3.
Lutto
«Mamma!» gridò Cora nel panico. Corse
verso i soccorritori e fu subito accanto al corpo esanime della madre non
appena lo deposero per terra.
Improvvisamente non c’era più nulla: il
dolore alla spalla era sparito, e lo stesso orrore che aveva provato vedendo la
sua casa andare a fuoco era diventato improvvisamente una sciocchezza.
Tutto quello che importava in quel
momento era che sua madre aprisse gli occhi e le sorridesse. Non desiderava
nient’altro.
«Vi prego, vi prego!» era fuori di sé
dall’ansia, piangeva mentre cercava di capire se sua madre fosse ancora viva.
La sirena dell’ambulanza diventava sempre più vicina, ma il cuore di Cora era
pesante. Un macigno.
Si sentì soffocare.
Due mani la sollevarono da terra mentre
i vigili del fuoco prestarono i primi soccorsi a sua madre, ancora priva di
sensi. Erano due mani grandi, calde e che promettevano un rifugio sicuro da
qualunque male ci fosse al mondo, una promessa a cui Cora voleva disperatamente
credere. Era Ice ad offrirgliela, e lei si rifugiò tra le sue braccia come una
bambina indifesa.
Aveva bisogno che qualcuno le dicesse
che sarebbe andato tutto bene, che lei non poteva morire. Anche se fosse stata
una bugia, aveva bisogno di sentirlo.
Poi, finalmente, l’ambulanza.
Rimase tra le braccia di suo fratello a
guardare i soccorsi affannarsi per far riprendere i sensi a sua madre. Minuti
interminabili, lunghissimi, pieni di agonia.
Non avrebbe mai potuto dimenticare il
viso dell’uomo che le diede quella notizia: aveva un volto anonimo, piuttosto
comune, ma le sue parole segnarono per sempre la vita di Cora.
«Mi dispiace.»
Lei lo guardò frastornata. Il significato
di quelle due semplici parole era inequivocabile, ma suonava vuoto e lontano. Solo
fino a pochi minuti prima, la viva presenza di sua madre era stata una cosa
scontata nella sua vita. Non era possibile cancellarla in un istante con due
semplici parole. Non lo avrebbe potuto accettare.
«Non ci credo…» mormorò senza lasciare
il caldo abbraccio di Ice, l’unica sicurezza che riusciva a scaldarle il cuore.
Lui le accarezzò i capelli, e quando Cora lo sentì sussultare e stringerla a
sé, capì che suo fratello stava piangendo.
Soltanto allora si rese conto di quanto
era accaduto e non poté più ignorare la portata sconvolgente che questo
significava.
Soltanto allora si lasciò andare alla
disperazione e pianse.
*
Cora era seduta sul lettino
dell’ambulatorio, in una anonima stanza d’ospedale. Ice non l’aveva lasciata
neppure per un istante da quando i soccorsi l’avevano fatta salire nell’ambulanza:
anche in quel momento era accanto a lei, e le accarezzava distrattamente i
capelli.
Nessuno dei due aveva più aperto bocca
da quando erano stati lasciati da soli. Non avevano ancora parlato della loro
perdita, né di come fosse potuto scoppiare l’incendio. La morte inaspettata
della loro madre li aveva colti impreparati, li aveva lasciati storditi e aveva
tolto loro la voglia di parlare.
Così se ne stavano in silenzio, ciascuno
intento a elaborare il lutto e a fare i conti con la realtà di quanto era
accaduto, mentre aspettavano che Cora venisse visitata e medicata.
«Buongiorno» la porta si aprì e un
medico dall’aspetto maturo –probabilmente sui cinquant’anni- entrò
nell’ambulatorio reggendo sotto braccio una cartella clinica. La appoggiò sul
tavolo, e senza degnare Cora di uno sguardo avviò le pratiche burocratiche
necessarie.
Le domandò nome, cognome, età, allergie,
e molte altre cose. Cora avrebbe voluto dirgli che aveva bisogno di un paio di
punti e nient’altro, che voleva andare a casa al più presto. Poi, però, si
ricordò che non aveva più né una casa né una madre, e il nodo che le chiudeva
la gola da quando si era lasciata andare alla disperazione tornò a farsi
pesante. Le ci volle uno sforzo non indifferente per evitare di farsi prendere
di nuovo dalla tristezza.
«Vediamo un po’… che ti è successo?» le
domandò il medico.
«Sono stata morsa da un vampiro» rispose
Cora, la voce ridotta a un rantolo. Si schiarì la gola per sciogliere la
tensione che le impastava le corde vocali. «Alla spalla.»
«Bene. Vuoi che lui resti mentre ti
visito?» domandò indicando Ice, che era sempre accanto alla sorella come un
cane da guardia.
«Sì, lui può restare» annuì Cora. L’idea
di spogliarsi davanti a suo fratello era quanto meno bizzarra e in altre
circostanze le avrebbe potuto creare imbarazzo, ma non certo in quel frangente.
La sua presenza la rassicurava, la rendeva più tranquilla. Aveva bisogno di
averlo accanto.
«Togliti il maglione.»
Cora fece come richiesto, anche se
l’operazione le creava qualche difficoltà. Il dolore alla spalla si faceva
sentire al più piccolo movimento, e se riuscì a sfilarselo fu solo grazie
all’aiuto di Ice.
Il dottore cominciò ad esaminare la
ferita. La strizzò, la allargò, la studiò come se cercasse qualcosa.
«È profonda, ma mi sembra pulita. Per
sicurezza però la disinfettiamo e ci mettiamo un paio di punti, dopo di che
dovrai stare a riposo e non sforzare la spalla.»
Le operazioni di sutura furono
fastidiose, ma nel complesso sopportabili. Il dottore le applicò una garza
sterile sulla ferita ricucita, e la assicurò con del cerotto in rotolo.
Si raccomandò di cambiare la medicazione
ogni giorno e alla fine Cora fu lasciata libera di lasciare l’ospedale.
«Che facciamo? Chiediamo ad Amber se ci
può ospitare?» Ice domandò mentre si dirigevano verso le porte di uscita.
Fuori era ancora buio. Probabilmente
mancavano un paio d’ore all’alba.
Cora annuì.
«Domani tornerò a casa.»
«A casa?» Ice la guardò frastornato.
Stavano scendendo un lungo viale che portava alla fermata dei taxi. L’aria era
fredda, frizzante, e condensava all’istante ogni respiro. «Perché vuoi andare
lì?»
«Devo controllare una cosa.»
«Che cosa devi controllare in una casa
bruciata dalle fiamme?» Ice diventava sempre più sospettoso. Cora raggiunse il
taxi più vicino, scivolò sul sedile posteriore e non appena Ice prese posto
accanto alla sorella, la vettura partì verso la destinazione indicata.
«Allora? Mi dici cosa stai pensando di
fare?»
«Non credo che l’incendio fosse casuale»
gli rispose a bruciapelo, lo sguardo basso e la voce ridotta ad un flebile
mormorio.
«Come… Che cosa?!»
«Non credo che l’incendio fosse casuale»
ripeté di nuovo Cora guardando suo fratello negli occhi. «Non può essere stata
una fuga di gas. Sai bene che la mamma lo chiudeva sempre prima di andare a
dormire.»
«Stai cercando di dire che qualcuno può
aver incendiato la casa?!»
«È quello che intendo scoprire.»
*
Santiago godeva di una certa fama tra i
vampiri, e se era conosciuto non era certo per la sua precaria pazienza.
L’irascibilità era sempre stata una parte fondamentale del suo carattere
aggressivo e attaccabrighe, e l’essere diventato un vampiro –un Sangre, soprattutto- aveva acuito il
lato più oscuro della sua anima.
Ma quella ragazza, Cloe, sembrava
ignorare tutto questo.
L’arroganza che ostentava ogni volta che
tentava di dibattersi nonostante fosse la preda della situazione non aiutava
certo Santiago, che stava cercando di trattenersi perché la situazione non gli
sfuggisse di mano.
Era un problema che non andava
sottovalutato: doveva cercare di contenersi, o la mannara non sarebbe arrivata
viva alla notte del Sabbath. Ne sarebbero seguite complicazioni spiacevoli:
avrebbe dovuto spiegare a Lakeisha perché
non le aveva portato il suo dono, tanto per fare un esempio.
Avrebbe dovuto pensare a qualche scusa,
o ad una spiegazione convincente che non mettesse troppo in luce la sua piena
responsabilità nell’incidente che aveva visto la poverina finire dissanguata.
Inutile dire che non ne aveva la minima
voglia.
E, tra le altre cose, era certo che la Domina –il titolo che spettava di
diritto a Lakeisha in virtù della posizione che occupava all’interno del clan-
avrebbe preferito avere tra le mani il ghoul di Axel, invece che un semplice e
comune cadavere.
Insomma, doveva cercare di fare la cosa
che più di ogni altra gli creava non poche difficoltà: trattenersi. Per sua
natura possedeva istinti violenti, di qualunque natura, che chiedevano di
essere soddisfatti e che non erano mai stati soffocati.
Mai. Non in quelle
condizioni, almeno.
Invece ora si trovava costretto a
reprimerli, e la cosa si prospettava difficile perché si era ritrovato per le
mani un trofeo succulento ma allo stesso tempo disgraziatamente irritante.
Anche in quel momento, mentre la
scortava con tutta la dolcezza di cui era capace lungo il corridoio che portava
all’attico in cui viveva, lei insisteva con quell’atteggiamento indisponente.
Era come un cane al guinzaglio che cercava la libertà, peccato che il
guinzaglio che Santiago teneva in pugno fossero i capelli di Cloe…
Il punto era che aveva raggiunto il
limite. Era stanco, davvero molto
stanco di sentirla gridare in continuazione, di dover lottare contro di lei e
di impedirle di lasciargli graffi sul braccio per costringerlo a mollare la
presa.
Era un supplizio a cui avrebbe
volentieri messo fine, se solo avesse potuto farlo.
«Non
ti sei ancora stancata di gridare?»
«Vaffanculo…»
fu un sibilo questa volta, ma lo sentì più che bene. Sogghignò. Doveva
insegnarle una lezione che per lei non sarebbe stata affatto piacevole. Doveva
educarla, costringerla al silenzio, toglierle ogni desiderio di resistenza,
annichilirla totalmente fino ad arrivare alla notte del Sabbath.
Oh,
l’avrebbe fatto eccome. L’avrebbe piegata. Spezzata.
Entrarono
nell’attico, un ambiente arredato all’insegna del lusso più sfrenato e delle
atmosfere soffuse: fu in quel momento che la resistenza di Cloe si fece più
serrata. Puntò i piedi, cercando di impedire al vampiro di trascinarla ovunque
fosse sua intenzione condurla, e Santiago perse quel labile controllo di cui
disponeva.
La
sbatté contro il muro, imprecando, e lei si lasciò sfuggire un gemito di dolore
che diede una soddisfazione perversa al vampiro.
Finalmente stai
zitta.
«Ti
piace il dolore, vero?»
Lei
lo guardò con odio attraverso il dolore che le velava lo sguardo e le mozzava
il fiato.
«Secondo
te?»
«Fai
di tutto per provocarmi… Io direi che ti piace eccome» mormorò sogghignando. La
guardò negli occhi cercando di saggiare quale sarebbe stata la sua reazione.
Eppure, contro ogni aspettativa di Santiago, lei abbassò lo sguardo. Sembrava imbarazzata.
Il
sorrisetto sghembo di Santiago divenne un ghigno malevolo e malizioso. Forse
aveva appena trovato il modo di controllare quella ragazza chiassosa e di
evitare scocciature.
«Sai…»
le mormorò all’orecchio con fare sensuale, appoggiando lentamente gli
avambracci al muro. Quando lei si accorse che Santiago si stava facendo
pericolosamente vicino, alzò gli occhi allarmata.
«…
potrei anche trattarti bene, con dolcezza…» il senso nascosto in quella frase
era evidente. Tuttavia non la sfiorò mai, neppure per un istante. Rimase vicino
a lei, vicinissimo, ma non la toccò.
Santiago
poteva però sentire il suo respiro, poteva vedere come le sue guance si
imporporavano nell’imbarazzo, e il suo odore… Dio, se non fosse stata destinata
a Lakeisha…
Si
leccò le labbra, desideroso di lei, del suo sangue.
Chiuse
gli occhi, accostò il volto al suo, e aspirò. C’era di tutto nell’aria: profumo
di shampoo alla vaniglia, sangue, e l’odore della sua pelle che si confondeva con
un’altra fragranza che lo fece fremere.
Era
l’odore della sua eccitazione.
Il
respiro del vampiro divenne affannoso, e il desiderio di avventarsi su di lei
divenne insostenibile. Con un ringhio si allontanò, la afferrò per un polso e
la trascinò verso le scale che portavano alle camere.
«Che
stai facendo?!» la sentì gridare sempre più allarmata, e dentro di sé esultò.
Faceva bene ad aver paura. Doveva provare quell’emozione, sempre,
costantemente.
«Lasciami!»
Cloe tentò di evadere dalla presa di Santiago quando raggiunsero la camera da
letto. Sembrava sempre più spaventata.
Santiago
trascinò la ragazza nel bagno comunicante, una piccola stanza piastrellata di
bianco senza finestre. Fece scattare la serratura, e dopo aver riposto la
chiave al sicuro nella tasca dei pantaloni lasciò libera Cloe.
La
guardò con sufficienza, un sorrisetto divertito di fronte allo sguardo
stravolto della mannara, che si teneva a debita distanza dal suo rapitore.
«Potresti avere la mia eterna
riconoscenza, se la smettessi di fissarmi. Eterna, chiaramente, perché potrei
vivere in eterno. Sennò avrei detto “la mia riconoscenza” senza aggiungere
altro, ovvio, no? » gesticolò, in mano il tubo flessibile della doccia.
«Che stai blaterando?» Cloe, davanti a
lui, era la viva rappresentazione della confusione. Si allontanò da Santiago
dando le spalle al muro, ma l’istante successivo il vampiro girò la manopola
dell’acqua fredda e la mannara si ritrovò nell’esatta traiettoria del getto
d’acqua. Un getto d’acqua potente.
E gelido.
«ODDIO!»
Non c’era dove scappare, non c’era dove
potersi riparare, eppure lei non stava ferma neppure un secondo. Correva in
tondo, ma inevitabilmente l’acqua la seguiva, inzuppando ogni centimetro di
tessuto che aveva addosso. Stava strillando senza ritegno, come una donnetta in
preda ad una crisi isterica. Era rumorosa e fastidiosa.
«SEI UN CRETINO, È GELATA!»
«L’idea era quella, infatti…» sogghignò,
e l’occhiata di puro odio che ricevette lo divertì immensamente. Quando
richiuse l’acqua, nell’aria c’era uno strano odore, decisamente simile a quello
che aveva sentito poco prima sulle scale.
Vaniglia, l’odore della sua pelle,
quello del sangue che la faceva profumare e la rendeva appetibile come una
caramella… Era un mix ancora troppo pericoloso, che solleticava la sua bramosia
nonostante non fosse più condito dal profumo della sua eccitazione.
Doveva trovare uno stratagemma per
cancellare quel profumo da lei, o probabilmente non sarebbe resistito a lungo
senza sbranarla. Frugò all’interno di un mobiletto sotto al lavandino. C’era
acqua da tutte le parti: sul pavimento, sulle ante, persino qualche goccia sui
ripiani. Aveva allagato il bagno senza risultati, ma per lo meno era stato un
modo divertente per ingannare il tempo.
«Proviamo con questo» decretò rinvenendo
un vecchio flacone di profumo da uomo, una bottiglia di vetro quasi piena.
Cloe, impegnata a strizzare il maglione incollato al corpo, si rese conto di
ciò che il vampiro intendeva fare solo quando si ritrovò una spruzzata di
profumo sugli occhi, e l’odore pungente la fece tossire ripetutamente.
Fu una tragedia.
In pochi secondi metà bottiglia era
riversa sul corpo di Cloe, che aveva le lacrime agli occhi e faceva fatica a
respirare.
«Tu sei uno psicopatico…» sibilò tra un
colpo di tosse e l’altro. Santiago aveva visto raramente un odio così feroce
negli occhi di una persona, e per un attimo intravide in lei la stessa morbosa
forza che era certo di possedere.
La faccenda poteva essere più
interessante del previsto.
«Ti assicuro che dietro a tutto questo
c’è una logica, se ti può aiutare a trattenere le lacrime» la canzonò, e un
guizzo illuminò gli occhi di Cloe.
La mannara gli rubò di mano la
bottiglietta di profumo e la scaraventò a terra, dove si infranse in mille
pezzi. Il suo contenuto si mischiò alle pozzanghere d’acqua, e l’odore
dell’alcool in quel piccolo bagno senza finestre divenne in poco tempo fastidioso.
Il sorrisetto sottile e canzonatorio di
Santiago si spense all’istante: l’espressione di sfida che le leggeva negli
occhi gli stava facendo perdere la propria baldanza, così come il controllo.
Era come se gli stesse dicendo “e adesso vediamo che farai”.
Le si avvicinò lentamente senza smettere
di guardarla negli occhi, con il magnetismo di un felino pronto a balzare
addosso alla sua preda.
Era serio, maledettamente serio, e le
avrebbe cancellato quello sguardo indisponente dalla faccia con ogni mezzo a
cui poteva ricorrere, che fosse piacevole oppure sgradevole non aveva
importanza.
Cloe si gettò di lato nel tentativo di
allontanarsi da lui, ma Santiago la afferrò per un braccio. Non le lasciò
scampo.
«Non così in fretta…» mormorò senza
alcuna traccia di scherno nella voce. Il tono con cui aveva appena parlato non
era divertito. Aveva il suono freddo e pericoloso di una minaccia velata.
«Altrimenti? Mi uccidi?»
Lo stava sfidando, di nuovo.
Lo guardava con quegli occhi grandi,
verdi e impudenti, e se solo avesse potuto glieli avrebbe strappati e l’avrebbe
costretta a descrivere in ogni più piccola sfumatura com’era il dolore che
provava mentre le portava via una parte di se stessa per sempre.
Ma non poteva, perché semplicemente Cloe
non gli apparteneva. Non era sua.
Non poteva soddisfare le sue voglie, non
con lei. Doveva resistere. Il problema, però, era che non era affatto sicuro di
esserne in grado.
In fin dei conti era pur sempre un Sangre…
L’angolo dell’autrice
Uah,
quanto amo sto font! (ok, sto divagando e a voi non penso importi poi molto
delle mie preferenze in fatto di font di word ò.ò)
Innanzi
tutto… PERDONATEMIH!! Sono in immenso ritardo con l’aggiornamento, lo so, ma ho
passato Agosto a casa del mio ragazzo (mare mare mare °ç°) e fino a ieri ho
avuto lui qui. Non per rendervi partecipi dei miei fatti personali che non sono
neppure un filo emozionanti, quanto per mettere in piedi una qualche
giustificazione del perché non ho aggiornato prima.
Troppe
distrazioni, ecco! u.ù
L’importante,
comunque, è che ho aggiornato.
Nuovo
capitolo con una parte vista dal punto di vista (ah ah!) di Santy. Inutile dire
che mi sono divertita particolarmente a scriverla… XD Dal prossimo capitolo
però ritorna Axel! E aspettatevi scintille, anche perchéééé… non dico niente!
ù__ù
Ma
veniamo a noi, miei tesori: devo dire che sono rimasta piacevolmente sorpresa,
e per questo devo ringraziare hinata_in_love
e _Vampire girl_ che hanno
messo Slayer’s tra i preferiti, e Jennifer90
che invece l’ha messa tra le storie seguite. Graziegraziegrazie! *___* *si inchina*
E
poi… poi… LE RECENSIONIIII *ç*
Jennifer90: non hai idea di quanto sia contenta
di ritrovare un vecchio lettore affezionato che non ha dimenticato la mia
creatura! Per premiarti ti do un anticipo sulla storia, un’indiscrezione,
chiamiamola così: questa versione sarà molto incentrata sul sangue e sui legami
che si basano sul sangue u__ù Sarà sanguinosa, ecco ò.ò Spero che continuerai a
leggere, aspetto altri tuoi pareri eh *__*
Asha: INFAME! °O° (me l’hai chiesto
tu eh, io ti accontento ò.ò) Santy è sempre Santy anche in questo capitolo?
Dimmi un po’… Anche se senza Ice vicino non gli vengono le battutacce, povero!
ç__ç Gli manca la sua ADORATA spalla ç__ç
Come
ultima cosa, vi ricordo di controllare nella sezione Gallery del forum di EFP,
sezione originali: trovate la mia pagina con i disegni di Axel&Co. (che poi
è praticamente Santy&Co, ma son dettagli XD). Così, se volete passare a
sfogliarli… Io ne aggiungo di nuovi! ù.ù
Alla
settimana prossima con il nuovo capitolo, sempre su questi schermi.
Brin
:)