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Autore: Milly_Sunshine    18/10/2023    3 recensioni
Kay è una giornalista radiofonica affermata e conduce un programma di cronaca, accerchiata da un entourage di fedelissimi, il marito Anthony, a sua volta giornalista, il loro collega Samuel e l'assistente Theresa. Fissata con i crimini irrisolti, matura un'ossessione insolita nei confronti dell'omicidio di un'anziana locandiera che le costa a sua volta la vita. Kay si ritrova a sua volta vittima di un delitto, lasciando le persone che le stavano intorno, oltre che la collega Rebecca, con la quale aveva una feroce rivalità appianata soltanto nelle sue ultime settimane di vita, a interrogarsi su chi l'abbia eliminata e perché, su chi fosse la femme fatale che si aggirava presso la sede della radio il giorno prima del delitto, oltre che sulle ragioni per cui fosse così in fissa con lo specifico caso della locandiera assassinata. // Long fiction scritta nel 2015 sulla base di un'idea già in parte sviluppata cinque anni prima, unisce elementi del giallo classico e del thriller.
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Come al solito Rebecca era arrivata presto.
Dopo la loro conversazione con Samuel del giorno precedente, Anthony fu felice di trovare solo lei, in ufficio.
Lei gli indicò il vuoto, laddove fino al giorno precedente c’era stato il computer di Kay.
«Hai visto? Hanno fatto presto a eliminarlo.»
Anthony sospirò.
«Tanto non c’era niente di importante.»
Rebecca scosse la testa.
«Credo che ci sia qualche sistema per recuperare tutti i file cancellati.»
«Ti ho detto che non importa» le assicurò Anthony, andando a sedersi alla propria scrivania. «Parliamo piuttosto della teoria di Samuel. Che cosa ne pensi?»
«È interessante.»
Il tono di Rebecca non sembrava particolarmente entusiasta. Forse non era nello stato d’animo migliore per fare commenti in proposito.
«Scusa se ti sto stressando.» Anthony si ricordò di quanto gli aveva detto il giorno precedente a proposito di Raymond. «Hai sentito il tuo ragazzo, alla fine?»
«No.»
«Oh...»
Anthony si pentì subito di essersi lasciato sfuggire quell’esclamazione, dal momento che Rebecca gli scoccò un’occhiataccia.
«La teoria di Samuel» riprese Rebecca, «È molto più interessante della presunta scomparsa di quel buono a nulla. Avrà deciso di cambiare vita all’improvviso, senza nemmeno degnarsi di avvertire qualcuno.»
«E non sei preoccupata?»
«Per niente. Ray è grande abbastanza per badare a se stesso.»
«Non direi» ribatté Anthony, «Se non è neanche capace di capire se ha qualcosa sotto al culo oppure no.»
Rebecca ridacchiò.
«Vedo che ti è rimasta impressa, la storia degli occhiali di Theresa.»
«Non del tutto, in realtà» ammise Anthony. «So solo che, se si fosse seduto sui miei, avrebbe fatto una pessima fine.»
«Voci di corridoio narrano che non ci sia andato molto lontano» borbottò Rebecca. «Theresa era infuriata come non mai.»
«Per forza. Lavorare al computer senza occhiali, per lei, è impossibile. Credo che non ci veda bene nemmeno da lontano, tra l’altro.»
«Mhm...» Rebecca parve pensierosa. «Per caso è ipermetrope?»
«Sì» confermò Anthony, «E lo è molto più di me.» Mise da parte l’argomento, per tornare a concentrarsi su Albert Wilkerson. «Il sospetto di Samuel è molto affascinante, dicevamo. Devo ammettere che in un primo momento non mi convinceva, poi sono tornato sui miei passi e ho iniziato a pensare che non fosse poi così male.»
Rebecca aggrottò la fronte.
«Come mai?»
«Penso che, se in questa storia fosse implicato qualcuno che aveva cambiato identità, l’interesse di Kay sarebbe stato assicurato.» Anthony rabbrividì, nel rendersi conto di quanto fosse profondo il significato delle sue stesse parole. «Chissà, magari aveva smascherato Albert Wilkerson, scoprendo l’identità che aveva assunto...»
«L’identità di P.C.?» domandò Rebecca.
«P.C. o Phil, è molto probabile» confermò Anthony. «Purtroppo non abbiamo dettagli più precisi sul suo nome.»
Rebecca annuì.
«Già, non li abbiamo, per ora.»
Anthony spalancò gli occhi.
«Cosa vuoi dire?»
Rebecca si alzò in piedi.
«Niente.» Si avvicinò alla finestra, con un fastidioso ticchettio di tacchi. «Era solo un modo per farti capire che non dobbiamo scoraggiarci. Pensa a quante cose sappiamo, che ignoravamo fino a pochi giorni fa.»
«Sì, Samuel ha avuto una buona idea ad andare alla locanda della signora Harrison.» Anthony si alzò e raggiunse Rebecca. «Senza di lui, non sapremmo nulla di Albert Wilkerson.»
«Ci sono gli articoli» puntualizzò lei. «Samuel si è solo limitato a trovare la direzione in cui quel tale doveva essere cercato.»
«In un certo senso hai ragione.»
«Sono felice che tu lo pensi. Dopotutto, se ti fidi di lui...»
Rebecca si interruppe.
Anthony andò a cercare il suo sguardo, che però era sfuggente.
«Non dovrei?»
«Nessuno meglio di te può sapere se puoi fidarti di Samuel oppure no» replicò Rebecca, secca. «C’è da dire che la storiella che ti ha raccontato, del cugino di Kay, non è molto credibile.»
«Potrebbe essere il presunto cugino di Kay a mentire» obiettò Anthony. «Anzi, sono sicuro che sia proprio così.»
«Forse» azzardò Rebecca, «Dovremmo cercare di contattarlo.»
Anthony scosse la testa.
«Non ancora.»
«Perché no? Se gli appunti di Kay hanno un significato e suo cugino possiede un filmato che potrebbe avere una qualche rilevanza...»
«No» insisté Anthony. «Credo che John Brooks sia una carta che dovremo giocarci con molta cautela... almeno io. Se Kay ha nascosto a tutti certe cose, doveva esserci una ragione logica.» Abbassò lo sguardo. «Per tanti anni mi sono chiesto perché non mi abbia mai parlato della sua famiglia e...»
«John era solo un cugino» gli ricordò Rebecca. «Certi miei cugini, non mi ricordo nemmeno che faccia abbiano.»
«John dice di essere un cugino di Kay, è vero, ma abbiamo soltanto la sua parola. Io mi riferisco ai genitori.»
«Non li hai mai conosciuti?»
Anthony sbuffò.
«Non ho nemmeno mai saputo come si chiamassero! Ho sempre dato per scontato che fossero morti, e invece...»
Non finì la frase, e immediatamente Rebecca lo esortò: «Invece...?»
«Invece credo che sua madre fosse viva e vegeta, almeno all’epoca» le rivelò Anthony, ripensando al giorno di tanti anni prima, in attesa della lezione di una professoressa alquanto noiosa e soporifera, aveva inavvertitamente fatto un’allusione che la sua futura moglie non sembrava avere apprezzato. «E che Kay non volesse più avere niente a che fare con lei, al punto di non volerne nemmeno parlare.» Si era affrettata a menzionare suo padre, ignorando totalmente la donna che l’aveva messa al mondo, dandogli l’impressione che fosse lui l’unico di cui le sarebbe piaciuto avere l’approvazione. «Forse sua madre aveva fatto qualcosa che Kay non riusciva a tollerare in nessun modo...»
Rebecca indietreggiò. Anthony si girò a guardarla, mentre si sedeva sul bordo della scrivania più vicina, domandandogli: «Qualcosa di che tipo?»
«Qualcosa come essersi macchiata di un grave crimine» suggerì Anthony. «Se Kay avesse avuto il sospetto, o addirittura la certezza, di essere la figlia di un’assassina, ad esempio...»
Rebecca sospirò.
«Non mi dire che adesso vedi dei delitti ovunque!»
«Non vedo delitti ovunque» insisté Anthony, «Ma soltanto laddove sembra che ne sia stato commesso uno. Albert Wilkerson ha ucciso P.C., abbiamo ipotizzato. L’ha ucciso in un luogo vicino a quello in cui viveva Kay. Qualcuno potrebbe averlo aiutato... e quel qualcuno potrebbe essere stata la madre di Kay.»
«Così non vale» ribatté Rebecca. «Stai aggiungendo un tassello in qualcosa che con la madre di Kay non ha niente a che vedere. Per quale motivo...»
Anthony la interruppe: «Credo che, per la prima volta dopo tanto tempo, abbiamo tutto davanti agli occhi. Il nostro problema è che, per vedere bene quello che abbiamo davanti, dobbiamo metterlo a fuoco proprio sulla retina, non prima e non dopo. Abbiamo un uomo che potrebbe avere commesso un delitto negli anni Settanta e che, pochi anni fa, potrebbe avere eliminato anche Marissa Flint. Forse voleva chiuderle la bocca per sempre... forse perché Marissa era stata sua complice nel delitto.»
«E come arrivi alla madre di Kay?»
«Tramite John Brooks. La figlia di Marissa l’ha sposato quando aveva appena una ventina d’anni e al giorno d’oggi dovrebbe averne trentacinque. Il matrimonio, tra loro, è durato poco e lei ha lasciato per sempre il suo paese dodici anni fa, senza più farsi vedere. In più, per quanto possa sembrare un dettaglio insignificante, Samuel mi ha riferito che l’ex moglie di John aveva i capelli castani chiari e non era una ragazza particolarmente elegante. Potrebbero essere semplici coincidenze, oppure...» Anthony esitò. Rivelare a Rebecca di non avere mai conosciuto davvero l’unica donna che avesse mai amato non era facile, ma doveva farcela. «...Oppure il mio sospetto potrebbe essere fondato: Marissa era la madre di Kay e John è il suo ex marito.»
Rebecca scese dalla scrivania con un balzo, spalancando gli occhi.
«Che cosa?!»
Anthony sospirò.
«A volte le cose sono più semplici di quanto possano apparire, non credi?»
«Il fatto che Kay in passato fosse stata sposata con un altro a tua insaputa rende le cose più semplici?» obiettò Rebecca. «A me non pare.»
«Kay non parlava mai del proprio passato. Sembrava che volesse nascondere la propria identità a tutti i costi. Fingere di non essere mai stata sposata e che Brooks fosse il suo cognome da nubile, le consentiva di non essere collegata alla Kay Flint», o K. Flint?, «che era stata in passato. Era una sicurezza, per lei.»
«E questo semplifica le cose, invece di complicarle?»
Anthony scosse la testa.
«Non mi riferivo a questo. Rifletti, Rebecca: Phil era stato il fidanzato di Marissa, che non aveva mai avuto relazioni con altri uomini, almeno alla luce del sole. Con tutta probabilità, quell’uomo era il padre di Kay e, se anche non lo era, era plausibile che lei ne fosse convinta. Sospettava - o addirittura sapeva per certo - che sua madre aveva aiutato un altro tizio ad ammazzarlo, o forse a inscenare l’incidente. Era legittimo che avesse finito per detestare sua madre al punto di non volerla vedere mai più, di non voler portare il suo cognome e di voler fingere che non esistesse. Poi è stata uccisa anche lei: a quel punto Kay potrebbe avere fatto un passo indietro, iniziando a sospettare che sua madre non fosse davvero d’accordo con Albert Wilkerson e che magari si sia ritrovata coinvolta in qualcosa di troppo grande per lei. Tu che cosa faresti, Rebecca, se entrambi i tuoi genitori fossero stati uccisi e se il responsabile della loro morte, anziché pagare per le proprie azioni, fosse da qualche parte, al di sopra di ogni sospetto, a godersi un patrimonio che nemmeno gli spettava?»
«Penso che andrei a scovarlo, ovunque sia» rispose Rebecca, «E che sarei pronta a rischiare la mia stessa vita per incastrarlo.»
Anthony annuì.
«Questa è la prova che Kay ti somigliava molto più di quanto tu e lei avreste desiderato.»

Quando Michelle vide Theresa passare, non poté fare a meno di fermarla. Theresa Silver era una delle poche persone che non le risultassero completamente indigeste, a Scarlet Radio, ma aveva l’impressione di apparirle più come un pezzo da tappezzeria che faceva parte del tutto, piuttosto che come una persona vera e propria.
Theresa accennò un saluto.
Sembrava decisa ad andarsene, pronta a raggiungere Anthony e Rebecca, ma Michelle decise di tentare il possibile per trattenerla.
«Samuel non è ancora arrivato.»
Quel nome sembrava avere poteri miracolosi.
Theresa le rivolse un’occhiata carica di interesse.
«Ah, no?»
«No.»
«È in ritardo, stamattina.»
Michelle scosse la testa.
«No, semplicemente non è in anticipo.» Aveva introdotto l’argomento giusto, ne era sicura; così come era certa che spingersi oltre sarebbe stato molto più indicato, se voleva conquistarsi la stima di Theresa. «Ho saputo.»
L’altra non capì, o quantomeno finse di non capire.
«Che cosa?»
«Che tu e lui siete tornati insieme.»
Theresa abbassò lo sguardo.
«Non proprio.»
«Eppure Penelope mi ha detto che siete stati in vacanza insieme, durante il weekend. Pensavo che...»
Theresa alzò gli occhi di scatto.
«Mi faresti una cortesia, Michelle?»
«Sì, certo.»
«Quando arriva quella stronza, dille di occuparsi dei fatti suoi, invece di pensare alle mie vacanze con Samuel.»
Michelle annuì.
«Riferirò.»
«E, mi raccomando» aggiunse Theresa, «Se è convinta che io e Samuel siamo tornati insieme, lasciaglielo credere.»
Michelle sorrise.
«Certo, Theresa. Anzi, mi chiedo come faccia Samuel a rischiare continuamente di lasciarsi scappare una come te. Posso capire che sia attratto da Penny - dopotutto a volte gli uomini sono attratti dalle donne più improbabili - ma non c’è nemmeno paragone tra voi due. Io, se fossi un uomo, non avrei dubbi.»
«Ti ringrazio» replicò Theresa, «Ma ti ricordo che non sei un uomo e che soprattutto non sei Samuel. Purtroppo non ragionate alla stessa maniera, a quanto pare. Finché Penny lavorerà qui, sarà sempre un ostacolo tra di noi.»
«Prima non era così?»
Di fronte alla domanda di Michelle, Theresa parve esitare.
«Prima...» Non finì il discorso. «Hai detto che sono già arrivati sia Rebecca sia Anthony, non è vero?»
A quanto pareva, a Theresa non piaceva rivangare il passato. Samuel si era accorto di Penny soltanto dopo la morte di Kay, dopotutto.
Michelle decise di non infierire.
«Sì, sono arrivati entrambi.»
«Allora è meglio che vada.»
Prima che si avviasse, Michelle azzardò: «Tua sorella come sta?»
Theresa sussultò.
«Mia... mia sorella?»
Michelle ridacchiò.
«Lo so, lo so, non mi faccio mai gli affari miei. Ricordo che una volta ti ha cercata in ufficio, qualche settimana fa, e che io ti ho passato la chiamata. Pensavo...»
«Pensavi male, se eri convinta che mi importasse qualcosa di mia sorella» chiarì Theresa. «Io e lei non ci teniamo in contatto né mi interessa sapere come sta.»
Michelle avvampò.
«Oh, scusa...»
Theresa non rispose, avviandosi lungo il corridoio.
Michelle si morse la lingua.
“Non avrei dovuto chiederglielo. Avrei dovuto continuare a parlare di Samuel, piuttosto, e di quanto Penny voglia mettersi in mezzo a loro.”
Anzi, no: sarebbe sembrata ugualmente un’impicciona. L’unico modo per aiutare Theresa era convincere Penny di non avere speranze.

Era ormai metà del pomeriggio quando Samuel raggiunse Penny alla reception. Era al telefono e non si era accorta della sua presenza.
Solo quando mise giù il ricevitore, Samuel le fece un cenno.
Penny parve illuminarsi.
«Ehi, che piacere!»
«Il piacere è tutto mio» ribatté Samuel. «Come stai?»
«Bene, grazie...» Penny gli parve lievemente esitante. «Sei sicuro che Theresa non abbia niente in contrario al fatto che tu sia qui?»
Samuel rise.
«Perché dovrebbe?»
«Michelle mi ha detto che state insieme e che, per non crearti dei problemi con lei, dovrei evitare anche di parlarti.»
Samuel scosse la testa.
«A quanto pare Michelle ha una visione molto pittoresca della realtà. Io e Theresa non siamo tornati insieme. Non nel vero senso della parola, almeno.»
Penny gli scoccò un’occhiataccia.
«Sei sicuro che Theresa la pensi così?»
«Sì, ne sono sicuro» confermò Samuel. «Ieri mi ha ignorato. Ha praticamente fatto finta che non esistessi.»
«Magari si aspettava che fossi tu a fare il primo passo.»
Samuel sospirò.
«È difficile capire che cosa si aspetta Theresa. È sempre così sfuggente e...»
Si fermò, prima che fosse troppo tardi. Non aveva alcuna ragione per scaricare i propri problemi di coppia su Penny.
La receptionist, però, gli segnalò indirettamente che era già troppo tardi, nel momento in cui gli chiese: «Sei sicuro che il problema sia Theresa?»
«Ovvio che ne sono sicuro» replicò Samuel, senza comprendere dove volesse andare a parare. «A volte si comporta in modo così...»
Penny lo interruppe: «Si comporta diversamente da Kay.»
Samuel raggelò.
Penny non era mai stata così diretta.
«Cosa c’entra Kay?» si sforzò di obiettare. «Non puoi paragonare lei e Theresa. Kay era la mia migliore amica, mentre Theresa...»
«Mentre Theresa era solo la donna che ti portavi a letto nell’attesa che Kay si accorgesse di quello che provavi per lei» concluse Penny. «È così, non è vero?»
Samuel scosse la testa con decisione.
«No, affatto. Inoltre non mi sembra il caso di parlarne qui, dove chiunque ci potrebbe sentire. Lo sai come vanno le cose: qui tutti si fanno i cazzi degli altri.»
«Non c’è nessuno» precisò Penny, indicandogli il corridoio vuoto. «Non hai niente di cui preoccuparti.»
Sì, Penny non aveva tutti i torti, almeno da quel punto di vista.
«A parte il fatto che tu ti sia fatta delle strane idee su di me.»
Penny gli parve sinceramente dispiaciuta.
«Non ho detto che tra te e Kay ci fosse davvero qualcosa di più di una semplice amicizia. Parlavo di quello che provavi tu per lei.»
«Ha davvero così tanta importanza?» obiettò Samuel. «Non credo che...»
«Shhhh!» lo zittì Penny, all’improvviso, guardando oltre di lui. «Sta arrivando Rebecca.»
Samuel cercò di non mostrarle il proprio sollievo. Non aveva idea di che cosa sarebbe potuto accadere se la giornalista avesse udito il loro discorso. Gli sembrava meno impicciona di molti altri dipendenti di Radio Scarlet, ma avrebbe comunque finito per farsi qualche fantasia del tutto inappropriata.
Rebecca li raggiunse.
«Non sapevo che fossi qui, Samuel» mormorò.
Il suo tono sembrava quasi accusatorio.
Samuel si girò, per guardarla negli occhi.
«Invece sono qui.»
«Avevi detto» puntualizzò Rebecca, «Che saresti andato fuori a fumare una sigaretta.»
«Invece ho capito che chiacchierare qualche minuto è molto più salutare» replicò Samuel. «Spero non sia un problema, per te.»
Rebecca fece un sorriso appena accennato.
«Sarà soddisfatta Theresa.»
Samuel aggrottò la fronte.
«Theresa?»
«Detesta il fumo.»
«Oh...» Era vero, anche se Samuel sospettava fortemente che Theresa odiasse Penny molto più delle sigarette. «Sì, può darsi.»
In quel momento il telefono squillò.
Penny si affrettò a rispondere.
«Radio Scarlet, buon pomeriggio. In che cosa posso esserle utile?»
Rebecca la guardò per un istante, poi abbassò la voce, nell’osservare: «Ti conviene stare attento a quello che fai, Samuel. C’è chi ti tiene d’occhio.»
Samuel la guardò con aria interrogativa.
«Parli di Theresa?»
Rebecca annuì.
«Anche.»
Quella risposta non chiarì i suoi dubbi.
«Che cosa stai cercando di dirmi?»
«Che la storiella di John Brooks è molto interessante, forse più di quanto tu stesso sia convinto... ma non mi freghi. Non puoi avere scoperto tutto per puro caso.»
«Invece sì» insisté Samuel. «Parlare con qualcuno, da quelle parti, è come entrare a Scarlet Radio e scambiare qualche parola con le prime persone che incontri. Fai molto presto a scoprire tutto quello che vuoi. Basta solo che ti poni nel modo giusto.»
«Sì, certo» convenne Rebecca, «Ma il modo migliore per apprendere qualche informazione così velocemente è esserne già al corrente. Il mio parere è che tu e Theresa ci stiate nascondendo qualcosa.» Gli indicò Penny. «Lei è la pedina che ti stai giocando per non dare nell’occhio, non è vero?»
Samuel sospirò.
«La tua fantasia è più smisurata di quanto tu possa immaginare. Hai mai preso in considerazione l’idea di scrivere romanzi?»
«E tu hai mai preso in considerazione l’idea che un giorno la stessa Theresa potrebbe stancarsi di questa situazione? Non le piace Penny, proprio come non le piaceva Kay. Stai attento a quello che fai, Samuel, perché potrebbe essere pericoloso.»
Non aggiunse altro, prima di voltargli le spalle e di allontanarsi nel corridoio.
Samuel la fissò finché Penny, che ormai aveva già riattaccato, osservò: «Mi sembri un po’ sconvolto.»
Con tutta probabilità, quello era proprio il termine giusto per descriverlo.
«È tutto a posto» la rassicurò. «Ci ho ripensato: vado fuori a fumare.»

   
 
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