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Autore: starlight1205    30/10/2023    2 recensioni
Edimburgo, 1996
Diana Harvey è una normale ragazza che vive con la zia e lavora nel negozio di antiquariato di famiglia. Una serie di circostanze e di sfortunati eventi la porteranno a confrontarsi con il mondo magico, con il proprio passato e con un misterioso oggetto.
Fred Weasley ha lasciato Hogwarts e, oltre a dedicarsi al proprio negozio Tiri Vispi Weasley insieme al gemello George, si impegna ad aiutare l'Ordine della Fenice nelle proprie missioni.
Sarà proprio una missione nella capitale scozzese a far si che la sua strada incroci quella di una ragazza babbana decisamente divertente da infastidire.
[La storia è parallela agli eventi del sesto e settimo libro della saga di HP]
- Dal Capitolo 4 -
"Diana aveva gli occhi verdi spalancati e teneva tra le dita la tazza di tè ancora piena.Non riusciva a credere a una parola di quello che aveva detto quel pazzo con un'aria da ubriacone, ma zia Karen la guardava seria e incoraggiante. Il ragazzo dai capelli rossi nascondeva il suo ghigno dietro la tazza di ceramica, ma sembrava spassarsela un mondo. Diana gli avrebbe volentieri rovesciato l'intera teiera sulla testa per fargli sparire dal viso quell'aria da sbruffone."
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Fred Weasley, George Weasley, Mundungus Fletcher, Nuovo personaggio | Coppie: Bill/Fleur
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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“Now the day bleeds into nightfall
And you’re not here 
To get me through it all”
(“Someone you loved” - Lewis Capaldi)

 

 

Natale 1998

 

 

La coltre di neve aveva ricoperto il paesaggio con il suo manto freddo.
I rami degli alberi spogli e spettrali erano imperlati da un’aura cristallina, resa traslucida dalla luce del tramonto.

Le finestre della Tana erano appannate da una patina nebbiosa per la brusca differenza di temperatura tra il rigido clima invernale e il fastidioso calore di una stanza riscaldata dalle fiamme di un vivace camino, enfatizzato dalla presenza di troppe persone gremite in uno spazio ridotto.
Il dolce profumo di torta fatta in casa si era fatto strada dalla cucina fino ad invadere il soggiorno.
Gli addobbi erano ovunque e l’entusiasmo dei signori Weasley era alle stelle: finalmente, la guerra nel mondo magico era finita e tutta la famiglia era riunita per festeggiare il Natale.
Se il Natale precedente era stato rappresentato da angoscia, pessime notizie e umore cupo, quel Natale voleva esserne diametralmente l’opposto.

Come da tradizione, Fred e George avevano preso di mira Ron e Percy per i propri scherzi: il primo si era ritrovato chiuso in bagno per metà pomeriggio e la sua bacchetta era stata abilmente nascosta in soffitta, mentre il secondo aveva dovuto combattere gli evidenti effetti provocati dalla masticazione di una Mou Mollelingua. Non appena la lingua di Percy era tornata delle sue normali dimensioni, il ragazzo aveva sfoderato la solita aria impettita per borbottare come un calderone in ebollizione che i prodotti in vendita da Tiri Vispi Weasley fossero al limite della legalità e domandandosi come Fred e George riuscissero a venderli senza incappare in decine di restrizioni ministeriali.
Gli sproloqui di Percy erano stati particolarmente divertenti, tanto che Fred aveva passato gran parte della giornata posizionato alle spalle del fratello maggiore per imitarlo e fargli il verso, tanto da far ridere Bill e George fino alle lacrime e assumendosi costantemente il rischio di beccarsi una fattura tra capo e collo da parte di una furibonda Molly Weasley, che già da quella mattina reclamava un aiuto in cucina da parte dei figli.

Sempre per seguire la tradizione, un piccolo gnomo pietrificato osservava inerme la tavola imbandita dalla sommità dell’ingombrante albero di Natale, al di sotto del quale si trovava già un nutrito mucchio di regali impacchettati con carte dai colori sgargianti.

- Fred, vuoi ancora un po’ di arrosto? - domandò Molly Weasley facendogli levitare sotto al naso un ampio vassoio ricolmo di fette di carne che avrebbero sfamato un’intera città.
Fred Weasley allungò le gambe sotto al tavolo colpendo erroneamente lo stinco di Ron, sospirò e scansò il vassoio con la mano, spingendolo verso Percy, seduto alla sua destra: - No, mamma, sono pieno da scoppiare!
Percy cercò di sottrarsi con un po’ troppa foga dal vassoio, come se si aspettasse nuovamente un altro scherzo. Ron, la bocca troppo piena per formulare una frase di senso compiuto, si limitò ad emettere un grugnito dolorante.
- Perce… - Fred gli battè amichevolmente una mano sulla spalla con un sorrisetto pungente ad animargli il viso - Rilassati!
- Si, certo! Magari se tu non fossi seduto accanto a me, riuscirei a rilassarmi! - mugugnò Percy esasperato scrutando il viso di Fred con i sensi in allerta e cercando di capire se dietro quel gesto si stesse celando l’ennesima presa in giro.
- Così mi offendi! - recitò Fred sghignazzando e portandosi una mano al petto come se fosse stato colpito al cuore da una feroce coltellata.
Molly Weasley sembrava aver preso il rifiuto di Fred alla seconda porzione di arrosto come un’offesa personale e il vassoio tornò a fluttuare insistente davanti al naso di Fred, il quale fu costretto a rivolgere una lieve smorfia di disappunto alla madre. Fortunatamente fu Ron a salvarlo da quella scomoda situazione, sporgendosi dall’altro lato del tavolo per afferrare il vassoio con aria famelica e riempirsi il piatto per quella che doveva essere almeno la terza volta.
Mentre la sua risata si smorzava in un sorriso malinconico, Fred sollevò lo sguardo per incrociare quello astioso e pieno di risentimento dello gnomo pietrificato in cima all’albero di Natale, il quale cozzava in maniera parecchio disarmonica con la tunica dorata che lo avevano costretto ad indossare.
Fred si sentì quasi in colpa per averlo colpito con il solito incantesimo che ogni anno gli spettava come un rito.
Non aveva mai provato il minimo rimorso per quel gesto prima di allora, ma in quel momento riusciva quasi a capire la povera creatura.
Immobile ad assistere ai gioiosi festeggiamenti e alla vita che procedeva inesorabile intorno a lui.

Harry e Ginny erano impegnati in una fitta conversazione sul Quidditch con Bill, Angelina e George.
Arthur Weasley ascoltava con un sorriso tirato il monologo con cui Percy stava intrattenendo lui, Fleur, Hermione e Audrey, la sua ragazza.
Tra un boccone e l’altro, Ron cercava di inserirsi senza troppo impegno nella conversazione sportiva dei fratelli.
All’appello mancava solo Charlie, il quale li avrebbe raggiunti per Capodanno.

Una volta che anche la crostata di mele fu divorata, tutti issarono bandiera bianca, sazi e incapaci di continuare a mangiare; gli avanzi di cibo sparirono dai piatti e Fred, come se stesse assistendo ad un film di cui già conosceva il finale, notò suo padre alzarsi da tavola per prendere la consueta bottiglia di Whisky Incendiario.

- Questo lo devi provare - le aveva sussurrato Fred all’orecchio sorridendo.
Diana era stata scossa da un sobbalzo, sorpresa per l’arrivo di Fred alle sue spalle, mentre lui stava già versando il liquido ambrato in un bicchiere.
- Cosa? - aveva domandato Diana arricciando il naso in una smorfia dubbiosa e rigirandosi il bicchiere tra le mani.
Non farti domande - si era intromesso George - buttalo giù alla goccia!
Diana aveva bevuto tutto d’un fiato e poi aveva spalancato gli occhi, facendosi rossa in viso e assumendo una smorfia per l’inaspettato sapore del Whisky Incendiario.
Fred era scoppiato a ridere e quando, inaspettatamente, anche Diana si era lasciata andare ad una risata, lui si era sentito leggero e soddisfatto come se fosse riuscito a portare a termine una missione considerata impossibile.

 

Il ricordo, com’era arrivato, svanì.

Fred si spinse bruscamente all’indietro con la sedia per alzarsi, producendo un fastidioso rumore che si perse tra le chiacchiere concitate e allegre, ma che attirò l’attenzione di George, seduto alla sua sinistra, il quale si voltò appena nella sua direzione per osservarlo con lieve apprensione.

- Dove vai? - lo fulminò subito Molly Weasley come se alzarsi da tavola prima del tempo fosse un crimine punibile con la detenzione ad Azkaban.
- Mamma, voglio solo provare a vedere se mi funzionano ancora le gambe dopo tutte queste ore seduto e la pancia così piena - si giustificò Fred e per sottolineare il concetto si battè una mano sullo stomaco con aria affaticata. Prima che Molly Weasley potesse protestare, George si lanciò a raccontare un episodio particolarmente divertente avvenuto in negozio per distrarre la madre; Fred, così, ebbe il campo libero per dirigersi verso l’ingresso.
La bacchetta nella mano destra, un incantesimo di appello mormorato tra i denti e, in un attimo, il suo giubbotto si fece largo tra la montagna di cappotti ammucchiati sull’appendiabiti per finirgli tra le mani.
Fred indossò la giacca e si diresse all’esterno, sentendo l’aria ghiacciata schiaffeggiargli le guance con insolenza.

Nessuno sembrava essersi accorto del suo malinconico stato d’animo, ma Fred non se ne curava più di tanto. Era dannatamente bravo a fingere che andasse tutto bene: bastava mettere su un sorriso e qualche risata, imbastire le solite ironiche battute e sfoderare qualcuno dei migliori scherzi del suo repertorio.
Sembrava che tutti si fossero dimenticati che proprio quel giorno, due anni prima, nel loro soggiorno fosse morta una persona e che un’altra mancasse irrimediabilmente all’appello.
Era lui stesso il primo a sapere quanto fosse maledettamente più semplice fingere di non vedere il dolore piuttosto che affrontarlo, lavando via i tristi ricordi con risate e scherzi.

Fred mise via la bacchetta e affondò le mani nelle tasche del giubbotto camminando lentamente nel giardino della Tana.
La neve era già così ghiacciata che i suoi piedi non affondarono nemmeno nel prato, ma si limitarono a produrre un rumore raschiante ad ogni suo passo.
Una volta arrivato davanti al capanno degli attrezzi di suo padre, come ipnotizzato, fece scattare il chiavistello arrugginito e vi entrò senza indugio.
Un miscuglio di strani odori lo accolse: prodotti chimici babbani, ingredienti per pozioni, muffa e umidità.
Si appoggiò al tavolo da lavoro disseminato di strani utensili guardandosi i piedi, mentre il fiato si condensava in un alone nebuloso.
Quando alzò la testa, un impolverato telescopio in ottone attirò la sua attenzione come se fosse colpito da un luminoso raggio di luce, riportandolo bruscamente indietro nel tempo.

Grazie - aveva sussurrato Diana debolmente, abbassando lo sguardo - grazie del regalo…
- Diciamo che ero abbastanza sicuro che ti fosse piaciuto, ma volevo sentirtelo dire - le aveva sorriso Fred beffardo, ma era tornato subito serio, mentre la sua mano si sollevava in un gesto automatico per avvicinarsi al viso di Diana che lo scrutava perplessa.
La mano ferma a mezz’aria in un gesto congelato per sempre nel preludio di una carezza che non sarebbe mai arrivata a destinazione.

Una lama di nostalgia gli perforò lo stomaco, riportandolo alla realtà.
Rimase a fissare la superficie dorata senza vederla davvero, mentre la sua mente si appigliava ad un milione di ricordi.
Un rumore proveniente dall’abitazione gli fece sollevare lo sguardo e, attraverso la porta spalancata del capanno, vide George in piedi sotto al portico della Tana.
Si guardarono negli occhi e poi Fred, senza dire nulla, si smaterializzò.
Era bastato un lieve cenno con il mento da parte di suo fratello, appena prima che il suo corpo fosse compresso nella solita sensazione, per fargli capire che George non lo avrebbe seguito.
Suo fratello sapeva già perfettamente dove sarebbe andato.

 

Il Dean Cemetery era silenzioso, freddo e spettrale.
Fred si aggirò quieto tra le lapidi e si fermò per scostare la neve dalla superficie di marmo per farne sbucare i nomi di Robert Murray e Karen Harvey.
Si guardò intorno e, constatando di essere solo, agitò la bacchetta per fare apparire due identici mazzi di fiori che andarono ad adagiarsi lievi sulla coltre di neve in corrispondenza delle rispettive lapidi.
Dopodichè, a passo svelto, si lasciò alle spalle il cimitero per muoversi verso Victoria Street.
Vi era tornato così tante volte da conoscerne ormai a memoria ogni dettaglio ed ogni angolo.
Si aspettava che ad accoglierlo ci fosse il solito cartello con scritto “VENDESI” appeso sulla porta di quello che un tempo era il negozio Harvey, ma così non fu.
Il cartello era stato rimpiazzato da uno nuovo con scritto “PROSSIMA APERTURA”.
Un brivido di emozione lo travolse nel notare che l’insegna del negozio, per quanto deteriorata e lasciata all’incuria, fosse ancora lì.

Che lei fosse tornata?

Un debole barlume di speranza si era acceso, rischiarando improvvisamente i suoi pensieri.

Istintivamente, Fred alzò la testa per scrutare la finestra di quella che era stata la camera da letto di Diana Harvey.

La luce era spenta e il vetro opaco, ma una bruciante curiosità lo stava ormai divorando, quindi si diresse a passo svelto nella via parallela a Victoria Street per raggiungere il retro del negozio.

Un rapido movimento della bacchetta e la porta si aprì con un sinistro cigolio.
Purtroppo, la nuvola di polvere che l’apertura della porta aveva provocato, non andò ad avvalorare la sua teoria: il negozio era desolato e tristemente abbandonato a sè stesso.
Fred salì comunque le scale con determinazione guardandosi intorno alla ricerca di un segno, di un oggetto fuori posto che gli comunicasse che qualcuno fosse passato di lì, ma anche l’appartamento era deserto e spoglio.
La curiosità che lo aveva spinto a commettere quello che sicuramente doveva essere un reato stava lentamente lasciando il posto a una dilagante malinconia.
Accese flebilmente la punta della bacchetta per accertarsi di non tralasciare nessun dettaglio e si mosse con attenzione cercando di non far scricchiolare le assi del pavimento.
Gettò un’occhiata alla strada attraverso la finestra.
I turisti non abbandonavano Victoria Street nemmeno a Natale e nemmeno con un freddo glaciale, ma sciamavano pigramente per la via come grossi insetti intirizziti, fermandosi di tanto in tanto per scattare qualche fotografia.

Fu un attimo.

Prima non c’era e poi era lì.

Una ragazza bionda dall’aria particolarmente famigliare stava osservando il negozio con aria afflitta.

In un attimo, il cuore di Fred si fece strada verso la sua gola in una galoppata inferocita e la mano che stringeva la bacchetta tremò tanto da fargliela scivolare a terra, gettando nuovamente l’appartamento nell’oscurità.
Fred soffocò un’imprecazione tra i denti, dilaniato tra l’insopportabile idea di gettarsi in strada a inseguire quella che probabilmente era solo una sconosciuta o una proiezione della sua mente e il cercare la propria bacchetta finita chissà dove.
Si massaggiò le palpebre chiuse con pollice e indice per convincersi di non aver solo immaginato quella ragazza.

Riaprì gli occhi.

No, non l’aveva immaginata.

Era ancora lì.

Aveva aperto un ombrello nero per ripararsi dalla neve che aveva iniziato a cadere.

Fred si precipitò giù dalle scale facendo i gradini quattro alla volta con il cuore che gli martellava nelle orecchie tanto forte da non distinguere più nessun altro rumore se non quello del proprio impetuoso battito accelerato.
Quando trafelato e in preda all’emozione, si ritrovò su Victoria Street, si rese amaramente conto che la ragazza era svanita come un fantasma.
Fred si guardò intorno spaesato e confuso, mentre i passanti lo osservano straniti.
- Diana!? - esalò senza fiato facendo voltare un gruppetto di turisti giapponesi che si limitarono a scrutarlo come se fosse matto.
Eppure gli era sembrato davvero che fosse lei, fasciata in un cappotto nero e con i capelli biondi che sbucavano da un berretto di lana.
Un’automobile nera partì dal fondo della via lasciando dietro di sè una nuvola grigiastra di gas di scarico.
Come a coronare l’ironia della sorte, Fred si rese conto di trovarsi proprio di fronte all’abitazione di Scott Mcdonald.

Fred, vuoi davvero sapere cosa mi dice l’universo?
Diana aveva afferrato la sua felpa per attirarlo a sè e gli aveva avvicinato le labbra all’orecchio per sussurrare: - L’universo mi dice continuamente che non posso più stare senza di te - si era ritratta ridacchiando, le guance rosse e gli occhi scintillanti e Fred aveva pensato che non fosse mai stata così bella.

Era stato un idiota ad illudersi che lei fosse tornata.
Gli sembrava addirittura di sentire il suo delicato profumo alla vaniglia.
Gli sembrava addirittura che la neve, su quel gradino, fosse più calpestata di quanto non fosse poco prima.
Forse erano solo i suoi ricordi ad averlo reso particolarmente nostalgico ed incline al melodramma.

In fondo, perchè sarebbe dovuta tornare?

Sospirò profondamente.

E se anche fosse tornata…ormai lo aveva lasciato…

Fred scosse la testa passandosi una mano tra i capelli umidi per i fiocchi di neve e percepì l’emozione scemare di colpo per trasformarsi in un cocente senso di rabbiosa delusione.
Con un senso di impotenza ad attanagliargli le viscere, tornò sui propri passi per recuperare la bacchetta e per fare, poi, ritorno a casa.

 

 

 

°°°°°°°°°

 

 

Diana Harvey non avrebbe voluto tornare ad Edimburgo, ma la sua amica Aileen avrebbe passato qualche giorno insieme ai propri genitori e si era impuntata affinchè anche Diana andasse con lei, perchè, secondo la logica della famiglia Campbell, era fuori discussione che lei passasse il Natale da sola.

- E dimmi, tesoro - chiese il signor Campbell alla figlia, mentre infilzava una patata al forno con la forchetta - come sta andando il corso di recitazione?
- Benissimo! - cinguettò felice Aileen con gli occhi che scintillavano per l’emozione - stiamo organizzando uno spettacolo e forse stavolta non farò solo la comparsa! Ma ci pensi, papà? Diventerò un’attrice!
- È fantastico! - si illuminò la signora Campbell, fiera dei piccoli successi della figlia.
Diana, lo sguardo abbassato sul proprio piatto ancora pieno per metà, sorrise debolmente.
- E tu, Diana? - la interpellò il signor Campbell pulendosi i baffi con un tovagliolo - Aileen mi ha detto che hai ripreso l’università! Restauro, vero?
- Esatto, signor Campbell! - rispose educatamente Diana raddrizzandosi sulla sedia - i corsi sono interessantissimi e ci sono un sacco di laboratori per fare pratica!
- Beh, quella direi che non ti manca affatto! - esclamò il signor Campbell con il chiaro intento di farle un complimento.
- Sono un po’ fuori allenamento, ultimamente… - ammise Diana spostando lo sguardo malinconico verso la finestra e cercando di reprimere l’ondata di tristezza in arrivo. Con la coda dell’occhio riuscì a cogliere l’eloquente espressione della signora Campbell che intimava al marito di cambiare argomento per evitare che lei si intristisse troppo.

A fine serata, mentre la madre di Aileen riportava in cucina il pudding avanzato, Aileen si sporse verso Diana per sussurrare: - Tutto a posto?
- Sì, certo! - Diana si mordicchiò l’interno della guancia, indecisa - Se non ti dispiace, vorrei passare al cimitero da zia Karen…
- Ma certo, Diana! - si era intromessa la madre di Aileen con un sorriso solidale mentre tornava dalla cuicina; aveva poi afferrato le chiavi della macchina dalla mensola accanto all’ingresso per porgerle alla figlia dicendo: - Prendete l’auto! Fuori si gela!

Il viaggio in macchina verso il Dean Cemetery fu più lungo del previsto a causa della neve e del ghiaccio.
Diana si addentrò nel cimitero buio, mentre Aileen la seguiva a pochi passi di distanza come se volesse lasciarle la propria privacy.
Diana riconobbe immediatamente le tombe di Karen e Robert e aggrottò le sopracciglia nell’osservarle: erano le uniche a cui la neve era stata spazzata e due bei mazzi di rose bianche identici erano appoggiati su ciascuna tomba.

- Qualcuno è stato qui… - borbottò Diana perplessa e con uno strisciante senso d’inquietudine.
- Un fantasma? - ironizzò Aileen arrivando alle sue spalle e spingendo le mani nelle tasche della giacca per scaldarsi.
- Non essere stupida… - la rimproverò Diana in tono severo e con un’occhiata torva.
- Scusa, pessima battuta…
Aileen soppesava le rose con sguardo assorto: - Credi che Benjamin…?
Diana scosse energicamente la testa: - No, non può essere stato lui… - si guardò intorno come se l’inaspettato visitatore potesse ancora essere in agguato nel buio e poi aggiunse: - Andiamo via!
- Ma…siamo appena arrivate! - protestò Aileen contrariata per essersi dovuta avventurare al freddo e al gelo per una visita durata una manciata di minuti, mentre Diana la strattonava per la manica del giubbotto per convincerla a raggiungere l’uscita del cimitero il più in fretta possibile.

Una volta sedute nell’abitacolo dell’auto dei Campbell, Diana tirò un profondo sospiro di sollievo, mentre Aileen le rivolgeva domande incalzanti su cosa le fosse preso per fuggire via così.

Non poteva essere stato lui.
Magari era solo qualche conoscente di zia Karen.
Magari era stato Lyall oppure Scott McDonald.

- Scusa… - soffiò Diana torcendosi le mani gelide e sentendosi stupida - mi sono fatta prendere dall’emozione…
Aileen le sorrise con una fastidiosa aria compassionevole, mentre girava la chiave dell’auto nel quadro.

Una vocina nella testa di Diana, però, continuava a metterla in agitazione.
E se invece fosse stato lui?
L’agitazione aumentò esponenzialmente.

Diana si mordicchiò il labbro inferiore, pensierosa e indecisa se scappare a gambe levate oppure correre a Victoria Street come se un magnete la stesse attraendo con inspiegabile forza verso quel punto.
- Possiamo solo… - Diana aveva quasi paura a pronunciare quelle parole ad alta voce - passare da Victoria Street?
Ecco lo aveva detto! 
- Certo… - rispose Aileen titubante e lanciandole un’occhiata indagatoria mentre rallentava per fermarsi ad un semaforo.
Aileen si destreggiò nuovamente nel traffico di Edimburgo e si fermò con le quattro frecce lampeggianti all’angolo con Grassmarket Square.
- Ti aspetto in auto, però….qui non c’è un posteggio neanche a pagarlo! Pensi di metterci molto? - domandò l’amica aggrottando le sopracciglia come se stesse cercando di capire il motivo di quella sosta.
- Grazie Aileen! No, faccio in fretta!

Diana scese dall’auto e Aileen le allungò un ombrello perchè qualche sporadico fiocco di neve aveva già ripreso a scendere dal cielo nuvoloso e scuro.
Diana si calcò il berretto di lana in testa, si strinse nel cappotto nero senza aprire l’ombrello e si inerpicò lungo la via in salita facendo attenzione a non scivolare sul ghiaccio.
Quando il negozio Harvey si mostrò alla sua vista, il suo stomaco si contrasse in una morsa dolorosa.
Scott McDonald non doveva essere in casa, perchè le luci erano spente, così Diana si posizionò in piedi sul gradino davanti alla sua abitazione, in modo da poter osservare il negozio.

- E a te cosa dice l’universo? - si era informata Diana trattenendo il fiato in attesa della risposta, mentre il suo cuore correva ormai a briglie sciolte.
Fred aveva scrollato appena le spalle e aveva risposto: - Pensa che… anche a me ripete la stessa identica cosa che dice a te…

Diana sentiva ancora il cuore battere forte dall’emozione al ricordo di quella sera e di quelle parole.
Quel momento era così vivido nella sua memoria che quasi le sembrava di vedere il sorriso di Fred, di potersi sporgere verso di lui e baciarlo come avrebbe dovuto fare quella sera; di udire il suono della sua risata. Le sembrava addirittura di percepire quel lieve profumo di biscotti fatti in casa tipico della Tana mescolato agli strani odori delle pozioni che il ragazzo maneggiava a lavoro.

La neve aveva preso a scendere più fitta.
Diana aprì l’ombrello per proteggersi dai fiocchi di neve che le si stavano incastrando tra i capelli inumidendoli.
La morsa di nostalgia le fece alzare lo sguardo alla finestra di quella che era stata la sua camera da letto, dove le parve di scorgere una flebile luce soffusa e una sagoma indistinta ferma dietro al vetro.
Diana sbattè le palpebre con il cuore in gola.
Si era già fatta fregare una volta da un ragazzo che la osservava da dietro una finestra.
In un attimo, la luce si spense.

Diana sbattè di nuovo le palpebre più velocemente, come per potersi capacitare di ciò che i suoi occhi avevano messo a fuoco.
La sua mente le stava sicuramente giocando dei brutti scherzi!
Lui non poteva essere lì! Come avrebbe potuto entrare?
Diana si maledì mentalmente e si ricordò che Fred era un mago pronto a buttare giù porte senza alcun problema.

Rimase pietrificata: la sua mente le gridava di andarsene perchè non aveva senso rivederlo e perchè si sarebbe solo fatta del male, ma ogni fibra del suo corpo formicolava per la curiosità di sapere se Fred fosse davvero lì, a pochi metri da lei.
L’angoscia del non sapere come comportarsi prese il sopravvento su di lei.
Le mani gelide iniziavano a sudare.
I brividi le percorrevano la spina dorsale.
Gli occhi le pizzicavano per le lacrime.
E da vera codarda quale era sempre stata, voltò velocemente i tacchi per trotterellare a passo malfermo verso l’auto di Aileen.
Richiuse l’ombrello, aprì la portiera con eccessiva foga, si lanciò sul sedile del passeggero spargendo neve dappertutto e sbattè la portiera con un tonfo.

- Diana?! - esclamò Aileen spaventata - stai bene? Sei pallida…sembra quasi tu abbia visto un fantasma!
- Partipartiparti! - la incalzò Diana agitandosi sul sedile e senza nemmeno prendere fiato.
- Ok, va bene! Calmati! - Aileen le rivolse un’occhiata risentita e mise in moto l’auto cercando di farsi largo tra pedoni e veicoli per immettersi nella carreggiata.

Diana scoccò un’ultima fugace occhiata a Victoria Street e lo vide.

Fred Weasley era in piedi nel bel mezzo della via che si guardava intorno spaesato, passandosi una mano tra i lunghi capelli rossi e con il petto che si abbassava e si rialzava freneticamente come se avesse corso, mentre i passanti lo superavano osservandolo con aria incuriosita.

Perchè era lì?
L’aveva vista?

Una piccola parte di lei era segretamente contenta, perchè se lui era lì, allora non l’aveva dimenticata.
Non si era già trovato un’altra ragazza come Diana stupidamente aveva temuto.

Ma che senso aveva esserne felice quando comunque loro due non avrebbero mai più potuto stare insieme?

Diana, improvvisamente abbattuta, si appoggiò tristemente al sedile.
Due lacrime le rigarono silenziosamente le guance, mentre Aileen partiva e Fred sembrava notare l’automobile mettersi in movimento.

 

 

°°°°°°°°

 

 

Quando Fred Weasley rincasò era molto tardi.
L’appartamento a Diagon Alley era avvolto dall’oscurità.
Fred identificò la sagoma del fratello che dormiva nella stanza accanto alla sua e zampettò il più silenziosamente possibile per cercare di non svegliarlo.

- Due passi per sgranchire le gambe, eh? - lo apostrofò con tono accusatorio la voce di George - mamma e papà stavano per chiamare gli Auror!
Fred sobbalzò e si fermò davanti alla stanza del gemello togliendosi la giacca umida e ripiegandola sull’avambraccio.
George si puntellò su un gomito e illuminò la stanza con la luce della bacchetta magica, seguendo ogni gesto di Fred con lo sguardo.

- Edimburgo? - ipotizzò il gemello.
- Edimburgo - si limitò a confermare Fred muovendo le dita delle mani intirizzite dal freddo per riacquistarne la sensibilità.

George sospirò e si mise a sedere sul letto.

- Si sono arrabbiati così tanto? - si informò Fred mascherando una smorfia di disagio e riferendosi ai genitori.
- Non tanto - rispose George stringendo le labbra e osservandolo con compassione - lo sanno…
- Sanno cosa? - domandò Fred appoggiandosi stancamente allo stipite della parte e incrociando le braccia al petto.
- Che stai ancora male per lei - andò subito dritto al punto George.

Fred raddrizzò le spalle per darsi un tono, quando invece, dentro di sè, si sentiva ironicamente messo a nudo.

- Lei? Lei chi, Georgie? Io sto benissimo! Ho solo portato un mazzo di fiori a Karen… - si affrettò a giustificarsi Fred fingendo la più totale indifferenza, anche se sentiva un vago dolore irradiarsi al centro del petto.
George sbuffò roteando gli occhi al cielo, spazientito: - Sì, come no… - si rimise sdraiato e spense la bacchetta bofonchiando: - Buonanotte, Freddie…

Fred rimase fermo, immobile, ad osservare il buio di fronte a sè perdendo la cognizione del tempo e dello spazio.

- George… - mormorò Fred infrangendo il silenzio con un impeto di sincerità - penso di averla vista…ed era così reale! Ho pensato davvero che fosse lì! E poi è sparita come un fantasma! Dici che sto impazzendo?

Fred fece una pausa in attesa di una risposta da parte del gemello, ma tutto ciò che ebbe fu solo un lento e regolare respiro.

George si era addormentato.

Fred abbozzò un malinconico sorriso e si diresse mestamente verso la propria camera sussurrando tra sè e sè: - Buonanotte, George…


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Buonasera!
Pensavate di esservi liberati di me? E invece no XD
"Black hole" si è conclusa esattamente un mese fa e nei giorni scorsi, complice il tempaccio e un'ondata d'ispirazione, mi è saltato in mente questo tristissimo capitolo post titoli di coda! Ormai lo sapete che nelle cose tristi ci sguazzo allegramente e quindi...eccolo qua!
A risentirci! (Non sia mai che mi vengano altre botte d'ispirazione xD)
❤️

  
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