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Autore: Cj Spencer    01/10/2023    1 recensioni
Secondo volume de "Napoleon of Another World!"
Dopo un primo volume introduttivo la situazione inizia finalmente ad evolversi in modo rapido e decisivo.
La Rivoluzione che Daemon ha pazientemente pianificato volta a mettere nelle sue mani la provincia imperiale di Eirinn è finalmente scoppiata, ora lo scopo è portarla a termine affinché diventi il primo passo verso la costruzione del suo impero destinato a unificare Erthea sotto il suo comando e preparare il continente per affrontare l’esercito del Re dei Demoni quando farà la sua comparsa.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Metti un leone al comando di cento cani,

e combatteranno come leoni!”

CAPITOLO 4

LO SCONTRO DECISIVO

 

 

La pozione consegnata a Daemon dalla Strega era davvero miracolosa.

Già a partire dal giorno dopo l’inizio delle somministrazioni i malati incominciarono a guarire uno dopo l’altro, rimettendosi in forze nel giro di poche ore.

Finalmente la speranza era tornata anche a Basterwick, e nel giro di pochi giorni l’epidemia poté dirsi completamente debellata.

Daemon cercava di non fare privilegi, ma nessuno gliene fece una colpa quando chiese che Scalia fosse tra i primi ad essere curata; d’altronde, si dissero tutti, era merito suo se era stato possibile salvare così tante vite.

«Ti senti meglio?» chiese quando una mattina la vide entrare nel suo ufficio al municipio fresca come una rosa.

«Assolutamente. Posso rimettermi al lavoro in qualunque momento.»

«Cerca solo di non esagerare. La nobile Sylvie dice che ci vuole qualche giorno perché le scorie della malattia si disperdano del tutto, e tu ci servi in forma per quello che ci aspetta.»

«Basterà che mi mangi mezzo cinghiale, e sarò pronta a ricominciare più forte di prima.»

«E Isabela? Come sta?»

«La tettona? Insopportabile e presuntuosa come sempre. È già tornata al tempio, a baciare la gonna della sua padrona.»

«Lei e la nobile Sylvie non ti stanno decisamente simpatiche.»

«Le Guardie del Tempio sono da sempre i cani da guardia del Circolo, ed è stato il Circolo a proclamare la guerra santa contro il nostro popolo cinquecento anni fa. Lo so che hai detto che occorre dimenticare il passato e andare avanti, ma queste non sono cose che si possono semplicemente mettere da parte come se niente fosse.»

«Sono d’accordo anch’io che il Circolo è molto diverso da ciò che i suoi fondatori avevano in mente quando lo crearono nell’antichità. Ma le persone come la nobile Sylvie cercano sinceramente di riportare il culto di Gaia ai suoi propositi originari, e pensano solo a fare del bene. Quanto a Isabela, non puoi negare che sappia come combattere e sia molto devota alla nobile Sylvie, e ti assicuro che vista la nomea poco lusinghiera di cui godono ultimamente le Guardie non è un dettaglio da poco. Dovresti provare a dare loro una possibilità.»

«Se me lo chiedi tu, cercherò di andarci d’accordo. Ma non pretendere che mi piacciano.»

«Mi accontenterò.» ammiccò il ragazzo

L’arrivo del satiro Tecla, sporca ed esausta per la lunga corsa durata tutta la notte ruppe troppo presto quell’atmosfera rilassata.

«Il Generale Ron ha lasciato il Castello e si sta dirigendo a sud. Con lui c’è tutta la Quindicesima Legione.»

Venne subito convocato un consiglio di guerra cui presero parte anche Passe e Jack.

«Sapevamo che si sarebbero mobilitati.» esordì Daemon «A conti fatti ci hanno messo più di quello che mi sarei aspettato. Ron avrà aspettato di ricevere qualche rifornimento dal passo a nord prima di muoversi.»

«Ho sentito dire che questa legione è anche più grande delle altre.» disse Passe con una certa preoccupazione. «Quasi ventimila uomini, senza contare i coscritti che avranno sicuramente reclutato tra la popolazione.»

«Dove si trova in questo momento la legione?»

«Qui.» indicò Tecla sulla cartina. «A metà strada tra il Castello e Dundee. Avanzano lungo la Via Imperiale.»

«Stanno tentando di dividere le nostre due forze.» disse Passe

«La strategia della posizione centrale. Mossa astuta, anche troppo per essere farina del sacco di Ron. Uno come lui avrebbe diviso la legione in due forze per colpirci separatamente.»

Gli occhi di Daemon scintillavano mentre tornava a girarsi verso Tecla.

«Tiro a indovinare. Con lui c’è anche Adrian, il figlio del Governatore.»

«È così. E ha con sé un paio di centinaia di soldati che sembrano obbedire solo a lui.»

«Deve essere l’Armata dei Leoni. Ne ho sentito parlare. L’ha messa insieme subito dopo aver concluso gli studi all’accademia. Abili, preparati e assolutamente fedeli.»

«Detesto doverlo dire, ma stavolta la disparità di forze mi sembra davvero considerevole.» disse Scalia. «Credi davvero che saremo in grado di sconfiggerli?»

«La nostra dovrà essere per forza di cose una battaglia difensiva. Non possiamo affrontare un esercito così tanto superiore al nostro in uno scontro aperto. Che notizie da Septimus e Oldrick

«Si sono posizionati al passo di Chateroi, come avevi ordinato.» rispose Jack. «Hanno anche ricevuto nuove forze da Dundee e occupato la parte più stretta della vallata.»

«So che hai corso tutta la notte Tecla, ma ho bisogno che tu riparta subito. Riferisci a Septimus, che rinforzi le posizioni difensive. Lui e Oldrick devono a riuscire a tenere la il passo a tutti i costi, che non arretrino per nessun motivo. Noi cercheremo di arrivare il prima possibile e di offrire loro supporto.»

«D’accordo.»

Tecla se ne andò senza tradire emozioni, come era sempre stato nella sua natura del resto; non per niente Drufo l’aveva sempre chiamata scherzosamente pezzo di ghiaccio per il modo apatico e distaccato con cui affrontava la vita, persino più di lui.

«Chateroi dista venticinque miglia dal Castello. Procedendo ad una velocità di sei miglia al giorno, Ron sarà al passo fra tre giorni.»

«Noi siamo ad almeno trenta miglia.» disse Jack «Non faremo mai in tempo ad arrivare lì prima di loro.»

«Vuol dire che bruceremo le tappe. Ci servirà ogni soldato di cui disponiamo per poter vincere questa battaglia. La strada che da qui porta a Chateroi è sterrata e stretta, ma noi siamo in pochi. Marciando ad un ritmo di dieci miglia al giorno possiamo essere lì in tempo per la battaglia.»

«Dieci miglia al giorno sono tante.» osservò Passe. «Sicuro che i nostri saranno in grado di reggere una tale marcia?»

«Molti di loro hanno poltrito quindici giorni. Un po’ di sale sulla coda non può fargli che bene. E poi è tutta la vita che sopportano la fatica. Fidati, ce la faranno.»

«C’è una cosa che non capisco.» disse Jack. «Se noi partiamo per riunirci a Septimus, chi rimane qui a sorvegliare la situazione?»

«Resterà Drufo assieme ad un paio dei nostri. Di mantenere l’ordine se ne occuperanno Vero e i suoi uomini.»

La cosa non poté non sollevare una certa preoccupazione tra i presenti.

«Daemon, siamo d’accordo che quel poppante ha accettato di collaborare, ma credi sia saggio affidargli la città?»

«L’epidemia è stata una bella seccatura, ma ha avuto anche dei risvolti positivi. Risolvendola abbiamo dimostrato la nostra buona volontà e conquistato la considerazione della gente, e lui lo sa.»

«Non lo metto in dubbio, ma comunque la cosa non mi fa stare tranquillo. Lui non è come Septimus e i suoi uomini, che hanno giurato di seguirci fino alla fine e hanno già combattuto contro i loro vecchi compagni.»

«Francamente la penso come lui.» disse Scalia «In fin dei conti, cosa gli impedisce di prendere il controllo e riconsegnare Basterwick al Governatore?»

«Lo farà di sicuro, se saremo sconfitti. Forse non mi sono spiegato bene, ma questa battaglia deciderà il futuro della Rivoluzione e della nostra causa. Pertanto, la sconfitta in questo scontro non è un’opzione.»

Tutti in quella stanza l’avevano già capito, ma occorreva che lo sentissero dire per bocca del loro comandante per riuscire ad averne piena coscienza.

Proprio Drufo entrò dopo qualche attimo nella stanza annunciando l’arrivo di un ospite.

«Scusate l’interruzione. Daemon, c’è un certo Signor Hans che chiede di vederti.»

«Fallo pure passare.»

Il signor Hans era uno stimato costruttore di occhiali e lenti d’ingrandimento i cui servigi erano molto apprezzati dai più importanti nobili, eruditi e studiosi di tutta l’Erthea Occidentale. Già in passato Daemon si era rivolto a lui per farsi costruire alcuni dei suoi strani marchingegni.

«Costruisco lenti da più di quarant’anni, ma non mi era mai venuta in mente una cosa del genere. Si può sapere da dove ti vengono certe idee?»

«E dunque? Ci sei riuscito?»

«Per chi mi hai preso?» scherzò «Certo che ci sono riuscito.»

Al che il vecchio artigiano aprì il cofanetto che aveva sottobraccio.

«Ma che roba è?» chiese Passe

«Una cosa che ci tornerà molto utile.»

 

La valle di Chateroi prendeva il nome dal piccolo villaggio che sorgeva al suo interno.

In una terra per buona parte montagnosa come Eirinn le strade che passavano attraverso le valli erano l’unico modo per garantire le comunicazioni, e sotto questo aspetto la valle di Chateroi era la più importante di tutte, essendo l’unica larga abbastanza da consentire il passaggio di un esercito.

Non per niente l’Impero dopo aver occupato la provincia aveva provveduto a far allungare la vecchia strada ducale trasformandola nella grande e pratica Via Imperiale, che partendo dal confine e passando per Dundee raggiungeva direttamente il Castello.

Poco più a nord del villaggio la valle diventava così stretta, e i boschi così vicini alla strada, che un piccolo esercito poteva facilmente bloccare il passaggio e tenere la posizione senza correre il rischio di venire aggirato, pertanto era il luogo perfetto in cui allestire una posizione difensiva.

Dopo aver occupato la zona Septimus aveva cercato di andare il più d’accordo possibile con la gente del posto, vietando rigorosamente saccheggi e ruberie e ordinando alle sue truppe di restare lontani dal villaggio.

Era nervoso e preoccupato, ma cercava di non darlo a vedere per non provocare ulteriore panico; in quanto Decurione era abituato ad avere degli uomini al suo comando, ma mai si sarebbe aspettato di ritrovarsi così presto a dover guidare delle truppe in battaglia.

Anche se Oldrick era al suo fianco e pronto ad aiutarlo era lui al comando, e al momento decisivo tutto sarebbe pesato sulle sue spalle.

Perché ormai tutti sapevano che uno scontro era inevitabile.

Gli esploratori avevano riferito la notizia dell’arrivo del Generale Ron con tutta la legione ben prima che la portasse Tecla. E anche se i loro numeri nel frattempo si erano accresciuti la differenza tra i due schieramenti era sotto gli occhi di tutti, senza contare che per quasi tutti i soldati dell’esercito ribelle quella sarebbe stata la prima, vera battaglia.

«Ormai abbiamo abbondantemente superato il limite oltre il quale non si poteva andare.» aveva detto quando qualcuno gli aveva riferito la notizia di voci nella truppa che parlavano di resa. «Abbiamo solo due scelte. Combattere o venire massacrati.»

Dall’altra parte della barricata l’avanzata del Generale Ron e del giovane Adrian era proceduta senza intoppi, e una volta entrato nella valle l’esercito imperiale stava avanzando a passo spedito verso il luogo della battaglia.

«A quanto pare ci avevi visto giusto. Gli ultimi rapporti dicono che i ribelli si sono barricati proprio a nord del villaggio, nei pressi delle Bocche dei Giganti.»

«Era ovvio. Da lì possono bloccarci la strada e costringerci ad uno scontro frontale.»

Il giovane si prese un momento per ammirare lo straordinario spettacolo delle vette del Khoral attorno a lui ancora imbiancate di neve.

«Lo sapeva, Generale? Secondo la leggenda è qui che le forze combinate di Eirinn e Patria arrestarono l’avanzata del Signore Oscuro e del suo esercito, infliggendo al nemico la sua prima sconfitta. In un certo senso, è come se stessimo camminando su un terreno sacro.»

«Se è così, in cinquecento anni il Granducato ne ha fatta di strada verso il basso. Se si fossero preoccupati di più della guerra e meno dei soldi non si sarebbero dovuti vendere all’Impero per proteggersi dall’espansionismo dell’Unione. A che serve avere una terra ricca se non sei capace di difenderla? I Montgomery devono ritenersi fortunati se l’Imperatore ha permesso loro di conservare il dominio almeno sulla parte orientale.»

«Non è un segreto che sia l’Impero che l’Unione puntassero ad ottenere il controllo delle miniere di Eirinn. La cessione dell’occidente a Saedonia è stato il prezzo che il Granducato ha dovuto pagare in cambio della protezione imperiale. Se ci pensa però, è anche a causa di quella scelta che ora ci troviamo in questa situazione. La divisione ha portato al reunionismo, che ha sicuramente contribuito a far scoppiare questa rivolta.»

«Hanno fatto una scelta, e ora ne pagheranno il prezzo. Saranno da esempio per tutti quelli che d’ora in poi oseranno anche solo pensare di alzare un dito contro l’Impero.»

Un esploratore dei Leoni sbucò fuori dalla foresta quando mancavano poche centinaia di metri per raggiungere le Bocche, accostando il proprio cavallo a quello di Adrian.

«Nobile Adrian, truppe nemiche in arrivo attraverso il Passo Dorian.»

«Quanti sono?»

«Più o meno ottocento, Mio Signore.»

«I messaggeri hanno riferito che l’esercito che ha attaccato Basterwick raggiungeva a malapena le cinquecento unità.» disse il Generale «Dove hanno trovato altre truppe?»

«Il lato negativo dell’avere a che fare con un esercito di schiavi ed insorti è che il loro numero cresce velocemente, soprattutto se c’è qualcuno con il carisma necessario a farli sollevare. Quello positivo è che per la grandissima parte si tratta di gente senza alcuna esperienza di guerra. Fidatevi Generale, non avremo problemi.»

«Guardate lassù, sulla cresta. Devono essere loro.»

Adrian girò gli occhi in quella direzione, scorgendo una linea nera che comparendo da dietro il fianco del Monte Salt avanzava a passo spedito verso la valle.

«È arrivato l’ospite d’onore.» sorrise soddisfatto. «A giudicare dalla velocità di movimento saranno qui al massimo entro due ore.»

«Scusare se mi permetto di dirlo, ma forse è stato un errore ordinare ai Leoni di staccarsi dal resto dell’armata e procedere separatamente, visto che sicuramente sanno che anche voi siete qui. Non c’è il rischio che scoprano i nostri piani?»

«Haselworth sarà anche un cacciatore eccezionale, ma non ha certo gli occhi di un falco. Da lassù è impossibile che possa vedere distintamente qualcosa. Presto dovrà infilarsi nella gola perdendo di vista la valle, e sarà allora che i miei uomini prenderanno posizione. Con l’ingresso del passo sotto il nostro controllo, i suoi compagni non potranno nemmeno avvertirlo.»

Adrian si rivolse quindi nuovamente al suo esploratore.

«Porta agli altri questo messaggio. Che escano dalla foresta e si dispongano all’entrata della Valle Dorian subito dopo l’inizio della battaglia.»

«Sì, Mio Signore.»

Alla fine i due eserciti arrivarono uno di fronte all’altro.

Come previsto da Adrian le forze ribelli avevano occupato il punto più stretto delle Bocche dei Giganti, in una classica formazione difensiva che vedeva la fanteria pesante al centro dietro ad un muro di scudi supportata ai fianchi da due ali di fanteria leggera.

Per dare ai serventi un minimo di protezione Septimus aveva fatto posizionare i dieci cannoni a sua disposizione davanti alle proprie linee ma al riparo di alcuni dossi naturali, da dove sarebbero stati più al sicuro dal tiro degli arcieri.

In mezzo tra i due eserciti, un centinaio di metri di terreno di montagna irregolare e dissestato, ideale per limitare l’attività della famigerata cavalleria pesante imperiale.

«Evidentemente il comandante nemico non ha frequentato l’accademia militare.» osservò Adrian. «Le ali dovrebbero stare più avanti rispetto al centro, per contenere l’urto sui fianchi e tentare una manovra di aggiramento.»

«Non credo che Haselworth farebbe un simile errore. Di sicuro la persona a cui ha affidato il comando non gli regge il confronto.»

Septimus non poteva ovviamente sentirli, ma era più che consapevole della propria impreparazione. Era solo un Decurione senza alcuna possibilità di avanzamento di carriera che andasse oltre i gradi di ufficiale di secondo livello, ruoli che mai lo avrebbero messo al comando di un intero esercito.

Tutto quello che sapeva di tattica e manovre sul campo lo aveva imparato sulla propria pelle durante le guerre dell’est contro i baroni ribelli.

Ma ciò nonostante non aveva comunque alcuna intenzione di sfigurare o venire meno al suo compito; avrebbe sconfitto il nemico o sarebbe morto provandoci.

Cercando di nascondere il tremore che gli attraversava tutto il corpo strinse forte i pugni attorno alle briglie del cavallo e serrò i denti, sfregandoli nervosamente.

«Rilassati e tieni la mente sgombra ragazzo.» gli disse Oldrick «Non ti mentirò, qui dipendiamo tutti da te. Ricorda, noi dobbiamo solo resistere fino all’arrivo di Daemon.»

«Sì, lo so. Speriamo solo di riuscirci.»

«Dobbiamo riuscirci. O in caso contrario, come hai detto tu, prima di stanotte saremo tutti ospiti d’onore nelle sale di Belion

Passarono alcuni minuti in cui nell’intera valle regnò il più assoluto silenzio, rotto infine da uno squillo di trombe nello schieramento imperiale che diede ufficialmente il via alla battaglia.

Gli schermagliatori con giavellotti uscirono dai propri schieramenti e avanzarono lungo la strada in formazione allargata, seguiti a stretto giro dalla prima linea di fanteria ausiliaria.

«Fuoco!» ordinò Septimus.

Forse fu il nervosismo, forse semplicemente aveva sbagliato a calcolare i tempi, fatto sta che nessuna delle dieci cannonate, il cui rimbombo fu tale da far tremare la roccia, centrò in pieno il bersaglio. La maggior parte di esse risultarono troppo corte, e le palle pur riuscendo a rimbalzare e rotolare nonostante il terreno accidentato provocarono dei danni abbastanza contenuti alle truppe nemiche.

Il secondo tiro risultò più preciso, ma ancora una volta i risultati furono piuttosto scarsi con giusto qualche decina di nemici uccisi o feriti; dopotutto c’era un motivo se Adrian aveva suggerito a Ron di far adottare agli arcieri una formazione così allargata, molto diversa dai classici quadrati serrati.

Teoricamente ci sarebbe stato il tempo per una terza raffica di colpi, ma a causa dei dossi dietro a cui erano stati posizionati nel momento in cui i serventi finirono di ricaricare i cannoni il nemico si era già avvicinato troppo.

Septimus mandò quindi avanti gli arcieri per tentare di limitare i danni, ma due diverse scoccate vennero a loro volta vanificate dalla formazione allargata degli schermagliatori e dal muro di scudi degli ausiliari.

Quando poi la distanza tra i due schieramenti fu talmente piccola da mettere in pericolo l’incolumità dell’artiglieria Septimus non ebbe altra scelta che comandare l’avanzata della sua prima linea, che prima ancora di arrivare allo scontro diretto vide cadere un buon numero di fanti a causa del lancio di giavellotti. Nello stesso momento in cui gli ausiliari imperiali e i legionari ribelli davano inizio allo scontro corpo a corpo i cannoni ricevettero l’ordine di togliersi dalle buche e riposizionati davanti all’ala destra, da dove avrebbero potuto ancora fare fuoco su ulteriori nemici in avanzata.

Naturalmente non era una cosa che si potesse fare in due minuti, e per quando gli artiglieri ebbero raggiunto la nuova posizione Ron aveva già mandato avanti la seconda linea per rinforzare il centro e aumentare la pressione sul nemico.

Subito aprirono il fuoco, e stavolta il danno fu molto più importante, ma dopo il primo colpo dovettero subito fermarsi per non rischiare di colpire anche i loro alleati con un tiro troppo corto.

Comunque, dopo un primo momento di indecisione, la linea ribelle riuscì a tenere la posizione e a contenere l’urto della fanteria imperiale. Non si trattava solo di disciplina o di preparazione; tutti sapevano cosa c’era in gioco in quella battaglia, e che in caso di sconfitta nessuno sarebbe stato risparmiato.

Dall’alto del suo cavallo Septimus osservava la battaglia infuriare davanti a lui. Avrebbe voluto lanciarsi anche lui alla carica e unirsi ai suoi compagni, ma Daemon su questo era stato categorico.

Il dovere di un Comandante non è dare prova del suo coraggio combattendo in prima linea, ma guidare saggiamente e con freddezza i propri uomini le cui vite dipendono dalle sue decisioni.

Così, lottando con l’istinto, restava immobile a guardare, cercando di leggere lo svolgersi dello scontro e di agire nel modo più razionale e consono possibile.

Vedendo che i suoi uomini faticavano a tenere la posizione mandò avanti una parte dell’ala sinistra, che avanzò supportata dal tiro degli arcieri.

La sua idea era di tentare un aggiramento costringendo l’ala opposta a indietreggiare e impegnando il centro nemico su due lati. Purtroppo, essendo le ali composte prevalentemente da schiavi armati in modo leggero e coscritti civili, la loro spinta non risultò abbastanza forte da spingere indietro gli avversari, cosicché alla fine quel settore si ritrovò impegnato in una battaglia a sé stante che sarebbe andata avanti fino al termine dello scontro.

«Ehi, guarda! Che cosa c’è laggiù?»

Preceduto da uno squillo di trombe, un piccolo gruppo di fanti sbucò fuori dalla foresta poco lontano dietro le linee nemiche.

«È l’Armata dei Leoni.» li riconobbe Oldrick, che anche con un occhio solo aveva ancora la vista di un falco. «Ma dove stanno andando?»

Entrambi si fecero pallidi di paura nel momento in cui si accorsero che i nuovi arrivati, invece di dirigersi verso la valle, sembravano invece intenzionati a prendere posizione all’imboccatura della Valle Dorian.

«Vogliono tagliare la strada a Daemon!»

«Non ci credo. Sapevano del suo arrivo?»

«Dobbiamo fare qualcosa Oldrick. Se non riusciamo a riunirci a Daemon non avremo speranze.»

Septimus tentò di inviare la propria ala destra contro i Leoni per offrire supporto a Daemon e rompere il blocco; peccato fosse proprio ciò che Adrian si aspettava.

Prima l’ala sinistra imperiale intercettò i rinforzi quando furono abbastanza lontani dai loro alleati riuscendo quasi a circondarli, quindi la cavalleria nemica rimasta fino a quel momento in disparte si infilò nel varco creatosi nello schieramento ribelle e caricò i cannoni rimasti senza protezione.

A quel punto Oldrick, messosi personalmente al comando della poca cavalleria a sua disposizione, tentò di portare soccorso, ma quando riuscirono a raggiungere il nemico e a impegnarlo in battaglia i cavalieri nemici si erano già lasciati dietro decine di artiglieri morti e un gran numero di cannoni ribaltati o danneggiati.

Ormai la battaglia si era frammentata in tanti scontri separati, ma persino Septimus poteva rendersi conto che mentre il fronte del nemico riusciva ancora a coordinare gli spostamenti il suo si era completamente sfaldato, e sarebbe bastato che uno solo dei suoi schieramenti si desse alla fuga perché l’intera armata andasse in rotta.

«È inutile. Non possiamo vincere…»

Anche dall’altra parte del campo di battaglia si era giunti alla stessa conclusione.

«È finita.» disse Adrian. «Ora non rimane che infliggere il colpo di grazia.»

In questi casi niente come la vista di un intero esercito che scendeva in campo al ritmo dei corni sapeva infliggere terrore ai nemici, così Ron ordinò l’avanzata generale che avrebbe chiuso definitivamente i giochi.

«Mio Signore, nemici in arrivo!» disse all’improvviso il solito esploratore, arrivando lanciato al galoppo e pallido come se avesse avuto la morte alle calcagna

«Che vengano pure. L’ingresso della valle è bloccato.»

«No mio Signore, sono nel bosco! Proprio dietro di noi!»

«Cosa!?»

 

Il vero coraggio non sta nell’agire quando si ha un vantaggio evidente, ma quando si avanza pur non avendo la forza per farlo.

Questa era sempre stata una delle mie massime preferite, e su essa avevo basato allo stesso tempo sia molte delle mie vittorie che alcune delle mie peggiori sconfitte.

E anche se in questa mia nuova vita mi ero imposto di soppesare meglio le mie decisioni e di non dare più troppe cose per scontate, c’erano delle occasioni in cui semplicemente non potevo fare a meno di tornare ad essere me stesso.

Avanzare nonostante tutto.

Da una parte sapevo di stare correndo un rischio enorme capace di far crollare sul nascere la rivoluzione che avevo intenzione di scatenare su Erthea, dall’altra il vecchio soldato che era in me fremeva di eccitazione al pensiero di potermi misurare con un intelletto militare sopra la media come era quello del giovane Adrian.

Lasciata Basterwick la mattina presto forti di trecento nuove reclute –soprattutto schiavi liberati, oltre ad alcune decine di volontari umani e anche qualche legionario– avevamo proceduto a passo spedito verso sud-ovest, e in men che non si dica ci eravamo inerpicati sul Monte Salt per raggiungere il Passo Dorian.

Quella specie di gola strozzata angusta e ripida era una delle valli più strette di tutta la catena del Khoral, e se non fosse stata un’emergenza non mi sarei mai arrischiato a portarci dentro un intero esercito, per quanto piccolo.

Il lato positivo è che una volta raggiunte le pendici del Monte Salt il sentiero saliva di un centinaio di metri raggiungendo, prima di tuffarsi dentro la gola, una piana brulla da cui si aveva un’ottima visuale del Passo di Chateroi.

Naturalmente nemmeno io avevo una vista tanto acuta da poter capire con esattezza cosa avveniva così lontano, e proprio per questo avevo chiesto al signor Hans di costruirmi un cannocchiale.

Scalia e gli altri lo fissavano come se fosse stato un marchingegno proveniente da un altro mondo, anche se a ben pensarci era effettivamente così.

«Incredibile!» aveva esclamato Scalia quando glielo avevo fatto provare. «Pensavo di avere degli ottimi occhi, ma questo affare è prodigioso!»

Non stetti a spiegarle come funzionava, anche perché ero certo che non avrebbe capito.

Poco prima di mezzogiorno i miei uomini si preparavano a scendere dal monte avanzando il colonna lungo il sentiero, mentre io, Scalia e gli altri osservavamo dall’alto di una roccia l’esercito di Ron che si apprestava a raggiungere le Bocche dei Giganti.

«Che cosa vedi?» chiese Jack

«Avanzano in formazione standard, con la fanteria pesante al centro e gli schermagliatori a supporto.»

«E l’Armata dei Leoni?» domandò Scalia

«Non li vedo. Probabilmente si stanno spostando attraverso la foresta per non essere individuati.»

Il mio sguardo si portò quindi sulle linee di Septimus, e a vedere come aveva disposto l’artiglieria mi venne da mettermi le mani tra i capelli.

«Ma cosa sta combinando? Non si posizionano i cannoni dietro a degli ostacoli naturali che ne ostacolano il beccheggio. Non deve mica sparare contro un muro.»

Non avevo mai pensato neanche per un momento che Septimus o Oldrick avessero le qualità necessarie per riuscire a prevalere con Ron, o ancor peggio contro Adrian. Il loro scopo era solo quello di guadagnare tempo fino al mio arrivo, proprio per questo avevo ordinato loro di posizionarsi nel punto meglio difendibile lungo la direttrice tra Dundee e il Castello, dove anche una scimmia ammaestrata sarebbe stata capace di allestire una linea e tenere la posizione.

Che avessi sopravvalutato le capacità di Septimus o sottovalutato la sua idealistica determinazione ad evitare vittime tra gli uomini al suo comando il risultato era comunque lo stesso; se non fossimo arrivati laggiù il prima possibile, probabilmente per noi non ci sarebbe stata alcuna battaglia da combattere.

«Credi che ci abbiano visti?» chiese Scalia

«Senza alcun dubbio. Non solo, ci stanno praticamente invitando a saltargli addosso.»

«Che intendi dire?»

«Se si aspettassero un attacco da parte nostra penserebbero di rafforzare il fianco sinistro per assorbire l’urto, invece la loro formazione è perfettamente bilanciata.»

«Sembra troppo bello per essere vero.» commentò Passe

«E lo è. Adrian non è tipo da commettere simili leggerezze. Una volta entrati nella gola non c’è modo di sapere che succede laggiù fino all’ultimo istante. Scommetto qualsiasi cosa che i Leoni hanno l’ordine di bloccare il Passo Dorian e tagliarci fuori dal resto del nostro esercito.»

«Possiamo sconfiggerli?»

«Se avessimo tempo probabilmente sì. Ma il tempo non è dalla nostra parte. Il nostro esercito è numeroso, ma pur sempre fatto di ribelli e schiavi male addestrati. Appena vedranno i rinforzi venire bloccati il loro morale inizierà a vacillare, e a quel punto sarà solo una questione di minuti prima che vadano in rotta.»

«Allora cosa possiamo fare?» chiese Scalia

Naturalmente non ero così sprovveduto da non tenermi sempre un piano di riserva in caso di emergenza.

«Lo vedi quel solco nell’erba che si stacca dalla strada in prossimità di quella roccia? È un vecchio sentiero naturale scavato dagli stambecchi che sbuca direttamente nella valle proprio laggiù, dove la foresta è più fitta. Lo usano solo i cacciatori della zona, quindi è impossibile che degli stranieri come Ron e Adrian sappiano della sua esistenza.»

«Sembra parecchio angusto.»

«Infatti sarebbe impossibile farci passare tutto l’esercito. Ma è perfetto per una piccola squadra di incursori. Quindi voglio che tu Scalia prenda cinquanta dei nostri migliori uomini e che scendiate nella valle passando da quel sentiero.»

«Dobbiamo attaccare il nemico alle spalle?»

«Non subito. Sareste troppo pochi per risultare decisivi. Quello che dovete fare è raggiungere la foresta e restare in attesa. Quando la nostra avanzata sarà stata arrestata nella gola, è molto probabile che Adrian farà avanzare tutto l’esercito per spaventare i nostri e mandarli in rotta. E quando lo farà, voi dovrete attaccare i Leoni sul fianco con tutta la vostra forza. Una volta che loro saranno stati abbattuti la legione si ritroverà con il fianco scoperto, sopravanzata e vulnerabile a un contrattacco.»

«Sembra un piano molto complesso. Sicurò che funzionerà?»

«Io non mi baso mai sulla fortuna Passe. La tattica non è altro che saper leggere nella mente del nemico e agire di conseguenza.»

E io ho passato una vita intera imparando a mettermi nei panni dei miei avversari.

«Fidatevi, funzionerà.»

«Forse potremmo trovare il modo di avvisare Septimus.»

«Niente affatto. Anzi, vi ordino di non fare parola con qualcuno di tutta questa storia.»

«Per quale motivo?»

«Per ingannare il nemico bisogna prima di tutto ingannare i propri uomini. Se Adrian capisse che abbiamo intuito i suoi piani la situazione potrebbe ribaltarsi ulteriormente.»

Nelle due ore successive mi estraniai completamente da tutto ciò che mi circondava, cercando di visualizzare nella mia mente lo svolgimento della battaglia a seconda dei suoni che sentivamo sempre più vicini davanti a noi, amplificati dalle vibrazioni e dallo stretto pertugio che stavamo percorrendo.

Come avevo temuto i cannoni furono ben presto messi fuori causa, limitandosi a sparare un paio di volte –oltretutto in modo confusionario e per nulla coordinato– per poi venire silenziati quasi del tutto, limitandosi ad alcuni scoppi occasionali che probabilmente non stavano producendo nessun risultato significativo.

Per questo e molti altri motivi, quando una volta giunti in vista della fine della valle trovammo i Leoni schierati e pronti ad accoglierci il mio disappunto alla vista di quel disastro non fu poi così pretestuoso come avrei voluto.

Ora capivo perché parlando con Septimus avevo talvolta l’impressione di avere a che fare con quella testa di rapa di Ney.

Stesso carattere vulcanico ma facilmente manovrabile, stesso coraggio, stessa intraprendenza… e stessa stupida impulsività.

Gli avevo affidato il comando per l’ascendente che aveva sui suoi uomini, ma ora sapevo che il suo scopo era di guidare l’esercito in battaglia piuttosto che comandarlo.

Per guadagnare tempo ordinai di lanciare contro i Leoni tutto quello che avevamo: ovviamente la cosa non sortì alcun effetto degno di nota, ma se non altro servì a dirottare la loro attenzione unicamente su di noi senza bisogno di lanciarsi in un rischioso e dispendioso scontro diretto.

Come avevo previsto l’impressione di averci messo in trappola spinse Adrian all’imprudenza, convincendolo a ordinare un’avanzata generale destinata ad essere l’ultimo chiodo sulla bara della Rivoluzione.

Scalia e gli altri seguirono il copione alla perfezione, sbucando fuori al momento perfetto e lanciandosi addosso ai Leoni come un branco di bestie assatanate, e anche se un esploratore riuscì a localizzarli prima dell’attacco quando Adrian ne fu informato era già troppo tardi.

Naturalmente questo non bastò a far cedere il nemico, ma non mi aspettavo certamente che un’unità competente e bene addestrata come quella si sfaldasse tanto facilmente.

Tuttavia, incalzati da due lati, non ebbero altra scelta che abbandonare la formazione schierata in favore di una a quadrato, liberando l’uscita della gola e aprendomi la strada verso il grosso del nostro esercito.

«Passe, assumi il comando! Io vado a riunirmi a Septimus!»

«Lascia fare a me! Tu fa attenzione!»

Non fu affatto piacevole fare lo slalom tra frecce e giavellotti che mi piovevano addosso da tutte le parti, ma per mia fortuna gli imperiali erano dei pessimi tiratori.

«Scusa Daemon, temo di aver solo peggiorato le cose.» disse Septimus quando infine riuscii a raggiungerlo

«Tranquillo, ora sono qui.»

La prima cosa da fare era ricompattare il fronte e approfittare quanto prima del momento favorevole, quindi iniziai subito a far sbracciare gli sbandieratori.

«La cavalleria di Oldrick si disimpegni e rientri nelle posizioni di partenza! I lancieri dell’ala destra avanzino e forniscano supporto alla manovra! Puntare i cannoni di sinistra verso il centro dello schieramento, elevazione venticinque gradi, carica a tre quarti, quelli di destra all’ingresso della gola! Usate tutti gli artiglieri che ci sono rimasti! La prima linea arretri di venti passi senza lasciare il combattimento! Al mio comando, Passe abbandoni lo scontro portandosi a distanza di sicurezza dalla formazione nemica!»

Un po’ mi dispiacque dover spazzare via i Leoni a cannonate rivoltandogli contro la loro stessa formazione chiusa; non che mi aspettassi di poter convincere qualcuno di loro a cambiare schieramento, ma erano eccellenti soldati con un forte senso d’appartenenza ed estremamente fedeli, e per questo li ammiravo.

Con le retrovie nemiche così vicine, e la prima linea lontana abbastanza da permettere alle palle di cannone di passarci sopra evitando di colpire i nostri, aprire voragini nei loro schieramenti fu un gioco da ragazzi, e nel momento in cui i pochi Leoni sopravvissuti andarono in rotta il fianco sinistro nemico cedette di schianto.

La cavalleria nemica caricò alla disperata per tentare di silenziare di nuovo i cannoni, ma i lancieri che avevo mandato avanti formarono uno schiltron che dopo averli costretti a fermarsi li rese un facile bersaglio per i nostri arcieri.

Nel mentre i cavalli di Oldrick avevano ripreso fiato, ed eseguendo un ampio arco al piccolo trotto caricarono nello stesso momento le spalle delle retrovie e il fianco del centro di comando nemico dividendosi in due tronconi.

Ron non perse neanche tempo a far suonare la ritirata; lo vidi girare il cavallo e darsela a gambe un attimo dopo aver visto il suo intero esercito andare in rotta portando via con sé i pochi cavalieri rimastigli, il suo stato maggiore e la retroguardia.

Se avessi potuto avrei ordinato di corrergli dietro e fare strage di quanti più nemici possibili, ma ormai le mie forze erano allo stremo; e poi non era ancora il momento di rovinare la mia reputazione con una condotta tanto barbara.

«Che ore sono?» chiesi a Septimus

«Più o meno le tre.»

«Manda Tecla a Dundee. Alle ore tre del sesto giorno del mese della Viverna, le forze rivoluzionarie sono padrone del campo. Il nemico ha perso più della metà della sue truppe. La battaglia è vinta.»

 

Nota dell’Autore

Eccomi di nuovo dopo due settimane!

Lo so, anche questo capitolo è stato incredibilmente lungo.

Il fatto è che non mi andava di spezzare in due la prima vera grande battaglia della storia.

In realtà ho provato più volte a cercare un buon punto in cui fermarmi, senza però riuscire alla fine a trovare un momento in cui non avessi la sensazione di spezzare la narrazione.

Spero che questo non abbia fatto scappare la maggior parte di voi.^^

Ringrazio tutti quelli che leggono e recensiscono questa mia storia.

A presto!^_^

Carlos Olivera

   
 
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