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Autore: Milly_Sunshine    16/10/2023    3 recensioni
Kay è una giornalista radiofonica affermata e conduce un programma di cronaca, accerchiata da un entourage di fedelissimi, il marito Anthony, a sua volta giornalista, il loro collega Samuel e l'assistente Theresa. Fissata con i crimini irrisolti, matura un'ossessione insolita nei confronti dell'omicidio di un'anziana locandiera che le costa a sua volta la vita. Kay si ritrova a sua volta vittima di un delitto, lasciando le persone che le stavano intorno, oltre che la collega Rebecca, con la quale aveva una feroce rivalità appianata soltanto nelle sue ultime settimane di vita, a interrogarsi su chi l'abbia eliminata e perché, su chi fosse la femme fatale che si aggirava presso la sede della radio il giorno prima del delitto, oltre che sulle ragioni per cui fosse così in fissa con lo specifico caso della locandiera assassinata. // Long fiction scritta nel 2015 sulla base di un'idea già in parte sviluppata cinque anni prima, unisce elementi del giallo classico e del thriller.
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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(Novembre 1979)

Samuel teneva gli occhi fissi sul giornale che aveva portato con sé, tentando di concentrarsi sulla lettura, o quantomeno di evitare lo sguardo di Marybell, seduta quattro file più avanti di lui. Era la studentessa più invadente del suo corso, gli aveva messo gli occhi addosso da settimane e lui ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Entrò la professoressa White e Samuel chiuse il giornale.
“Prepariamoci a due ore di noia.”
Guardò l’orologio, chiedendosi dove si fosse cacciato Anthony che, in linea teorica, quel giorno avrebbe dovuto portargli degli appunti della settimana precedente.
Samuel sospirò.
“A quanto pare non c’è” realizzò, consapevole del fatto che Anthony non arrivava mai in ritardo ai corsi.
La professoressa White aveva già iniziato a parlare, quando la porta si aprì di nuovo. La ragazza che ne entrò, si conquistò un’occhiata gelida.
Samuel non aveva mai visto quella studentessa arrivata in ritardo. Doveva essere del primo anno; c’erano alcuni studenti che seguivano quel corso come opzionale.
Per qualche motivo, la nuova arrivata lo colpì, seppure il suo aspetto fosse nella media. Era minuta e aveva i capelli raccolti in una coda, biondi, con una ricrescita più scura. Aveva una felpa nera abbinata a pantaloni di velluto dello stesso colore. Non aveva niente di eccezionale, eppure lo attirava.
“Magari fossero tutte come lei.”
Sembrava diversa da Marybell e dalle sue amiche.
Oltrepassò la prima fila e oltrepassò anche la seconda, dove erano sedute le ragazze da cui Samuel cercava sempre di sfuggire.
Oltrepassò anche le file successive e, arrivata accanto a lui, si fermò.
«Sono liberi questi posti?» gli domandò.
Aveva una voce, osservò Samuel, con una voce così avrebbe potuto fare la speaker radiofonica, o anzi, tenendo conto anche dell'aspetto, magari addirittura la conduttrice televisiva.
«Certo, sono liberi» si affrettò a rispondere.
La ragazza si sedette e appoggiò la borsa sopra al banco.
«Com’è questo corso?» si informò. «Non l’ho mai seguito, finora.»
«Noioso» rispose Samuel, con il massimo della sincerità. «Specie la professoressa, lei è noiosa come nessun altro.»
La professoressa White prese a riepilogare gli argomenti trattati nel corso delle lezioni precedenti, ma Samuel non se ne curò.
«Non ti ho mai vista prima» disse, rivolto alla sua compagna, «Sei del primo anno?»
«Sì.»
Sembrava di poche parole.
Samuel decise di insistere.
«Come ti trovi?»
«Mhm... bene» ribatté la sconosciuta, «A parte che, dalla seconda fila in poi, devo strizzare gli occhi come se li mettessi dentro a una pressa per vedere la lavagna.»
«Oh... Peccato, allora. Se l’avessi saputo, ti avrei tenuto un posto in prima fila.»
La ragazza ridacchiò.
«Non mi dire che stavi tenendo il posto per me. Fino a due minuti fa non sapevi nemmeno della mia esistenza.»
«In effetti no» ammise Samuel. «Aspettavo un amico, ma a quanto pare non c’è.»
«Potrebbe essere in ritardo» azzardò lei. «Se vuoi, mi posso spostare.»
«Anthony non è mai in ritardo» chiarì Samuel, «E comunque può sedersi anche più indietro. Lui non ha bisogno di mettere gli occhi in una pressa per vederci, almeno credo. E poi lui ha gli occhiali.»
«Wow» mormorò la ragazza. «Deve essere un tipo interessante.»
«Perché?»
La ragazza sorrise.
«Quelli con gli occhiali hanno fascino, non trovi?»
«C’è chi ha fascino e chi non ce l’ha» obiettò Samuel, «Indipendentemente dagli occhiali. Certo, a volte contribuiscono a dare un’aria da intellettuale che alle secchione potrebbe piacere...»
«Mi stai dando della secchiona?»
«Se non lo fossi, non avresti deciso di studiare giornalismo. Comunque, se ti può consolare, Anthony è interessante solo a metà: non l’ho mai visto con gli occhiali indosso, fuori dall’università... e anche fuori dal liceo.»
«Lo conoscevi già da prima?»
«Sì.» Samuel non aggiunse altro; ormai era stanco di parlare di Anthony. «A proposito, cosa mi racconti di te? Non sei di Scarlet Bay, vero?»
Lei si girò a guardarlo.
«Si sente così tanto il mio accento?»
«No, non si sente» ribatté Samuel. «Tutti quelli di Scarlet Bay, invece, hanno un accento piuttosto marcato.»
«Non sono di Scarlet Bay» ammise la ragazza, «Ma mi piacerebbe viverci in pianta stabile. In realtà ci vivo già.»
«Sì, ma ogni tanto tornerai a casa, immagino...»
Lei scosse la testa.
«Avere una casa significa avere qualcuno che ti aspetta... o qualcuno che attendi di rivedere. Io non ho una casa, se non quella di Scarlet Bay, anche se non c’è nessuno ad aspettarmi. A volte è meglio così.»
Samuel non sapeva cosa replicare.
Forse sarebbe stato meglio tacere e ascoltare la professoressa White. Era quello che si era proposto di fare quella mattina, nell’entrare in facoltà.
Sarebbe rimasto in silenzio, se la sua compagna non gli avesse indicato Marybell.
«Quella tizia è la tua ragazza?»
Samuel spalancò gli occhi.
«Certo che no!»
«Ti sta fissando con insistenza fin da quando mi sono seduta. Sembra che non le piaccia l’idea che io mi sia seduta accanto a te.»
«Il suo parere non mi riguarda» ribatté Samuel. «Non la sopporto. È una rompiscatole, non fa che intromettersi negli affari altrui. È convinta che, se non ho una fidanzata, sia perché sto aspettando lei.»
La ragazza sospirò.
«Che assurdità! Ci sono persone convinte che i single vivano per cadere ai piedi del primo venuto o della prima venuta.» Abbassò gli occhi. «Certa gente non capisce che a volte stai insieme a qualcuno solo perché non hai il coraggio di cambiare vita. A me è successo, solo perché mi rendevo conto che nessuno mi avrebbe creduto quando...» Si interruppe. «Lasciamo stare, non capiresti. La mia vita era un casino, prima che mi trasferissi a Scarlet Bay.»
Samuel aggrottò le sopracciglia.
«Mi stai dicendo che in realtà, qualcuno che ti aspetta, c’è?»
«No.»
«Il tuo ragazzo...»
«Io e lui non stiamo più insieme» puntualizzò lei, «E con tutta probabilità non ci vedremo mai più. Per quanto ne so, sta frequentando un’altra persona, tra l’altro, e non posso fare a meno di essere felice per lui. Questa è la prova definitiva che non eravamo fatti per stare insieme. Ora, però, lasciamo perdere. Non mi piace parlare del mio passato.»
«Non c’è problema. Se hai voglia di parlare di qualcos’altro, ricordati che io ci sono.»
Samuel si rese conto di non voler correre il rischio che, una volta terminata quella lezione, lei sparisse per sempre dalla sua vita.
«È molto gentile da parte tua» osservò la ragazza, «Però non ti conosco. Ti ricordo che non so nemmeno il tuo nome.»
«Va beh, a tutto c’è rimedio. Mi chiamo Samuel Jeffrey, sono nato a Scarlet Bay il 3 maggio 1959 e, come potrai tranquillamente intuire, ho vent’anni.» Sorrise. «Mia madre è un'infermiera, mentre mio padre lavora all'ufficio postale qui in città, e ho una sorella di ventiquattro anni che studia medicina in un’altra città. Ecco, ora sai chi sono.»
La ragazza sorrise a propria volta.
«Se è questo che intendi per conoscersi, allora non mi chiedi troppo. Mi chiamo Katherine Brooks - ma se non vuoi ritrovarti castrato inizia subito a chiamarmi Kay - e sono nata il 16 giugno 1956 in un noioso paese di collina dove non succedeva mai niente. Non ho più una famiglia, se non qualche parente che non ho mai frequentato, e l’unico obiettivo che ho è quello di diventare giornalista. Mi piacerebbe lavorare in una radio o qualcosa del genere, piuttosto che nella redazione di un giornale. Biografia interessante, eh?»
Samuel ribatté: «Tutti, in qualche modo, siamo interessanti.»
Kay obiettò: «Personalmente non credo proprio di esserlo.»
“Invece lo sei” avrebbe voluto replicare Samuel. “Sei molto più interessante di ogni altra ragazza che ho incontrato finora.”
«Nemmeno io lo sono» le disse, invece. «Non è una caratteristica solo tua.»
Kay sorrise.
«Sai, sono felice di essermi messa vicina a te» gli confidò. «È da pochi minuti che ci conosciamo, ma ti sei già dimostrato diverso da tutti gli altri, che da quando sono all'università non fanno altro che evitarmi.»
Samuel aggrottò la fronte.
«Perché dovrebbero evitare una ragazza come te? Non ne vedo il motivo.»
«Non lo so, Sam, davvero, non riesco a capirlo» rispose Kay. «Forse sono io stessa a sentirmi diversa.
«Samuel, non Sam» la corresse lui. «Anzi, cerca di non chiamarmi Sam, se non vuoi che mi aggiunga alla lista delle persone che ti evitano.»
«Okay» accettò lei. «Non ti chiamerò più Sam. Ora, però, mi lasci seguire un po' quello che dice la Signora Noia? È la prima lezione che seguo e mi piacerebbe farmi un’idea più precisa di questo corso.»
«Va bene» concesse Samuel. «Ti permetterò di annoiarti senza più disturbarti.»
Kay gli mostrò un sorriso radioso che gli fece comprendere che, nella vita, c’era sempre spazio per qualcosa di positivo.

Anthony arrivò mentre Kay se ne andava.
Samuel scattò in piedi.
«Perché hai saltato le lezioni della White?»
Anthony rise.
«Eri spaventato per gli appunti, non è vero?»
«Diciamo che mi sarebbe piaciuto averli entro oggi» ammise Samuel. «Lo sai, non ci capisco nulla di quel corso. L’unica speranza che ho di superare l’esame è studiare dai tuoi appunti. Me li hai portati?»
Anthony gli indicò la porta.
«Ho visto una bella ragazza che se ne andava e ho avuto l’impressione che fosse seduta di fianco a te. Chi era?»
Samuel puntualizzò: «Non hai risposto alla mia domanda.»
«E tu» ribatté Anthony, «Non hai risposto alla mia.»
Samuel sbuffò.
«Scusa se insisto, mi hai portato gli appunti?»
«Sì.»
«Bene. Era proprio quello che volevo sentire.»
«Io, invece, non ho ancora saputo ciò che mi interessa. Chi era quella ragazza?»
«Una del primo anno» gli riferì Samuel, «Che ha scelto questo corso come opzionale.» Rise. «No, non mi sembra che abbia manie suicide, se è quello che mi vuoi chiedere.»
Anthony sospirò.
«Non mi dire che ti stai ancora lamentando della White, solo perché è un po’ soporifera.»
«E allora tu» replicò Samuel, «Che hai saltato la sua lezione?»
«Piano con le accuse, non l’ho fatto di proposito. C’era un traffico pazzesco, stamattina. Quando sono arrivato in facoltà, la lezione doveva essere già iniziata da mezz’ora. Detesta chi arriva in ritardo. Si sarebbe ricordata di me, all’esame. Per precauzione ho deciso di rimanere fuori e di attendere pazientemente che le sue ore terminassero. A quel punto ho visto...»
Samuel perse il filo del discorso.
Ad un tratto, Anthony sbottò: «Ehi, mi stai ascoltando o stai ancora pensando alla ragazza di prima?»
Samuel avvampò.
«No, figurati.»
«Non mi hai ancora detto come si chiama» osservò Anthony. «Gliel’hai chiesto, almeno?»
«Kay» rispose Samuel. «Kay Brooks. Non avevo mai sentito parlare di lei, prima d’ora.»
Anthony ridacchiò.
«Io sì, invece.»
Samuel spalancò gli occhi.
«La conosci?»
«No. Ne ho sentito parlare da quei ragazzi del primo anno che vengono a volte alle lezioni della White. Pare che Kay sia una che se ne sta sempre per conto suo, ignorando tutti. Ci sono delle strane chiacchiere su di lei. Qualcuno sospetta che abbia una doppia vita...» Anthony non doveva essere interessato all’argomento tanto quanto aveva dato a vedere in un primo momento, dato che cambiò subito discorso. «Stasera ci sei?»
«Dove?»
«Alla serata al Queen of the 70’s.»
«Intendi dire in quella bettola che secondo Marybell e le sue amiche sarebbe un “locale maledettamente fashion”?»
«Sì, quello.»
«Per passare un’ennesima serata a giocare a biliardo nella speranza che, da un momento all’altro, accada qualcosa di interessante?»
Anthony annuì.
«Pare che ci sia una “festa maledettamente fashion”, che sicuramente non si rivelerà tale.»
Samuel puntualizzò: «Devo studiare, stasera, dato che mi hai portato finalmente i tuoi appunti. L’esame è tra quindici giorni.»
«Appunto, c’è una vita, davanti» ribatté Anthony. «Ti aspetto alle nove al Queen of the 70’s. Non avrai perso ogni speranza che accada qualcosa di interessante, prima o poi, spero...»

«Ho deciso» esclamò Samuel, appoggiato al tavolo da biliardo. «Passerò il resto della mia vita a chiedermi quale sia il significato di “locale maledettamente fashion”.»
«Guarda al lato positivo» gli suggerì Anthony. «Non c’è quella sanguisuga di Marybell e, almeno stasera, avrai un attimo di calma.»
Samuel scosse la testa.
«Stasera avrei dovuto rimanere a casa a studiare. Te l’avevo detto che...»
Anthony lo interruppe: «Basta pensare allo studio, almeno stasera. Hai passato tutto il giorno all’università. Meriti un po’ di svago... e anche un altro drink.»
«No, mi scoppia già la testa» replicò Samuel. «Lo sai, non sono abituato a bere. Credo che la cosa migliore da fare sia andare a casa.»
«Non prima di avere finito la partita.» Anthony prese in mano la stecca. «Anzi, ti propongo una scommessa folle.»
Samuel spalancò gli occhi.
«Che tipo di scommessa folle?»
«Chi vince si conquista il diritto di provarci con la ragazza più attraente del locale.» Anthony gliene indicò una, seduta da sola a un tavolo. «Che cosa ne dici di quella?»
«Tu sei pazzo» ribatté Samuel. «In pratica chi vince la partita finisce per fare una figura di merda colossale...»
«Non essere così pessimista» replicò Anthony. «Magari potresti anche rimorchiare un bel pezzo di ragazza... sempre se sarai tu a vincere, cosa che io non darei per scontata.»
Samuel rise.
«Mi stai sfidando?»
Anthony scosse la testa.
«Ti sto solo ricordando che nella vita c’è altro, oltre allo studio. Per esempio quella tizia che...»
Samuel strabuzzò gli occhi, quando la vide girarsi per un attimo.
«Ehi.» Anthony cercò di attirare la sua attenzione. «Mi ascolti?»
«Sì. È solo che...» Samuel fece un cenno di saluto alla compagna di corso. «Quella ragazza» borbottò, poi, «È Kay, quella che c’era vicino a me, oggi, alla lezione della White.»
«Mi stai dicendo che quella è Kay Brooks?» Anthony non sembrava troppo sorpreso. «Il mondo è proprio piccolo.»
«Già, il mondo è piccolo» osservò Samuel, «E i “locali maledettamente fashion” frequentati dagli studenti universitari sono ancora più ristretti.»
«Questa scoperta è la conferma che meritiamo un po’ di svago. Il discorso dell’altro drink è ancora valido. Vado a ordinare.»
Anthony si allontanò, prima che Samuel riuscisse a trattenerlo.
Non aveva affatto voglia di bere ancora.
Guardò Kay, che si era voltata di nuovo.
Gli serviva la mente lucida, se voleva concretizzare il proprio obiettivo... ed era sicuro che più di tanto non lo fosse, altrimenti avrebbe ignorato totalmente l’assurda proposta che Anthony gli aveva fatto.

Ormai se n’erano andati quasi tutti.
Anche Anthony se n’era andato, o almeno così aveva detto.
Samuel si avvicinò a Kay, che era ancora seduta al proprio tavolo.
«Sei da sola?»
Lei sussultò.
Non l’aveva sentito arrivare, a quanto pareva.
Si girò.
«Mi hai vista con qualcuno, per caso?» Il suo tono era secco. «Se ero sola prima, lo sono anche adesso.»
«No, non lo sei.» Samuel scostò una sedia e si accomodò accanto a lei. «Forse avrei dovuto raggiungerti prima, invece di limitarmi a salutarti, ma...»
Kay lo interruppe: «Non ce n’era bisogno. Ho visto che eri troppo impegnato a giocare a biliardo e soprattutto a bere e a fare scommesse ridicole.»
Samuel spalancò gli occhi.
«Di cosa parli?»
«Pensi che non ti abbia sentito?» Kay indietreggiò, sfregando la sedia sul pavimento, prima di scattare in piedi. «Non ti sei nemmeno degnato di abbassare la voce. Hai scommesso con il tuo amico che saresti riuscito a sedurmi e...»
«No.» Samuel cercò di negare, perché in realtà non era andata proprio così. «È Anthony che mi ha proposto di...»
«Ma fammi il piacere! Abbi almeno la decenza di ammettere le tue responsabilità.» Kay si avviò verso la cassa. «Ti avevo scambiato per una persona seria, Samuel. A quanto pare mi sono sbagliata.»
Samuel la guardò pagare la propria consumazione, prima di andarsene.
Avrebbe voluto seguirla, ma non avrebbe avuto senso.
Avrebbe voluto cambiare le cose, ma non c’era modo di riuscirvi. Se aveva sognato un futuro insieme a Kay Brooks doveva dimenticarsene una volta per tutte. Sarebbe rimasta soltanto una ragazza dal passato misterioso che, per poche ore, aveva fatto parte della sua vita; ormai ne era sicuro, anche se, per principio, non aveva mai certezze.

L’indomani Samuel avvampò, nel vedere Kay seduta sui gradini, davanti alla porta ancora chiusa. Era arrivata in anticipo, a quanto pareva, e con lei anche Anthony. Samuel si pentì di non avere perso tempo, quella mattina, garantendosi la possibilità di evitarla.
Si mantenne a distanza, ma Kay lo chiamò con un cenno della mano.
Samuel fece un profondo sospiro.
Evidentemente, quella mattina, c’erano prospettive più terribili, rispetto ad altre due ore della “Signora Noia”, come l’aveva chiamata Kay il giorno precedente.
Si avvicinò, con lo stesso entusiasmo di un condannato a morte che viene condotto verso il patibolo, sperando che la situazione non fosse così terribile come aveva ipotizzato la sera precedente.
Kay gli parve comprensiva.
«Anthony mi ha detto di non fare caso a te, perché hai l’abitudine di bere e, quando bevi, ti comporti sempre da cretino. Mi ha detto, però, che all’università posso fidarmi di te.»
Samuel lanciò all’amico un’occhiata di fuoco.
«Io ho l’abitudine di...»
Anthony lo interruppe, per rivolgersi a Kay: «Come vedi sta cercando di negare, nella speranza di riuscire a fare bella figura con te.»
«Ho visto, e non c’è bisogno che si sforzi» ribatté Kay. «Personalmente non ammiro molto quelli che si rendono ridicoli solo perché vogliono bere di più di quanto riescano a sopportare. Non ho problemi, però, ad avere a che fare con loro quando sono sobri, soprattutto dentro le mura dell’università.»
«Vedo che hai capito tutto dalla vita» osservò Anthony. «Tua madre sarà senz’altro molto soddisfatta di te.»
Kay abbassò lo sguardo.
«Non lo so, ma spero che, se mio padre fosse qui, potrebbe esserlo almeno lui.»
Il tono con cui aveva parlato, fece raggelare Samuel.
Ricordò quanto aveva detto il giorno precedente, a proposito di una casa in cui nessuno la aspettava più.
Suo padre doveva essere morto... e forse anche sua madre.

   
 
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