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Autore: Milly_Sunshine    20/11/2023    1 recensioni
PARANORMAL ROMANCE - THRILLER /// Meredith è un'attrice teatrale di scarso successo, si è reinventata come cameriera in un locale malfamato e non può certo permettersi di sognare il principe azzurro: la sua esistenza è fatta di misteri torbidi e intrighi con cui le persone comuni non dovrebbero avere a che fare, non può permettersi di condividerla con qualcun altro. Brian è un detective privato e si occupa di smascherare sedicenti medium che truffano i loro clienti. Non ha mai avuto a che fare con il paranormale e nemmeno ci pensa. Quando incontra Meredith, è colpo di fulmine e sembra non esserci altro che lei. Non può sapere che proprio Meredith sta per trascinarlo in un mondo di cui ignora l'esistenza e che può rivelarsi molto pericoloso.
Genere: Erotico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Non-con, Violenza | Contesto: Sovrannaturale
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Le scuse di Brian sembravano sincere, anche se c’era qualcosa di esitante, in lui, come se avesse qualcosa che lo tormentava e non volesse parlare. Anche Meredith preferiva il silenzio e, soprattutto, realizzò che preferiva non sprecare il proprio tempo a recriminare senza nemmeno avere un'idea precisa della ragione per cui lo faceva.
«Andiamo da qualche parte?» propose.
«Pensavo che volessi salire da me» osservò Brian, «Dato che sei qui.»
Le sarebbe piaciuto, ma non era un luogo in cui potesse sentirsi sicura al cento per cento. Poteva sempre capitare un intoppo di qualche genere, Dominick poteva rincasare prima del previsto e, scoprendo la sua assenza, quello sarebbe stato il primo luogo in cui andare a cercarla.
Confidò a Brian: «Lo volevo anch’io, ma ritengo che non sia un posto completamente sicuro, per me.»
«Per tuo fratello?»
«Sì.»
«Non mi dire che pensi che ti abbia seguita!»
«No.» Meredith scosse la testa. «Non credo, almeno. Sono convinta che sia al lavoro, ma non si sa mai, è meglio stare sicuri.»
Brian le indicò la macchina.
«Spero che quella sia sicura.»
«Temo che la conosca» ammise Meredith, «Ma in ogni caso non gli sarà facile rintracciarla, se saremo lontani da qui.»
«Dove vuoi andare?»
«Non saprei.» Meredith ci pensò un attimo. «Che ne dici di andare a rivedere il luogo in cui quella povera sprovveduta dell’Ottocento si buttò nel fuoco, istigata da sua zia e dalla sua sorellina?»
Brian si fece interessato.
«Potrebbe essere una buona idea!»
Meredith si sentì soddisfatta.
«Mi fa piacere.»
«Quella storia» osservò Brian, «Deve piacerti parecchio.»
«Sì» rispose Meredith. «La trovo intrigante. È una delle leggende più intriganti che io abbia mai sentito.»
Si avviarono verso la macchina. Salirono a bordo e richiusero le portiere.
Brian fece per allacciarsi la cintura di sicurezza, ma si fermò, tenendola stretta con la mano.
«Forse ho capito.»
Meredith aggrottò la fronte.
«Che cosa?»
«Alla ragazza della leggenda, mentre bruciava, spuntarono le ali. Erano due ali nere, hai detto. È per questo che ti sei fatta quel tatuaggio.»
Era una spiegazione perfetta, realizzò Meredith.
«Che cosa ne penseresti di me, se fosse davvero così?»
«Penserei che ami qualcosa al punto tale dal volerlo portare sempre con te, in questo caso quella leggenda, o forse quella ragazza. Ciascuno di noi, in un modo o nell’altro, ammira qualcuno o qualcosa.»
«Capisco il tuo punto di vista.»
Brian volle sapere: «È proprio quella leggenda il motivo del tuo tatuaggio?»
Meredith non poté fare altro che confermare.
«Sì.»
Rimasero in silenzio per qualche istante, poi Brian riprese a parlare.
«So che forse sono indiscreto, ma mi piacerebbe saperne di più.»
«Su cosa?»
«Sulla leggenda. Perché ti affascina così tanto? Ci sarà pure un motivo.»
«Sì.»
La ragione c’era, ma Meredith avrebbe dovuto inventarsene un’altra, per lui, che non avrebbe mai saputo la verità.
Iniziò a pensarci e prese tempo.
«Sei sicuro di volerlo sapere?»
«Te l’ho chiesto io...»
«È qualcosa di molto banale.»
Proprio come Meredith prevedeva, Brian replicò: «Non importa.»
Era arrivata al punto di non potere prolungare l’attesa, ma ormai sapeva cosa dire.
«Da bambina, non mi piacevano molto le fiabe tradizionali. Le consideravo banali, per il loro essere, in un modo o nell’altro, tutte uguali: principesse, castelli, draghi, principi e genitori che farebbero rabbrividire gli assistenti sociali. Non ci trovavo molto di allettante. Quella leggenda, invece, mi attraeva tanto: non c’erano principi o castelli, c’era soltanto una ragazza che cercava disperatamente di essere se stessa. Le accadevano fatti strani. Le accadevano da sempre e lei non ne capiva la ragione. Alla fine, quando ormai credeva fosse troppo tardi, riusciva a liberare la propria vera essenza. Non è qualcosa di stupendo? Crescendo ho capito quanto quella leggenda fosse meravigliosa.»
«È una bella storia, mi pare di avertelo già detto.»
Brian avviò finalmente il motore. Era tutto quello che contava, quella sera, ritornare a dove tutto era iniziato. 

*** 

Mentre la calma e fresca brezza della primavera salutava una nuova giornata, a oriente il colore del cielo mutava. Era un rosso fatto di dubbi, era un rosso in cui non ci sarebbero state risposte.
Una piccola folla si era già radunata nell’attesa.
“Cose del genere” ricordò Annabelle a sé stessa, “Sono sempre state rare, da queste parti.”
Era l’eccezione che confermava la regola. Era l’eccezione che sfidava gli angeli della morte, che reclamavano il suo silenzio. A testa alta, senza mai abbassare lo sguardo, posò gli occhi sulla ragazzina che, a pochi metri di distanza, la fissava.
“Lo sai, Bethany. Lo sai che, se siamo arrivati a questo punto, la responsabilità è solo tua.”
A parte Bethany - la bambina nata dal secondo matrimonio del loro padre con la zia Mary Beth - tutti avevano chiuso gli occhi per non vedere. Avevano finto che non fosse diversa. Se nessun uomo voleva sposarla, non importava. Per Annabelle ci sarebbe comunque stato un futuro: avrebbe assistito sua zia Mary Beth nella vecchiaia, poi avrebbe accudito i figli della sua sorella minore, una volta che fosse andata incontro al destino che le era stato cucito addosso al momento della nascita.
Invece non sarebbe accaduto.
Nessuno avrebbe mai dimenticato e il promesso sposo di Bethany l’avrebbe ripudiata ancora prima che la loro unione fosse stata legittimata. Annabelle si domandò se sua zia avesse valutato quel lato della questione, quando aveva preso sul serio le parole della ragazzina, quando aveva proposto di sottoporla a quel vecchio rito.
Non c’erano risposte, mentre le stelle tramontavano. Non c’erano nemmeno domande che valesse la pena di porsi.
Gli angeli della morte, da qualche parte, la stavano fissando, Annabelle ne era certa. Forse le stelle altro non erano che i loro occhi.
Fissò con durezza le piccole luci sempre più vacue.
“Forse non sarò mai come voi, ma farò qualunque cosa per impedirvi di guardarmi morire.”
Sapeva che sarebbe morta, non aveva alternative. Era stata sfidata, non poteva sottrarsi. All'accensione del fuoco, si sarebbe dovuta gettare tra le fiamme, dimostrare di non avere paura di bruciare. L'avrebbe fatto. La fine, dopotutto, non era altro che un nuovo inizio. Suo fratello gliel’aveva spiegato tante volte, nei loro incontri notturni, quando tutti pensavano che ormai non sarebbe mai più tornato. Le aveva parlato delle Anime Nere e le aveva assicurato che sarebbe stata forte abbastanza da spezzare qualunque catena.
Era tutta colpa di Bethany, se era arrivata a trovarsi in quella situazione. Non avrebbe dovuto essere altro che una ragazzina innocente, ma le avevano impresso nella mente troppe stupide idee a proposito del fatto di seguire tutte le convenzioni e le consuetudini. Chi non era capace di adeguarsi, doveva essere estirpato dalla società, perché era pericoloso.
Il suo sguardo s’incontrò ancora con quello di Bethany. La vide abbassare gli occhi mentre la zia, nel suo mantello nero da vedova, le imponeva di continuare a guardare.
La vampa fu improvvisa, il calore avvolse Annabelle.
Le fiamme iniziarono a salire.
La scossa interiore fu più forte di quanto avrebbe mai potuto immaginare, mentre si gettava nel fuoco.
Fu in quel momento che si rese conto di essere indistruttibile, proprio come un angelo della morte.
Era tutto ciò che Bethany non sarebbe mai stata.
Era tutto ciò che nessun altro lì presente sarebbe mai stato.
Sentì qualcosa che le perforava la pelle, sulle scapole.
Due enormi ali si spiegarono, lambite dalle fiamme.
Tra la folla, qualcuno urlò. Ad Annabelle parve che tra loro ci fosse anche Bethany. Sì, c’era anche Bethany, che fissava la scena con gli occhi strabuzzati. La zia Mary Beth, invece, se li copriva con le mani, pur di non vedere, in una strana inversione di ruoli con la figlia.
Annabelle spiccò il volo, mentre le urla disperate erano sempre più forti, ma allo stesso tempo più lontane.
Era finita.
Dopo la fine, proprio come le aveva spiegato suo fratello, che da molto tempo aveva lasciato il villaggio e sapeva un sacco di cose sulle Anime Nere, c’era davvero un nuovo inizio.
Presto nessuno avrebbe più potuto vederla e, per molti decenni a venire, la gente del posto avrebbe narrato del giorno in cui la stregoneria aveva sconfitto le fiamme di un rogo. 

*** 

Erano arrivati. Brian parcheggiò sul ciglio della strada. Scesero dalla macchina e Meredith spezzò il silenzio: «Grazie per avermi portata qui.»
«Non che si veda molto, al buio» ribatté Brian. «Forse avremmo dovuto venirci di giorno.»
«Non ha importanza» obiettò Meredith. «Anche se è buio, mi sento comunque in uno dei pochi posti in cui c’è una parte di me. Grazie ancora, Brian.»
«Te lo dovevo.»
«Oh, no, per niente. Non hai obblighi nei miei confronti. Quello che fai, lo fai perché lo scegli, non certo perché qualcuno ti costringe.»
«Lo faccio perché per me non ci sono più alternative valide, da quando ho conosciuto te. Mi sento a mio agio con te, come non credo di essermi mai sentito con nessun’altra.» Brian tacque per qualche istante e, quando riprese a parlare, cambiò completamente argomento. «Sei proprio sicura di non avere freddo?»
Meredith non si sorprese della domanda.
L’aveva infastidita il fatto che Brian avesse parlato di quello come prima cosa, senza preoccuparsi di null’altro, ma a quel punto era normale che si mettesse dei problemi anche di quelle banalità. In fin dei conti la maggior parte degli indumenti che Meredith indossava quella sera erano completamente fuori stagione.
«È tutto a posto, te lo assicuro.»
«Beata te. Io, al posto tuo, mi congelerei.» Brian rise. «È un po’ come se tu avessi le fiamme dentro.»
Meredith raggelò, e non certo per la temperatura, dal momento che reggeva molto bene il freddo, talvolta molto di più di quelle innocenti allusioni.
«Nessuna fiamma» gli assicurò. «Non mi piace il fuoco.»
«Proprio come a quella ragazza della leggenda» osservò Brian. «Sarebbe un motivo sufficiente per farsi spuntare le ali e volare via.»
Doveva essere un’idea romantica, per lui. Era normale che vedesse la ragazza della leggenda come un’eroina idealizzata, una sorta di principessa delle fiabe. Meredith si sforzò di sorridere, anche se nell’oscurità Brian non poteva rendersene conto fino in fondo.
«Noi siamo più forti delle fiamme.»
«Tu dici?»
«Possiamo pur sempre spegnerle.»
«Loro, però, possono bruciarci.»
«Possono bruciarci solo se ci gettiamo nel fuoco. Noi, invece, il fuoco lo possiamo spegnere senza che le fiamme vengano a cercarci.»
Meredith si sentì lo sguardo di Brian addosso, ne momento in cui le chiedeva: «Cosa rappresentano per te le fiamme?»
Nonostante la domanda posta a bruciapelo, non ebbe bisogno di pensarci molto a lungo.
«La condanna.»
«Quale condanna?»
«La maledizione che ho dentro.»
Era certa che Brian non potesse comprenderla, ma non importava. Anzi, era molto meglio così.
Brian non le chiese nulla: comprendeva che non c’era altro che volesse aggiungere, il che era un pregio di pochi.
Meredith era sempre più certa: raggiungerlo, quella sera, era stata la scelta migliore.
Non importava che tutto fosse contro di loro. Non importava che Dominick le impedisse di vederlo. Non importava nemmeno che Brian lavorasse insieme a Jonathan White e avesse buone probabilità di venire a contatto con argomenti fin troppo scottanti.
Brian voleva avvicinarsi al vecchio rudere, ma Meredith lo fermò. Quello era un luogo fatto delle sofferenze di chi vi aveva vissuto e di chi vi era semplicemente passato.
C'era un solo modo per fermarlo, Meredith lo sapeva bene. L'arte della seduzione aveva fatto parte di lei fin dal giorno di tanti anni prima in cui lei e Dominick si erano ritrovati, non si era mai tirata indietro quando il sesso serviva per conquistare la fiducia di qualcuno.
Quando aveva contrattato con suo fratello per la "liberazione" di Alicia, l'aveva trasformato addirittura in un mestiere e per anni aveva venduto il proprio corpo, per conto di Dominick e di Eddie, nel sotterraneo del Rifugio delle Anime, lo stesso locale, opportunamente ribattezzato dal nuovo proprietario in Rifugio del Drago, in cui in epoca molto più recente aveva lavorato come cameriera.
Aveva sedotto Harley Parker, per convincerlo a tornare ad Acid Corn, per un accordo tra Eddie e qualche Anima Grigia della città nella quale il vecchio amico di Brian lavorava ai tempi, dimostrandosi troppo pericoloso per l'incolumità della loro specie. Aveva sedotto Rick Connor, per accertarsi che non fosse al corrente della verità sull'incidente nel quale erano morti i suoi genitori. Aveva sedotto anche Jonathan White, nel tentativo di tenere sotto controllo la sua attività investigativa.
Nessuno di loro l'aveva mai coinvolta a pieno, a parte Rick. Meredith era giunta alla conclusione che fosse stata, a suo tempo, la somiglianza con Brian - il suo vero amore - ad affascinarla così tanto.
Anche Brian, all'inizio, era stato solo un incarico che le aveva appioppato Eddie. Era l'altro figlio dei Connor e il suo inconsueto mestiere lo rendeva ben più pericoloso del fratello maggiore, almeno sulla carta. Era stato Eddie a pianificare una rapina - una finta rapina - dalla quale Meredith avrebbe dovuto salvarlo. Era quello che aveva fatto, aveva convinto Brian di essere la sua salvatrice e poi se l'era portato a letto.
Avrebbe dovuto essere un semplice "lavoro" di routine, ma fin dal primo momento in cui Brian aveva sfiorato il suo corpo aveva sentito di non poterne fare a meno. A distanza di un paio di mesi da allora provava sensazioni molto simili, uno strano contrasto con la torbida relazione - anche se la disgustava usare quel termine - che Dominick le aveva imposto.
Il pensiero di quello che suo fratello le aveva fatto solo poche ore prima, invece di allontanarla da Brian, la spingeva ad avvicinarsi sempre più. Non fu solo per non spiegargli quale fosse la sua "condanna", se lo strinse a sé e andò a cercarne le labbra.
La lingua di Brian si infilò con forza tra le sue, mentre le sue mani le si infilavano sotto la felpa. L'abbigliamento insolito di quella sera, oltre al dimostarsi pratico in altre circostanze, si stava rivelando nuovamente utile. Meredith si lasciò andare alla piacevole sensazione del contatto direttamente sulla pelle nuda. Anche Brian doveva trovarla un'esperienza piacevole, ma soprattutto sembrava molto soddisfatto della facilità con cui la sua mano poteva entrarle dentro ai pantaloni e, di conseguenza, dentro la biancheria intima.
Senza interrompere quel contatto eccitante, Brian la condusse verso la macchina, dove il tempo smise di avere importanza, almeno finché non si fece troppo tardi.
«Devo andare» comunicò Meredith, seppure controvoglia, quando si accorse di che ora fosse.
«Non c’è problema» rispose Brian. «Ti accompagno a casa subito.»
La proposta sarebbe stata allettante in circostanze normali, ma quella non somigliava nemmeno lontanamente a una circostanza normale.
«È meglio di no» azzardò.
«Tuo fratello sarà ancora al lavoro, a quest’ora.»
«È meglio non fidarsi troppo.»
«Va bene» accettò Brian. «Allora, anziché portarti proprio fino sotto casa, mi fermo un po’ prima, così magari Dominick penserà che tu sia rientrata prendendo la metropolitana.»
«Ho detto di no» insisté Meredith. «Non fraintendermi, mi piacerebbe accettare il tuo passaggio, ma non posso.»
«E io non posso lasciarti qui, a quest’ora e al buio!» ribatté Brian. «Non chiedermelo, perché non ho intenzione di farlo.»
«Non te l’ho chiesto. Possiamo andare verso casa tua. C’è una fermata della metro là vicina. Portami là.»
Di fronte a quella proposta, Brian si arrese.
«Come vuoi.»
«Grazie mille.»
Brian sospirò.
«Non c'è bisogno di ringraziarmi.»
Meredith ridacchiò.
«Ci proverò, ma non posso assicurarmi nulla.»
«Basta solo che tu non ti metta anche a ringraziarmi solo perché esisto!»
«Ora che me l’hai suggerito, potrei prendere in considerazione l’idea di farlo.» Meredith rise. «Anzi, lo farò senz’altro, se non ti deciderai ad avviare quel dannato motore e a portarmi via da qui. Mi piacerebbe rimanere qui tutta la notte, ma non posso. Non è il caso di correre troppi rischi.»
«Hai ragione» confermò Brian. «È meglio se andiamo via.»
Mentre partiva, Meredith cercò di infondersi fiducia. Brian l’avrebbe lasciata davanti alla fermata della metropolitana. Anziché salire su un mezzo che potesse portarla a casa, ne avrebbe preso uno che la conducesse fuori città.
Trovare un luogo buio non sarebbe stato difficile. Allo stesso modo in cui aveva lasciato il proprio appartamento, ci sarebbe tornata. Le ali - che le erano spuntate quando ancora si chiamava Annabelle e si era gettata tra le fiamme e che le erano rimaste quando da Anima Nera era diventata Anima Grigia rifiutandosi di traghettare verso la morte un ragazzo di venticinque anni rimasto gravemente ferito in un incidente motociclistico - sarebbero state il suo mezzo di trasporto.

   
 
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