“Metti
un leone al comando di cento cani,
e combatteranno come leoni!”
CAPITOLO 4
LO SCONTRO DECISIVO
La pozione consegnata a Daemon dalla
Strega era davvero miracolosa.
Già
a partire dal giorno dopo l’inizio delle somministrazioni i malati
incominciarono a guarire uno dopo l’altro, rimettendosi in forze nel giro di
poche ore.
Finalmente
la speranza era tornata anche a Basterwick, e nel
giro di pochi giorni l’epidemia poté dirsi completamente debellata.
Daemon
cercava di non fare privilegi, ma nessuno gliene fece una colpa quando chiese
che Scalia fosse tra i primi ad essere curata; d’altronde, si dissero tutti,
era merito suo se era stato possibile salvare così tante vite.
«Ti
senti meglio?» chiese quando una mattina la vide entrare nel suo ufficio al
municipio fresca come una rosa.
«Assolutamente.
Posso rimettermi al lavoro in qualunque momento.»
«Cerca
solo di non esagerare. La nobile Sylvie dice che ci vuole qualche giorno perché
le scorie della malattia si disperdano del tutto, e tu ci servi in forma per
quello che ci aspetta.»
«Basterà
che mi mangi mezzo cinghiale, e sarò pronta a ricominciare più forte di prima.»
«E
Isabela? Come sta?»
«La
tettona? Insopportabile e presuntuosa come sempre. È
già tornata al tempio, a baciare la gonna della sua padrona.»
«Lei
e la nobile Sylvie non ti stanno decisamente simpatiche.»
«Le
Guardie del Tempio sono da sempre i cani da guardia del Circolo, ed è stato il
Circolo a proclamare la guerra santa contro il nostro popolo cinquecento anni
fa. Lo so che hai detto che occorre dimenticare il passato e andare avanti, ma
queste non sono cose che si possono semplicemente mettere da parte come se
niente fosse.»
«Sono
d’accordo anch’io che il Circolo è molto diverso da ciò che i suoi fondatori
avevano in mente quando lo crearono nell’antichità. Ma le persone come la
nobile Sylvie cercano sinceramente di riportare il culto di Gaia ai suoi
propositi originari, e pensano solo a fare del bene. Quanto a Isabela, non puoi
negare che sappia come combattere e sia molto devota alla nobile Sylvie, e ti
assicuro che vista la nomea poco lusinghiera di cui godono ultimamente le Guardie
non è un dettaglio da poco. Dovresti provare a dare loro una possibilità.»
«Se
me lo chiedi tu, cercherò di andarci d’accordo. Ma non pretendere che mi
piacciano.»
«Mi
accontenterò.» ammiccò il ragazzo
L’arrivo
del satiro Tecla, sporca ed esausta per la lunga corsa durata tutta la notte
ruppe troppo presto quell’atmosfera rilassata.
«Il
Generale Ron ha lasciato il Castello e si sta
dirigendo a sud. Con lui c’è tutta la Quindicesima Legione.»
Venne
subito convocato un consiglio di guerra cui presero parte anche Passe e Jack.
«Sapevamo
che si sarebbero mobilitati.» esordì Daemon «A conti fatti ci hanno messo più
di quello che mi sarei aspettato. Ron avrà aspettato
di ricevere qualche rifornimento dal passo a nord prima di muoversi.»
«Ho
sentito dire che questa legione è anche più grande delle altre.» disse Passe
con una certa preoccupazione. «Quasi ventimila uomini, senza contare i
coscritti che avranno sicuramente reclutato tra la popolazione.»
«Dove
si trova in questo momento la legione?»
«Qui.»
indicò Tecla sulla cartina. «A metà strada tra il Castello e Dundee. Avanzano
lungo la Via Imperiale.»
«Stanno
tentando di dividere le nostre due forze.» disse Passe
«La
strategia della posizione centrale. Mossa astuta, anche troppo per essere
farina del sacco di Ron. Uno come lui avrebbe diviso
la legione in due forze per colpirci separatamente.»
Gli
occhi di Daemon scintillavano mentre tornava a girarsi verso Tecla.
«Tiro
a indovinare. Con lui c’è anche Adrian, il figlio del Governatore.»
«È
così. E ha con sé un paio di centinaia di soldati che sembrano obbedire solo a
lui.»
«Deve
essere l’Armata dei Leoni. Ne ho sentito parlare. L’ha messa insieme subito
dopo aver concluso gli studi all’accademia. Abili, preparati e assolutamente
fedeli.»
«Detesto
doverlo dire, ma stavolta la disparità di forze mi sembra davvero
considerevole.» disse Scalia. «Credi davvero che saremo in grado di
sconfiggerli?»
«La
nostra dovrà essere per forza di cose una battaglia difensiva. Non possiamo
affrontare un esercito così tanto superiore al nostro in uno scontro aperto.
Che notizie da Septimus e Oldrick?»
«Si
sono posizionati al passo di Chateroi, come avevi
ordinato.» rispose Jack. «Hanno anche ricevuto nuove forze da Dundee e occupato
la parte più stretta della vallata.»
«So
che hai corso tutta la notte Tecla, ma ho bisogno che tu riparta subito.
Riferisci a Septimus, che rinforzi le posizioni difensive. Lui e Oldrick devono a riuscire a tenere la il passo a tutti i
costi, che non arretrino per nessun motivo. Noi cercheremo di arrivare il prima
possibile e di offrire loro supporto.»
«D’accordo.»
Tecla
se ne andò senza tradire emozioni, come era sempre stato nella sua natura del
resto; non per niente Drufo l’aveva sempre chiamata
scherzosamente pezzo di ghiaccio per
il modo apatico e distaccato con cui affrontava la vita, persino più di lui.
«Chateroi dista venticinque miglia dal Castello. Procedendo
ad una velocità di sei miglia al giorno, Ron sarà al passo
fra tre giorni.»
«Noi
siamo ad almeno trenta miglia.» disse Jack «Non faremo mai in tempo ad arrivare
lì prima di loro.»
«Vuol
dire che bruceremo le tappe. Ci servirà ogni soldato di cui disponiamo per
poter vincere questa battaglia. La strada che da qui porta a Chateroi è sterrata e stretta, ma noi siamo in pochi. Marciando
ad un ritmo di dieci miglia al giorno possiamo essere lì in tempo per la
battaglia.»
«Dieci
miglia al giorno sono tante.» osservò Passe. «Sicuro che i nostri saranno in
grado di reggere una tale marcia?»
«Molti
di loro hanno poltrito quindici giorni. Un po’ di sale sulla coda non può
fargli che bene. E poi è tutta la vita che sopportano la fatica. Fidati, ce la
faranno.»
«C’è
una cosa che non capisco.» disse Jack. «Se noi partiamo per riunirci a
Septimus, chi rimane qui a sorvegliare la situazione?»
«Resterà
Drufo assieme ad un paio dei nostri. Di mantenere
l’ordine se ne occuperanno Vero e i suoi uomini.»
La
cosa non poté non sollevare una certa preoccupazione tra i presenti.
«Daemon,
siamo d’accordo che quel poppante ha accettato di collaborare, ma credi sia
saggio affidargli la città?»
«L’epidemia
è stata una bella seccatura, ma ha avuto anche dei risvolti positivi.
Risolvendola abbiamo dimostrato la nostra buona volontà e conquistato la
considerazione della gente, e lui lo sa.»
«Non
lo metto in dubbio, ma comunque la cosa non mi fa stare tranquillo. Lui non è
come Septimus e i suoi uomini, che hanno giurato di seguirci fino alla fine e
hanno già combattuto contro i loro vecchi compagni.»
«Francamente
la penso come lui.» disse Scalia «In fin dei conti, cosa gli impedisce di
prendere il controllo e riconsegnare Basterwick al
Governatore?»
«Lo
farà di sicuro, se saremo sconfitti. Forse non mi sono spiegato bene, ma questa
battaglia deciderà il futuro della Rivoluzione e della nostra causa. Pertanto,
la sconfitta in questo scontro non è un’opzione.»
Tutti
in quella stanza l’avevano già capito, ma occorreva che lo sentissero dire per
bocca del loro comandante per riuscire ad averne piena coscienza.
Proprio
Drufo entrò dopo qualche attimo nella stanza
annunciando l’arrivo di un ospite.
«Scusate
l’interruzione. Daemon, c’è un certo Signor Hans che chiede di vederti.»
«Fallo
pure passare.»
Il
signor Hans era uno stimato costruttore di occhiali e lenti d’ingrandimento i
cui servigi erano molto apprezzati dai più importanti nobili, eruditi e
studiosi di tutta l’Erthea Occidentale. Già in passato Daemon si era rivolto a
lui per farsi costruire alcuni dei suoi strani marchingegni.
«Costruisco
lenti da più di quarant’anni, ma non mi era mai venuta in mente una cosa del
genere. Si può sapere da dove ti vengono certe idee?»
«E
dunque? Ci sei riuscito?»
«Per
chi mi hai preso?» scherzò «Certo che ci sono riuscito.»
Al
che il vecchio artigiano aprì il cofanetto che aveva sottobraccio.
«Ma
che roba è?» chiese Passe
«Una
cosa che ci tornerà molto utile.»
La valle di Chateroi
prendeva il nome dal piccolo villaggio che sorgeva al suo interno.
In
una terra per buona parte montagnosa come Eirinn le strade che passavano
attraverso le valli erano l’unico modo per garantire le comunicazioni, e sotto
questo aspetto la valle di Chateroi era la più
importante di tutte, essendo l’unica larga abbastanza da consentire il
passaggio di un esercito.
Non
per niente l’Impero dopo aver occupato la provincia aveva provveduto a far
allungare la vecchia strada ducale trasformandola nella grande e pratica Via
Imperiale, che partendo dal confine e passando per Dundee raggiungeva direttamente
il Castello.
Poco
più a nord del villaggio la valle diventava così stretta, e i boschi così
vicini alla strada, che un piccolo esercito poteva facilmente bloccare il
passaggio e tenere la posizione senza correre il rischio di venire aggirato,
pertanto era il luogo perfetto in cui allestire una posizione difensiva.
Dopo
aver occupato la zona Septimus aveva cercato di andare il più d’accordo
possibile con la gente del posto, vietando rigorosamente saccheggi e ruberie e
ordinando alle sue truppe di restare lontani dal villaggio.
Era
nervoso e preoccupato, ma cercava di non darlo a vedere per non provocare
ulteriore panico; in quanto Decurione era abituato ad avere degli uomini al suo
comando, ma mai si sarebbe aspettato di ritrovarsi così presto a dover guidare
delle truppe in battaglia.
Anche
se Oldrick era al suo fianco e pronto ad aiutarlo era
lui al comando, e al momento decisivo tutto sarebbe pesato sulle sue spalle.
Perché
ormai tutti sapevano che uno scontro era inevitabile.
Gli
esploratori avevano riferito la notizia dell’arrivo del Generale Ron con tutta la legione ben prima che la portasse Tecla. E
anche se i loro numeri nel frattempo si erano accresciuti la differenza tra i
due schieramenti era sotto gli occhi di tutti, senza contare che per quasi
tutti i soldati dell’esercito ribelle quella sarebbe stata la prima, vera
battaglia.
«Ormai
abbiamo abbondantemente superato il limite oltre il quale non si poteva
andare.» aveva detto quando qualcuno gli aveva riferito la notizia di voci
nella truppa che parlavano di resa. «Abbiamo solo due scelte. Combattere o
venire massacrati.»
Dall’altra
parte della barricata l’avanzata del Generale Ron e
del giovane Adrian era proceduta senza intoppi, e una volta entrato nella valle
l’esercito imperiale stava avanzando a passo spedito verso il luogo della
battaglia.
«A
quanto pare ci avevi visto giusto. Gli ultimi rapporti dicono che i ribelli si
sono barricati proprio a nord del villaggio, nei pressi delle Bocche dei
Giganti.»
«Era
ovvio. Da lì possono bloccarci la strada e costringerci ad uno scontro
frontale.»
Il
giovane si prese un momento per ammirare lo straordinario spettacolo delle
vette del Khoral attorno a lui ancora imbiancate di
neve.
«Lo
sapeva, Generale? Secondo la leggenda è qui che le forze combinate di Eirinn e
Patria arrestarono l’avanzata del Signore Oscuro e del suo esercito, infliggendo
al nemico la sua prima sconfitta. In un certo senso, è come se stessimo
camminando su un terreno sacro.»
«Se
è così, in cinquecento anni il Granducato ne ha fatta di strada verso il basso.
Se si fossero preoccupati di più della guerra e meno dei soldi non si sarebbero
dovuti vendere all’Impero per proteggersi dall’espansionismo dell’Unione. A che
serve avere una terra ricca se non sei capace di difenderla? I Montgomery
devono ritenersi fortunati se l’Imperatore ha permesso loro di conservare il
dominio almeno sulla parte orientale.»
«Non
è un segreto che sia l’Impero che l’Unione puntassero ad ottenere il controllo
delle miniere di Eirinn. La cessione dell’occidente a Saedonia
è stato il prezzo che il Granducato ha dovuto pagare in cambio della protezione
imperiale. Se ci pensa però, è anche a causa di quella scelta che ora ci
troviamo in questa situazione. La divisione ha portato al reunionismo,
che ha sicuramente contribuito a far scoppiare questa rivolta.»
«Hanno
fatto una scelta, e ora ne pagheranno il prezzo. Saranno da esempio per tutti
quelli che d’ora in poi oseranno anche solo pensare di alzare un dito contro
l’Impero.»
Un
esploratore dei Leoni sbucò fuori dalla foresta quando mancavano poche
centinaia di metri per raggiungere le Bocche, accostando il proprio cavallo a
quello di Adrian.
«Nobile
Adrian, truppe nemiche in arrivo attraverso il Passo Dorian.»
«Quanti
sono?»
«Più
o meno ottocento, Mio Signore.»
«I
messaggeri hanno riferito che l’esercito che ha attaccato Basterwick
raggiungeva a malapena le cinquecento unità.» disse il Generale «Dove hanno
trovato altre truppe?»
«Il
lato negativo dell’avere a che fare con un esercito di schiavi ed insorti è che
il loro numero cresce velocemente, soprattutto se c’è qualcuno con il carisma
necessario a farli sollevare. Quello positivo è che per la grandissima parte si
tratta di gente senza alcuna esperienza di guerra. Fidatevi Generale, non
avremo problemi.»
«Guardate
lassù, sulla cresta. Devono essere loro.»
Adrian
girò gli occhi in quella direzione, scorgendo una linea nera che comparendo da
dietro il fianco del Monte Salt avanzava a passo spedito verso la valle.
«È
arrivato l’ospite d’onore.» sorrise soddisfatto. «A giudicare dalla velocità di
movimento saranno qui al massimo entro due ore.»
«Scusare
se mi permetto di dirlo, ma forse è stato un errore ordinare ai Leoni di
staccarsi dal resto dell’armata e procedere separatamente, visto che
sicuramente sanno che anche voi siete qui. Non c’è il rischio che scoprano i
nostri piani?»
«Haselworth
sarà anche un cacciatore eccezionale, ma non ha certo gli occhi di un falco. Da
lassù è impossibile che possa vedere distintamente qualcosa. Presto dovrà
infilarsi nella gola perdendo di vista la valle, e sarà allora che i miei
uomini prenderanno posizione. Con l’ingresso del passo sotto il nostro
controllo, i suoi compagni non potranno nemmeno avvertirlo.»
Adrian
si rivolse quindi nuovamente al suo esploratore.
«Porta
agli altri questo messaggio. Che escano dalla foresta e si dispongano
all’entrata della Valle Dorian subito dopo l’inizio della battaglia.»
«Sì,
Mio Signore.»
Alla
fine i due eserciti arrivarono uno di fronte all’altro.
Come
previsto da Adrian le forze ribelli avevano occupato il punto più stretto delle
Bocche dei Giganti, in una classica formazione difensiva che vedeva la fanteria
pesante al centro dietro ad un muro di scudi supportata ai fianchi da due ali
di fanteria leggera.
Per
dare ai serventi un minimo di protezione Septimus aveva fatto posizionare i
dieci cannoni a sua disposizione davanti alle proprie linee ma al riparo di
alcuni dossi naturali, da dove sarebbero stati più al sicuro dal tiro degli
arcieri.
In
mezzo tra i due eserciti, un centinaio di metri di terreno di montagna
irregolare e dissestato, ideale per limitare l’attività della famigerata
cavalleria pesante imperiale.
«Evidentemente
il comandante nemico non ha frequentato l’accademia militare.» osservò Adrian.
«Le ali dovrebbero stare più avanti rispetto al centro, per contenere l’urto
sui fianchi e tentare
una manovra di aggiramento.»
«Non
credo che Haselworth farebbe un simile errore. Di sicuro la persona a cui ha
affidato il comando non gli regge il confronto.»
Septimus
non poteva ovviamente sentirli, ma era più che consapevole della propria
impreparazione. Era solo un Decurione senza alcuna possibilità di avanzamento
di carriera che andasse oltre i gradi di ufficiale di secondo livello, ruoli
che mai lo avrebbero messo al comando di un intero esercito.
Tutto
quello che sapeva di tattica e manovre sul campo lo aveva imparato sulla
propria pelle durante le guerre dell’est contro i baroni ribelli.
Ma
ciò nonostante non aveva comunque alcuna intenzione di sfigurare o venire meno
al suo compito; avrebbe sconfitto il nemico o sarebbe morto provandoci.
Cercando
di nascondere il tremore che gli attraversava tutto il corpo strinse forte i
pugni attorno alle briglie del cavallo e serrò i denti, sfregandoli
nervosamente.
«Rilassati
e tieni la mente sgombra ragazzo.» gli disse Oldrick
«Non ti mentirò, qui dipendiamo tutti da te. Ricorda, noi dobbiamo solo
resistere fino all’arrivo di Daemon.»
«Sì,
lo so. Speriamo solo di riuscirci.»
«Dobbiamo
riuscirci. O in caso contrario, come hai detto tu, prima di stanotte saremo
tutti ospiti d’onore nelle sale di Belion.»
Passarono
alcuni minuti in cui nell’intera valle regnò il più assoluto silenzio, rotto
infine da uno squillo di trombe nello schieramento imperiale che diede
ufficialmente il via alla battaglia.
Gli
schermagliatori con giavellotti uscirono dai propri schieramenti e avanzarono
lungo la strada in formazione allargata, seguiti a stretto giro dalla prima
linea di fanteria ausiliaria.
«Fuoco!»
ordinò Septimus.
Forse
fu il nervosismo, forse semplicemente aveva sbagliato a calcolare i tempi,
fatto sta che nessuna delle dieci cannonate, il cui rimbombo fu tale da far
tremare la roccia, centrò in pieno il bersaglio. La maggior parte di esse
risultarono troppo corte, e le palle pur riuscendo a rimbalzare e rotolare
nonostante il terreno accidentato provocarono dei danni abbastanza contenuti
alle truppe nemiche.
Il
secondo tiro risultò più preciso, ma ancora una volta i risultati furono
piuttosto scarsi con giusto qualche decina di nemici uccisi o feriti; dopotutto
c’era un motivo se Adrian aveva suggerito a Ron di
far adottare agli arcieri una formazione così allargata, molto diversa dai
classici quadrati serrati.
Teoricamente
ci sarebbe stato il tempo per una terza raffica di colpi, ma a causa dei dossi
dietro a cui erano stati posizionati nel momento in cui i serventi finirono di
ricaricare i cannoni il nemico si era già avvicinato troppo.
Septimus
mandò quindi avanti gli arcieri per tentare di limitare i danni, ma due diverse
scoccate vennero a loro volta vanificate dalla formazione allargata degli
schermagliatori e dal muro di scudi degli ausiliari.
Quando
poi la distanza tra i due schieramenti fu talmente piccola da mettere in
pericolo l’incolumità dell’artiglieria Septimus non ebbe altra scelta che
comandare l’avanzata della sua prima linea, che prima ancora di arrivare allo
scontro diretto vide cadere un buon numero di fanti a causa del lancio di
giavellotti. Nello stesso momento in cui gli ausiliari imperiali e i legionari
ribelli davano inizio allo scontro corpo a corpo i cannoni ricevettero l’ordine
di togliersi dalle buche e riposizionati davanti all’ala destra, da dove
avrebbero potuto ancora fare fuoco su ulteriori nemici in avanzata.
Naturalmente
non era una cosa che si potesse fare in due minuti, e per quando gli artiglieri
ebbero raggiunto la nuova posizione Ron aveva già
mandato avanti la seconda linea per rinforzare il centro e aumentare la
pressione sul nemico.
Subito
aprirono il fuoco, e stavolta il danno fu molto più importante, ma dopo il
primo colpo dovettero subito fermarsi per non rischiare di colpire anche i loro
alleati con un tiro troppo corto.
Comunque,
dopo un primo momento di indecisione, la linea ribelle riuscì a tenere la
posizione e a contenere l’urto della fanteria imperiale. Non si trattava solo
di disciplina o di preparazione; tutti sapevano cosa c’era in gioco in quella
battaglia, e che in caso di sconfitta nessuno sarebbe stato risparmiato.
Dall’alto
del suo cavallo Septimus osservava la battaglia infuriare davanti a lui.
Avrebbe voluto lanciarsi anche lui alla carica e unirsi ai suoi compagni, ma
Daemon su questo era stato categorico.
Il
dovere di un Comandante non è dare prova del suo coraggio combattendo in prima
linea, ma guidare saggiamente e con freddezza i propri uomini le cui vite
dipendono dalle sue decisioni.
Così,
lottando con l’istinto, restava immobile a guardare, cercando di leggere lo
svolgersi dello scontro e di agire nel modo più razionale e consono possibile.
Vedendo
che i suoi uomini faticavano a tenere la posizione mandò avanti una parte
dell’ala sinistra, che avanzò supportata dal tiro degli arcieri.
La
sua idea era di tentare un aggiramento costringendo l’ala opposta a
indietreggiare e impegnando il centro nemico su due lati. Purtroppo, essendo le
ali composte prevalentemente da schiavi armati in modo leggero e coscritti
civili, la loro spinta non risultò abbastanza forte da spingere indietro gli
avversari, cosicché alla fine quel settore si ritrovò impegnato in una
battaglia a sé stante che sarebbe andata avanti fino al termine dello scontro.
«Ehi,
guarda! Che cosa c’è laggiù?»
Preceduto
da uno squillo di trombe, un piccolo gruppo di fanti sbucò fuori dalla foresta
poco lontano dietro le linee nemiche.
«È
l’Armata dei Leoni.» li riconobbe Oldrick, che anche
con un occhio solo aveva ancora la vista di un falco. «Ma dove stanno andando?»
Entrambi
si fecero pallidi di paura nel momento in cui si accorsero che i nuovi
arrivati, invece di dirigersi verso la valle, sembravano invece intenzionati a
prendere posizione all’imboccatura della Valle Dorian.
«Vogliono
tagliare la strada a Daemon!»
«Non
ci credo. Sapevano del suo arrivo?»
«Dobbiamo
fare qualcosa Oldrick. Se non riusciamo a riunirci a
Daemon non avremo speranze.»
Septimus
tentò di inviare la propria ala destra contro i Leoni per offrire supporto a
Daemon e rompere il blocco; peccato fosse proprio ciò che Adrian si aspettava.
Prima
l’ala sinistra imperiale intercettò i rinforzi quando furono abbastanza lontani
dai loro alleati riuscendo quasi a circondarli, quindi la cavalleria nemica
rimasta fino a quel momento in disparte si infilò nel varco creatosi nello
schieramento ribelle e caricò i cannoni rimasti senza protezione.
A
quel punto Oldrick, messosi personalmente al comando
della poca cavalleria a sua disposizione, tentò di portare soccorso, ma quando
riuscirono a raggiungere il nemico e a impegnarlo in battaglia i cavalieri
nemici si erano già lasciati dietro decine di artiglieri morti e un gran numero
di cannoni ribaltati o danneggiati.
Ormai
la battaglia si era frammentata in tanti scontri separati, ma persino Septimus
poteva rendersi conto che mentre il fronte del nemico riusciva ancora a
coordinare gli spostamenti il suo si era completamente sfaldato, e sarebbe
bastato che uno solo dei suoi schieramenti si desse alla fuga perché l’intera
armata andasse in rotta.
«È
inutile. Non possiamo vincere…»
Anche
dall’altra parte del campo di battaglia si era giunti alla stessa conclusione.
«È
finita.» disse Adrian. «Ora non rimane che infliggere il colpo di grazia.»
In
questi casi niente come la vista di un intero esercito che scendeva in campo al
ritmo dei corni sapeva infliggere terrore ai nemici, così Ron
ordinò l’avanzata generale che avrebbe chiuso definitivamente i giochi.
«Mio
Signore, nemici in arrivo!» disse all’improvviso il solito esploratore,
arrivando lanciato al galoppo e pallido come se avesse avuto la morte alle
calcagna
«Che
vengano pure. L’ingresso della valle è bloccato.»
«No
mio Signore, sono nel bosco! Proprio dietro di noi!»
«Cosa!?»
Il vero coraggio non sta nell’agire
quando si ha un vantaggio evidente, ma quando si avanza pur non avendo la forza
per farlo.
Questa
era sempre stata una delle mie massime preferite, e su essa avevo basato allo
stesso tempo sia molte delle mie vittorie che alcune delle mie peggiori
sconfitte.
E
anche se in questa mia nuova vita mi ero imposto di soppesare meglio le mie
decisioni e di non dare più troppe cose per scontate, c’erano delle occasioni
in cui semplicemente non potevo fare a meno di tornare ad essere me stesso.
Avanzare
nonostante tutto.
Da
una parte sapevo di stare correndo un rischio enorme capace di far crollare sul
nascere la rivoluzione che avevo intenzione di scatenare su Erthea, dall’altra
il vecchio soldato che era in me fremeva di eccitazione al pensiero di potermi
misurare con un intelletto militare sopra la media come era quello del giovane
Adrian.
Lasciata
Basterwick la mattina presto forti di trecento nuove
reclute –soprattutto schiavi liberati, oltre ad alcune decine di volontari
umani e anche qualche legionario– avevamo proceduto a passo spedito verso
sud-ovest, e in men che non si dica ci eravamo inerpicati sul Monte Salt per
raggiungere il Passo Dorian.
Quella
specie di gola strozzata angusta e ripida era una delle valli più strette di
tutta la catena del Khoral, e se non fosse stata
un’emergenza non mi sarei mai arrischiato a portarci dentro un intero esercito,
per quanto piccolo.
Il
lato positivo è che una volta raggiunte le pendici del Monte Salt il sentiero
saliva di un centinaio di metri raggiungendo, prima di tuffarsi dentro la gola,
una piana brulla da cui si aveva un’ottima visuale del Passo di Chateroi.
Naturalmente
nemmeno io avevo una vista tanto acuta da poter capire con esattezza cosa
avveniva così lontano, e proprio per questo avevo chiesto al signor Hans di
costruirmi un cannocchiale.
Scalia
e gli altri lo fissavano come se fosse stato un marchingegno proveniente da un
altro mondo, anche se a ben pensarci era effettivamente così.
«Incredibile!»
aveva esclamato Scalia quando glielo avevo fatto provare. «Pensavo di avere
degli ottimi occhi, ma questo affare è prodigioso!»
Non
stetti a spiegarle come funzionava, anche perché ero certo che non avrebbe
capito.
Poco
prima di mezzogiorno i miei uomini si preparavano a scendere dal monte
avanzando il colonna lungo il sentiero, mentre io, Scalia e gli altri
osservavamo dall’alto di una roccia l’esercito di Ron
che si apprestava a raggiungere le Bocche dei Giganti.
«Che
cosa vedi?» chiese Jack
«Avanzano
in formazione standard, con la fanteria pesante al centro e gli schermagliatori
a supporto.»
«E
l’Armata dei Leoni?» domandò Scalia
«Non
li vedo. Probabilmente si stanno spostando attraverso la foresta per non essere
individuati.»
Il
mio sguardo si portò quindi sulle linee di Septimus, e a vedere come aveva
disposto l’artiglieria mi venne da mettermi le mani tra i capelli.
«Ma
cosa sta combinando? Non si posizionano i cannoni dietro a degli ostacoli
naturali che ne ostacolano il beccheggio. Non deve mica sparare contro un
muro.»
Non
avevo mai pensato neanche per un momento che Septimus o Oldrick
avessero le qualità necessarie per riuscire a prevalere con Ron,
o ancor peggio contro Adrian. Il loro scopo era solo quello di guadagnare tempo
fino al mio arrivo, proprio per questo avevo ordinato loro di posizionarsi nel
punto meglio difendibile lungo la direttrice tra Dundee e il Castello, dove
anche una scimmia ammaestrata sarebbe stata capace di allestire una linea e
tenere la posizione.
Che
avessi sopravvalutato le capacità di Septimus o sottovalutato la sua
idealistica determinazione ad evitare vittime tra gli uomini al suo comando il
risultato era comunque lo stesso; se non fossimo arrivati laggiù il prima
possibile, probabilmente per noi non ci sarebbe stata alcuna battaglia da
combattere.
«Credi
che ci abbiano visti?» chiese Scalia
«Senza
alcun dubbio. Non solo, ci stanno praticamente invitando a saltargli addosso.»
«Che
intendi dire?»
«Se
si aspettassero un attacco da parte nostra penserebbero di rafforzare il fianco
sinistro per assorbire l’urto, invece la loro formazione è perfettamente
bilanciata.»
«Sembra
troppo bello per essere vero.» commentò Passe
«E
lo è. Adrian non è tipo da commettere simili leggerezze. Una volta entrati
nella gola non c’è modo di sapere che succede laggiù fino all’ultimo istante.
Scommetto qualsiasi cosa che i Leoni hanno l’ordine di bloccare il Passo Dorian
e tagliarci fuori dal resto del nostro esercito.»
«Possiamo
sconfiggerli?»
«Se
avessimo tempo probabilmente sì. Ma il tempo non è dalla nostra parte. Il
nostro esercito è numeroso, ma pur sempre fatto di ribelli e schiavi male
addestrati. Appena vedranno i rinforzi venire bloccati il loro morale inizierà
a vacillare, e a quel punto sarà solo una questione di minuti prima che vadano
in rotta.»
«Allora
cosa possiamo fare?» chiese Scalia
Naturalmente
non ero così sprovveduto da non tenermi sempre un piano di riserva in caso di
emergenza.
«Lo
vedi quel solco nell’erba che si stacca dalla strada in prossimità di quella
roccia? È un vecchio sentiero naturale scavato dagli stambecchi che sbuca
direttamente nella valle proprio laggiù, dove la foresta è più fitta. Lo usano
solo i cacciatori della zona, quindi è impossibile che degli stranieri come Ron e Adrian sappiano della sua esistenza.»
«Sembra
parecchio angusto.»
«Infatti
sarebbe impossibile farci passare tutto l’esercito. Ma è perfetto per una
piccola squadra di incursori. Quindi voglio che tu Scalia prenda cinquanta dei
nostri migliori uomini e che scendiate nella valle passando da quel sentiero.»
«Dobbiamo
attaccare il nemico alle spalle?»
«Non
subito. Sareste troppo pochi per risultare decisivi. Quello che dovete fare è
raggiungere la foresta e restare in attesa. Quando la nostra avanzata sarà
stata arrestata nella gola, è molto probabile che Adrian farà avanzare tutto
l’esercito per spaventare i nostri e mandarli in rotta. E quando lo farà, voi
dovrete attaccare i Leoni sul fianco con tutta la vostra forza. Una volta che
loro saranno stati abbattuti la legione si ritroverà con il fianco scoperto, sopravanzata
e vulnerabile a un contrattacco.»
«Sembra
un piano molto complesso. Sicurò che funzionerà?»
«Io
non mi baso mai sulla fortuna Passe. La tattica non è altro che saper leggere
nella mente del nemico e agire di conseguenza.»
E
io ho passato una vita intera imparando a mettermi nei panni dei miei
avversari.
«Fidatevi,
funzionerà.»
«Forse
potremmo trovare il modo di avvisare Septimus.»
«Niente
affatto. Anzi, vi ordino di non fare parola con qualcuno di tutta questa
storia.»
«Per
quale motivo?»
«Per
ingannare il nemico bisogna prima di tutto ingannare i propri uomini. Se Adrian
capisse che abbiamo intuito i suoi piani la situazione potrebbe ribaltarsi
ulteriormente.»
Nelle
due ore successive mi estraniai completamente da tutto ciò che mi circondava,
cercando di visualizzare nella mia mente lo svolgimento della battaglia a
seconda dei suoni che sentivamo sempre più vicini davanti a noi, amplificati
dalle vibrazioni e dallo stretto pertugio che stavamo percorrendo.
Come
avevo temuto i cannoni furono ben presto messi fuori causa, limitandosi a
sparare un paio di volte –oltretutto in modo confusionario e per nulla
coordinato– per poi venire silenziati quasi del tutto, limitandosi ad alcuni
scoppi occasionali che probabilmente non stavano producendo nessun risultato
significativo.
Per
questo e molti altri motivi, quando una volta giunti in vista della fine della
valle trovammo i Leoni schierati e pronti ad accoglierci il mio disappunto alla
vista di quel disastro non fu poi così pretestuoso come avrei voluto.
Ora
capivo perché parlando con Septimus avevo talvolta l’impressione di avere a che
fare con quella testa di rapa di Ney.
Stesso
carattere vulcanico ma facilmente manovrabile, stesso coraggio, stessa
intraprendenza… e stessa stupida impulsività.
Gli
avevo affidato il comando per l’ascendente che aveva sui suoi uomini, ma ora
sapevo che il suo scopo era di guidare l’esercito in battaglia piuttosto che
comandarlo.
Per
guadagnare tempo ordinai di lanciare contro i Leoni tutto quello che avevamo:
ovviamente la cosa non sortì alcun effetto degno di nota, ma se non altro servì
a dirottare la loro attenzione unicamente su di noi senza bisogno di lanciarsi
in un rischioso e dispendioso scontro diretto.
Come
avevo previsto l’impressione di averci messo in trappola spinse Adrian
all’imprudenza, convincendolo a ordinare un’avanzata generale destinata ad
essere l’ultimo chiodo sulla bara della Rivoluzione.
Scalia
e gli altri seguirono il copione alla perfezione, sbucando fuori al momento
perfetto e lanciandosi addosso ai Leoni come un branco di bestie assatanate, e
anche se un esploratore riuscì a localizzarli prima dell’attacco quando Adrian
ne fu informato era già troppo tardi.
Naturalmente
questo non bastò a far cedere il nemico, ma non mi aspettavo certamente che
un’unità competente e bene addestrata come quella si
sfaldasse tanto facilmente.
Tuttavia,
incalzati da due lati, non ebbero altra scelta che abbandonare la formazione
schierata in favore di una a quadrato, liberando l’uscita della gola e
aprendomi la strada verso il grosso del nostro esercito.
«Passe,
assumi il comando! Io vado a riunirmi a Septimus!»
«Lascia
fare a me! Tu fa attenzione!»
Non
fu affatto piacevole fare lo slalom tra frecce e giavellotti che mi piovevano
addosso da tutte le parti, ma per mia fortuna gli imperiali erano dei pessimi
tiratori.
«Scusa
Daemon, temo di aver solo peggiorato le cose.» disse Septimus quando infine
riuscii a raggiungerlo
«Tranquillo,
ora sono qui.»
La
prima cosa da fare era ricompattare il fronte e approfittare quanto prima del
momento favorevole, quindi iniziai subito a far sbracciare gli sbandieratori.
«La
cavalleria di Oldrick si disimpegni e rientri nelle posizioni
di partenza! I lancieri dell’ala destra avanzino e forniscano supporto alla
manovra! Puntare i cannoni di sinistra verso il centro dello schieramento,
elevazione venticinque gradi, carica a tre quarti, quelli di destra
all’ingresso della gola! Usate tutti gli artiglieri che ci sono rimasti! La
prima linea arretri di venti passi senza lasciare il combattimento! Al mio
comando, Passe abbandoni lo scontro portandosi a distanza di sicurezza dalla
formazione nemica!»
Un
po’ mi dispiacque dover spazzare via i Leoni a cannonate rivoltandogli contro
la loro stessa formazione chiusa; non che mi aspettassi di poter convincere
qualcuno di loro a cambiare schieramento, ma erano eccellenti soldati con un
forte senso d’appartenenza ed estremamente fedeli, e per questo li ammiravo.
Con
le retrovie nemiche così vicine, e la prima linea lontana abbastanza da
permettere alle palle di cannone di passarci sopra evitando di colpire i
nostri, aprire voragini nei loro schieramenti fu un gioco da ragazzi, e nel
momento in cui i pochi Leoni sopravvissuti andarono in rotta il fianco sinistro
nemico cedette di schianto.
La
cavalleria nemica caricò alla disperata per tentare di silenziare di nuovo i
cannoni, ma i lancieri che avevo mandato avanti formarono uno schiltron che dopo averli costretti a fermarsi li rese un facile bersaglio per i nostri arcieri.
Nel
mentre i cavalli di Oldrick avevano ripreso fiato, ed
eseguendo un ampio arco al piccolo trotto caricarono nello stesso momento le
spalle delle retrovie e il fianco del centro di comando nemico dividendosi in
due tronconi.
Ron
non perse neanche tempo a far suonare la ritirata; lo vidi girare il cavallo e
darsela a gambe un attimo dopo aver visto il suo intero esercito andare in
rotta portando via con sé i pochi cavalieri rimastigli, il suo stato maggiore e
la retroguardia.
Se
avessi potuto avrei ordinato di corrergli dietro e fare strage di quanti più
nemici possibili, ma ormai le mie forze erano allo stremo; e poi non era ancora
il momento di rovinare la mia reputazione con una condotta tanto barbara.
«Che
ore sono?» chiesi a Septimus
«Più
o meno le tre.»
«Manda
Tecla a Dundee. Alle ore tre del sesto giorno del mese della Viverna, le forze rivoluzionarie sono padrone del campo. Il
nemico ha perso più della metà della sue truppe. La battaglia è vinta.»
Nota
dell’Autore
Eccomi
di nuovo dopo due settimane!
Lo
so, anche questo capitolo è stato incredibilmente lungo.
Il
fatto è che non mi andava di spezzare in due la prima vera grande battaglia
della storia.
In
realtà ho provato più volte a cercare un buon punto in cui fermarmi, senza però
riuscire alla fine a trovare un momento in cui non avessi la sensazione di
spezzare la narrazione.
Spero
che questo non abbia fatto scappare la maggior parte di voi.^^
Ringrazio
tutti quelli che leggono e recensiscono questa mia storia.
A
presto!^_^
Carlos
Olivera