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Autore: CervodiFuoco    01/11/2023    1 recensioni
Questa è una raccolta di racconti brevi la cui trama è la parola chiave suggerita dall'InkTober di quest'anno 2023!
Non mi attengo ad alcuno stile, atmosfera o genere fisso: entrate a vostro "rischio e pericolo", coscienti che potrebbe capitarvi di tutto sotto gli occhi! Ogni giorno una nuova storia, inventata e scritta sul momento lasciando libera l'immaginazione e la creatività. Spero di avervi numerose/i a leggere! Purtroppo l'introduzione può fare poco per stuzzicare la vostra attenzione, ahinoi; dovrò affidarmi alla mia, e vostra, buona stella.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parole del 30 e 31 Ottobre:

correre

fuoco

 

 

 

 

 

 

 

 

GIOCARE ALLA GUERRA

 

 

I suoni dei mitra riempivano l'aria echeggiando sinistri e perfidi.

Mi strinsi l'elmetto sulla testa, perché non ne avevo chiuso il laccetto per la fretta impostami dai comandi del tenente, quindi saltai fuori dalla trincea. In quel momento un aereo volò bassissimo fendendo i fumi grigi e grevi che impedivano la vista del campo di battaglia: fischiò e rombò prepotente sopra di noi e sparì, fortunatamente senza recar danni.

Corsi fino al muricciolo di sacchi. Peter era dietro di me e si buttò contro i sacchi di schiena un secondo dopo che l'ebbi fatto io. Stringeva i denti. Aveva gli occhiali storti. Guardai le macchie nere di sporco sulla sua pelle e pensai a sua moglie e i suoi figli, che mi aveva mostrato in foto.

«Non c'è via d'uscita, dannazione!» imprecò Peter, senza staccare gli occhi dal campo innanzi a noi.

Io non risposi. Mi limitai a stringere fortissimo il fucile che imbracciavo. Sollevai lo sguardo e mi persi un istante nella forma caliginosa delle nuvole. Scorrevano veloci, basse. C'era anche del fumo in mezzo, che le tagliava diagonalmente. Quella cosa, chissà perché, mi rimandò indietro alle partite di baseball che giocavo da ragazzo - neanche troppi anni fa, invero... ma, dio, sembrava passata un'eternità. Quando le mie giornate erano semplici, fatte di gioco, di impegni quotidiani che... beh, non richiedevano il rischio di beccarsi una pallottola nemica. O peggio.

Udii la voce di mia madre che mi rimbrottava perché non mi ero rifatto il letto. Quella di mia sorella che, nel corridoio, ridacchiava raccontandomi quell'episodio buffo di cui voleva rendermi partecipe. Vidi mio padre seduto in poltrona a leggere il giornale con la pipa in bocca, la domenica, a riposo dal lavoro in fabbrica.

Rividi i miei compagni di scuola. Le brache sgualcite, le bretelle, i banchi pieni di graffi e scritte sulla parte sottostante, quella che i maestri non guardavano mai - soltanto gli addetti alle pulizie. Il prato fuori da scuola... e lì, le partite a calcetto.

Allora rividi Nicole. Il suo sorriso malizioso, e poi la sua voglia di baciarmi. Il suo taglio corto e ondulato di capelli, così grazioso e al contempo sbarazzino. Gli occhi nocciola pieni di dolcezza ma anche scaltri come pochi. Le sue mani, i suoi fianchi, il suo seno. La sua risata. I nostri progetti per il futuro...

Una stretta mi avviluppò il cuore. Subito dopo sopraggiunse un freddo glaciale, che dalla testa discese per tutto il corpo, impedendo ad ogni emozione di privarmi della lucidità necessaria.

Mi accorsi che Peter mi stava fissando, un pelo sbalordito.

«Tutto a posto?» mi chiese, rauco. So che aveva intuito come stessi.

Annuii. Drizzai la schiena e deglutii. Avevo un saporaccio in gola, quello di sempre in effetti, che regnava anche nell'aria qui, giorno dopo giorno dopo giorno. Ma non ti ci abituavi mai.

All'improvviso la sirena ululò negli altoparlanti del nostro campo base, a cinquantatré metri dietro di noi. Io e Peter ci guardammo, vuoti, spaesati. E poi un altro suono, quello di una voce maschile che ruggiva sopra a quell'ululato, dicendo: «FUUUOOCOOO! FUOCO LIBERO SUL NEMICO! UNITA' AEREE DEBELLATE! FUOOCO LIBERO SUL NEMICOO!»

 

 

 

«Oooook, ora basta» dissero mamma e papà. Erano entrati nella stanza. Il papà mi aveva già cinto in vita e mi stava tirando su; la stessa cosa la stava facendo la mamma con Peter.

«Ma dai, stavamo vincendo!» gemetti, voltandomi verso i cuscini-trincea che avevamo posizionato con così tanta precisione.

Peter sbuffò e basta, amareggiato.

«Avete giocato alla guerra abbastanza» disse la mamma. Si tirò in braccio Peter e andò di là varcando la porta.

Io rimasi assorto sui cuscini, poi guardai la sfilza di peluche dall'altra parte, disseminati per terra. I nostri nemici da abbattere. Il papà non mi stava portando via.

«Vi piace proprio giocare alla guerra, eh?» mi disse accanto all'orecchio.

«Si» feci io, ingenuo.

«Perché?» mi chiese, gentile, calmo.

«Perché siamo forti, così. E' bello.»

«Aaaaah, ho capito» fece il papà. Mi sistemò tra le sue braccia, quindi mi portò via dalla camera. «Dai, adesso andiamo a fare merenda.»

 

 

 

 

 

 

 

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FINE DELL'INKTOBER 2023!

 

Grazie a tutti voi che avete seguito ogni singola storia! E grazie anche a voi che invece avete letto solo quelle che più vi interessavano o intrigavano. E infine, per non lasciar nessuno indietro, grazie anche a te che hai letto soltanto questa, di storia, o solo una o due o tre! Va bene anche così, è giusto.

Ad ogni modo, spero di avervi lasciato qualcosa, di aver deposto un piccolo semino con ogni storia dentro ognuno di voi. Ogni storia arriva e si ''stende da sola'' ogni qual volta mi metto a scrivere, ragion per cui sono io il primo a percepire questo ''semino'' e a gustarlo, a intuirlo. Ma ovviamente, e questo è il bello della scrittura fantasiosa e romanzata: si spera sempre che il messaggio ''non-detto'' - che è quasi sempre molto più importante, anzi fondamentale, del ''detto'' - arrivi, venga colto.

 

Buon Novembre a tutti - e ai ''ritardatari'', buon tutto!

 

 

A presto,

 

Samuele

   
 
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