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Autore: theGan    01/11/2023    4 recensioni
PARTE 1: Amburgo, 1986.
Genzo Wakabayashi inizia la sua nuova vita in Germania.
Karl Heinz Schneider decide di non farci amicizia, Hermann Kaltz è più pragmatico.
La long-story mai richiesta sulla storia del terzetto amburghese.
[CONCLUSA]
PARTE 2: Giappone ‘45 / Germania ‘87. 
Tatsuo Mikami vuole essere un calciatore, non un padre.
La vita è piena di sorprese.
Genere: Commedia, Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hermann Kaltz, Karl Heinz Schneider, Taro Misaki/Tom, Tatsuo Mikami/Freddy Marshall
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*questa fiction viaggia parallela al canon: ci flirta insieme, ma non se lo sposa.

 


 

14.Quello che non ti ho detto (pt. 2)

 

 

A volte Tatsuo fa un sogno. L’ambientazione differisce a volte è la casa di sua madre a Nara, a volte la cucina di zia Chyo a Kyoto. In più occasioni è un urlare di stanze sovrapposte con il tatami rovinato e la stufa a kerosene di Tanagawa che sfuma nelle assi mangiate dal sole della veranda di villa Wakabayashi.

Akane lavora al computer, il rumore delle sue dita sulla tastiera è il mitragliare di un fucile a pallettoni. Se la chiama lei si volta e sorride, ma c’è sempre qualcosa che non va nella sua faccia. Forse è perché Tatsuo la ricorda sbagliata o perché è un sogno o perché ha già iniziato a dimenticarla. Ogni volta la confusione lo sveglia e quindi è da un pezzo che ha smesso di chiamarla.

Akane oggi è in cucina, affetta il tofu e canticchia Teru Teru Bōzo. La voce è proprio come la ricorda, ma Tatsuo preferisce non rischiare.

- Papà?

Dice un bambino alto dai capelli chiari e il naso storto. È Shisui, o come Tatsuo ritiene dalle foto suo fratello dovesse apparire a dodici anni. Scuote la testa, che errore: non è Shisui, ma Mizuki. Suo figlio ha un’espressione petulante che lo fa sorridere.

- Papà, puoi dire a Genzo che si può giocare a qualcos’altro oltre che a calcio?!

Tatsuo ride. Mizuki ha la maglietta sporca di terra. Tatsuo provando a ripulirlo peggiora le cose, così rinuncia e riflette su come a suo figlio, quando si arrabbia, venga la stessa fossetta sulla guancia di Akane.

- Avanti che sei il più grande, accontenta il fratellino.

Mizuki apre la bocca per protestare, la chiude e si allontana brontolando in giardino. Tatsuo rimane a guardare i suoi figli giocare finché la gola non gli si secca e lo porta a cercare ristoro in una lattina di the freddo. Akane, in piedi accanto al frigorifero, non canta più ora e forse questa volta sarà diverso. La chiama, lei si volta, lui si sveglia.

Il mondo lo accoglie sudato e tremante, una rabbia indefinibile si allarga pigramente nelle ossa. Impiega ore a scuotersela di dosso.

***

Da quando Genzo ha iniziato il secondo anno delle scuole elementari è diventato più difficile definire il loro rapporto. Maestro-allievo? Allenatore-giocatore? Poi capita la cosa del semi-rapimento e Tatsuo Mikami smette di mentire a se stesso: Genzo è il figlio che non ha mai avuto.

Non è giusto, per entrambi. E non è per niente professionale.

Shuzou Wakabayashi oggi è a casa. Qualche mese addietro aveva trascinato Genzo e un altro dei figli, Eiji gli pare, ad un picnic a Tokyo in occasione della fioritura dei ciliegi. Si era distratto un attimo e Genzo aveva finito per farsi mordere da un cane. Tatsuo non era stato presente, ma non aveva avuto difficoltà ad immaginarsi la scena: Shuzou Wakabayashi ha almeno otto capelli bianchi in testa che non ricordava.

È il sei novembre del 1984 e Shuzou Wakabayashi, dopo la porta, l’allenatore, il campetto ed i faretti per giocare in notturna nel giardino di casa, baratta il perdono di suo figlio con un cucciolo.

- Forse ora la smetterà di ficcare le dita nei cancelli per coccolare quelli degli altri…

Tatsuo non risponde, il signor Wakabayashi sospira. Il nuovo arrivato si chiama John ed è uno shiba inu bianco. Shuzou Wakabayashi sostiene che il suo pelo sia anallergico, poi starnutisce.

Genzo ama quel cane, ritaglia improbabili anfratti di tempo per insegnargli a stare in piedi sulle zampe posteriori e a tenere un biscotto sulla punta del naso.

- MISTER MIKAMI, LO GUARDI!

John ha il muso scarabocchiato di nero, due linee pesanti e oblique tagliano arrabbiate lo spazio sopra gli occhi neri profondi. Sopracciglia, qualcuno ha disegnato al cane un paio di sopracciglia. Non Genzo che scalpita come un posseduto.

- È stato Ishizaki!

- Gliel’hai visto fare?

- No, MA LO SENTO!!!

Tatsuo si morde le labbra e fa punto di non ridere. L’inimicizia che Genzo nutre per il capitano della squadra della scuola pubblica Nankatsu è infantile e non può fargli che bene. La tendenza di Genzo a prendere le cose troppo sul serio va in ferie quando Ryo Ishizaki è coinvolto.

Dopo la vittoria al campionato Nazionale, le attività di Genzo e Tatsuo sono sottoposte a maggiore scrutinio. L’altro dei fratelli di Genzo, Shuuichi, in visita alla villa, lo blocca sulle scale e gli chiede:

- Non è solo un abbaglio di papà, allora. La scimmietta è davvero brava…. 

Non una domanda in effetti.

Chissà come deve essere… Da quando ha iniziato a lavorare per loro, non ha mai visto un Wakabayashi ad una partita. Tatsuo si chiede se le registrino o se abbiano qualcuno oltre a lui a riferirgli difficoltà e risultati. I ricchi…

Tatsuo intensifica gli allenamenti pomeridiani, prende contatto con alcuni dei ragazzi più promettenti dei tempi del Musashi e della Shinjo e li chiama a Nankatsu per fargli da assistente. Un part-time ben pagato: anche quando dimenticato, Genzo, vent’anni più piccolo del suo fratello maggiore, rimane comunque la mascotte di famiglia. Esiste ben poco che Tatsuo non possa chiedere che i Wakabayashi non siano disposti a dare. A parte il loro tempo.

Genzo, dalla fine dell’estate, è in preda ad un’energia nervosa. Guarda gli assistenti di Tatsuo con malcelato sospetto e non nasconde l’ostilità quando fatica a prendere il ritmo. Però tace e si adegua in fretta nonostante i ragazzi lo superino in anzianità e centimetri.

Dopo i pasti Miss Asano ha preso ad imbottirlo di acqua e bicarbonato. Tatsuo se ne accorge in ritardo e manca di dargli importanza. A febbraio Genzo insiste per chiudere con le lezioni di autodifesa alla palestra Nakazawa e rivoluzionare il resto dei suoi impegni extra-scolastici. Dopotutto, a dieci anni, Genzo è un adolescente o quasi: è normale che voglia un maggiore controllo sulla propria vita e sulle sue attività. Il tempo guadagnato lo investe nel calcio. 

- Quest’anno il club ha i numeri per un team di soli riservisti. Il coach non ha tempo e qualcuno deve stargli dietro.

Genzo ha stabilito che quel qualcuno sarà lui.

Un bell’impegno, pensa Tatsuo in modo distratto e dimentica di chiedere altro. Katagiri da un mese lo perseguita telefonicamente.

- Pensi signor Mikami, un programma trasversale di formazione per gli allenatori delle squadre giovanili! In pochi anni avremo progressi a cascata nell’intero settore.

La vecchia iniziativa di Katagiri per corsi di formazione per allenatori under quaranta non è mai andata in porto, ma Munemasa è un cane con l’osso. Tatsuo aveva saputo della questione molto dopo ed era stato più facile perdonare a Katagiri lo scherzetto combinatogli coi Wakabayashi.

Il suo kohai, come sempre, punta in altro:  

- Quattro club europei hanno già mostrato un certo interesse.

Nel corso degli anni ’80 e ’90 il calcio in Giappone andrà incontro a molti cambiamenti: l’istituzione della J League, l’abolizione delle vecchie società sportive, il rebrand dei nuovi club, il passaggio dei calciatori allo statuto di professionista.

Munemasa Katagiri, il ragazzo prodigio delle “fenici viola”, corre veloce e gioca in anticipo. Il suo progetto prevede di spedire diversi allenatori di comprovata esperienza all’estero ad affiancare in qualità di osservatori quelli di società preesistenti. Il piano è, nel giro di qualche anno, riportare le conoscenze acquisite in madre patria per plasmare una nuova generazione di giocatori formando calciatori giapponesi di stampo europeo[1].

Un programma ambizioso verso cui Tatsuo mostra un educato interesse con la certezza che, anche questa volta, non se ne farà niente.

Si sbaglia, ma ha anche ragione.

Ha ragione perché tre club su quattro si svincolano dal progetto, facendo perdere in poche settimane a Katagiri l’appoggio di società inglesi e spagnole.

Si sbaglia perché i tedeschi dell’Amburgo SV, forse per una leggerezza amministrativa o una questione pubblicitaria, dimenticano di ritirare la loro adesione.

Si sbaglia perché Katagiri alla fine dell’estate si presenta da lui con un ultimatum: restare o partire.

- Se proprio non può chiederò a Gamo.

Certe occasioni capitano una volta, massimo due nella vita, Tatsuo accetterà d’istinto.

In un secondo momento si assicurerà di poter portare in Germania anche Genzo.

***

Una settimana prima dell’inizio della sesta elementare Genzo si procura una nemesi.

Il fortunato undicenne si chiama Tsubasa Ozora a cui, per uno strano scherzo del destino, compagni di squadra, amici e cronisti confonderanno sempre nome e cognome[2].

Tsubasa Ozora, fresco di trasferimento nella ridente Nankatsu, spara un pallone dritto sul grugno a Genzo a mo’ di sfida e mezz’ora dopo si affrontano nel campo dove si allenano i riservisti della Shutetsu. Tatsuo dedica alla faccenda l’attenzione che merita, Genzo no. Genzo la prende sul serio. Un po’ troppo sul serio in quel modo tra il paranoico e l’arrabbiato che lo contraddistingue da agosto dell’anno passato.

Il singolar tenzone ha regole precise: Ozora dovrà superare i riservisti e segnare, le proteste di Ishizaki vengono zittite ed ignorate e la sfida ha inizio. Ozora è un fenomeno, supera la difesa della Shutetsu come un coltello nel burro. Sarebbe stato diverso se a giocare fossero stati i titolari, ma il bilanciamento della competizione sta anche in questo. Ozora tira, preciso, pulito. Il pallone ha un leggero effetto, cambia idea e punta all’angolo sinistro della porta. La rabbia confonde Genzo, ma la preparazione gli permette di accorgersene in tempo. Para, non trattiene ed il pallone finisce a bordo campo. Sfida conclusa. Oppure no.

L’ubriacone, che meno di mezz’ora prima aveva fatto irruzione nel giardino di villa Wakabayashi seguendo il pallone tirato da Ozora, si sveglia. Raggiunge la sfera, la ributta in campo e Tatsuo capisce improvvisamente perché quel tizio gli era tanto famigliare: Roberto Hongo. Quel matto è il centroavanti della nazionale di calcio brasiliana!

L’assist di Hongo è perfetto, Genzo intuisce, si tira in piedi e salta. Troppo tardi. Ozora colpisce di testa, il pallone passa tra le mani tese del portiere e si insacca in rete.  Genzo, per riparare al ritardo, ha messo troppo slancio e per la seconda volta durante la giornata di oggi fa mancare il fiato a Tatsuo centrando il palo di faccia. Per un istante nessuno si muove, poi Ishizaki corre in campo.

Ozora ed Ishizaki si affrettano accanto al portiere, Genzo è una maschera di sangue, ma lui non sembra accorgersene. Guarda la riga bianca, il pallone ed urla che la sfida è tutta da rifare, che ci vuole una partita vera!

Dei punti di sutura, piuttosto. Tatsuo lo trascina via e gliene affibbia tre, proprio all’attaccatura dei capelli.

- Quel marm… com… gli faccio veder…

Genzo vibra sulla sedia come un pesce all’amo. Tatsuo tampona un altro taglio con il cotone idrofilo ed approfitta della distrazione per incollarci sopra uno di quei cerotti coi dinosauri che Miss Asano ha comprato e che Genzo rifiuta di mettere. Adolescenti…

La rabbia di Genzo, di norma, è un palloncino da fiera: si sgonfia con un niente. Questa invece perdura. Spinge Tatsuo ad intercettare Ozora davanti al cancello della villa prima che il portiere lo veda. Ad Ozora l’uniforme del club di calcio della scuola pubblica veste grande, il bambino spinge tra le sbarre il paio di scarpe che Genzo ha imposto gli fosse prestato perché, durante la sfida, non scivolasse.

- Come sta Wakabayashi? – Poi, prima che Tatsuo possa rispondere. – Gli dica che accetto la sfida!

La strana ossessione di Genzo per il nuovo arrivato è ricambiata. Sono quasi carini.

Quando Tatsuo rientra, sorprende Genzo a fissare la parete con mani bianche aggrappate ai braccioli della sedia come a voler che sanguinassero. Per un folle attimo in quell’espressione pallida e famigliare Tatsuo ci legge la paura, la stessa puara che lo tiene sveglio la notte. Poi il momento finisce e Genzo si gira ed è il solito cocciuto perfezionista quando giura:

- Farò di meglio.

I padri di Genzo hanno una cosa in comune: non riescono a dirgli di no. Non ci provano neanche.

Genzo non vuole andare a scuola le prossime settimane? Ok. Vuole sospendere con le attività del club? Non c’è problema. Stop a ripetizioni di matematica e lezioni private di lingua? Perché no.

Bigiare, in micro-porzioni, fa bene. Come una medicina.

Le ore strappate agli impegni istituzionali il portiere le impiega ad allenarsi. Trascorre ore coi liceali assunti da Tatsuo e rifiuta di presentarsi agli appuntamenti della squadra.

- Domani c’è l’amichevole col Nishigaoka. – Prova a ricordargli.

- Coach Irayama può mettere Morisaki in porta, è bravo.

Izawa passa un paio di volte scortato a turno da Taki e Kisugi, chiede:

- Ma il capitano è malato?

Lo è, in effetti, ma di qualcosa che Tatsuo non sa curare. La ricaduta di un virus che ci si busca quando ad un novantotto su cento in verifica, tuo padre risponde:

- Dai che la prossima volta andrà meglio.

Se si insegna ad un bambino che nulla sarà mai abbastanza la fame di successo diventa cannibalismo.

Tatsuo aspetta che il calore della sigaretta gli bruci le dita, scuote la testa, la spegne. Stupidaggini. Genzo è resiliente. Prima o poi gli passerà.

Invece no. Peggiora.

Tre settimane dopo ha il via il torneo sportivo interscolastico. L’iniziativa, in verità, coinvolge solo due scuole, ma a Nankatsu da più di vent’anni è la necessaria valvola di sfogo  per le tensioni che corrono tra scuola privata e pubblica. I club sportivi dei due istituti si sfidano, senza esclusione di colpi,  per rinfacciare all’altro la propria superiorità dimostrabile dal possesso di un trofeo: una bandiera tarlata che non è mai rimasta nello stesso posto per più di due anni di seguito.

La partita di calcio tra Nankatsu e Shutetsu si terrà a pomeriggio inoltrato e sarà l’occasione per decidere, al di là della questione scolastica, il vincitore della personalissima sfida tra Genzo e Tsubasa. Tatsuo spera solo che la vittoria della Shutetsu segni la fine delle paranoie del suo pupillo.

Le occhiaie di Genzo parlano di una notte insonne, la mattina il portiere lo tira scemo per allenarsi e poi insiste per andare a scuola a piedi. Tatsuo lo lascia fare: meglio energico che spento. Magari si calma. O si svuota. Svoltato l’angolo un pallone gli arriva dritto in faccia, quella di Genzo, che per fortuna lo placca.

- È pericoloso giocare per strada.

Dice Genzo al colpevole, un certo Taro Misaki, che arrossisce, si scusa e chiede indicazioni per raggiungere la scuola pubblica di Nankatsu.

- Io e mio padre ci siamo appena trasferiti.

Finiscono per perdere un sacco di tempo ed arrivano al campo di calcio della Shutetsu in ritardo, ma in tempo per sentire Urabe del Nishigaoka schiamazzare:

- Wakabayashi non viene perché si sta cagando sotto.

Kisugi ed Izawa minacciano di prenderlo a pugni, Genzo salta dagli spalti e raggiunge i propri compagni. Il portiere ha precise istruzioni per la squadra: oggi non sono qui per vincere, ma per umiliare gli avversari.

- State su Tsubasa, è l’unico decente tra questi idioti.

La partita, però, viaggia su un altro copione.

Da più di un mese Roberto Hongo allena i pulcini della scuola pubblica ed il giocatore brasiliano è riuscito nel miracolo: i saltafossi ora sono una vera squadra. Certo, il loro gioco ruota tutto su Tsubasa, ma la forma e la coordinazione degli altri bambini è decisamente migliorata. La Shutetsu, abituata a vincere contro di loro trenta a zero, viene colta impreparata, da Ishizaki specialmente. A Tatsuo scappa un sorriso. È evidente che i calciatori avversari si stiano divertendo un mondo.

Genzo, invece, non è per niente felice.

La Shutetsu, vincitrice incontrastata dell’ultimo torneo Nazionale, non riesce ad uscire dallo stallo imposto da una squadra considerata una barzelletta. Nella pausa tra primo e secondo tempo il portiere nasconde la testa tra le mani e chiede:

- Vi prego… un goal. Non dico più di farne cinquanta… almeno uno…

Kisugi, il miglior realizzatore della squadra, accusa il colpo. La Shutetsu è scesa in campo convinta di del proprio trionfo e, al primo segno di resistenza, s’è sfrangiata. Genzo è bravissimo in momenti come questo: la sua certezza nella vittoria è contagiosa e controlla gli umori della panchina, riapre una partita. La Shutetsu non è in svantaggio ed ha più di trenta minuti per dimostrare di che pasta sia davvero fatta. Però Genzo oggi non è il solito giocatore implacabile e sicuro quanto testardo: oggi Genzo Wakabayashi è nel panico.

Un panico controllato, certo, ma la squadra lo percepisce, lo sa. La faida personale con Tsubasa Ozora ne è la scintilla quando non la causa.

Un elastico ha bisogno di arrivare al punto di rottura per imparare quando smettere di tendersi. 

Genzo ha amici eccellenti, al rientro dal secondo tempo è la Shutetsu a sostenere il suo capitano. Un attacco a sorpresa della Nankatsu dà a Takasugi l’occasione per ottenere una rimessa che manda lunga su Izawa, pronto ad affrontare Ozora in uno scontro aereo. La palla scivola tra i piedi di Masaru della Nankatsu, Kisugi gliela strappa in corsa, tira al volo e segna.

La Nankatsu di Hongo risponde allo svantaggio cambiando formazione, Ozora passa dalla difesa all’attacco mettendo pressione sulla metà campo avversaria. La Shutetsu gli permette di insediare la porta, Genzo blocca tre tiri dall’area piccola e dalla distanza, poi rilancia la palla ad Izawa ed ordina di chiudere il gioco a centrocampo.

Tatsuo approva: la Shutetsu oggi non è in forma e fa bene a difendere il proprio vantaggio così a ridosso dal fischio finale. I tifosi della scuola pubblica non la pensano come Tatsuo, una ragazzina, in particolare, comincia ad urlare:

- VIGLIACCHI!

Tatsuo impiega un secondo di troppo per identificarla: Sanae Nakazawa. Lei e Genzo saranno pure amici, ma in curva ed in amore non conta.

Izawa prende l’iniziativa ed avanza, la Nankatsu si prepara a difendere. Izawa passa indietro a Taki e la melina ricomincia. Ozora prova ad intercettare la palla, corre avanti ed indietro, rimbalza da un giocatore all’altro. Mancano due minuti al fischio finale, Ishizaki intuisce la traiettoria della sfera, la intercetta prima che arrivi ai piedi di Taki ed inciampa, ma riesce a passare in avanti. La Shutetsu non se l’aspettava.

Ozora fa tunnel ad Izawa, si libera di Takasugi e tira sicuro verso l’angolo destro. Genzo l’ha previsto e lo respinge, ma non riesce a trattenere. La palla vola verso l’alto, rimbalzando sulla traversa e ritornando in campo. Ozora arriva prima dei difensori e insacca il pallone in rovesciata. Uno ad uno. Si va ai supplementari.

La panchina avversaria esulta, l’infortunato Ishizaki viene sostituito dalla nuova recluta, Taro Misaki, non senza qualche protesta da parte di Urabe e Kishida. Tatsuo scende dagli spalti in cemento e si dirige verso il bordo del campo. Non gli piace quello che, al fischio dell’arbitro, ha visto sulla faccia di Genzo.

Il portiere alla panchina, ignora le istruzioni del coach, si scolla dalle spalle la mano di Takasuki, leva i guantoni, li ficca nella sacca e se la mette in spalla.

- Ho perso la sfida con Tsubasa, me ne torno a casa. Ho chiuso con il calcio. 

***

Genzo ama il calcio.

Genzo non si diverte più a giocare.

Per Genzo Wakabayashi il calcio è una responsabilità.

Che qualcosa fosse cambiato Tatsuo l’aveva registrato tra la fine del torneo di Tokyo e metà gennaio, come quando vedi il cielo farsi scuro e capisci che presto si metterà a piovere.

- Nell’amichevole contro il Nagoya ho preso un solo goal anche se gli avversarsi erano tutti ragazzi più grandi.

Diceva Genzo quando aveva otto anni, sorrideva ed aspettava che Tatsuo gli dicesse quanto fosse stato bravo.

- Non avete difeso bene e nel secondo tempo avete buttato un sacco di occasioni.

Gli aveva risposto, perché era importante che non si accontentasse, che prendesse consapevolezza che nello sport si può sempre fare meglio.

- Il club di calcio delle elementari Shutetsu quest’anno ha vinto più premi di quello del liceo.

Diceva Genzo quando aveva nove anni ed il petto gonfio a cercare in se stesso la conferma che sperava sarebbe arrivata anche da Tatsuo.  

- Non mi interessa cosa fanno gli altri. E comunque non avete superato i risultati del liceo di Nankatsu.

Gli aveva risposto Tatsuo, perché era importante che non si montasse la testa.

Genzo a dieci anni, trionfa a Tokyo supera selezioni e torneo interscolastico senza subire una singola rete. Il record, destinato a rimanere imbattuto, attira su di lui interessi che eclissano l’importanza del suo cognome.

Tatsuo, quanto fosse orgoglioso di lui, non glielo avrebbe mai detto.

***

- Sai... - Dice Kozo Kira, nel 1995, con in mano una bottiglietta di acqua gelata. – Che cos’è il burnout?

- Un composto tra due parole inglesi.

Tatsuo non fuma da due mesi e ha un braccio che è un patchwork di cerotti alla nicotina. Kozo scuote la testa e gli fa un gestaccio. La Federazione l’ha voluto come allenatore della Nazionale Giapponese per le Olimpiadi al posto di Gamo e Kozo ha, ancora una volta e definitivamente, smesso di bere.

Tatsuo ha accettato la sfida e provato a fare lo stesso con le sigarette. Odia Kozo Kira, dovrebbe ascoltarlo di più. Va a momenti.

- Cosa sta succedendo in Germania al tuo Genzo?

 ***

Tatsuo Mikami non è un genitore migliore di Shuzou Wakabayashi.

***

- Ho chiuso con il calcio.

È il 1985, Tatsuo Mikami intercetta Genzo alla panchina e gli tira un ceffone da girargli la faccia.

Col senno di poi poteva gestirla meglio.

***

Tatsuo non ricorda precisamente cosa abbia detto.

Sa che Genzo rimane inchiodato a fissarlo, poi i suoi amici lo raggiungano e gli fanno muro attorno. Izawa e Taki dicono qualcosa di incoraggiante e quando il portiere torna in campo lo fa con cinque dita stampate in faccia ed un sollievo che Tatsuo non gli registrava da tanto.

Nei tempi supplementari Genzo Wakabayashi riprende a giocare.

- Mostriamo alla Nankatsu come si fa!

La Shutetsu i supplementari se li gioca in attacco, ma il nuovo arrivo della Nankatsu, Taro Misaki, è formidabile quanto Tsubasa Ozora. Misaki intercetta il pallone destinato ad Izawa si libera di Taki, passa ad Ozora che arriva a dare sostegno al contropiede e tenta il tiro. Genzo l’ha previsto, intercetta senza alcuna difficoltà e consegna la sfera a Kisugi che la porta in avanti, Misaki si inserisce ancora nel vuoto e la Nankatsu attacca.

Però non riesce a segnare.

Genzo è, dopo quasi sessanta minuti[3], finalmente in partita e così anche il resto della squadra. Senza più il peso dell’altrui aspettativa a premerlo tra due fuochi, Genzo si diverte pure: abbaia ordini ai suoi difensori e gioca con la leggerezza di chi può assumersi dei rischi.

All’inizio del secondo supplementare lo stallo tra le due squadre continua.

Taki si libera di Ozora e passa a Kisugi che riesce ad anticipare Misaki e tira in rete. Troppo lento, il portiere respinge di pugno e il pallone rotola fuori. Per la rimessa la Nankatsu si chiude in difesa ripristinando la marcatura a uomo. Taki sorride e passa indietro: la Shutetsu ha un altro giocatore e Genzo è uscito dai pali.

Tatsuo Mikami predica il gioco contenitivo. Il suo calcio è stretto tra centrocampo e difesa, sempre capace di sorprendere il frustrato avversario con un contropiede decisivo. Così gioca la Shutetsu, così ha sempre vinto.

Tatsuo non avrebbe fatto di Genzo un portiere libero. Coach Friedman e Kozo Kira, vedranno in Genzo qualcosa di diverso, una cosa che, in effetti, c’è stata da sempre.

Chi marcherebbe mai il portiere?

Il pallone di Taki arriva quando Genzo è fuori area, Ozora fissa impotente il portiere mentre quello li segna sotto il naso il goal del due ad uno. La Shutetsu esulta, ma i tempi supplementari non sono finiti.

A pochi secondi dallo scadere del tempo la difesa si distrae e lascia penetrare Misaki e Ozora in area, li lascia da soli di fronte al portiere. Chi sarà a calciare? Tsubasa serve un assist a Misaki che si appresta a tirare di testa, Genzo si sbilancia e Misaki trasforma il tiro in un passaggio angolato. Ozora segna e la partita finisce in pareggio.

La Nankatsu esulta come se avesse vinto, ma i giocatori della Shutetsu non se la prendono a male.

Il palloncino della rivalità e della rabbia s’è sgonfiato per davvero.

Taki cotrolla come stia la caviglia di Ishizaki, Kisugi chiede a Masaru come sia avere un coach brasiliano, Izawa e Takasugi intercettano Misaki per accertarsi che sia davvero “sicuro, sicuro” di non voler venire a giocare per la scuola privata.

- Guarda che l’anno scolastico è appena iniziato!

Ozora e Genzo rimangono stesi a terra a parlare, poi sorridono e si dirigono insieme a ricevere il trofeo in rappresentanza di entrambe le scuole.

Tatsuo la conta come una vittoria.

***

Alla fine dell’aprile del 1985, la Federazione rivisita pesantemente l’organizzazione dei tornei nazionali U12. In Giappone iniziano ad esserci “troppe squadre”, così viene ordinato un compattamento per distretto in funzione dei tornei di prefettura e questo si traduce in nuovi allenatori e provini per le squadre.

La selezione a Nankatsu si tiene all’inizio del mese di maggio. I provini durano tre giorni ed alla fine nella nuova “Nankatsu” convergono tutti i giocatori dell’ex Shutetsu più una manciata di facce nuove tra cui: Tsubasa Ozora, Taro Misaki, Ryo Ishizaki e Hanji Urabe. Il coach nominato dalla Federazione, mister Shiroyama, mette Genzo a capitano per scendere in campo appena due settimane dopo contro il Fuji FC.

La partita procede a senso unico e si conclude sette a zero per la Nankatsu. Un successo che continuerà per buona parte del torneo della prefettura, permettendo a Genzo di nascondere al coach ed a Tatsuo una brutta distorsione guadagnata durante un’ michevole tra la Shutetsu e il Nishigaoka.

A giocarci sopra, la lesione peggiora. Quando Tatsuo lo nota zoppicare, costringe Genzo a vuotare il sacco, poi lo spedisce in clinica e dal coach. Mister Shiroyama la prende con sportività e confina Genzo, “per la sua salute”, in panchina per l’incontro successivo.

- La Shimada di sicuro non ci impensierisce.

La Shimada è una squadretta della periferia della prefettura di Shizuoka. L’incontro è previsto per il prossimo sabato e, dato che Genzo non giocherà, Tatsuo approfitta dell’occasione per prendere appuntamento con Katagiri e discutere la questione tedesca.

Sì, l’Amburgo SV non s’è tirato fuori dall’accordo. Ancora.

Nel calcio non si può mai dare la vittoria per scontata e la partita con la Shimada si conclude in un contenuto disastro. Alla fine dei sudatissimi sessanta minuti, la Nankatsu strappa agli avversari un combattuto tre a due. Mister Shiroyama non ne è felice.

- Meno male che avevamo Tsubasa, senza Wakabayashi in campo gli Shutetsu sono persi.

Tatsuo sfila una sigaretta dal pacchetto e la gira tra le dita senza accenderla.

- Il problema è che non pensi a loro come ad un’unica squadra.

La Nankatsu è troppo nuova: non puoi sbattere assieme un gruppo di bambini che giocava ad odiarsi ed aspettarti che alla prima difficoltà non implodano. I calciatori hanno orgogli fragili.

La personalità… diciamo spiccata di Genzo aveva fatto da collante ai bambini, ma se la Nankatsu vuole avere una possibilità ai Nazionali qualcosa deve cambiare. Shiroyama è giovane, ha tutto il tempo per capire che una squadra di calcio è un sistema organico. Ci arriverà, ma non in fretta: il giovane coach si limiterà a soppiantare un culto della personalità con un altro.

Nella finale contro la Shimizu, Shiroyama preferisce non correre rischi e schierare Genzo dall’inizio. La squadra si compatta attorno al suo capitano e detta il ritmo della partita per tutto il primo tempo. La Shimizu però è un’avversaria da non sottovalutare e quando i giocatori rientrano in campo dopo la pausa il risultato è ancora bloccato sullo zero a zero.

E poi succede IL FATTO.

Nello sport esiste il fallo tattico. Rompere il ritmo dell’avversario è spesso il modo per rovesciare le sorti di una partita. Brian Cruyfford ne farà la sua specialità quando giocherà nella nazionale giovanile olandese negli anni ’90.

La Shimizu nel torneo U12 del 1985 non commette fallo tattico.

Fa una porcata e basta.

Tatsuo la partita la vede in differita, perché è a Tokyo quando la Nankatsu gioca per delle difficoltà col visto che dopo quttro ore si risolveranno in un foglio smarrito e ritrovato.

Al suo ritorno Genzo ha fatto le lastre e la Nankatsu ha vinto tre a zero. Dice che è stato un incidente, mister Shiroyama annuisce, ma non incontra il suo sguardo.

Quella sera Tatsuo cerca sulla guida del telefono il numero della signora Ozora. La mamma di Tsubasa è l’unica armata di telecamera alle partite.

- Mio marito lavora distante, ma non vuole perdersele!

Tatsuo manda il filmato avanti ed indietro, ancora ed ancora, lo blocca dopo che l’arbitro ha fischiato, sei giocatori della Shimizu si allontano, ridono. Genzo fatica, prende lo slancio, si accascia durante la rimessa.

‘Sti piccoli mostri gli  sono intenzionalmente saltati sulle gambe.

Genzo ci ha rimesso una frattura alla caviglia e legamenti del ginocchio lesionati.

Gli incidenti capitano, i giocatori si fanno male, a volte in modo irreversibile com’è successo ad Hongo e Katagiri. Tatsuo manda indietro, guarda il coach della Shimizu dare ordini ai suoi giocatori nella pausa tra primo e secondo tempo e ne è certo: a chiedere di azzoppare Genzo è stato lui.

Ah.

Tatsuo non ha nessuno da prendere a pugni e poi non ne è il tipo, così conficca le unghie nella carne del palmo. Intuizioni e presentimenti non sono prove e senza Katagiri ha le mani legate, così Tatsuo telefona alla signora Wakabayashi, gli risponde la segretaria.

Il coach della Shimizu non allenerà più nessuno.

***

Il signor Tanaka, il medico di famiglia, conferma quanto previsto: Genzo non potrà giocare ai nazionali di quest’anno.

- Almeno un mese e mezzo di fermo.

Genzo protesta, sbraita, poi aggrotta le sopracciglia e si ammansisce:

- Quindi alla finale in agosto potrò giocare!

Il signor Tanaka suda freddo e si nasconde la testa tra le mani.

La Nankatsu, checché i suoi giocatori sostengano, non si può permettere di rimanere senza capitano per un torneo intero. Coach Shiroyama nomina Ozora come sostituto e Genzo due ore dopo lo va a trovare per fargli le sue congratulazioni e raccomandarsi su Kojiro Hyuga.

- Vincerò! Arriverò alla finale con il Meiwa senza mai perdere!

Promette Ozora, Genzo annuisce, la considera come cosa fatta e Tatsuo non gli chiede chi sia o cosa gli abbia fatto questo Hyuga. Conoscendolo sarà qualche stupidata di lesa maestà ed orgoglio.

Due settimane dopo Tatsuo lo accompagna a salutare la squadra all’aeroporto. Prima di entrare, Genzo cambia idea e si limita ad aspettare fuori che l’aereo si sollevi in aria.

- Sono bravi, non hanno bisogno di me per farcela.

Dice Genzo con una convinzione tutt’altro che malinconica.

- D’accordo.

Risponde Tatsuo per non dirgli che si sbaglia.

 

 


 

NOTE:

 

E ci siamo con la seconda parte!!!

Alla fine ce l'abbiamo fatta! Anche se tematicamente mi è dispiaciuto spezzare in due tranche il capitolo 13, insieme veniva un po' troppo voluminoso.

Visto che uso queste note come bollettino medico: i 28 giorni di antibiotico non hanno funzionato, il batterio è troppo radicato e tra qualche mese dovrò ripetere la cura spacca-stomaco/polmoni sperando che funzioni. Ora ho un'esperienza in prima persona di cose che un giorno scriverò in modo realistico. 

 

Finalmente la storia di Tatsuo si sta ricongiungendo con quella del terzetto e presto la doppierà (quindi post incidente e prime partite per regionali ) prima di lasciare di nuovo la parola a Schneider. Il capitolo 14 sta, come al solito, levitando e lo spezzerò almeno in due parti.

Volevo davvero riuscire a pubblicarlo a dicembre, ma non ce la posso fare.

Quindi festeggeremo l'anno nuovo mercoledì 3 gennaio con la fine del campionato interscolastico, un magico cameo di Kozo Kira e le grandi preparazioni per lo sbarco in terra tedesca!

 

 

>>> 14. Le cose belle quando finiscono (p.1).

Mentre il torneo interscolastico è agli sgoccioli Tatsuo Mikami sogna la Germania.

 

 

[1] Anche se nella realtà il programma di Katagiri non fu applicato (dopotutto si tratta di un personaggio di finzione), il resto delle riforme fu estremamente reale. Il calcio giapponese tra le metà degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 subisce modifiche profonde che per motivi di spazio non posso citare nella loro interezza, ma che portano ad una standardizzazione della neonata J-League su modelli europei.

[2] Di norma in Giappone si utilizzano i cognomi per riferirsi gli uni agli altri. Il nome viene riservato ai membri della famiglia ed agli amici intimi o di vecchia data. Il caso di Tsubasa è curioso proprio perché nel manga tutti si rivolgono a lui per nome (probabilmente per mantenere il “nome parlante”: “ali”, sinonimo di libertà e voglia di vivere). Curiosamente, invece, gli unici personaggi che si riferiscono a Genzo col nome proprio sono mister Mikami, Wakabayashi senior ed Hermann Kaltz.

[3] Tenendo fede al manga le partite delle squadre giovanili di medie ed elementari giapponesi negli anni ’80 e ’90 sono di sessanta minuti, invece che di novanta.

  
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