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Autore: Lifia    07/03/2024    1 recensioni
Sequel de "A Legendary Story of Dragons"
Consiglio di leggere la prima parte della storia (benchè sia vecchia e da sistemare in molte parti) per avere un idea chiara del continuo del racconto.
Lyanna è viva.
Riuscita grazie alla sua vera natura a sopravvivere a quanto accaduto a un anno e mezzo prima, tenta da tempo di lasciare l'isola dalla quale non riesce a fuggire.
Sarà il destino a darle una possibilità per riuscire finalmente a intraprendere il suo viaggio per ritrovare Law, che la crede ancora morta.
Ma il destino spesso è infame e ritrovare il capitano perso non sarà poi così facile.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Eustass Kidd, Pirati di Kidd, Pirati Heart, Trafalgar Law
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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<< Mi Conosci? >>
Il rosso si rivolse a me, con tono altezzoso e borioso, alzando appena il viso e guardandomi dall’alto in basso, avvicinandosi.
Era altissimo, forse una quindicina di centimetri più di Law, ma era più il suo aspetto nel complesso che metteva decisamente a disagio, oltre al fatto che in quel momento sembrava piuttosto irritato.
<< Sì, Eustass Capitan Kidd. So chi sei, benché le mie conoscenze si fermino a un anno e mezzo fa. Qui non arrivano né giornali, né tantomeno persone, >> spiegai spostando il capo di lato, senza distogliere lo sguardo dal suo << anche se presumo che la tua notorietà sia aumentata, vero? >>
Bastava quello che mi ricordavo a presentarmelo come un pericolo enorme. Già all’epoca era descritto come un pirata crudele, violento e privo di pietà. Aveva guadagnato una taglia altissima dopo aver preso il mare, soprattutto per i disastri che aveva commesso prendendo di mezzo i civili.
Non mi sorprendeva che avesse dato fuoco al villaggio senza porsi nessun problema, dopotutto i pirati questo facevano.
Almeno la maggior parte di loro, sebbene alcuni fossero diversi e Law era uno di quelli.


Kidd accennò un sorriso sprezzante, incrociando le braccia al petto, mettendo ben in vista la protesi metallica sulla quale mi cadde l’occhio. Lo sentii ridacchiare << Rispetto a un anno e mezzo fa e decisamene aumentata. >>
Sembrava aver apprezzato la mia osservazione.
<< E che cosa volete? >> domandò Ryltar vicino a me.
Ecco! Lui era uno di quelli che il buonsenso proprio non sapeva cosa fosse e non mi soprese lo sguardo di fuoco che il capitano dai capelli rossi gli rivolse, come se stesse per incenerirlo.
Tirai una gomitata secca allo sterno del mio amico, guardandolo praticamente con la medesima espressione. << Che razza di domanda è? Cosa pensi che siano qui a fare? A cercare caramelle? Stai zitto, per una volta! >> esclamai con il mio abituale sarcasmo e quell’uscita riportò l’attenzione del pirata su di me, piuttosto incuriosito.
Tutti quelli del villaggio, comprensibilmente terrorizzati, mi guardavano con angoscia e fortunatamente nessuno di loro fiatò.
Non che io me la stessi cavando meglio dal punto di vista emotivo, dire che la situazione mi preoccupava parecchio è riduttivo, anche se non provavo lo stesso terrore di un tempo.
Kidd mi faceva paura, ovviamente. Mi metteva a disagio e temevo che alla prima parola sbagliata mi sarei trovata la sua mano alla gola, ma al contempo mi consideravo una piratessa, o almeno tale mi reputavo.
Di certo il mio orgoglio aiutava a nascondere le mie reali emozioni.


<< Abbiamo cibo e acqua in abbondanza, ma non troverai nessun bottino, almeno qui al villaggio. Come ti ho già detto, su quest’isola non arriva mai nessuno, men che meno i giornali. Siamo tagliati fuori dal mondo >> spiegai indicando la gente del villaggio con un cenno della mano.
<< E tu quindi da dove arrivi? Mocciosa? >> domandò diretto, con una punta di provocazione nella voce e sempre quell’irritazione che gli percepivo addosso da quando me lo ero trovato davanti. Fu fastidioso sentirsi dare della mocciosa, ma non ribattei.
<< Ho viaggiato a lungo per mare, tra le isole >> spiegai con calma << Sono un’avventuriera, o archeologa, se così posso definirmi. Ho svariate conoscenze e… >> mi bloccai qualche istante, distogliendo lo sguardo e rivolgendolo alla montagna. << Sono arrivata qui tempo fa, ma non sono più riuscita ad andarmene. >>
Il rosso rivolse a sua volta l’attenzione verso la montagna, poi di nuovo su di me.


<< Prendete tutto quello che trovate nelle case, non lasciate nulla >> ordinò il capitano in direzione dei propri uomini che si misero subito a girare tra le abitazioni quasi del tutto divorate dalle fiamme, buttando in giro casse e contenitori vari. Poi tornò a guardarmi. << Cibo e bevande li prendiamo con noi. Oggetti di valore? >> domandò, abbassando poi lo sguardo su di me, in particolare sui bracciali che avevo ai polsi, uno d’oro e uno d’argento, lavorati finemente e con decori di draghi incisi.
Erano doni di Cassian e non volevo per nessun motivo liberarmene, tuttavia se non lo avessi fatto avrei peggiorato la situazione.
<< C’è qualche oggetto di valore, ma non qui! >>
<< Tytär, no! Non puoi… >> mi bloccò il vecchio capovillaggio, afferrandomi per il polso.
<< Va tutto bene… >> risposi prontamente voltandomi a guardarlo, sentendo Kidd sbuffare in risposta, spazientito.
Mi sentii afferrata per il braccio libero, tirata poi verso di lui. << E dove sono questi oggetti, ragazzina? >>
Mi morsi la lingua per non rispondergli a tono, presa alla sprovvista da quel gesto che non mi aspettavo. << Nella montagna, sotto metri e metri di acqua. Posso portarvi io stessa, se questo può impedire che deprediate fino all’osso il villaggio >> replicai tra i denti, senza trattenere il mio disappunto per il suo tono e perché mi stesse trattenendo.
La voglia di reagire e rispondergli era tanta, ma non avevo idea del suo potere e di cosa avrebbe fatto. Potevano andarci di mezzo tutti gli altri e non potevo permettermelo.
Lo vidi riflettere un istante, con quello sguardo serio, severo e ribelle. Era rabbioso, qualcosa lo irritava, o meglio, c’era qualcosa di strano.
<< E va bene! Mi ci porterai più tardi >> annuì distogliendo lo sguardo, severo, sempre tenendomi. Aveva una morsa d’acciaio. << Prima mi serve un medico. >>


Stavo iniziando a cercare di liberarmi da quella presa ferrea e nel sentire quelle parole mi bloccai, alzando lo sguardo su di lui. << Un medico? >>
<< Sì, un cazzo di medico! Non ci senti? >> replicò seccato, alzando la voce.
<< Certo che ci sento! >> esclamai a mia volta, strattonandomi con più decisione per tentare di liberarmi. In risposta lui strinse di più la presa, facendomi imprecare sottovoce.
<< Lyanna… >> sentii chiamarmi Ryltar preoccupato.
<< Tytär... Lyanna... ma come cazzo ti chiami? >> domandò Kidd spazientito, lasciandomi andare il braccio spingendomi indietro.
<< Lyanna >> risposi massaggiandomi il braccio dolorante e guardando poi Ryltar, scuotendo il capo e sperando che non facesse o aggiungesse altro.
<< Allora.. dove è il vostro medico? Mi serve adesso! >> avanzò minaccioso, guardandoci tutti. << O devo iniziare a uccidervi uno ad uno, prima di avere una risposta? >>
<< Io ho conoscenze base di medicina >> replicai subito, alzando una mano. << Non abbiamo altri dottori sull’isola. >>
Mi sembrò di sentirlo ringhiare frustrato e irritato più di quanto già non fosse, poi lo vidi voltarsi, guardando in direzione della sua ciurma. << Heat, portala sulla nave e aspettatemi. Tu… >> indicò Ryltar << …portami alla montagna, muoviti. >>
<< Oh, fantastico… >> borbottai guardando in direzione di Ryltar. << Mi raccomando, fatti ammazzare! >> sibilai tra i denti, chiaramente ironica, vedendo il mio amico bianco come un cadavere, ancora con gli occhi fissi sul Rosso.
<< Ma io non so… non conosco le entrate… >> farfugliò spaventato il ragazzo, altalenando lo sguardo tra me e Kidd, che affilò un sorrisetto crudele.
<< Sono sicuro che le ricorderai, quelle entrate! >> ribatté con un tono che non ammetteva replica.
<< Il lago d’avorio, >> dissi io << Prendi il primo ingresso a lato nord dell’isola e vai sempre a destra >> spiegai io sbrigativamente, sperando che trovasse davvero il lago.


Mi accorsi dell’uomo che si era avvicinato a me quando mi fu di fianco e a stento trattenni la sorpresa nel vedere il suo aspetto. Era pallido, pieno di cicatrici su tutto il corpo e con dei dreadlock azzurri che lo facevano sembrare una bambola voodoo.
Lanciai un ultima occhiata a Ryltar, come monito di non fare mosse azzardate, poi tornai a guardare il pirata.
<< Andiamo >> mi disse solo con un cenno del capo, indicandomi verso il piccolo porto della baia, dove alcune barche erano pronte per ripartire in direzione della nave ancorata a largo.
<< Quindi saliamo su quella nave? >> domandai entusiasta della cosa. Era così tanto tempo che non rimettevo piede su una imbarcazione reale.
<< Sì >>
<< Come si chiama? >> incalzai, ricevendo un’occhiata perplessa in risposta. << La nave… come si chiama la nave. >>
<< Oh… beh... >> borbottò lui probabilmente sorpreso dal mio modo di fare. << Victoria Punk. >>
<< E quello è un teschio di drago o di dinosauro? >> continuai, prima di salire agilmente sulla barca, sotto l’espressione perplessa del pirata che si era fermato a guardarmi.
<< Tu non hai paura di noi… e sai chi siamo >> osservò mentre anche altri uomini di Kidd si erano girati a fissarmi.
<< Ehm… no, o meglio, il vostro capitano è decisamente spaventoso >> ammisi, sentendomi in imbarazzo per quegli sguardi dubbiosi. << E che non vedo altra gente da parecchio tempo >> spiegai con tono meno infervorato, voltandomi a guardare la nave. << Soprattutto, non vedevo una nave da tanto tempo. >>
Non notai gli sguardi che alcuni di loro si cambiarono, prima che Heat salisse a sua volta sulla barca, assieme ad altri tre, iniziando a spostarci verso la nave del rosso.
Guardai con attenzione la prua quando ci passammo vicino, riconoscendo il teschio di un dinosauro, e non di un drago come polena e non potei fare a meno di tirare un sospiro di sollievo.


Mi ricordai solo in quel momento del perché fossi lì, imbambolata a guardare la nave, osservando la scaletta a lato che permetteva di arrivare direttamente sul ponte.
<< Come mai a Kidd serve un medico? >> domandai, mentre Heat mi faceva cenno di salire prima di lui, seguendomi poi alle mie spalle.
<< Te lo dirà lui quando arriverà >> mi rispose freddamente, senza troppe inflessioni.
<< Chi sta male? >>
<< Fai troppe domande, sei fastidiosa. >>
Ridacchiai << Non sei il primo che lo dice. >>
Arrivai sul ponte e mi guardai attorno, facendo qualche passo subito in direzione della prua della nave, incuriosita, ma Heat mi afferrò con decisione per il braccio, iniziando a trascinarmi verso il castello di poppa, illuminato da diverse lucerne e candele.
<< È davvero una bella nave… >> valutai tra me e me, facendomi trascinare senza troppe remore, continuando a guardarmi attorno, per poi iniziare a scendere per delle scale.
Venni trascinata dentro a una stanza, dove finalmente il pirata mi lasciò andare. << Stai qui, buona. Non fare nulla e non toccare nulla. >>
Mi guardai attorno, ero in una sala spartana, con diverse casse e ciarpame vario. Alzai le mani, a mo’ di resa, sedendomi sopra uno dei bauli. << Non tocco nulla. >>


Appena Heat fu uscito mi rialzai, iniziando a girare per la stanza, toccando le casse e le pareti di legno e osso. L’intera nave sembrava costruita con abilità, usando diversi materiali robusti e resistenti, creando una vera e propria opera d’arte.
Non c’era un bell’odore, la sotto, benché fosse lo stesso familiare. Non riconducevo i ricordi alla Polar Tang, ma alla Moby Dick, dove ero cresciuta, prima che accadesse il disastro.
Mi ero chiesta come potevano stare gli altri ragazzi, Marco, Izo, Jaw, Vista e tutti gli altri. Probabilmente Marco era andato a Sphinx, l’isola natale di Barbabianca.
Poteva essere un buon punto di partenza dove trovare persino aiuto.
Iniziai a girare per la stanza, riflettendo.
Nell’assurdo quella nave era la migliore delle mie possibilità per lasciare l’isola, ma c’era un problema grande come una casa da affrontare. Non avevo nulla da dare a Kidd per chiedere un passaggio, anche perché dei miei averi li avrebbe semplicemente reclamati per sé. Vendere il mio corpo era fuori discussione, ovviamente.
Qualcuno nella nave stava male, qualcuno a cui il capitano dai capelli rossi sembrava tenere particolarmente, o almeno così mi era sembrato di capire. Forse in cambio del mio aiuto avrei potuto chiedere un passaggio sulla prossima isola. Era pur sempre una possibilità. Qualcosa che potesse interessare a Kidd ci sarebbe stato sicuramente, dovevo solo trovarlo.
E No, il fatto che facessi parte dei pirati Heart, o che lo fossi stata, che ero per metà un drago con poteri derivanti da quella condizione non era il caso di dirglielo.
Almeno per il momento.


Rimasi a riflettere a lungo in quella stanza, ormai era notte inoltrata. Dovevano essere passate ore quando finalmente iniziai a sentire il rumore di passi sul ponte della nave e poco dopo Kidd entrò, più torvo di prima.
Rimasi tranquillamente seduta sulla cassa, altalenando le gambe incrociate come se non riuscissi a stare ferma, puntellandomi con le mani sui lati, osservandolo con curiosità.
<< Il tuo amico si è perso dopo quindici minuti e ci ha fatto uscire dopo due ore >> ringhiò rabbioso.
<< Lo hai ucciso? >> domandai accigliandomi, mentre lui accennava un maligno sorriso sarcastico.
<< Respira ancora. >>
<< Io te lo avevo detto che non era il caso vi portasse lui, >> feci notare, inclinando il capo di lato e vedendolo rabbuiarsi, digrignando appena i denti << ma… posso portarvici io domani, se non mi scartavetri contro le paratie della nave. >>
Tornò a guardarmi serio, mentre io cercavo di accennare a un sorrisetto di circostanza, per poi scendere dalla cassa.
<< Quindi, sono qui perché ti serviva un medico, giusto? >> domandai, incrociando le braccia al petto, vedendolo quindi annuire.
Con un grugnito seccato mi fece un cenno con la testa << Seguimi >> mi ordinò autoritario, uscendo dalla stanza con me che gli stavo dietro.


La nave durante la notte, con le luci di lanterne e candele, era ancora più spettrale e al contempo affascinante e l’odore forte del legno e salmastro riaccese vecchi ricordi e involontariamente sospirai, paga.
Kidd si voltò a guardarmi, perplesso da quel sospiro, con un’espressione torva e dura a cui risposi con un altro mezzo sorriso tirato.
Faceva paura, o quantomeno emanava un certo potere servaggio e di pura forza. Non avevo nessuna intenzione di mettermi contro di lui.
<< Hai una bellissima nave >> ammisi, cercando di spiegare il perché del mio atteggiamento. << Scusa se ti sembro strana, ma sono anni che non mettevo più piede su una reale imbarcazione. >>
Kidd ridacchiò di nuovo. << Certo che è una bella nave, >> replicò con ostentato orgoglio e voltandosi di nuovo << è la mia nave! >>
Scendemmo di nuovo, verso gli alloggi della ciurma, passando per alcuni corridoi, prima di fermarci di fronte a una porta che aprì, facendomi cenno di entrare.
Era una stanza piccola, con un letto su un lato, un cassone per gli effetti personali, qualche sedia e mobilia generica.
Non persi molto tempo a guardarmi attorno, rivolsi subito lo sguardo verso l’uomo steso a letto che respirava a fatica. Era grosso quanto il suo capitano, con una cascata di capelli biondi che scendeva sul lato del letto, con indosso una maglietta blu sulla quale appariva un simbolo piratesco e un paio di pantaloni. La cosa che però attirò maggiormente la mia attenzione fu la maschera che indossava sulla testa, bianca e blu, dettaglio che mi fece capire di chi si trattasse.


<< Lui è Killer, giusto? >> domandai. Oltre a Kidd la taglia del suo secondo appariva sui giornali con la stessa frequenza e infatti il rosso annuì, incrociando le braccia e poggiandosi alla parete.
L’odore nella stanza era piuttosto pungente, come di qualcosa in putrefazione e dopo una rapida analisi vidi diverse ferite all’altezza del fianco e dell’addome.
<< Posso? >> domandai indicandolo e fissando Kidd, incerta se potessi toccare il suo vice o meno.
<< Certo che puoi, cosa pensi che ti abbia chiamata a fare? Per guardarlo? >>
Non replicai, trovandolo particolarmente irritante. << Che gli è successo? >> domandai iniziando a spostare i lembi della maglietta. << Sembrano ferite da taglio, ma non di un’arma affilata e questo odore… è veleno? >>  
<< Un grosso animale che abbiamo trovato su un’isola non lontana da qui. Qualcosa di simile a un serpente mezzo… qualcos’altro. >>
Annuì, valutando i danni, cercando di sentire la temperatura e fare una rapida diagnosi, sempre nelle mie basilari conoscenze. << Posso togliergli la maschera? >> domandai, tornando a guardare il capitano.
<< No >> rispose questo severo, serio in volto.
<< Ho bisogno di cercare di capire gli effetti del veleno, oltre che fatica a respirare e di certo una maschera non aiuta. >>
<< È abituato ad averla e non vuole che gliela si levi. >>
Sospirai, passandomi una mano tra i capelli. << Va bene, va bene. Ho, o meglio avevo, delle erbe al villaggio, ma probabilmente ora saranno cenere. Avete qualche medicinale qui sulla nave? >>
Lui si fece pensieroso. << Sì, >> sbottò << Qualcosa abbiamo. >>
Annuii << Portami quello tutto quello che avete e vedrò cosa posso fare. >>
<< Non mi piace che mi si diano ordini… >> replicò minaccioso e io alzai gli occhi con un sospiro. Anche quella situazione aveva un ché di familiare. Anche a qualcun altro non piacevano gli ordini.
<< Capitano, mi servirebbero i medicinali per il tuo secondo, potresti portarmeli prima che lui schiatti male? >> domandai con sarcasmo, osservandolo e sostenendo il suo sguardo infastidito.
Probabilmente se non ci fosse stato in mezzo Killer me l’avrebbe fatta pagare carissima.


<< Non ti azzardare a fare qualcosa di stupido, mocciosa, o ti assicuro che per te saranno guai seri >> mi minacciò rabbioso, stringendo una mano a pugno e io semplicemente annuì.
Uscì dalla stanza, lasciando la porta aperta da dove vedevo altri suoi pirati, verso il quale si rivolse sciorinando ordini severi.
Tornai con lo sguardo su Killer, iniziando a guardare con attenzione le ferite.
Non erano gravi, il problema era più il veleno, che per mia fortuna non era poi così facile da debellare. Se anche non avessero avuto nulla di buono da usare sulla nave, sull’isola c’erano varie piante che facevano al caso mio.
Ero probabilmente troppo presa a pensare a cosa usare e non mi accorsi di nulla.
Killer fu velocissimo, mi accorsi neppure del suo movimento.
In pochissimi istanti mi afferrò il polso della mano che lo stava sfiorando, stringendo con una forza tale da farmi scricchiolare le ossa, ma la cosa più inquietante che mi fece accapponare la pelle fu la sua risata, strana, che non centrava nulla con la situazione, completamente fuori contesto.
Mi fece gelare completamente il sangue.
   
 
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