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Autore: Flofly    07/11/2023    1 recensioni
“a-lḗtheia” è l' assenza di cose nascoste, ciò che è svelato nell’accezione di aderenza a sé. Tre donne così diverse tra loro, eppure accumunate dallo stesso sangue.Tre sorelle nel momento in cui cadono tutte le maschere e si scoprono nel loro essere.
La prima storia partecipa contest "Birdwriting – Pesca un dialogo" indetta da Sia_ sul Forum Ferisce più la penna.
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Narcissa Malfoy | Coppie: Lucius/Narcissa, Rodolphus/Bellatrix, Ted/Andromeda
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Per la prima volta in vita sua, Remus rimpiangeva l’oscurità densa di quella notte senza luna che gli portava via l’ultima maschera, gli impediva di cullarsi nell’idea che fosse stato il mostro sopito dentro di lui a parlare in quel modo. Che non fosse lui il colpevole per averla persa.

Lei che la mattina si alzava presto e ballava nel salone mettendo la radio a tutto volume, persa in chissà quale pensiero. Dora era pura luce, tanto quanto lui era ombra. Rumorosa quanto lui era silenzioso. Impulsiva quanto lui era resiliente. Lei era la musica di piatti che cadevano e imprecazioni contro i tappeti. Era vestiti lanciati sul divano e fiori bianchi e carnosi che riempivano l’aria del profumo della sua pelle.

Dora testarda e allegra, eppure capace di capire il suo dolore, di accoglierlo così come faceva con il suo corpo segnato di cicatrici. Le accarezzava con le dita incredibilmente leggere, i grandi occhi che lo scrutavano nel profondo della sua anima, ricucendone insieme i brandelli.

Non l’aveva mai guardato con disgusto o sospetto. Mai, fino a quella sera, quando lui si era disperato a quella notizia che lo aveva colto di sorpresa. Non poteva condannare un altro essere umano al suo stesso supplizio, non poteva fare quello a quel figlio che già amava pur senza averlo mai visto. Lei lo aveva guardato, i capelli improvvisamente castani a coprirle il volto dal quale era scomparsa ogni forma di sorriso.

«Non sei il centro del mondo, Remus!» aveva urlato mentre lui si smaterializzava. Era corso via, fuggito dai ricordi e ancora di più dalle speranze, dicendosi che fosse la cosa migliore da fare, che lei se la sarebbe cavata, come sempre. Sarebbe stata meglio senza di lui. Le avrebbe permesso di essere libera.

 

Erano passati giorni da quel momento, e lui si era nascosto come il mostro che era dall’alba dei suoi cinque anni. Si era detto che era solo l’ennesima perdita, l’ultima vittima di quella maledizione peggiore del morso del lupo mannaro che lo perseguitava ogni volta che si illudeva di poter essere felice.  Poi, però, era servito un ragazzino per metterlo di fronte alla sua codardia. Un ragazzino dagli occhi verdi e furenti che gli ricordava che non poteva abbandonare quelli che amava. Non un’altra volta.

Era tornato, allora, ma la casa era vuota e fredda, l’odore troppo dolce dei petali che permeava l’aria e silenzio, troppo silenzio. Di lei non c’era traccia.

Aveva aperto la radio, cercando notizie degli ultimi attacchi, ma erano troppi: troppi avvistamenti, troppi feriti… Sapeva che era inutile, in ogni caso: i nomi degli Auror della cerchia di Moody non erano mai rivelati, neanche quando l’attacco era stato fatale.

Mentre il suo Patronus correva a chiedere notizie, lui si era seduto sul divano di pelle troppo morbida e troppo chiara per essere davvero smacchiata, nonostante la magia. Era rimasto lì ore ed ore, mentre la notte sfumava nel giorno, lasciando che le notizie inconcludenti si affastellassero nella sua mente e le mani artigliate l’una sull’altra lacerassero la sua pelle.

Poi, finalmente, l’aveva sentita arrivare, l’aria che finalmente tornava a riempirsi di ossigeno dolce.

«Vedo che sei tornato», aveva detto con uno sbuffo di insofferenza, lasciandosi cadere sulla poltrona di fronte a lui.

«Dov’eri? Credevo di impazzire?».

«Di ronda, da mia madre, da Molly, da Bill e Fleur. Ovunque mi sentissi amata e accettata» commentò caustica, lo stesso sarcasmo che usava sempre quand’era furiosa.

Le parole di scusa che aveva preparato nella sua mente in quelle lunghe ore erano sparite, travolte dalla sola idea che potesse esserle successo qualcosa. Remus prese un respiro profondo, ingoiando l’istinto che gli diceva che non era degno di quell’amore, di fuggire ancora.

«Ho pensato che fossi morta… è stato insopportabile» ammise amaro, osservando il sangue ormai rappreso sui dorsi delle mani.

Dora lo studiò a lungo, sospettosa. Poi vide le labbra tendersi in un sorriso triste.

«Io sono quello che sono, Remus. Non posso rinunciarci: sono un Auror, una donna e ora anche una madre. E sono fiera di essere ognuna di queste cose».

«Sono troppo vecchio, troppo povero e troppo… mostro… per essere un padre ed un marito…».

«Ancora con questa storia? Mi sembrava che già avessimo chiarito questo punto. Io voglio te, Remus. E voglio questo bambino. E so che anche lui vuole il suo papà» lo interruppe, seccata, battendo un piede in terra per il nervoso.

«E se fosse come me?» mormorò, incapace di guardarla, le parole che si rincorrevano prima di riuscire a rinchiuderle di nuovo nella sua paura.

«Un inguaribile pessimista? Tranquillo, ci penserò io» sospirò Dora, sedendosi finalmente accanto a lui e sfiorandogli la guancia con il pollice, aggiungendo,improvvisamente seria: «Sarà amato, Remus. Ed è tutto ciò che conta».

«E se gli facessi male? Se una notte la pozione non fosse sufficiente e ti colpissi? O se lo mettessi in pericolo?» continuò, testardo, mentre nella sua mente la visione del corpo di Dora straziato dalle sue zanne non smetteva di tormentarlo.

«A quel punto è più probabile che sia io a farti male. Auror, ricordi?» rise invece lei, appoggiando la testa sulla spalla e indicando una delle spille di metallo che ornavano il bavero del chiodo rosa. Dopo un minuto di silenzio, aggiunse: «Preferisci rinunciare a me? Sacrificheresti questo? Se lo facessi, è come se fossi morta per davvero».

Remus sentí il suo calore disperdere il gelo che sentiva dentro, permettendosi di poggiare la mano sul ventre ancora troppo piatto di sua moglie e inalando a fondo il profumo leggero e cremoso della sua pelle, lasciandosi riportare al loro primo bacio a Grimmauld Place, in una notte che sapeva di caffè tostato e dolci speziati che era ancora nell’aria, di labdano e sandolo della pozione che avevano appena finito di preparare, di quello dolce e antico del legno della casa che scricchiolava sotto il loro peso leggero.

«Ti amo, Nymphadora» disse, sfiorandole le labbra con un bacio leggero, permettendosi finalmente di guardare la sua bellissima moglie.

E fu li che lo vide, quel lampo di follia che la faceva somigliare tanto a Sirius. Evidentemente i geni Black erano restii a scomparire.

«Non chiamarmi Nymphadora! O giuro che ti mando da Piton!» ringhiò, mentre i capelli diventavano rosso fuoco.

E, finalmente, Remus si permise di ridere.



 
 

E con Nymphadora Tonks in Lupin chiudiamo la raccolta dedicata alle donne Black. Grazie di avermi fatto compagnia!

Mi sono chiesta a lungo se il momento dello svelamento di Dora fosse quello in cui ha deciso di diventare Auror, di scegliere Remus come compagno o di andare a combattere nella Battaglia di Hogwarts. Come per Narcissa, però, credo che la Battaglia sia solo la fine di un percorso, quindi ho deciso di scegliere un momento in cui tutto per lei sembra crollare.

E così come Bellatrix era andata alla ricerca del Signore Oscuro, Andromeda  dell’unico ricordo del suo passato che valesse la pena tenere, Narcissa di suo figlio, anche lei scompare, ma questa volta va alla ricerca di sé stessa ritrovandosi negli affetti e nelle sue passioni.

Ora che è finita, posso anche dire che ho cercato di giocare sulle diverse voci delle controparti maschili, così come sui vari accordi con uno stesso fiore, la tuberosa, nell’idea di raccontare diverse sfaccettature: Rodolphus è completamente perso nel suo delirio di amore e morte, al punto da risultare verboso e pesante; Ted è ancora un ragazzino, schietto e testardo, un amore più “pulito” e “ mentalmente sano” rispetto agli altri; Lucius ha perso la sua casa e il suo status sociale, è ottenebrato dal vino e chiuso nel suo egoismo.

E poi c’è Remus, solo e ferito, l’eroe che fa i conti con le proprie paure.

 

Ricordo sempre che questa raccolta è nata dal prompt proposto da Sia sul forum Ferisce più la Penna,all'interno del contest "Birdwatching-pesca un dialogo":

"Che cosa vuoi dire?”

“Quando pensavo che fossi tu, che fossi morta… è stato insopportabile.”

“Io sono quello che sono, non posso rinunciarci.”

“Non ti sto chiedendo di rinunciare, non lo farei mai.”

“Preferisci rinunciare a me? Sacrificheresti questo? Se lo facessi, è come se fossi morta per davvero


Infine,e  questa volta sul serio, il profumo che ho scelto per Tonks è “Close to you” di Coquillette, che racconta una bellissima storia d’amore.

 
   
 
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