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Autore: Scribbling_aloud    22/09/2023    1 recensioni
Siete anche voi dell'idea che un ragazzo come il nostro Harry Potter dopo: infanzia con gravi carenze di affetto e tutori abusivi, traumi pesanti in adolescenza con minacce di morte, perdite di affetti rilevanti nel corso della vita, non avrebbe mai potuto avere una vita troppo facile con una famiglia alla mulino bianco e soprattutto una mente equilibrata e serena?! Secondo me PTSD come se non ci fosse un domani. Questa è una trilogia molto poco magica che, in un crescendo, esplorerà la sua mente e la sua vita famigliare con i suoi mille problemi e difficoltà data da tormenti mai risolti, una popolarità cresciuta a dismisura che non lo fa vivere bene, fragili equilibri nelle sue relazioni che si frantumano. Partiamo diciannove anni dopo, esattamente dove ci ha lasciati la Rowling. Il Natale di quell'anno.
ATTENZIONE: comincia molto leggero, quasi frivolo, ma ci tengo a precisare che non è un testo per bambini. Da più o meno metà del primo libro e poi nel terzo, ci sono parecchi punti intensi, violenza e tratta temi delicati. Specie il terzo libro, dove ho raffinato un po' la mia scrittura quindi le immagini sono più vive.
E' una traduzione dall'inglese.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Teddy/Victorie
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Capitolo 22 – L’armadio vuoto
 
Harry era di fronte all’armadio. Era quasi vuoto. I suoi vestiti erano piegati ordinatamente in un angolo, e prendevano così poco spazio che l’armadio sembrava improvvisamente gigante nonostante Ginny si fosse sempre lamentata di quanto piccolo fosse.
Nella stanza ogni cassetto era aperto. Erano tutti allo stesso modo quasi vuoti. Solo i suoi pochi effetti personali giacevano ancora lì, abbandonati.
Appena era arrivato a casa si era fiondato in camera. Voleva solamente stringersi uno dei vestiti di Ginny per cercare di colmare quel vuoto che si stava espandendo in lui.
Voleva tranquillizzarsi con l’odore di lei, ne aveva bisogno per far finta che tutto andasse bene e lei fosse solo in vacanza e sarebbe tornata da un momento all’altro. Ne aveva bisogno per tenere lontana la pazzia che sentiva latente in lui. La poteva tenere controllata solo immergendosi in un mondo di bugie.
Ma una volta a casa, con questo bisogno che lo corrodeva dall’interno, l’aveva trovata ripulita da tutte le possessioni di Ginny.
Come poteva essere?
Ma non era veramente in grado di formare dei pensieri coerenti, e neanche formulare ipotesi. C’era solo una confusione desensibilizzante, così forte che zittiva tutto il resto.
Guardò i suoi pochi vestiti nell’angolo e poi la vasta vuotezza dell’armadio, che era sempre stato pieno fino all’orlo.
Passò la mano sulla mensola come per assicurarsi che i suoi occhi non gli stessero giocando un brutto tiro e improvvisamente tutto quel vuoto lo terrorizzò. Era troppo un riflesso di quello che c’era dentro di lui. E quello lo terrorizzava tanto quanto l’armadio vuoto.
Si girò a guardare il letto e seppe che non poteva più dormire lì.
Dentro il bagno il lavandino era stranamente ordinato; nessuna bottiglia né flaconi. Era sparito tutto.
Frugò in ogni angolo alla ricerca di una traccia di lei. Freneticamente svuotò ogni mobile di quel poco che c’era dentro. Niente.
Guardò nella doccia, neanche più il suo shampoo era lì.
Era come se Ginny non fosse mai esistita.
Il bisogno di qualcosa di suo minacciava di devastarlo, ma ci si aggrappò lo stesso perché non importa quanto lacerante fosse, quanto intenso e lancinante, era comunque meglio del dolore che poteva scatenarsi dal desiderio di avere lei.
Si trascinò nuovamente nella stanza, prese la sacca marrone che aveva lasciato sul pavimento e scese al piano di sotto.
Si sedette sul divano incapace di concentrarsi, ancora in preda allo shock per quel vuoto inaspettato.
Quando guardò davanti a sé, la prima cosa che vide fu Ginny che sorrideva. Lo guardava da una foto, ed era lì, così vera e così finta allo stesso tempo che Harry non riuscì a sopportarlo.
Il martellamento della testa crebbe e crebbe quindi si alzò, una fredda furia prese possesso di lui, prese la foto dal muro, e, aprendo il primo cassetto nel salotto, ce la spinse dentro con così tanta violenza che il vetro si frantumò.
Ne prese un’altra dove Lily agitava la mano in saluto. L’aveva persa.
E una con la sua famiglia. Persa.
James, perso.
Albus, perso.
Sunrise, persa.
Ginny di nuovo e per sempre persa.
Tutte, una dopo l’altra, furono stipate nel cassetto in una fredda furia.
Quando ebbe finito, i muri erano vuoti, le sue mani avevano dei tagli e aveva il fiatone.
Improvvisamente cominciò a tremare; un forte tremore che, in un crescendo, gli sconquassava il corpo. Strinse i denti per non arrivare a batterli e raggiunse il divano rannicchiandocisi sopra, cercando di dominarlo, cercando di tenere la sua mente in salvo da quell’impazzimento in cui stava scivolando.
Ma il tremore non scemava, e la pazzia stava prendendo il sopravvento. La sentiva sempre più vicino. Gli sembrava come se l’aria fosse troppo densa per essere respirata, il petto si alzava e abbassava, ma era come se non entrasse nulla.
Si allungò per raggiungere la borsa marrone sul pavimento e ordinando alla sua mano di ubbidire, riuscì ad estrarne una fiala.
Stapparla non fu facile per via del tremore ma il bisogno era così forte che riuscì nell’obbiettivo. Se la portò alle labbra che erano improvvisamente ghiacciate. Si sentì infreddolito e debole, un velo di sudore gli copriva la pelle. Dall’altra parte il liquido nella bocca era così piacevolmente tiepido, sapeva di oblio.
Il suo corpo cessò per gradi di tremare, come la sua mente. La confusione stava lasciando spazio a qualcosa di morbido, rassicurante, piacevolmente anestetico. Una nuvola rosata stava ingurgitando ogni pazzia, disperdendo tutte le nascenti paure.
Fu così piacevole.
E ci stava scivolando velocemente ma allo stesso tempo dolcemente. E come il sonno innaturale lo sopraffece si trovò a sussurrare
‘Ho perso tutto’
Ma era già dimenticato, ed era libero da tutto, con la promessa di rimanere tale fino alla prossima pozione del sonno.
 
   
 
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