e scoccò un bacio sulla guancia a entrambi, che arrossirono.
«Allora, che facciamo?» chiese Enan al Serpeverde appena furono di nuovo soli.
Thomas si strinse nelle spalle. «Non lo so. A me i grandi non hanno detto nulla, a te?».
«Nemmeno a me, ma non intendevo questo… Cosa facciamo io e te, adesso? Qui a Hogwarts».
Thomas non sapeva che cosa replicare.
«Senti» prese in mano la situazione Enan, «proviamo a comportarci come persone normali… Insomma, i fratelli non stanno sempre appiccicati, no? Quindi possiamo stare con i nostri amici… Ma magari ogni tanto giochiamo a gobbiglie insieme… Penso che quando torneremo a casa ci faranno passare molto tempo insieme… Dobbiamo abituarci…».
«Va bene, ma voi non piacete ad Antonin».
«E Dolohov non piace a me e ai miei amici» replicò Enan. «Ma non dobbiamo stare tutti insieme per forza».
«Ok».
«Ragazzi, venite ad aprire i regali?» li chiamò Artek.
«Questo è di mio padre» urlò Fagan porgendogli un pacco dalla forma inconfondibile.
Enan sgranò gli occhi: quella era sicuro una scopa da corsa. Una scopa tutta sua!
Gli zii Macfusty avevano mandato un pensierino anche a Thomas; così come i Mulciber avevano inviato a Enan un set di vestiti di foggia babbana: jeans, maglietta, felpa e persino un paio di scarpe.
«È anche da parte mia» borbottò Thomas. «Sono tutti firmati».
Il Tassorosso fissò gli indumenti scioccato: fino a quel momento - esclusa la divisa di Hogwarts - aveva quasi sempre indossato vecchi vestiti di Fagan e Artek; anche se era ancora più stupito dal fatto che il Serpeverde avesse avuto quel pensiero.
«Grazie. Io non ho… Scusami, io non ci ho pensato…».
«Non ti preoccupare» replicò lui stringendosi nelle spalle. «Il nonno e la mamma mi hanno mandato una scopa da corsa come la tua e un paio di guanti di pelle… Non vedo l’ora che arrivi l’anno prossimo per fare i provini…».
Si trattennero nella Stanza delle Necessità fino alle nove, quando il coprifuoco scattò anche per i più grandi; allora Fagan e Artek si premurarono di accompagnare i più piccoli in modo che non fossero beccati da Prefetti, Caposcuola o dai professori.
Molto più tardi, quando si nascose dietro le gialle cortine del suo letto, Enan rimirò il regalo della madre: una medaglietta a forma di drago – l’aveva vista a tutti i suoi cugini più grandi. Con un po’ di fatica l’allacciò al collo e, dopo mesi, finalmente si accinse a scriverle. Era stato davvero sciocco e ora non vedeva l’ora di recuperare il tempo perduto.
 
*
 
Teddy si fissò allo specchio e sospirò. Aveva indossato la sua veste più elegante, trovando come al solito strano non indossare la divisa, ma il professore Lumacorno si era raccomandato. Aveva deciso di dare quella festa per celebrare l’equinozio di primavera. Naturalmente solo i membri del Lumaclub erano invitati. Questi privilegi l’avevano sempre seccato, anche perché lui era invitato per Harry e per quello che era successo durante la guerra, non per il suo talento. Mark, per esempio, era al centro delle attenzioni di Lumacorno perché era un legilimens naturale. Erano pochi quelli che potevano vantarsi di essere considerati solo per le loro capacità. Comunque quella sera era particolarmente desideroso di andarci: ne avrebbe approfittato per porre le domande che più desiderava al professore.
Quell’incontro, però, sarebbe stato diverso dai precedenti: Lumacorno l’aveva organizzato insieme al professor Nicholls di Astronomia ed Hagrid; inoltre, si sarebbe svolto nel parco. In Sala Comune trovò Charis, Charlie e Mark già pronti; Enan e Zoey erano sprofondati su un divano e li salutarono.
«Secondo me sarà meno peggio delle altre volte» disse Teddy tentando di tirare su Charlie.
Quando arrivarono si accorsero che, poco distante da una sponda del Lago Nero, era stato acceso un falò. Gli altri invitati si muovevano nei dintorni in un gioco curioso di ombre. Teddy individuò Elly Montgomery e si avvicinò insieme ai compagni.
«Ciao. Che sta succedendo?».
«Lumacorno è impazzito definitivamente?» sussurrò Charlie beccandosi un’occhiataccia dalla Caposcuola.
«Gli antichi Celti il giorno dell’equinozio di primavera festeggiavano la festa di Ostara, che in un certo senso è diventata la nostra Pasqua. Si festeggia la rinascita della natura, in fondo è questa la primavera, no? Le sacerdotesse celtiche di solito accendevano dei falò, come questo, perché il fuoco rappresenta la purificazione».
Teddy la ringraziò e si andò a prendere da bere e da mangiare da un piccolo buffet allestito sotto una quercia imponente. Sicuramente Lumacorno non aveva rinunciato alle comodità. Comunque fu più interessante del solito perché il professor Nicholls mostrò loro le stelle e osservarono il cielo con attenzione. Persino Charlie per una volta non si addormentò. Quando i due professori li congedarono, il Tassorosso fece un cenno agli amici, attese che Lumacorno rimanesse solo e lo affiancò.
«Oh, Ted, non dovresti attardarti fuori dalla Sala Comune a quest’ora».
«Posso farle una domanda, signore?».
Il professore si bloccò di scatto e, alla luce pallida delle loro bacchette, sembrò sbiancare. «È tardi» borbottò.
«La prego, professore. Non voglio chiederglielo davanti agli altri».
«Perché, che sarà mai?» mugugnò Lumacorno affrettando il passo.
«Mi vergogno» ammise il ragazzino.
Il professore si fermò nuovamente sui gradini dell’ingresso, estrasse un fazzoletto e cominciò a tamponarsi la fronte. Che stesse male? Era una notte fredda, come poteva sentire caldo? «Va bene» assentì, sembrando quasi spaventato.
Teddy non comprese quella reazione, ma non volle rinunciare a quell’occasione. «Potrebbe parlarmi di mio padre da studente?».
Sul volto di Lumacorno balenò la sorpresa e sembrò riprendere colore. «Ah, questo, certo, certo!».
Che cosa si aspettava che gli volesse chiedere?
«Harry me ne ha parlato, ma lui l’ha conosciuto quando è stato professore di Difesa contro le Arti Oscure e poi quando ha fatto parte dell’Ordine della Fenice… Io, però, vorrei sapere qualcos’altro… Lei mi ha detto che gli assomiglio, professore».
Il sorriso di Lumacorno divenne quasi dolce. «Va bene, Ted, vieni con me».
Seguì il professore nel suo ufficio e accettò la tisana calda che gli offrì. Sedette su una delle due poltrone vicine al fuoco.
«Beh, da dove iniziare… tuo padre stava sempre in compagnia di James Potter, Sirius Black e Peter Minus… Diciamo che Black e Potter si facevano notare di più…».
Teddy si lasciò cullare dalla voce del vecchio professore. Comprese che l’uomo non avesse mai dato particolarmente credito al giovane Remus, probabilmente perché era un lupo mannaro, ma il ragazzino cominciava a capire che i pregiudizi del suo insegnante non erano esattamente cattivi: per esempio quando Mark non aveva il materiale, perché Alexis non glielo prestava, si limitava a rimproverarlo ma non l’aveva mai preso di mira come McBridge. In più in quel momento si stava palesemente sforzando di ricordare qualche episodio che riguardasse uno studente che non aveva amato, ma che in fondo si era rivelato un eroe.
«E di mia mamma non sa nulla?» gli chiese quando finì di parlare.
«Oh, no, mi dispiace… Sono andato in pensione prima e quando sono tornato in servizio, lei era già un’Auror a tutti gli effetti… L’ho vista qualche volta qui a Scuola, di sfuggita… e quella notte della battaglia… ma niente più di un saluto…».
«Grazie, professore».
«Per così poco, Ted… Piuttosto dovresti chiedere alla professoressa McGranitt, lei è stata la direttrice della sua Casa, e al professor Vitious… Loro saprebbero raccontarti molto di più… Anche di tua madre…».
Teddy non sapeva se ne avrebbe trovato il coraggio, ma fu grato al professore che sembrava capire la sua necessità di sapere.
 
*
 
«Quindi che fate a Pasqua?» chiese Zoey curiosa.
«Io vado a casa» disse Teddy. «Tornerò martedì».
«Io sto qui» mormorò Mark. «Nemmeno Jay e Alexis torneranno. Jay mi ha detto che, secondo papà, lui dovrebbe approfittarne per studiare per i G.U.F.O.».
«Non mi sembra molto preoccupato» borbottò Teddy lanciando un’occhiata al tavolo dei Grifondoro.
Mark scosse la testa palesemente preoccupato per il fratello.
«Cosa sono i G.U.F.O.?» chiese perplessa Zoey.
«Degli esami che si fanno al quinto anno; in base a quanto prendi, puoi scegliere quali materie seguire gli ultimi due anni… Poi ci sono i M.A.G.O. alla fine del settimo anno» spiegò Teddy. «I risultati sono importanti per il lavoro che si vuole fare dopo la Scuola».
«E voi sapete già che cosa volete fare?» domandò ancora Zoey perplessa.
«L’Auror» risposero in coro Teddy e Charlie, che si squadrarono sorpresi.
«Io voglio diventare magizoologo» disse, invece, Enan dopo aver ingoiato un grosso boccone di bacon.
Charis e Mark dissero che non avevano ancora nessuna idea.
«Io rimango qui» disse Charlie. «James deve studiare per i M.A.G.O., io voglio evitarmi le prediche di mia madre… Credo che Willy tornerà a casa perché nessuno dei suoi compagni rimane…».
«Io rimango. Mio nonno pensa che abbiamo ancora bisogno di tempo per digerire le novità e mi ha sollecitato a trascorre più tempo con Thomas».
«Io torno a casa» comunicò, invece, Charis.
«Dobbiamo sistemare il piano per il primo aprile» ricordò Zoey a Charlie.
«Che piano?» chiese Teddy stringendo gli occhi con fare minaccioso.
«Niente che ti interessi» lo tacciò subito Zoey. «Piuttosto, siete pronti ad augurare buona Pasqua ai Serpeverde… al tuo caro Dolohov…?».
Teddy sospirò e annuì, sperava solo che non li avrebbero beccati o sua nonna l’avrebbe tormentato per tutte le vacanze. Se tutto fosse andato per il meglio, l’unico a sapere dello scherzo sarebbe stato George Weasley, che gentilmente l’aveva finanziato.
«Sta arrivando la posta» esclamò Zoey in fibrillazione. I bulletti non le erano mai piaciuti, in più questo tipo di vendette avevano un che di soddisfacente. «Cercate di non fissare troppo il tavolo dei Serpeverde» richiamò i compagni.
«Bisogna insegnarvi proprio tutto» aggiunse Charlie bevendo lentamente l’ultimo sorso della sua tazza di latte.
«Ecco, l’allocco gli ha consegnato il pacco» disse Zoey sollevando gli occhi dal suo piatto quel tanto che bastava per cogliere i movimenti di Dolohov. «Il gufo è volato via, contento Enan?».
«Che poi non si sarebbe fatto nulla» bofonchiò Charlie.
«Non è detto. Si sarebbe sicuramente spaventato e…».
«Sta zitto» borbottò Zoey. «Sta aprendo il pacco».
A quel punto anche Charlie alzò lo sguardo non riuscendo a trattenersi. Dolohov aveva appena tirato fuori dalla sua confezione un bellissimo uovo di cioccolata ben decorato.
I Sei Tassorosso lo fissarono in attesa.
All’improvviso uno scoppio scosse la Sala Grande: Dolohov, Burke, Mulciber e diversi Serpeverde nei paraggi erano ricoperti di cioccolato fuso.
«La vendetta è davvero dolce» commentò Charlie.
«Buona Pasqua, Serpeverde» sussurrò Zoey.
   
 
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