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Autore: Enchalott    30/12/2023    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I ricordi di Entin
 
Irkalla studiò la ferita e aggrottò la fronte.
«È seria, non la trascurerei.»
«Ho altre urgenze» sviò Kalemi «Mentre eravamo impegnati nella schermaglia con Belker, le epharat hanno raggiunto la principessa Yozora e l’hanno quasi uccisa.»
«Degno del dio guerriero, avresti dovuto aspettartelo» commentò l’altro asettico.
«Già. Mi sorprende che abbiano fallito, abbiamo avuto fortuna.»
«La sorte non impera sugli Immortali e un’essenza guerriera non manca il bersaglio. Cerca un’altra spiegazione.»
«Prima la ragazza» Kalemi mostrò una boccetta contenente un liquido rossastro «Il mondo in cui risiedi conosce l’antidoto all’alizarina?»
«Gli Aethalas sono esperti in sostanze tossiche ma non ne trattano. È probabile che laggiù non esista.»
«Consegna questa ai guaritori della tribù, reclama il loro apporto.»
«Mi chiedi un’interferenza tra universi. È un azzardo da evitare, esistono forze sopite che è bene non destare.»
«Conosco le leggi universali e mi dolgo nell’infrangerle di nuovo. Senza un prasma di comunicazione tra Mardan ed Elestorya corriamo sul filo del rasoio, ma non agire ci precipiterebbe in una rotta peggiore. Se smettiamo di esistere, gli esseri viventi rovineranno nel sogno cruento di Belker, compresi quelli presso cui risiedi. Laggiù hai qualcosa da proteggere e nulla ti spaventa, conto che tu comprenda.»
«Sbagli» sogghignò il Distruttore prendendo la fiala «Non è mio compito proteggere ma obbedisco, a patto che ti faccia curare quel taglio.»
Il sovrano celeste sorrise al suo sguardo terrificante.
 
«Come hai potuto fallire!?» tuonò Belker.
Inginocchiata al suo cospetto, Llamea non osò alzare lo sguardo. Come le era stato ordinato, aveva penetrato le fiamme sacre, atteso che la ragazzina fosse in posizione favorevole e aveva scoccato. Il cuore non era il bersaglio, il suo signore aveva stabilito di dare mandato al veleno per gettare discredito sui khai avversi alla corona e scompaginare definitivamente la coesione del regno.
«Sommo imperatore, è stato immediato: ha perso conoscenza, ho avvertito i battiti rallentare, la vita scemare…»
«Perché non è morta!?»
«Il principe Rhenn le ha fatto ingerire il sangue, è questione di ore.»
«Non farmi ridere!»
Le altre epharat seguirono l’incedere furibondo del dio, in attesa d’incarico.
«Lasciateci completare l’opera» implorò Kaena.
«Ucciderla a Seera non sortirebbe l’effetto programmato! Che viva o muoia, il danno è fatto: Mahati è rimasto con lei, significa che la ama! Non permetterò che prenda coscienza di quanto il sentimento possa maturare. Relegherebbe l’orgoglio daama in secondo piano e si abbandonerebbe alla forza del loro legame!»
«Mio signore, siamo pronte ad ambedue. Minkar cadrà senza il Kharnot
«Usa il cervello! Lui mi serve per alimentare la guerra civile! Conquistato l’Irravin dovrà scontrarsi con il fratello, ne va del vertice della perissologia! Altrimenti l’avrei liquidato quando ho scoperto che percepisce la vostra presenza!»
«Pensate che Mahati sia l’erede di Kushan?»
«Ne sono certo, gli eventi forniscono prove inconfutabili. Farete in modo che perda lo scontro nonostante il sostegno dei ribelli e che muoia per mano di Rhenn. Che sia un massacro!»
«Consideratelo fatto. Non nascondiamo il dubbio che primogenito di Kaniša sia in grado di prevedere i vostri piani, forse di capire che il fratello è il prescelto e stabilire di non levare la spada su di lui.»
Belker rise. Prese il calice d’oro massiccio e si versò da bere.
«Lo avete sentito, non intende dividere il potere con la stirpe di Kushan. Un Khai che s’impegna in un duello all’ultimo sangue lo porta a termine, è proficuo che sia così. Applicheranno i miei insegnamenti alla perfezione, come sempre.»
«Chiedo venia, l’Ojikumaar appartiene alla medesima progenie, comprende lo Shikin e prova qualcosa per la giovane salki. Non lo considerate un potenziale pericolo?»
«Rhenn?» sogghignò sottile il dio della Battaglia «Non confondere l’amore con il possesso, è lontano eoni da ciò che chiama ahaki. Che abbia decifrato il lascito del supremo daama va a favore delle mie teorie, dacché ogni anima predestinata è annunciata da un veggente che ha l’unico ruolo di stenderle il tappeto rosso. Non tollererà il secondo posto, vedrà che Mahati ha tutto e cercherà di sottrarglielo. Si sta già comportando così.»
L’essenza messaggera piantò il pugno a terra in segno di obbedienza e svanì.
«Bel?»
Il dio guerriero andò incontro ad Azalee e le sfiorò il dorso della mano.
«Stai ancora agendo contro mio fratello?» domandò lei.
«No, mia adorata. Pongo le condizioni per il cessare delle ostilità.»
«Non mentirmi. Stavi parlando di massacro.»
«Il popolo demoniaco rispetta la mia legge. Quando la piramide sarà ultimata, stenderò la mia protezione su ogni vivente e il sangue cesserà di scorrere.»
Lo sguardo di lei non abbandonò il sospetto.
«Perché non vuoi che doni la pioggia a Mardan?»
«Io? Si tratta di una punizione millenaria giunta al culmine. È abituale che s’inasprisca con il trascorrere dei secoli, puoi consolarti al pensiero che presto finirà. Inoltre hai chiesto a Kalemi di sostituirti, non è più tuo ufficio.»
«L’ha già fatto?»
«Ne so quanto te. Vuoi che indaghi?»
«Sì, per favore. I mortali ne hanno bisogno.»
Lui assentì.
«Non mi piace che tu venga qui» sussurrò baciandole le labbra.
«Hai qualcosa da nascondere?»
«No. Ma parlo di guerra e morte, argomenti che ti rattristano.»
«Vuoi che rimanga ad attenderti nel talamo in perpetuo?»
«Un’idea stimolante» ammise lascivo Belker «Il palazzo è vasto, i giardini attendono il tuo tocco femminile e puoi abbellire le stanze a tuo gusto.»
«Rimani con me, scegliamo insieme.»
«Non m’intendo d’arte. Sono più bravo con l’arco e tra le lenzuola.»
«Concediti una deroga» rise Azalee alla sua espressione perplessa «Sono incinta.»
Belker spalancò gli occhi bronzei, l’energia divina ebbe un picco e la fenice impressa sul petto diede un bagliore, ma non era né frenesia combattiva né collera.
«Che… per tutte le ere!»
«Non stupirti dopo aver vantato le tue doti maschili» mormorò lei tra le sue braccia «È raro, sai che accade quando due Superiori lo vogliono con forza, quando le loro facoltà si sommano in perfetta armonia. Non potremmo essere più diversi, eppure la tua linfa scorre dentro di me e vuole farsi esistenza. È un segno.»
Lui la fissò privo di parole, percependo il portento che li avrebbe uniti in eterno: una traccia d’energia simile alla sua, ammantata dell’essenza spirituale di Azalee. Posò le dita sul suo ventre e il calore lo avvolse. Comprese che ciò che stava toccando era la vera felicità.
 
Valarde si arrovellava sul fatto che Yozora fosse stata colpita a morte nonostante la sua protezione. Detestava che Belker l’avesse tenuta in scacco con uno sterile duello e che lei, divinità minore ma arcaica, si fosse lasciata fuorviare.
Le nuvole grigie dell’umida primavera salki riflettevano lo stato d’animo mentre passeggiava nell’area sacra del suo tempio, circondata dalla barriera dimensionale.
«Tormentarti non servirà. Anzi ti distoglierà dai compiti divini.»
La voce familiare la staccò dal mea culpa.
«Proprio tu che detesti le paternali, ne sciorini una alquanto inopportuna!»
Irkalla sogghignò, seguendo con lo sguardo il prostrato andirivieni dell’amica.
«Interpreto la tua voce interiore.»
La dea della Montagna gli scoccò un’occhiataccia, ma finalmente si fermò.
«Ho la sensazione che tutti i ragionamenti siano sbagliati» sospirò «Più mi concentro più annaspo nei dubbi.»
«Vuoi parlarmene?»
«Certo, però sarebbe ingiusto coinvolgerti. Il sommo Kalemi non lo desidera.»
«Sono coinvolto sin dalla ribellione di Kushan, apprezzo la premura ma è ora che il pantheon sfrutti ogni risorsa a disposizione.»
Valarde annuì e riassunse le proprie deduzioni, rassegnata a sentirsi dare torto.
«Sono d’accordo» dichiarò a sorpresa il Distruttore «Non è sciocco pensare che il retaggio del supremo daama si trasmetta per linea femminile, la prima erede era una bambina.»
«La presenza di Yozora mi porta a pensare che il prescelto sia un maschio.»
«Probabile. Uno che non è padre, dato che deve risultare l’estremità del lignaggio che si ritrova nelle vene.»
«Ciò mi fa impazzire! Sappiamo che i figli di Kaniša manifestano doti straordinarie, ma non sono gli unici ad aver catturato il mio interesse. Il giovane comandante degli hanran, per esempio, accetta l’amore e possiede una forza interiore in grado di abbattere le montagne. O il braccio destro di Mahati, Eskandar, è tutt’altro che il pezzo di ghiaccio per cui si spaccia: darebbe la vita per il suo principe e ha compreso appieno sentimenti per lui estranei e dannosi. C’è poi un reikan del primo stormo, Valka, che non ha rinunciato alla donna che ama ed è l’anima più generosa che abbia mai incontrato. Per non citare la principessa Rasalaje, che tutti giudicano insipida quando è l’esatto contrario, se vogliamo includere nel novero una donna.»
«Perché dici di navigare a vista? Mi pare un’analisi accurata.»
«Non ne vengo a capo!»
«Sei è un numero semplice da verificare.»
Valarde lo fissò a occhi sbarrati. Il senso d’impotenza si ridusse ma non svanì.
«Restano troppi, non ho prove decisive e la piramide è quasi completa.»
«Se ritieni che Yozora sia la chiave, puoi escludere Eskandar: con lei non ha avuto rapporti diretti, scendiamo a cinque.»
«Dammi un nome, Irkalla. Sono certa che tu abbia una propensione.»
«Non vorrei fuorviarti.»
«Tutt’altro. Per gran parte delle tua vita mortale sei stato in una condizione fisica e mentale simile a quella di chi cerchiamo. Potresti riconoscerlo all’istante.»
«Sarebbe la tua idea di complimento?» borbottò il Distruttore.
 

 
Appoggiato allo stipite ligneo, Mahati osservava la pioggia oltre il vetro, un nugolo di aghi trasparenti che sbiadiva il verde tenero dei giardini, una cadenza che trascinava la mente in uno spazio tetro.
Indossava ancora l’abito nuziale, le macchie di sangue si confondevano con il rosso fiaccato dalla polvere, la stoffa era appesantita dall’acqua che lo aveva frustato durante il volo. Le ciocche corvine erano sfuggite ai fermagli, la linea nera che definiva la palpebra si era attenuata e la sfumatura antracite accresceva il suo aspetto tormentato.
I guerrieri khai che gli si erano parati difronte non lo avevano riconosciuto, finché non aveva ringhiato un comando e le iridi nocciola non si erano incendiate d’ira. Si erano prostrati fronte a terra e lo avevano lasciato passare mentre gridava con tutto il fiato che aveva in corpo per attirare l’attenzione dei Salki.
Gli sconfitti avevano riconosciuto la principessa e lo avevano guardato esterrefatti, indecisi se considerarlo un aguzzino o un salvatore, inorridendo all’immobilità di quel corpo. E quando i guaritori gli avevano strappato Yozora dalle braccia, si era sentito dilaniare le carni, il dolore bruciava imperterrito, un coltello a straziargli l’anima.
Fissando la pioggia, identica alle lacrime che non poteva versare, era annegato in se stesso, una statua stagliata contro il riquadro evanescente della finestra. Preghiera e furia gli avevano invaso l’animo in una gara tempestosa, aveva annaspato in quella marea, domandandosi che ne sarebbe stato di lui.
Di me, se lei restasse prigioniera nella stretta di Reshkigal.
Uno scalpiccio concitato interruppe l’esiziale scorrere dei secondi.
Entin attraversò rapido il salone, reggendo l’abito, un solco profondo sulla fronte, il pallore sul volto. Le labbra erano tirate per l’affanno, che gli strappava respiri irregolari. Da tempo non era più re e, privo delle insegne di potere, appariva solo un anziano padre stravolto dalla sofferenza.
I quattro cortigiani che gli caracollavano dietro non avevano l’aspetto di medici ed erano altrettanto costernati. Le sentinelle li lasciarono passare senza eccepire, dopo un’occhiata fugace al loro Kharnot.
«Sei tu che hai riportato mia figlia?»
Mahati ignorò il tono sfornito di cortesia e si limitò a guardarlo dall’alto in basso.
Entin continuò a fissarlo come se non si raccapezzasse. Poi esplose.
«Al diavolo!» Che tu sia un demone o meno non ha importanza! Siete venuti a portare la morte, avete distrutto il futuro della mia gente, ucciso mia moglie! Il vostro principe ha banchettato nella mia casa, ha disprezzato ogni pietra di Seera, ha portato via la mia bambina! Senza pietà, senza accogliere le mie suppliche, nemmeno una missiva a lasciarmi credere che fosse viva! È trascorso un anno e ora ti presenti qui in piena notte, con Yozora in quelle condizioni! Non una parola di spiegazione, solo la gelida arroganza dei Khai, anche se non hai né corna né coda per legittimarla! Chi ti credi di essere, ragazzo!?»
Il Šarkumaar era avvezzo alle sfuriate di Kaniša e a lasciarsi scorrere addosso insulti peggiori. Strinse le palpebre in silenzio: in quei termini sofferenti comprese cosa fosse un padre e la portata di una rabbia dettata dall’apprensione per un figlio.
«Mahati» rispose soffocando l’empatia «Secondogenito dell’unico sovrano, stratega supremo delle armate demoniache, signore dell’aurora, spada del divino Belker.»
Entin sbiancò ulteriormente. Una goccia di sudore gli scese lungo la tempia, descrivendo un arco sullo zigomo tremante. Si genuflesse a fatica.
«Altezza reale!» balbettò «Non vi ho riconosciuto, la preoccupazione mi ottenebra! Perdonate se…»
«Come sta mia moglie?» tranciò il principe.
La bocca dell’uomo modulò muta la parola “moglie” e gli occhi azzurri si colmarono d’orrore. Mahati lo percepì addosso come una coperta di piombo: il pollice sfiorò l’anello al mignolo ma non mosse altro muscolo, come se il proprio fosse un interessamento formale.
«È… è grave.»
L’artiglio intorno al cuore strinse la morsa.
«Abbiamo supposto che possedeste l’antidoto all’alzhar. Siamo in errore?»
«Inefficace, nonostante i molteplici tentativi» l’anziano re osò sollevare uno sguardo lucido di lacrime «Mio signore, perché mia figlia sta morendo?»
Il Kharnot inalò l’ossigeno, ponendosi la medesima questione ma con un grave senso di responsabilità.
«Alzatevi» ordinò «Portatemi da lei.»
Entin disperò ma recuperò la posizione eretta, respingendo la premura di chi lo aveva accompagnato. Fece strada, percependo alle spalle la terrificante presenza del nemico.
«Yozora è benvoluta dal mio popolo, che la rispetta come ne se fosse parte» asserì questi all’improvviso.
«Ma di fatto non lo è.»
«C’è chi la considera un male, un pericolo per il nostro credo.»
«E voi, che l’avete sposata per accordi politici, non vi curate di proteggerla.»
Io, che l’ho accolta come un dono inestimabile, morirei al posto suo.
«Attentare a lei equivale a minacciare la casa reale. Il responsabile sarà giustiziato.»
«Così tacitate la coscienza e punite l’oltraggio, mentre la vita di mia figlia diviene un banale ornamento alla vostra gloria.»
È tutto ciò che ho, è il futuro che ci siamo promessi.
«È sposa degna del mio fianco.»
Entin si fermò e lo guardò a occhi sbarrati, incerto sul senso delle parole. Il volto dell’assassino nemico era in ombra e non poté leggerne l’espressione.
«Per questo l’avete riportata? Con lei accanto vi procurate il sostegno del popolo e perderla rovinerebbe gli affari di stato?»
Con lei vicino anch’io sono vivo. Perderla sarebbe…
«Non necessito di approvazione dal basso. La principessa mi è preziosa.»
Il re sconfitto riprese a camminare, le sopracciglia incurvate per lo stupore. Nella concitazione non si era accorto che Mahati stava replicando in lingua salki e stava ignorando i suoi modi privi di etichetta.
«Apparite gelido come l’inverno, arduo credervi» mormorò affranto.
Anche la neve inganna. Scalda e brucia, diviene acqua.
Raggiunsero la stanza dov’era stata condotta Yozora. Il Šarkumaar si avvicinò e la contemplò, invocando gli Immortali affinché il supplizio conficcato nel cuore non trapelasse. Affinché la restituissero al suo abbraccio.
Non ho altra scelta. Alzhar o kori… divino Kalemi, fate che invece sia tempo.
Innalzò la spada dal fodero e si procurò un taglio, poi lo accostò alle labbra aride della moglie. I presenti stormirono ma nessuno osò fermarlo. Quando lasciò cadere alcune gocce di sangue su un vassoio e lo porse ai guaritori, questi rimasero attoniti.
«Partite da qui. Noi non siamo sensibili alla tossina.»
I Salki s’inchinarono e corsero via senza questionare.
«Non occorre che rimaniate, altezza, penseremo noi a…» mormorò Entin, un “grazie” incastrato in gola.
«Resterò.»
«Non paventate che l’antidoto al vostro veleno possa motivare la nostra ribellione?»
«Alle spade dei daamakha non esiste rimedio. Tentate la sorte e morirete, sollevate la testa ed essa cadrà nel fango.»
Entin serrò le labbra, pensando che il supremo stratega di quegli esseri spaventosi non fosse affatto cambiato. Interpretare la sua presenza come interessamento era un’illusione provocata dall’angoscia.
 
Uno dei reikan e un paio di guerrieri entrarono nella stanza, inginocchiandosi a debita distanza. Mahati sollevò lo sguardo, muovendo l’indice per concedere la parola.
«Sommo Kharnot, vi abbiamo portato il cambio d’abito.»
«Non richiesto. Siete congedati.»
«Mio signore» osò il più alto in grado «Lo manda il principe della corona.»
Il secondogenito sospirò, infastidito dall’inutile zelo del fratello: era un invito a non intaccare la propria immagine davanti agli sconfitti. Essersi precipitato a Seera senza le bardature di guerra e il dorcha era stata una caduta imperdonabile, lo sapeva da sé. Nonostante l’irritazione accettò il messaggio e ne condivise la necessità.
L’acqua calda del bagno eliminò il freddo dalle ossa, ma non intaccò il blocco di ghiaccio nel petto. Si rivestì alla svelta, serrando l’uniforme e affibbiando il mantello.
Quando tornò al capezzale della sua sposa, il viso scavato di Entin espresse una meraviglia incontenibile. Evitò di incrociarne lo sguardo, come se non fosse che un insetto dal ronzio sommesso.
«Siete davvero molto giovane, altezza» mormorò quello.
Comprese il senso della banalità: troppo per guidare una guerra, per massacrare gli inermi, per sprofondare il mondo nelle fiamme o quant’altro gli venisse attribuito.
«Mio padre lo era di più quando ha ottenuto il trono» ribatté aspro.
«Vostro padre» ripeté sconsolato l’altro «Quando si è seduto al mio tavolo, la luce è scomparsa per sempre. Le belve predano, è nella loro natura, è necessario pregare che non incrocino mai il nostro cammino e non sempre si ottiene la grazia. Eppure anch’esse si saziano, riposano al termine della caccia o perdono interesse per la carcassa che hanno smembrato, mentre Kaniša…»
Mahati pensò che fosse il ritratto più calzante mai dipinto. Colui che l’aveva generato inseguiva un bottino che non lo sfamava, una grandiosità che gli era insufficiente.
O una donna che non lo desiderava.
«La mia defunta moglie riteneva che in lui brillasse una scintilla di umanità» seguitò l’anziano «Purtroppo ha pagato l’errore con la vita. Assicuratemi che Yozora non ne seguirà le sorti.»
Il principe avvertì un brivido lungo la spina dorsale. Kelya era morta per proteggere il suo mondo, perché anteponeva gli altri a se stessa, perché le sue figlie imparassero a riconoscere quanto importante.
Yozora è identica alla madre, si è spesa per me, per Rhenn, per gli hanran, per ogni respiro effuso dalle sabbie di Mardan.
Un nodo gli strinse la gola, obbligandolo ad attendere affinché la voce non tremasse.
«Se scorgessi il futuro, sarei un guerriero ancora più implacabile.»
La risposta cruda inumidì gli occhi del re salki e lo precipitò nel senso di colpa.
Entin si asciugò la guancia con il dorso della mano e rimase in silenzio.
«Per lungo tempo mi sono rifiutato di capire e di accettare la decisione di mia figlia» disse poi «Invece, quando l’egoismo e il dispiacere hanno lasciato il mio animo, ho compreso che Yozora ha creduto nella pace e nell’amore, come Kelya, e ha voluto portarli tra i Khai a qualunque prezzo. Ditemi se è riuscita, non chiedo altro.»
Sì! Sì, li ha condotti ai cuori brulli dei daamakha, li ha resi semplici da comprendere e dignitosi per l’orgoglio. Per il mio, per quello di mio fratello e persino per quello impuro di mio padre! Se l’accontentassi, Mardan sarebbe in pace! Non l’ho ascoltata, è come se avessi scoccato la freccia di mia mano, giocando con l’unica possibilità di vivere nell’iwatha!
Mahati nascose la sinistra tra le pieghe del mantello e si forzò a rispondere.
«Un Khai non ama, il celeste Belker magnifica la battaglia e ciò non può mutare.»
Entin mosse il capo come ad assentire su qualcosa che avrebbe dovuto figurarsi.
«Perdonatemi, se non vi credo.»
Le labbra del Šarkumaar si piegarono in un sorriso sprezzante.
«Se optassi per considerarvi ingiurioso, ve ne convincereste immediatamente.»
«La tortura o la morte non muterebbero le mie opinioni.»
«Basatevi sull’esperienza ventennale, sui lutti, sulle amare condizioni di pace. Sì, ne siamo consapevoli, ma la sofferenza altrui non ci tange.»
«Preferisco rammentare un’eccezione.»
«Un abbaglio, forse.»
«No, altezza, non eravate ancora giunto a Seera quando Kelya ha tentato di persuadere vostro padre. Kaniša ha usato parole simili alle vostre, ma lei era ostinata e l’ha costretto ad ascoltare. Hanno parlato a lungo, un testa a testa cui ho assistito da lontano con l’angoscia nel petto. C’è stato un attimo in cui mi è parso che il vostro re stesse per cedere, nel suo sguardo si è acceso un calore che mi ha pietrificato.»
«Siete sconfitti, le congetture si sono schiantate contro la distruzione di Seera.»
«Questo perché Kaniša ha promesso che avrebbe ordinato una tregua e concesso eque condizioni di pace se mia moglie avesse passato la notte con lui.»
Mahati sbarrò gli occhi, la compostezza si volatilizzò, le pulsazioni accelerarono.
Dèi, no! No! No! Non può essere!
«È… accaduto?»
«Sul sacro Ariun, no. Kelya non ha mai disertato il mio talamo.»
«Un felice decisione. Mio padre ha un debole per le femmine, avrebbe fatto il suo comodo e protratto la guerra. Risparmiate il resoconto sul senso di colpa che l’ha attanagliata in seguito.»
«Certo si è chiesta cosa sarebbe accaduto se avesse accettato, ma non si è fatta sovrastare da un’insensata idea di difetto. Non ha tradito né me né se stessa. Confidava nel seme, non nel frutto. Era convinta che prima o poi sarebbe sbocciato.»
«Le spine non fioriscono.»
«Mio signore, l’ho creduto anch’io. Ora so che aveva ragione.»
Mahati lo misurò con aria interrogativa.
«Quella scintilla è nel vostro sguardo» ultimò lo sconfitto.
L’ingresso dei guaritori interruppe il dialogo.
«Abbiamo l’antidoto!» esultarono «È stato sufficiente perfezionare una delle formule in esame, il preparato ha reagito all’alizarina!»
«Dèi Immortali, eterna gratitudine alla vostra benevolenza!» esclamò Entin.
Si prese il viso tra le mani, scosso da singhiozzi d’incontenibile gioia. Poi si prostrò al principe straniero e fece per baciargli gli stivali.
Mahati lo scostò brusco, celando in quel gesto un sollievo impossibile da esprimere.
«Mia moglie è fuori pericolo?»
«Sì, altezza reale. Il vostro apporto è stato decisivo, pochi minuti di ritardo e…»
Il secondogenito imboccò l’uscita senza prestargli attenzione.
 
All’interno della distorsione dello spazio-tempo, Irkalla abbassò il cappuccio bruno sulla fronte.
   
 
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