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Autore: Scribbling_aloud    12/03/2024    1 recensioni
Siete anche voi dell'idea che un ragazzo come il nostro Harry Potter dopo: infanzia con gravi carenze di affetto e tutori abusivi, traumi pesanti in adolescenza con minacce di morte, perdite di affetti rilevanti nel corso della vita, non avrebbe mai potuto avere una vita troppo facile con una famiglia alla mulino bianco e soprattutto una mente equilibrata e serena?! Secondo me PTSD come se non ci fosse un domani. Questa è una trilogia molto poco magica che, in un crescendo, esplorerà la sua mente e la sua vita famigliare con i suoi mille problemi e difficoltà data da tormenti mai risolti, una popolarità cresciuta a dismisura che non lo fa vivere bene, fragili equilibri nelle sue relazioni che si frantumano. Partiamo diciannove anni dopo, esattamente dove ci ha lasciati la Rowling. Il Natale di quell'anno.
ATTENZIONE: comincia molto leggero, quasi frivolo, ma ci tengo a precisare che non è un testo per bambini. Da più o meno metà del primo libro e poi nel terzo, ci sono parecchi punti intensi, violenza e tratta temi delicati. Specie il terzo libro, dove ho raffinato un po' la mia scrittura quindi le immagini sono più vive.
E' una traduzione dall'inglese.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Teddy/Victorie
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Stiamo camminando nel cortile di Hogwarts verso il cancello dove ci saluteremo protetti da sguardi indiscreti. Papà è invisibile in mezzo a noi.
Albus è chiaramente abbattuto; non ha preso bene le novità. Io neanche, ma al contrario di lui sono furioso. Si sta portando Sunrise dall’altra parte del pianeta lasciandoci qui. Cosa faremo quando finiremo gli studi? Dove andremo? E a fare cosa? Non voglio essere lontano da Sunrise ma non voglio neanche vivere in un posto dimenticato da Dio, lontano dagli amici, lontano dalla Tana. Scommetto che non ci ha neanche pensato.
Intorno a noi gli studenti stanno giocando e chiacchierando, godendosi la pausa pranzo, e la mia testa è in fermento con quello che vorrei dire e chiedere. Ma qualcosa mi zittisce. Me stesso.
Se ne sta per andare, lontano, non sarà al binario ad accoglierci alla fine dell’anno, non torneremo a casa nostra come al solito. Quella casa sarà vuota. Quella vita è finita.
Sento il panico che sale e una lotta si sta combattendo dentro di me, dove una piccola voce furiosa sta martellando. Non posso lasciarlo andare in questo modo, senza fare pace, il tempo scorre e so che se non lo saluto bene, me ne pentirò, non posso lasciarlo andare con la convinzione che lo odio.
Ma non permetterò al mio lato debole di avere la meglio perché lo odio e non dovrebbe fottermene un cazzo di quello che prova e io non dovrei provare nulla nei suoi confronti se non una sprezzante indifferenza!
Un enorme sforzo mentale è necessario per schiacciare quella voce, per zittirla brutalmente perché solo sentirla mi fa impennare l’ansia ma si sta dibattendo con tutte le sue forze.
Poi Francis mi vede, sta giocando a Quidditch non troppo lontano con degli altri Griffondoro. Accelera con la sua scopa verso di me e ne salta giù al mio fianco, mettendomi un braccio intorno alla spalla tutto arrossato per l’esercizio. Non si rende conto di quanto la situazione sia tesa, saluta semplicemente Albus e si gira sorridente verso di me.
‘Hey James, che fai? Dove stai andando?’
‘Faccio una passeggiata con Albus’ rispondo brevemente sperando di scoraggiarlo.
‘Hai detto che saresti venuto per pranzo e non ti sei fatto vedere. Ho preso la tua scopa però, così ti puoi unire a noi. Abbiamo bisogno di un battitore. Vieni? Albus, vieni anche tu?’
‘No grazie’ Albus borbotta lanciando un’occhiata verso papà.
‘No, Francis, non posso. Vengo dopo’ dico cupo tutto preso dalla mia battaglia interiore.
‘Oh, ma dai! Non essere una scopa nel culo! Non stai facendo nulla. Fatti la tua merda di passeggiata un’altra volta!’
‘Ho detto che non posso’ dico tagliente, ma poi mi fermo, un’onda di rancore verso papà che mi investe per tutta questa confusione che mi sta creando. Non lo voglio salutare, non voglio affrontare quello che sicuramente sarò un momento doloroso e imbarazzante dove so che qualsiasi cosa farò mi farà stare male. E qui ho un modo di scamparlo con relativa facilità.
‘Ma sai che c’è?’ sogghigno ‘Perché no? La mia passeggiata non è poi così importante dopotutto’
Lui esulta, sale sulla scopa e mi fa segno di salire dietro di lui cosa che faccio senza guardarmi indietro.
La voce di Albus, tagliente e arrabbiata, mi raggiunge l’orecchio ‘James, cosa cavolo…’ ma si interrompe bruscamente e so che papà l’ha fermato.
E ce ne andiamo verso gli altri. Quando smonto tutti mi salutano e Francis mi rifila la scopa, cerco di unirmi alle risate e alle chiacchiere ma la mia mente è tutta occupata da un forte brusio che non mi permette di distinguere nulla di quello che gli altri stanno dicendo.
Mi guardo indietro e vedo Albus che mi osserva, i suoi occhi verdi sono così penetranti che li scorgo da qua. Ma poi si gira e ricomincia a camminare, e non so com’è possibile, perché non lo è, ma sono sicuro di riuscire a vedere papà che mi guarda. Anche se è invisibile, so che si è soffermato un momento a osservarmi e so che questo è l’ultimo colpo della giornata, il peggiore, ora l’ho veramente sconfitto. Ora l’ho veramente punito.
E dovrei godermi il momento perché questo è quello che volevo fin dal principio, ma il mio cuore batte da impazzire e a malapena riesco a respirare, la voce dentro di me che lancia degli ultimi potenti attacchi spronandomi a tornare indietro ma l’altra mi tiene fermo ‘E’ lui che deve venire da me, deve farlo!’
E Francis mi scuote ridendo chiedendomi cosa sto fissando con così tanta attenzione che stanno cominciando senza di me, forzo una risata e rispondo qualcosa, chissà cosa, mentre dentro sto combattendo, sto implorando ‘Papà, togliti quel mantello e vieni da me, perché ho bisogno di te e non riesco ad avvicinarmi. Dimostrami che ci tieni!’
I miei occhi non riescono a lasciare quel punto, ma so che non è più lì, ha ripreso a camminare. Se n’è andato.
   
 
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