Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Im_notsupposedtobehere    20/10/2023    1 recensioni
Reiner e Leda erano cresciuti insieme nel quartiere d'internamento di Liberio.
Due bambini costretti a diventare adulti presto e a separasi a causa degli orrori di una guerra senza fine.
Dopo cinque anni in missione finalmente Reiner rientra in patria acclamato da tutti: l'eroe, lo Scudo di Marley, il gigante Corazzato ma Leda aspettava semplicemente il ritorno del suo amico.
—————————
“Tutto quello che riuscivo a pensare era che Marley guadagnava il suo Scudo ed io perdevo il mio migliore amico.
Tu credevi che ti servisse essere qualcun altro per farti amare dal prossimo ma per me è sempre bastato che tu fossi te stesso. “
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pieck, Porco Galliard, Reiner Braun, Zeke Jaeger
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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(Trigger Warning: Il capitolo affronta tematiche  pesanti con linguaggio un po' crudo)

[***]





 

What we are is but a choice, a promise to ourselves.

We are free to break and change.





 

Anno 839

Quando la figlia della signora Esther tornò a vivere in casa di sua madre pioveva.

Un banalissimo giorno di metà settimana, uno come tanti altri, di una torrida estate che stava lentamente lasciando il passo all'autunno; non era rado che verso il finire della calda stagione piovesse a dirotto, pertanto, quella mattina, nulla dava a presagire che qualcosa potesse cambiare radicalmente nella vita del ragazzino biondo che abitava accanto a quella gentile signora, sola da molti anni dopo la morte del marito e che, ogni tanto, gli regalava qualche dolcetto appena sfornato, di nascosto a sua madre Karina.

A Reiner la signora Esther era sempre piaciuta molto; era una donna forte, nonostante la sua figura minuta, che non mandava mai le cose a dire ma, soprattutto, sempre capace di strappare un sorriso a chiunque con il suo modo di fare allegro e un po' sarcastico che, invece, infastidiva enormemente sua madre. Il bambino considerava quella signora sulla sessantina, un po' come la nonna che non aveva avuto modo di conoscere; per questo quando vide la figlia della signora Esther arrivare nella casa accanto alla loro portandosi dietro una ragazzina più o meno della sua età, Reiner ne fu quasi deluso. O meglio, geloso.

Se ne rimase davanti la finestra della sua stanza a guardare in strada, in direzione della casa dei Krause, con gli occhi ridotti ad una fessura, le labbra serrate e le braccia incrociate sul petto cercando di intimorire in tutti i modi quella bambina che correndo felicemente saltò al collo della signora Esther, mentre sua madre la seguiva guardandosi attorno con fare guardingo.
Solo guardandola Reiner decise che quella bambina, lui, la detestava.

La trovava fastidiosa sotto ogni punto di vista: i capelli lunghi e bruni le arrivavano ai fianchi, troppo femminili e curati per poter essere di una bambina simpatica, il visetto tondo con un'espressione furba e gli angoli delle labbra inarcati all'insù le davano un'aria di incredibile strafottenza che gli ricordava il fratello minore di Marcel e due grandi occhi di un colore simile a quello del grano che lo misero a disagio il momento stesso che si incrociarono con i suoi, facendolo ritirare di scatto dietro la tenda della sua camera. Doveva aver fatto proprio la figura del perfetto stupido nascondendosi così come un bambino pauroso qualunque... lui sapeva di essere meglio di così, del resto tra pochi mesi avrebbe iniziato gli addestramenti da guerriero cadetto, sarebbe diventato il prossimo Guerriero onorario e come se non bastasse, lui, non era un eldiano qualunque, lui era per metà marleyano, non poteva di certo farsi intimorire da due grandi occhi dorati e un visetto tondo con un sorrisetto appena increspato. Lentamente, fece di nuovo capolino da dietro la tenda sbirciando in direzione della porta d'ingresso della casa dei Krause e incrociando nuovamente lo sguardo della bambina che timidamente alzò una mano in cenno di saluto.
Reiner si voltò dall'altra parte, ignorando la ragazzina e ignorando anche il calore sul suo viso aumentare di colpo e palmi delle mani diventargli improvvisamente sudati, mentre il suo stomaco sembrava volersi attorcigliare su se stesso come uno straccio bagnato, irradiando ovunque dalle braccia alla nuca, una sensazione di tedioso formicolio.

<< Mamma, chi sono le due persone che hanno portato da Esther tutte le loro cose? >> chiese a gran voce a Karina correndo tutto trafelato verso la cucina dove sua madre stava preparando da mangiare e arrampicandosi sull'alta sedia del tavolo. La signora Braun si voltò a guardarlo sorridendo, ma non era il solito sorriso bonario che era solita rivolgergli, dietro di esso Reiner poteva indovinare una certa tensione, quel muscolo contratto sulla guancia di sua madre ne era la prova lampante.
<< La figlia della signora Esther e sua nipote. >> rispose la donna, rimarcando il "signora" non apprezzando affatto la confidenza che suo figlio aveva nei confronti della loro vicina di casa
<< Susanna e Leda mi sembra abbia detto che si chiamino. La bambina ha la tua stessa età, sai? >>

<> pensò ad alta voce il bambino ripetendo il nome della loro nuova vicina di casa altre due volte. Karina guardò in sua direzione con un sopracciglio inarcato e scuotendo lentamente la testa. << Ma perché si sono trasferite qui? Voglio dire, non hanno tipo, che ne so...una casa loro? >>

Alla domanda così diretta del figlio, Karina sospirò, cercando un modo chiaro di spiegare la delicata situazione in cui si trovavano le loro vicine di casa.
<< Ascoltami bene, tesoro... >> disse ad un certo punto la donna << La signora Krause e sua figlia sono venute a stare con Esther perché...ecco, la bambina dovrà entrare nel programma dei cadetti. >>

<> protestò Reiner, sbattendo rumorosamente le mani sul tavolo e quasi mettendosi in piedi sulla sedia << Non può! La prova c'è già stata e i cadetti sono stati già scelti! Non è giusto, perché lei può arruolarsi senza aver sostenuto la prova come tutti gli altri? >>

<< Ecco, vedi, il marito della signora Susanna...lui...anni fa ha avuto qualche problema con le autorità di sicurezza pubblica...Esther era in buoni rapporti con uno degli ufficiali dell'epoca e ha barattato la salvezza della figlia incinta dalle accuse con la promessa che la bambina sarebbe entrata nel programma dei cadetti, raggiunta la giusta età. >>

<< Insomma, è una raccomandata! >> concluse il bambino rimettendosi a sedere con un'espressione delusa e disgustata sul viso.
Reiner rimase a lungo in silenzio, dondolando le gambe a mezz'aria sotto il tavolo della cucina dove stavano parlando lui e sua madre. Una domanda sembrava tormentarlo:
<< Ma, mamma, cosa vuol dire che hanno avuto un problema con le autorità di sicurezza? Cosa è successo? >>
La donna voltò la testa dalla parte opposta. Avrebbe voluto evitare di rispondere al figlio e dirgli che l'uomo era stato deportato sull'isola dei demoni anni prima, temendo che la vicinanza della signora Esther con le autorità potesse in qualche modo ritorcersi contro la loro famiglia ma, d'altra parte avrebbe fatto tutto ciò che fosse stato in suo potere per impedire che il suo Reiner finisse invischiato in faccende riguardanti dei presunti restaurazionisti.
 

<< Ascoltami bene, Reiner. Sai che noi Eldiani in passato ci siamo macchiati di peccati gravissimi e che, per questo, dobbiamo impegnarci ogni giorno per espiare le nostre colpe e guadagnarci il perdono del resto del mondo. >> Iniziò Karina, mentre allungando una mano verso il viso del suo adorato figlio gli prese il mento tra le dita, invitandolo a guardarla negli occhi con espressione seria. << Purtroppo, non tutti gli abitanti di Liberio sono convinti che questa sia la verità, alcuni di loro pensano che sia ingiusto che il mondo ci chieda il piccolo sforzo di essere fedeli e disciplinati, in cambio del perdono per le azioni dei nostri antenati. Alcune di queste persone vorrebbero addirittura far tornare il regno di Eldia...tu capisci quanto questo sia grave, vero? >>
Il bambino ascoltava come ipnotizzato le parole della madre, non azzardandosi a distogliere lo sguardo da lei. Con la voce ridotta a un sussurrò, tremolante e incerto chiese:
<< Quindi, il padre di quella bambina era una persona cattiva? >>
<< Probabilmente sì, per questo è stato allontanato e mandato via. >> Rispose la donna lasciando finalmente la presa sul mento di Reiner, che sì voltò immediatamente a guardare fuori dalla finestra della loro casa, nella direzione di quella dei Krause.
<< No mamma, non forse. Sono sicuro che quell'uomo lo era davvero.>>

"Nessun uomo buono abbandonerebbe la propria famiglia se potesse stare con loro" pensò Reiner, ma preferì non dirlo ad alta voce.

[***]

<< Leda, dovresti quanto meno fare lo sforzo di andare d'accordo con il figlio della signora Braun, sai? Una volta che impari a conoscerlo Reiner non è così male. >>
Disse la signora Esther rivolta alla nipote che le trotterellava vicino con le mani affondate nelle tasche del suo vestito, mentre rientravano a casa dopo una giornata passata in giro per il mercato del quartiere d'internamento, approfittando degli ultimi giorni in cui Leda avrebbe potuto essere a casa assiduamente prima dell'inizio ufficiale del programma dei Cadetti. Immediatamente, dopo aver sentito le parole della nonna, la bambina corrucciò le sopracciglia e arricciando il naso sbuffò platealmente.

<< Ma nonna, ci ho provato! Non è colpa mia se quel bambino è un presuntuoso antipatico! Pensa, solo perché suo padre è marleyano si comporta come se fosse meglio di tutti noi altri! Per di più, Porco mi ha fatto vedere i risultati dei loro test di ammissione che hanno fatto il mese scorso e Reiner è davvero il più scarso... >>
La signora Esther rise sotto i baffi al commento della nipotina, che, nonostante le parole dure che riservava al loro vicino di casa, era stata sorpresa spesso dalla donna a sbirciare in direzione della casa dei Braun come se stesse cercando di imbattersi "casualmente" nel figlio di Karina.

Non si erano mai neanche parlati per settimane, i due si erano solo lanciati occhiate freddamente, dalle rispettive finestre di casa, evitandosi come se fossero l'uno il peggior nemico dell'altro. Ma sotto quella facciata di indifferenza, Leda sapeva di provare una strana attrazione per il piccolo vicino di casa, sensazione largamente ricambiata. Non volevano ammetterlo, né tra loro né tantomeno agli altri, ma c'era qualcosa che li univa in modo inspiegabile. Forse era la diversità delle loro origini, o forse l'inesauribile curiosità per l'altro, ma in cuor loro, sapevano che c'era una specie di connessione che andava oltre le differenze.

<< E poi, >> continuò la piccola Leda << Si rifiuta di parlarmi! L'ho sentito dire al suo amico, Berto...Bertl...Bort...insomma quello più alto tra i futuri cadetti l'unico che viene a trovarlo ogni tanto, che io sono una raccomandata e che papà era una cattiva persona, e che per questo non avrebbe mai parlato con me! >>
La voce della bambina si fece improvvisamente più sottile mentre cercava di nascondere la delusione; nonostante fosse abituata ad essere messa in disparte per quello che il padre, uomo che lei non aveva neanche mai conosciuto, avesse fatto questa volta non riusciva a farsi andare giù il rifiuto di quel bambino che, quando credeva di essere da solo o non visto, sembrava quasi farsi più piccolo schiacciato da un'invisibile peso che rendeva il suo viso incredibilmente triste.

<< Leda, cerca di essere paziente con Reiner, in fondo non siete poi così diversi voi due: anche lui non ha mai avuto modo di stare con suo padre, forse vuole solo attirare la tua attenzione perché si sente solo, non credi? >> Le chiese Esther; non era un segreto che la donna tenesse a Reiner come se fosse un nipote acquisito, del resto, prima che sua figlia Susanna e Leda tornassero a vivere a casa sua, era stato l'unica compagnia che lei avesse avuto.
<< Beh nonna, se è così mi dispiace per lui ma, se non mi chiede scusa per quelle cose che ha detto, per me, Reiner Braun non esiste! >> Insistette Leda rimanendo ferma nella sua convinzione << Papà, me lo dice sempre mamma, è stato mandato via perché era stanco che noi dovessimo vivere in gabbia, lui ha provato a cambiare le cose insieme a molte altre brave persone...non era una persona cattiva, vero? >>
Il volto della signora Esther si fece improvvisamente serio voltandosi a guardare la nipotina con un'espressione che Leda non aveva mai visto prima d'ora, era come se d'un tratto tutto il carico di anni di silenziosa lotta e resistenza le avessero improvvisamente indurito i lineamenti.
<< Ascoltami bene, Leda. Non dovrai mai dubitare che tuo padre abbia fatto ciò che ha fatto mosso unicamente dai più nobili ideali. Tu stessa, anche se farai parte del programma dei Guerrieri non dovrai mai dimenticarti che il solo scopo che noi esseri umani dobbiamo perseguire è proteggere chi amiamo e aiutare il prossimo. Non devi temere di infrangere qualche regola se è per una giusta causa. Tuo padre la pensava così...esattamente come un tempo la pensava anche tuo nonno. Non ti ho mai parlato di lui, del nonno, vero? >>

La bambina fece in tempo solo ad annuire quando, da dietro un angolo della strada che stavano percorrendo, una pattuglia delle Autorità di Sicurezza iniziò a correre intimando a gran voce ai passanti di lasciare loro libero il passaggio, le loro uniformi bianche ed immacolate davano loro un'aria autoritaria e minacciosa, mentre le pistole pendevano dalle loro cinture, pronte all'uso. Le suole dei loro alti stivali sbattevano contro l'asfalto, il suono divenne un tamburo martellante nell'aria carica di tensione. Una mano afferrò la signora Esther che venne trascinata da un uomo con una fascia bianca al braccio dentro al suo negozio, prima che gli ufficiali delle forze d'ordine potessero notarli; il gesto repentino, però fece perdere alla donna la presa sulla mano della bambina che, terrorizzata, rimase impalata in mezzo alla strada.
<< Leda! >> riuscì a dire la donna prima che la porta dell'uomo che l'aveva strattonata via si chiudesse davanti a lei, separandole << Non tornare a casa! Per l'amor del Cielo, corri alla clinica degli Jaeger o dai Grice ma non tornare a casa! >>
Leda guardò in direzione della porta che si chiudeva di fronte a lei, sbatté le palpebre lentamente un paio di volte non riuscendo a capire cosa stesse accadendo, perché la nonna era stata strattonata via da quell'uomo? E perché gli ufficiali marleyani dell'Ordine di Sicurezza Pubblica stavano correndo con così grande foga tanto da travolgere e calpestare i passanti?
 

I suoi piedi si mossero quasi istintivamente e, senza neanche accorgersene, Leda si lanciò di corsa incespicando e inciampando proprio verso casa sua. La bambina corse a perdifiato, come attratta da una forza sconosciuta che non le faceva percepire né la fatica, né i suoi polmoni bruciarle nel petto, né, tantomeno, farle rendere conto che stesse involontariamente seguendo quegli uomini di marley, che a loro volta sembravano non essersi accorti della bambina eldiana che a fatica teneva il loro passo, rallentando sempre di più fino a perderli di vista.

La luce del tardo pomeriggio proiettava un caldo bagliore dorato sulla via acciottolata quando Leda, con il volto pallido ma le guance arrossate dalla lunga corsa e gli occhi spaventati, si avvicinò furtivamente alla sua casa. Il suo cuore batteva forte mentre sentiva il fruscio dei passi dei poliziotti marleyani e il rumore di oggetti che cadevano e si frantumavano dall'interno. Tutto intorno sembrava vuoto, non un suono dalle altre case, non un viso osava affacciarsi o tantomeno impedire quello scempio. La sua casa era invasa dalla brutalità della folle propaganda di Marley contro gli eldiani. Le finestre erano spalancate, il vetro rotto giaceva per terra, e quegli uomini terribili e crudeli rovistavano in ogni angolo.
Gli occhi spaventati della bambina si aprirono di fronte a uno spettacolo di devastazione. Mobili rovesciati, suppellettili rotti e vestiti sparsi ovunque riempivano la stanza, mentre loro impassibili, razzolavano tra gli oggetti della sua famiglia, sfogliavano libri e documenti, cercando freneticamente tracce di qualcosa che potesse incriminare la gente che viveva in quella casa. Il loro sguardo freddo e imperturbabile la faceva rabbrividire.

Mentre Leda si nascondeva nell'ombra, sgattaiolando di soppiatto in casa mossa da una forza invisibile, e andandosi a ranicchiare dietro la poltrona di sua nonna, i suoi occhi si riempirono di lacrime. Era testimone della violenza e dell'ingiustizia inflitte alla sua famiglia e alla sua comunità. Mentre il cuore le si stringeva, sapeva che la sua innocenza e la sua vita erano in pericolo ma era come paralizzata, non potendo far altro che aggrapparsi con forza alla stoffa della poltrona dietro la quale si era nascosta. Osservò con terrore uno degli uomini di marley, un ragazzo di appena vent'anni, avvicinarsi a sua madre che, con volto pallido e gli occhi colmi di paura, cercava strenuamente di difendersi, scalciando e graffiando gli altri uomini che la tenevano ferma.

Un singhiozzo di paura scappò dalle labbra della bambina, attirando così l'attenzione del giovane ragazzo di marley che si voltò in direzione della poltrona dietro la quale Leda si stava nascondendo. Anche Susanna se ne accorse e capendo che avrebbe dovuto fare qualcosa al più presto, con voce tonante e cercando di liberarsi dalla stretta degli altri ufficiali urlò:
<< Luridi bastardi! Vedrete, il popolo di Ymir risorgerà e per voi, maledetti invasori, sarà la fine! >> Le sue mani tremavano mentre cercava di attirare di nuovo su di sé l'attenzione delle autorità di sicurezza pubblica cercando di proteggere la piccola Leda, che doveva rimanere nascosta a ogni costo.
Il ragazzo sulla ventina si voltò nuovamente nella sua direzione, e posò i suoi occhi gelidi su di lei mentre tra le mani teneva un cappio, e ogni passo che faceva verso Susanna sembrava alle orecchie di Leda un rintocco funebre nell'aria.

Leda non poteva distogliere lo sguardo dalla scena che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi. Vide l'ufficiale afferrare sua madre con forza e, con gesti bruschi e spietati, annodare il cappio intorno al collo di sua madre. La paura e la rabbia si mescolavano in lei, ma sapeva che non poteva fare nulla per aiutare la sua amata madre in quel momento.
Vide gli uomini portare sua madre in cima alle scale, vide l'estremità della corda venir lanciata attorno alla trave dell'ingresso mentre uno dei marleyani in fondo alle scale la issava alla colonna al centro della stanza, vide l'ufficiale sulla ventina spingere sua madre sogghignando "Arrivederci a quando voi giganti camminerete di nuovo sul nostro mondo, allora, Susanna" e, infine, vide il corpo di sua madre dondolare pesantemente, scalciando una...due...tre volte prima di restare completamente immobile.

Con tutta la forza che aveva nel suo piccolo corpo Leda premette le mani sulla sua bocca, cercando di non emettere neanche un fiato, mentre grosse e calde lacrime le sgorgavano dagli occhi senza che potesse fermarle, mentre quei mostri continuavano a rovesciare e rovistare tra le loro cose. I suoi occhi erano fissi sul corpo di sua madre, che continuava il suo lento dondolio, come ipnotizzata mentre tutto intorno a lei si faceva distante e confuso.
<< Il capitano non sarà contento, abbiamo tolto di mezzo l'unica persona che potevamo accusare di tradimento... siamo sicuri che la vecchia non possa proprio essere toccata? >> chiese uno degli ufficiali delle forze di sicurezza pubblica.
<< Purtroppo quella bagascia ha l'immunità, mi chiedo cosa abbia fatto per avere ottenuto la protezione di Kruger, il bastardo è sparito quasi sette anni fa ormai e noi dobbiamo ancora avere la vecchia tra le palle! >> rispose un altro di loro, aprendo e annusando le poche bottiglie rimaste intatte dopo la loro retata.
<< Ma non ci doveva essere anche una bambina o anche la marmocchia è intoccabile come la nonna? Avrei bisogno di scaricare un po' di adrenalina dopo aver visto come scalciava tutta combattiva la signora... >> ridacchiò un terzo di loro indicando con un cenno del capo il corpo di Susanna che, sospeso a mezz'aria, li fissava con occhi vitrei.
<< Purtroppo sì, è entrata a far parte del programma dei Cadetti se le succedesse qualcosa poi chi lo sente Magath? >>

A quelle parole Leda si strinse ancora di più contro la poltrona alle spalle degli ufficiali come a voler sparire completamente, restando immobile anche quando gli "invasori" della sua casa tagliarono la corda che teneva sospesa sua madre che con un sordo *thud* cadde a terra a pochi metri da lei. Paralizzata dal terrore, la bambina rimase perfettamente immobile incapace di distogliere lo sguardo da quello vuoto e spento di Susanna.
Gli occhi ormai velati di sua madre l'attirarono come un magnete, impedendole di riprendersi dallo stato di shock e confusione nel quale era sprofondata, portandola quasi ad abbandonare il suo rifugio, fu un lieve colpetto sulla sua spalla a risvegliarla e farla voltare di scatto in direzione del tocco dietro di lei.

I suoi occhi si persero in quelli dorati striati di leggere venature verdi del bambino che abitava accanto a casa sua.

Reiner si portò un dito alle labbra per farle intendere di rimanere in silenzio e con un cenno della testa le fece segno di seguirlo, l'aiutò ad alzarsi e stringendole la mano sgattaiolarono via da quel teatro degli orrori nel quale si era tramutata la casa della signora Krause. Leda guardò la schiena di quel bambino che fino a pochi minuti prima aveva deciso di detestare per sempre e improvvisamente le sembrò che quelle gracili spalle potessero sorreggere il peso della tristezza di tutto il mondo, in quel momento, un bambino che fino ad allora era stato un perfetto sconosciuto era il solo che fosse corso in suo aiuto. La folla di eldiani in piazza aveva protetto sua nonna ma non lei, gli uomini di Marley per i quali lei avrebbe combattuto una volta entrata nel programma dei cadetti non avrebbero di certo mosso un dito in sua difesa, persino sua madre non aveva abbandonato le sue convinzioni sul popolo di Ymir fino alla fine, mettendo in pericolo tutti loro... eppure, la nonna le diceva sempre che il solo scopo che gli esseri umani dovrebbero perseguire è proteggere chi amano e aiutare il prossimo, allora perché solo quel bambino, solo Reiner si era fatto avanti per aiutarla? Dove erano tutti gli altri?

Tenendole stretta la mano, in silenzio Reiner la condusse al sicuro in casa sua, approfittando dell'assenza di sua madre e dei suoi zii; entrarono insieme nella sua cameretta e il bambino si affrettò a tirare le tende della finestra dalla quale si vedeva la casa di Leda per impedire alla bambina di assistere al momento in cui il corpo di Susanna veniva trascinato via.
Il bambino sfilò dal suo letto il lenzuolo e lo usò per coprirla e senza dire niente le avvolse le braccia attorno alle spalle. Stretta in quel timido abbraccio Leda pianse fino ad addormentarsi.

 

   
 
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