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Autore: Brin    15/09/2009    2 recensioni
In un mondo in cui i vampiri sono la razza dominante e l’umanità è il loro territorio di caccia, la vendetta spinge Cora verso le braccia delle stesse creature che lei e il resto degli esseri umani uccidono per difesa. Una storia di faide antiche, legami ossessivi, tradizioni sanguinarie, passioni, desideri, vendette e tormenti.
[STORIA SOSPESA!]
Genere: Dark, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3.

Lutto

 

 

 

 

«Mamma!» gridò Cora nel panico. Corse verso i soccorritori e fu subito accanto al corpo esanime della madre non appena lo deposero per terra.

Improvvisamente non c’era più nulla: il dolore alla spalla era sparito, e lo stesso orrore che aveva provato vedendo la sua casa andare a fuoco era diventato improvvisamente una sciocchezza.

Tutto quello che importava in quel momento era che sua madre aprisse gli occhi e le sorridesse. Non desiderava nient’altro.

«Vi prego, vi prego!» era fuori di sé dall’ansia, piangeva mentre cercava di capire se sua madre fosse ancora viva. La sirena dell’ambulanza diventava sempre più vicina, ma il cuore di Cora era pesante. Un macigno.

Si sentì soffocare.

Due mani la sollevarono da terra mentre i vigili del fuoco prestarono i primi soccorsi a sua madre, ancora priva di sensi. Erano due mani grandi, calde e che promettevano un rifugio sicuro da qualunque male ci fosse al mondo, una promessa a cui Cora voleva disperatamente credere. Era Ice ad offrirgliela, e lei si rifugiò tra le sue braccia come una bambina indifesa.

Aveva bisogno che qualcuno le dicesse che sarebbe andato tutto bene, che lei non poteva morire. Anche se fosse stata una bugia, aveva bisogno di sentirlo.

Poi, finalmente, l’ambulanza.

Rimase tra le braccia di suo fratello a guardare i soccorsi affannarsi per far riprendere i sensi a sua madre. Minuti interminabili, lunghissimi, pieni di agonia.

Non avrebbe mai potuto dimenticare il viso dell’uomo che le diede quella notizia: aveva un volto anonimo, piuttosto comune, ma le sue parole segnarono per sempre la vita di Cora.

«Mi dispiace.»

Lei lo guardò frastornata. Il significato di quelle due semplici parole era inequivocabile, ma suonava vuoto e lontano. Solo fino a pochi minuti prima, la viva presenza di sua madre era stata una cosa scontata nella sua vita. Non era possibile cancellarla in un istante con due semplici parole. Non lo avrebbe potuto accettare.

«Non ci credo…» mormorò senza lasciare il caldo abbraccio di Ice, l’unica sicurezza che riusciva a scaldarle il cuore. Lui le accarezzò i capelli, e quando Cora lo sentì sussultare e stringerla a sé, capì che suo fratello stava piangendo.

Soltanto allora si rese conto di quanto era accaduto e non poté più ignorare la portata sconvolgente che questo significava.

Soltanto allora si lasciò andare alla disperazione e pianse.

 

*

 

 

Cora era seduta sul lettino dell’ambulatorio, in una anonima stanza d’ospedale. Ice non l’aveva lasciata neppure per un istante da quando i soccorsi l’avevano fatta salire nell’ambulanza: anche in quel momento era accanto a lei, e le accarezzava distrattamente i capelli.

Nessuno dei due aveva più aperto bocca da quando erano stati lasciati da soli. Non avevano ancora parlato della loro perdita, né di come fosse potuto scoppiare l’incendio. La morte inaspettata della loro madre li aveva colti impreparati, li aveva lasciati storditi e aveva tolto loro la voglia di parlare.

Così se ne stavano in silenzio, ciascuno intento a elaborare il lutto e a fare i conti con la realtà di quanto era accaduto, mentre aspettavano che Cora venisse visitata e medicata.

«Buongiorno» la porta si aprì e un medico dall’aspetto maturo –probabilmente sui cinquant’anni- entrò nell’ambulatorio reggendo sotto braccio una cartella clinica. La appoggiò sul tavolo, e senza degnare Cora di uno sguardo avviò le pratiche burocratiche necessarie.

Le domandò nome, cognome, età, allergie, e molte altre cose. Cora avrebbe voluto dirgli che aveva bisogno di un paio di punti e nient’altro, che voleva andare a casa al più presto. Poi, però, si ricordò che non aveva più né una casa né una madre, e il nodo che le chiudeva la gola da quando si era lasciata andare alla disperazione tornò a farsi pesante. Le ci volle uno sforzo non indifferente per evitare di farsi prendere di nuovo dalla tristezza.

«Vediamo un po’… che ti è successo?» le domandò il medico.

«Sono stata morsa da un vampiro» rispose Cora, la voce ridotta a un rantolo. Si schiarì la gola per sciogliere la tensione che le impastava le corde vocali. «Alla spalla.»

«Bene. Vuoi che lui resti mentre ti visito?» domandò indicando Ice, che era sempre accanto alla sorella come un cane da guardia.

«Sì, lui può restare» annuì Cora. L’idea di spogliarsi davanti a suo fratello era quanto meno bizzarra e in altre circostanze le avrebbe potuto creare imbarazzo, ma non certo in quel frangente. La sua presenza la rassicurava, la rendeva più tranquilla. Aveva bisogno di averlo accanto.

«Togliti il maglione.»

Cora fece come richiesto, anche se l’operazione le creava qualche difficoltà. Il dolore alla spalla si faceva sentire al più piccolo movimento, e se riuscì a sfilarselo fu solo grazie all’aiuto di Ice.

Il dottore cominciò ad esaminare la ferita. La strizzò, la allargò, la studiò come se cercasse qualcosa.

«È profonda, ma mi sembra pulita. Per sicurezza però la disinfettiamo e ci mettiamo un paio di punti, dopo di che dovrai stare a riposo e non sforzare la spalla.»

Le operazioni di sutura furono fastidiose, ma nel complesso sopportabili. Il dottore le applicò una garza sterile sulla ferita ricucita, e la assicurò con del cerotto in rotolo.

Si raccomandò di cambiare la medicazione ogni giorno e alla fine Cora fu lasciata libera di lasciare l’ospedale.

«Che facciamo? Chiediamo ad Amber se ci può ospitare?» Ice domandò mentre si dirigevano verso le porte di uscita.

Fuori era ancora buio. Probabilmente mancavano un paio d’ore all’alba.

Cora annuì.

«Domani tornerò a casa.»

«A casa?» Ice la guardò frastornato. Stavano scendendo un lungo viale che portava alla fermata dei taxi. L’aria era fredda, frizzante, e condensava all’istante ogni respiro. «Perché vuoi andare lì?»

«Devo controllare una cosa.»

«Che cosa devi controllare in una casa bruciata dalle fiamme?» Ice diventava sempre più sospettoso. Cora raggiunse il taxi più vicino, scivolò sul sedile posteriore e non appena Ice prese posto accanto alla sorella, la vettura partì verso la destinazione indicata.

«Allora? Mi dici cosa stai pensando di fare?»

«Non credo che l’incendio fosse casuale» gli rispose a bruciapelo, lo sguardo basso e la voce ridotta ad un flebile mormorio.

«Come… Che cosa?!»

«Non credo che l’incendio fosse casuale» ripeté di nuovo Cora guardando suo fratello negli occhi. «Non può essere stata una fuga di gas. Sai bene che la mamma lo chiudeva sempre prima di andare a dormire.»

«Stai cercando di dire che qualcuno può aver incendiato la casa?!»

«È quello che intendo scoprire.»

 

*

 

Santiago godeva di una certa fama tra i vampiri, e se era conosciuto non era certo per la sua precaria pazienza. L’irascibilità era sempre stata una parte fondamentale del suo carattere aggressivo e attaccabrighe, e l’essere diventato un vampiro –un Sangre, soprattutto- aveva acuito il lato più oscuro della sua anima.

Ma quella ragazza, Cloe, sembrava ignorare tutto questo.

L’arroganza che ostentava ogni volta che tentava di dibattersi nonostante fosse la preda della situazione non aiutava certo Santiago, che stava cercando di trattenersi perché la situazione non gli sfuggisse di mano.

Era un problema che non andava sottovalutato: doveva cercare di contenersi, o la mannara non sarebbe arrivata viva alla notte del Sabbath. Ne sarebbero seguite complicazioni spiacevoli: avrebbe dovuto spiegare a Lakeisha perché non le aveva portato il suo dono, tanto per fare un esempio.

Avrebbe dovuto pensare a qualche scusa, o ad una spiegazione convincente che non mettesse troppo in luce la sua piena responsabilità nell’incidente che aveva visto la poverina finire dissanguata.

Inutile dire che non ne aveva la minima voglia.

E, tra le altre cose, era certo che la Domina –il titolo che spettava di diritto a Lakeisha in virtù della posizione che occupava all’interno del clan- avrebbe preferito avere tra le mani il ghoul di Axel, invece che un semplice e comune cadavere.

Insomma, doveva cercare di fare la cosa che più di ogni altra gli creava non poche difficoltà: trattenersi. Per sua natura possedeva istinti violenti, di qualunque natura, che chiedevano di essere soddisfatti e che non erano mai stati soffocati.

Mai. Non in quelle condizioni, almeno.

Invece ora si trovava costretto a reprimerli, e la cosa si prospettava difficile perché si era ritrovato per le mani un trofeo succulento ma allo stesso tempo disgraziatamente irritante.

Anche in quel momento, mentre la scortava con tutta la dolcezza di cui era capace lungo il corridoio che portava all’attico in cui viveva, lei insisteva con quell’atteggiamento indisponente. Era come un cane al guinzaglio che cercava la libertà, peccato che il guinzaglio che Santiago teneva in pugno fossero i capelli di Cloe…

Il punto era che aveva raggiunto il limite. Era stanco, davvero molto stanco di sentirla gridare in continuazione, di dover lottare contro di lei e di impedirle di lasciargli graffi sul braccio per costringerlo a mollare la presa.

Era un supplizio a cui avrebbe volentieri messo fine, se solo avesse potuto farlo.

«Non ti sei ancora stancata di gridare?»

«Vaffanculo…» fu un sibilo questa volta, ma lo sentì più che bene. Sogghignò. Doveva insegnarle una lezione che per lei non sarebbe stata affatto piacevole. Doveva educarla, costringerla al silenzio, toglierle ogni desiderio di resistenza, annichilirla totalmente fino ad arrivare alla notte del Sabbath.

Oh, l’avrebbe fatto eccome. L’avrebbe piegata. Spezzata.

Entrarono nell’attico, un ambiente arredato all’insegna del lusso più sfrenato e delle atmosfere soffuse: fu in quel momento che la resistenza di Cloe si fece più serrata. Puntò i piedi, cercando di impedire al vampiro di trascinarla ovunque fosse sua intenzione condurla, e Santiago perse quel labile controllo di cui disponeva.

La sbatté contro il muro, imprecando, e lei si lasciò sfuggire un gemito di dolore che diede una soddisfazione perversa al vampiro.

Finalmente stai zitta.

«Ti piace il dolore, vero?»

Lei lo guardò con odio attraverso il dolore che le velava lo sguardo e le mozzava il fiato.

«Secondo te?»

«Fai di tutto per provocarmi… Io direi che ti piace eccome» mormorò sogghignando. La guardò negli occhi cercando di saggiare quale sarebbe stata la sua reazione. Eppure, contro ogni aspettativa di Santiago, lei abbassò lo sguardo. Sembrava imbarazzata.

Il sorrisetto sghembo di Santiago divenne un ghigno malevolo e malizioso. Forse aveva appena trovato il modo di controllare quella ragazza chiassosa e di evitare scocciature.

«Sai…» le mormorò all’orecchio con fare sensuale, appoggiando lentamente gli avambracci al muro. Quando lei si accorse che Santiago si stava facendo pericolosamente vicino, alzò gli occhi allarmata.

«… potrei anche trattarti bene, con dolcezza…» il senso nascosto in quella frase era evidente. Tuttavia non la sfiorò mai, neppure per un istante. Rimase vicino a lei, vicinissimo, ma non la toccò.

Santiago poteva però sentire il suo respiro, poteva vedere come le sue guance si imporporavano nell’imbarazzo, e il suo odore… Dio, se non fosse stata destinata a Lakeisha…

Si leccò le labbra, desideroso di lei, del suo sangue.

Chiuse gli occhi, accostò il volto al suo, e aspirò. C’era di tutto nell’aria: profumo di shampoo alla vaniglia, sangue, e l’odore della sua pelle che si confondeva con un’altra fragranza che lo fece fremere.

Era l’odore della sua eccitazione.

Il respiro del vampiro divenne affannoso, e il desiderio di avventarsi su di lei divenne insostenibile. Con un ringhio si allontanò, la afferrò per un polso e la trascinò verso le scale che portavano alle camere.

«Che stai facendo?!» la sentì gridare sempre più allarmata, e dentro di sé esultò. Faceva bene ad aver paura. Doveva provare quell’emozione, sempre, costantemente.

«Lasciami!» Cloe tentò di evadere dalla presa di Santiago quando raggiunsero la camera da letto. Sembrava sempre più spaventata.

Santiago trascinò la ragazza nel bagno comunicante, una piccola stanza piastrellata di bianco senza finestre. Fece scattare la serratura, e dopo aver riposto la chiave al sicuro nella tasca dei pantaloni lasciò libera Cloe.

La guardò con sufficienza, un sorrisetto divertito di fronte allo sguardo stravolto della mannara, che si teneva a debita distanza dal suo rapitore.

«Potresti avere la mia eterna riconoscenza, se la smettessi di fissarmi. Eterna, chiaramente, perché potrei vivere in eterno. Sennò avrei detto “la mia riconoscenza” senza aggiungere altro, ovvio, no? » gesticolò, in mano il tubo flessibile della doccia.

«Che stai blaterando?» Cloe, davanti a lui, era la viva rappresentazione della confusione. Si allontanò da Santiago dando le spalle al muro, ma l’istante successivo il vampiro girò la manopola dell’acqua fredda e la mannara si ritrovò nell’esatta traiettoria del getto d’acqua. Un getto d’acqua potente.

E gelido.

«ODDIO!»

Non c’era dove scappare, non c’era dove potersi riparare, eppure lei non stava ferma neppure un secondo. Correva in tondo, ma inevitabilmente l’acqua la seguiva, inzuppando ogni centimetro di tessuto che aveva addosso. Stava strillando senza ritegno, come una donnetta in preda ad una crisi isterica. Era rumorosa e fastidiosa.

«SEI UN CRETINO, È GELATA!»

«L’idea era quella, infatti…» sogghignò, e l’occhiata di puro odio che ricevette lo divertì immensamente. Quando richiuse l’acqua, nell’aria c’era uno strano odore, decisamente simile a quello che aveva sentito poco prima sulle scale.

Vaniglia, l’odore della sua pelle, quello del sangue che la faceva profumare e la rendeva appetibile come una caramella… Era un mix ancora troppo pericoloso, che solleticava la sua bramosia nonostante non fosse più condito dal profumo della sua eccitazione.

Doveva trovare uno stratagemma per cancellare quel profumo da lei, o probabilmente non sarebbe resistito a lungo senza sbranarla. Frugò all’interno di un mobiletto sotto al lavandino. C’era acqua da tutte le parti: sul pavimento, sulle ante, persino qualche goccia sui ripiani. Aveva allagato il bagno senza risultati, ma per lo meno era stato un modo divertente per ingannare il tempo.

«Proviamo con questo» decretò rinvenendo un vecchio flacone di profumo da uomo, una bottiglia di vetro quasi piena. Cloe, impegnata a strizzare il maglione incollato al corpo, si rese conto di ciò che il vampiro intendeva fare solo quando si ritrovò una spruzzata di profumo sugli occhi, e l’odore pungente la fece tossire ripetutamente.

Fu una tragedia.

In pochi secondi metà bottiglia era riversa sul corpo di Cloe, che aveva le lacrime agli occhi e faceva fatica a respirare.

«Tu sei uno psicopatico…» sibilò tra un colpo di tosse e l’altro. Santiago aveva visto raramente un odio così feroce negli occhi di una persona, e per un attimo intravide in lei la stessa morbosa forza che era certo di possedere.

La faccenda poteva essere più interessante del previsto.

«Ti assicuro che dietro a tutto questo c’è una logica, se ti può aiutare a trattenere le lacrime» la canzonò, e un guizzo illuminò gli occhi di Cloe.

La mannara gli rubò di mano la bottiglietta di profumo e la scaraventò a terra, dove si infranse in mille pezzi. Il suo contenuto si mischiò alle pozzanghere d’acqua, e l’odore dell’alcool in quel piccolo bagno senza finestre divenne in poco tempo fastidioso.

Il sorrisetto sottile e canzonatorio di Santiago si spense all’istante: l’espressione di sfida che le leggeva negli occhi gli stava facendo perdere la propria baldanza, così come il controllo.

Era come se gli stesse dicendo “e adesso vediamo che farai”.

Le si avvicinò lentamente senza smettere di guardarla negli occhi, con il magnetismo di un felino pronto a balzare addosso alla sua preda.

Era serio, maledettamente serio, e le avrebbe cancellato quello sguardo indisponente dalla faccia con ogni mezzo a cui poteva ricorrere, che fosse piacevole oppure sgradevole non aveva importanza.

Cloe si gettò di lato nel tentativo di allontanarsi da lui, ma Santiago la afferrò per un braccio. Non le lasciò scampo.

«Non così in fretta…» mormorò senza alcuna traccia di scherno nella voce. Il tono con cui aveva appena parlato non era divertito. Aveva il suono freddo e pericoloso di una minaccia velata.

«Altrimenti? Mi uccidi?»

Lo stava sfidando, di nuovo.

Lo guardava con quegli occhi grandi, verdi e impudenti, e se solo avesse potuto glieli avrebbe strappati e l’avrebbe costretta a descrivere in ogni più piccola sfumatura com’era il dolore che provava mentre le portava via una parte di se stessa per sempre.

Ma non poteva, perché semplicemente Cloe non gli apparteneva. Non era sua.

Non poteva soddisfare le sue voglie, non con lei. Doveva resistere. Il problema, però, era che non era affatto sicuro di esserne in grado.

In fin dei conti era pur sempre un Sangre

 

 

 

 

 

 

                        

L’angolo dell’autrice

 

Uah, quanto amo sto font! (ok, sto divagando e a voi non penso importi poi molto delle mie preferenze in fatto di font di word ò.ò)

 

Innanzi tutto… PERDONATEMIH!! Sono in immenso ritardo con l’aggiornamento, lo so, ma ho passato Agosto a casa del mio ragazzo (mare mare mare °ç°) e fino a ieri ho avuto lui qui. Non per rendervi partecipi dei miei fatti personali che non sono neppure un filo emozionanti, quanto per mettere in piedi una qualche giustificazione del perché non ho aggiornato prima.

Troppe distrazioni, ecco! u.ù

L’importante, comunque, è che ho aggiornato.

 

Nuovo capitolo con una parte vista dal punto di vista (ah ah!) di Santy. Inutile dire che mi sono divertita particolarmente a scriverla… XD Dal prossimo capitolo però ritorna Axel! E aspettatevi scintille, anche perchéééé… non dico niente! ù__ù

 

Ma veniamo a noi, miei tesori: devo dire che sono rimasta piacevolmente sorpresa, e per questo devo ringraziare hinata_in_love e _Vampire girl_ che hanno messo Slayer’s tra i preferiti, e Jennifer90 che invece l’ha messa tra le storie seguite. Graziegraziegrazie! *___*  *si inchina*

E poi… poi… LE RECENSIONIIII *ç*

 

Jennifer90: non hai idea di quanto sia contenta di ritrovare un vecchio lettore affezionato che non ha dimenticato la mia creatura! Per premiarti ti do un anticipo sulla storia, un’indiscrezione, chiamiamola così: questa versione sarà molto incentrata sul sangue e sui legami che si basano sul sangue u__ù Sarà sanguinosa, ecco ò.ò Spero che continuerai a leggere, aspetto altri tuoi pareri eh *__*

 

Asha: INFAME! °O° (me l’hai chiesto tu eh, io ti accontento ò.ò) Santy è sempre Santy anche in questo capitolo? Dimmi un po’… Anche se senza Ice vicino non gli vengono le battutacce, povero! ç__ç Gli manca la sua ADORATA spalla ç__ç

 

Come ultima cosa, vi ricordo di controllare nella sezione Gallery del forum di EFP, sezione originali: trovate la mia pagina con i disegni di Axel&Co. (che poi è praticamente Santy&Co, ma son dettagli XD). Così, se volete passare a sfogliarli… Io ne aggiungo di nuovi! ù.ù

 

Alla settimana prossima con il nuovo capitolo, sempre su questi schermi.

Brin :)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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