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Autore: Marauder Juggernaut    18/03/2024    0 recensioni
[ Dal Testo ]
È vero, la persona che spera di incontrare è degna di Katakuri. Col tempo, il Ministro della farina si è reso conto di non essere disposto a concedere la propria presenza a gente che non lo merita. Già cinque minuti sono sufficienti, figurarsi spendere notti intere.
È vero, è bellissima. Katakuri ha visto quasi l’intero oceano e poche volte ha posato lo sguardo su creature più ammalianti.
È vero, non ci fa nulla. È sfiorito il tempo della passione imperterrita per entrambi. Ogni tanto, uno dei due ci prova a rinvigorire la fiamma, ma non sempre è un successo e col passare del tempo si sentono sempre più ridicoli.
È vero, è della sua taglia. A essere onesti, svariate decine di centimetri di più (e qualche milione di Berry in più, ma è un’altra questione) e questo è un particolare che ha sempre infastidito Katakuri, ma ha imparato a non darci peso per il quieto vivere.
È falso, invece, che si tratti di una donna, ma questo è un dettaglio che non condividerà mai con nessuno.
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[ Coppia principale: Katakuri x King/Arbel ]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Charlotte Katakuri
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Confessionale:
Ho modificato il testo e alcune cose nei capitoli precedenti, ma non incidono particolarmente sulla trama.
Buona lettura!
M.J.

 


Capitolo 3: Amara Verità

 


Un battito d’ali ritmato distoglie l’attenzione di Katakuri dalle pagine del libro che sta leggendo, per portarla sulla finestra lasciata preventivamente aperta. Il rumore si fa sempre più forte, come le pale di un’elica in avvicinamento.
Con calma, si alza dalla poltrona su cui è seduto e si toglie dalla traiettoria di atterraggio del suo ospite. Giusto in tempo poiché, nel giro di qualche secondo, una creatura preistorica varca la soglia della finestra e in un istante si trasforma in un essere di svariati metri coperto di latex. Stussy aveva ragione, così come le sue previsioni.
«Ciao, Arbel» lo saluta laconico Katakuri, mentre il primo comandante della flotta di Kaido si toglie la maschera ed esala un profondo respiro. È stanco, glielo si legge in faccia. Lo conosce da troppi anni e ha imparato ogni minima variazione del volto dell’altro.
«Katakuri» risponde con rispetto Arbel, posando la maschera sullo schienale di una delle poltrone e lasciandosi cadere sulla seduta. «Dimmi che c’è del rhum in uno di quegli armadietti».
Il dolce comandante sbuffa divertito a quella pretesa, prendendo quanto richiesto da una delle ante e versandolo in un bicchiere che poi tende ad Arbel, che lo ringrazia con un cenno del capo.
«Periodo pesante?».
«Non ne voglio parlare…» confessa e adocchia il mazzo di carte lasciato sul tavolo. Con rapidi movimenti delle mani, comincia a mescolarlo mostrando una tecnica del tutto invidiabile.
«Queen?» indaga Katakuri con un sorrisetto. Negli anni, King ha confidato diverse volte come il compagno di ciurma fosse la causa della maggior parte dei suoi diverbi e malesseri all’interno del gruppo delle Cento Bestie. Non aveva mai rivelato nel dettaglio cosa tramavano, ma si era sfogato in più occasioni su come Queen non si facesse problemi a sperperare i fondi in feste grandiose che però portavano soltanto a liti e a un’intera isola da ripulire da macchie di vomito, sangue e altri liquidi corporei.
Katakuri e la famiglia Charlotte non avevano nulla da recriminare: a parte l’assenza di caos e alcolici, anche i tea party non erano altro che uno spreco di berry per compiacere Big Mom, mostrare il suo potere e tenersi buoni gli alleati, esattamente come le feste organizzate da Kaido e i suoi.
«Ti serve davvero una risposta?» il tono irritato e sconfitto è una risposta sufficiente. Smette di mescolare e distribuisce le carte a entrambi; Katakuri si siede, prendendo in mano le proprie, ma senza davvero guardarle. La sua mente è altrove e, così come Katakuri riesce a capire ogni sfumatura del volto di Arbel, il Lunariano può leggere Katakuri come un libro aperto. «Vuoi dirmi cos’è che ti preoccupa, Charlotte?».
Katakuri sospira, abbassando per un secondo le carte per guardare l’altro in faccia. «Arbel…».
L’altro resta in silenzio mentre mette da parte il mazzo, aspettando che parli.
«Smettiamola».
Arbel corruga un attimo la fronte, prima di rilassarsi e prendere le proprie carte per sistemarle.
«Immaginavo me l’avresti chiesto».
Katakuri ride sommesso dietro la sciarpa, riportando attenzione alle proprie carte. C’è una doppia, da scartare e sbuffa davanti all’ironia della sorte: è il re di picche. «Da quando anche tu riesci a prevedere i discorsi che stanno per fare le persone?» chiede, scartando la carta.
Arbel fa solo un sorriso un po’ arreso, senza alzare lo sguardo dalle proprie carte. «Chi lo sa … forse ho davvero passato troppo tempo con te…» dice, scartando l’asso di cuori.
 
 
 
L’ironico dilemma di Perospero si era rivelato quasi del tutto infondato, poiché tempo pochi mesi e la flotta di Big Mom era cresciuta talmente tanto da rendere necessaria la presenza di capitani di flotta. Essendo il fiore all’occhiello della famiglia, è stato quasi naturale per Katakuri essere messo a capo di una di queste navi, che poteva comandare come meglio credeva, purché seguisse gli ordini di sua madre.
Quando lo inviava in qualche missione di riscatto di dolciumi, cercava sempre di metterci meno tempo possibile, calcolando poi la rotta più rapida per la città a luci rosse. In questo modo, gli incontri con Arbel si erano fatti più frequenti e di durata più lunga. Da quella saltuaria volta all’anno, adesso avevano modo di vedersi anche ogni pochi mesi, riuscendo a concordare addirittura periodi precisi. Nulla rendeva Katakuri più soddisfatto che attraccare a Kanrakugai e niente lo faceva irritare più che levare l’ancora da quell’isola. Ma per quei giorni che intercorrevano tra l’arrivo e la partenza, Katakuri poteva godere dei momenti migliori della sua vita. Quello che provava in quelle occasioni difficilmente era replicabile da altri momenti di vita quotidiana. Nemmeno le sue merende gli davano tutta quella soddisfazione. Raramente parlavano della loro vita al di fuori di Kanrakugai. Una volta sola Katakuri si era azzardato chiedere. Aveva domandato dov’era che andasse alla fine di ogni loro incontro se non viveva sull’isola.
«Lontano dagli occhi del Governo Mondiale … e da tutti quelli che possono riconoscere la mia specie».
Katakuri si era infastidito a sentire queste parole che non erano niente più che una mancata risposta, ma una parte di lui non voleva indagare oltre: aveva come l’impressione che se si fosse impuntato, avrebbe premuto il tasto dolente che tutti e due volevano evitare.
Il secondogenito di Big Mom si rendeva conto che quella era una scelta imprudente: Katakuri non sapeva davvero chi aveva di fronte e Arbel era forte. Che potesse essere una minaccia era ormai appurato da anni, ma quel breve discorso sull’essere alleati che avevano avuto solo qualche anno prima gli metteva almeno un po’ l’anima in pace: Arbel non gli aveva ancora dato motivo di dubitare di lui.
Katakuri quindi faceva di tutto per non pensarci e si limitava a godere di quella piccola libertà che si concedeva.
 
«Un giorno tua madre scoprirà tutta questa faccenda» mormora Arbel tra le sue braccia, mentre si fa accarezzare con inaspettata docilità i capelli. Nessuno dei due è tipo da smancerie, ma all’alba dei venticinque anni hanno imparato a lasciarsi andare ogni qualvolta ne abbiano l’occasione perché raramente capiterà loro un momento di dolcezza. Ormai il Lunariano ha imparato a memoria ogni centimetro del suo corpo. Katakuri ha fatto la stessa cosa.
Gli piacciono i suoi capelli, con cui sta pian piano giocando e che sta districando dai nodi. Gli piacciono le sue spalle possenti e la schiena, dove c’è l’attaccatura delle ali, che spesso ha accarezzato con tocchi delicati perché Katakuri ha scoperto essere estremamente sensibile. Poche cose eccitavano Arbel più di un contatto in quella zona. Le ali; altro punto che incuriosisce tutt’ora Katakuri. Si ricorda i primi incontri in cui si sentiva quasi intimorito da quel mantello nero che calava su loro due, ma nel tempo gli hanno instillato una sensazione di protezione che non credeva di avere bisogno. Le ha accarezzate con vigore innumerevoli volte, anche se inizialmente Arbel gliele allontanava dalla portata di mano, giustamente sospettoso che qualcun altro potesse toccare un tratto tanto particolare. Non era durata molto questa diffidenza: già a ventun’anni se le faceva accarezzare con assoluta tranquillità.
«Fino ad allora non farti questi problemi…». Katakuri non nega che prima o dopo sua Madre possa scoprire qualcosa, ma non ci vuole pensare. Sarebbe nei guai Katakuri, sarebbe in pericolo Arbel. «Finché non lo scopre, resto con te». Non sa da dove gli viene questa confessione, ma sorprende sia se stesso che il Lunariano, che lo guarda con gli occhi spalancati per la sorpresa.
Al secondogenito Charlotte viene da arrossire e volta la testa di lato, nascondendosi il viso con le braccia: raramente ha provato una vergogna così grande e forse adesso Arbel ha buone ragioni per andarsene, perché Katakuri non doveva mostrarsi tanto vulnerabile e dire, anche sottovoce, una cosa simile.
Non ne hanno mai parlato, ma l’accordo è chiaro: non c’è niente tra di loro oltre ai saltuari incontri in un bordello. Forse riesce a dissimulare e a salvare la propria dignità, facendo credere all’altro che intendesse dire proprio quello, che ciò che desidera è in realtà solo il suo corpo perfetto, di cui può godere come più vuole ormai.
Non fa in tempo a girarsi che le labbra di Arbel si posano sul suo zigomo, proprio al di sopra della sua cicatrice. È sorpreso, ma non riesce ad esprimersi perché quelle labbra si posano sulla sua bocca per un istante. Poi sotto la sua mandibola e il corpo pesante di Arbel gli fa compagnia appoggiandosi sul suo petto non appena prova a voltarsi verso di lui. I suoi capelli bianchi sono ovunque, le braccia gli avvolgono tutto il torace e ha l’orecchio appoggiato sullo sterno, lì dove può sentire un respiro agitato e un cuore che batte all’impazzata.
«Anche a me piace stare qui con te…». Katakuri si domanda come faccia l’altro ad ammetterlo con tanta leggerezza, senza andare nel panico come ha fatto lui. Ma quelle parole così lievi gli scaldano lo stomaco e quindi abbraccia Arbel per tenerselo ancora più vicino.
«Spero che non troverai mai motivo per mandarmi via». Katakuri lo guarda e non capisce perché la sua voce scherzosa abbia una vena di malinconia. Glielo vorrebbe chiedere, mentre accarezza quel volto impeccabile, ma il Lunariano si sporge verso di lui e dà un colpo di reni fin troppo eloquente.
Il sorriso malizioso è solo un’altra caratteristica che lo rende ancora più desiderabile.
«Ne hai ancora, Charlotte?».
«Per tutta la notte, Lunariano».
No, pensa Katakuri, mentre lo bacia, mentre lo mette sotto di sé, gli divarica le cosce e gli spalanca le ali, non avrò mai motivo per mandarti via.
 
 
«Aaaah». La smorfia infastidita di Cracker non passa inosservata; anzi, attira l’attenzione di tutti i membri della ciurma presenti.
Katakuri gli lancia solo un’occhiata distratta, prima di concentrarsi nuovamente sui rapporti delle rendite agricole dell’isola di Komugi. Sua madre l’ha reso Ministro di quell’isola, ma ciò non significa che sia ferratissimo in tutte le responsabilità che un simile ruolo comporti. Ha ancora un po’ da imparare, ma di giorno in giorno le informazioni e i compiti si fanno sempre più comprensibili.
«Cosa c’è, Cracker?». È la flemmatica Amande che dà voce al pensiero di tutti.
«Morgans e la sua redazione stanno facendo troppa pubblicità a Kaido» borbotta irritato, girando una pagina di giornale. Sul tavolo ha posato il malloppo di avvisi di taglia, i nuovi numeri con cui la ciurma delle Cento Bestie è richiesta dal Governo Mondiale.
La sorella li sfoglia, un fruscio di carta colma il silenzio incuriosito che si è creato nella stanza quando Cracker aveva dato notizie della ciurma rivale.
«Ora lui ha una taglia più alta della tua, Katakuri». Tutti i fratelli presenti si voltano verso Amande, che ancora esamina gli avvisi, come se facesse dei calcoli. Commenti di disapprovazione si sollevano dalla bocca di tutti, mentre lanciano occhiate al secondogenito che ormai ha abbandonato sul tavolo i resoconti e si è alzato per raggiungere la sorella.
«Non mi sorprende» risponde, mentre sbircia da sopra la spalla della terzogenita i volti di Kaido e dei suoi comandanti.
La taglia dell’Imperatore è stratosferica come al solito, abbastanza da intimorire ogni cacciatore di taglie esistente al mondo. Le cifre dei suoi sottoposti non fanno eccezione.
La sua attenzione è attirata dall’avviso di taglia che Amande tiene ancora in mano, quello a cui lei si era riferita. Glielo chiede con un gesto gentile e lei glielo porge senza dire una parola.
È da diverso tempo che la sua famiglia tende a paragonarlo a King, il secondo in comando della ciurma di Kaido. Non sa se per una questione di forza o di ruolo (in quest’ultimo caso, starebbe come a significare che tutti i suoi fratelli lo vedono come potenziale successore di Mamma, con buona pace per Peros e per i suoi diritti di anzianità).
La Marina vuole King per oltre ottocento milioni, scalzando il record di Katakuri che, per quanto cospicuo, conta qualche decina di milioni in meno.
Il secondogenito resta a riflettere per qualche minuto in silenzio. Non ha mai incontrato King di persona, ma è certo che saprebbe riconoscerlo a prima vista: quella maschera nera, in primissimo piano nella foto, onnipresente in ogni volantino di taglia, salta all’occhio più di qualsiasi sciarpa possa indossare Katakuri stesso.
«La taglia non vuol dire nulla!» sbotta ancora Cracker, sbattendo il giornale sul tavolo e guadagnandosi così un’occhiata contrita di Amande. La ignora e si alza stizzito dal tavolo. «Anche quel Queen ha una taglia più alta della mia, ma non esiste che sia più forte di me!».
Katakuri si astiene da commentare l’uscita del fratello minore, anche se da una parte ha ragione: la taglia non significa tutto.
«E tu che ne pensi, Katakuri? Pensi di essere più forte di King?».
Pur interpellato, non stacca gli occhi dalla foto. «Non l’ho mai incontrato e non ho intenzione di farlo se non ne ho motivo» risponde con semplicità, lasciando finalmente perdere l’avviso di taglia. Cracker non è contento per quella risposta. Katakuri sospira. «Se si rivelerà una minaccia per Mamma, lo affronterò. E non perderò». Quella sicurezza e quella fiducia nelle proprie capacità sono ciò che serve per tranquillizzare ed esaltare tutta la famiglia. Non c’è un singolo movimento del suo corpo che lo conferma, ma dentro di sé Katakuri è contento che la sua famiglia confidi così tanto in lui.
Torna dai rapporti della sua isola, non pensando più a King. Tra qualche giorno potrà fare una nuova tappa a Kanrakugai e lì sì che c’è qualcuno che vale la pena incontrare, quindi farà meglio a far quadrare i conti prima di allora.
 
 
L’aria è tesa e il mare è in tempesta. Le onde sono cavalloni che si infrangono contro le prue della Queen Mama Chanter e delle navi che l’hanno accompagnata in quella spedizione in mare aperto che si è però rivelata un viaggio nella tana del lupo.
Poche navi della flotta di Big Mom che fronteggiano tante, troppe navi di un altro Imperatore dei mari.
Non appena qualcuno farà la mossa sbagliata, sarà guerra e si spaccherà il cielo per questo scontro, Katakuri ne è certo.
Resta in silenzio mentre vede le armate di Cracker difendersi da attacchi di cannoni che minacciano l’integrità delle navi. Questi colpi sono solo d’ammonimento, ma Katakuri sa che quelle dannate bestie presto attaccheranno per far male. Lo sente e avverte sua madre per questo, che se ne sta a prua della Queen Mama Chanter e sorveglia con sguardo attento l’ammiraglia della flotta di Kaido.
«Abbiamo sconfinato nel suo territorio, ma stavamo raggiungendo uno dei nostri porti … quel ragazzino non ha alcun diritto di sbarrarci la strada».
Sua madre si volta verso di lui e suo fratello Perospero con un ghigno teso. «Mettetemi in contatto con Kaido».
Fa appena in tempo ad andarsene sottocoperta a chiamare l’altro imperatore che un boato e un turbine di fiamme si leva in cielo da una delle navi avversarie e piomba su di loro come un colpo di mortaio. Tutto questo prende vita nella testa di Katakuri prima che accada davvero.
Con un balzo si butta a bloccare quell’attacco con un affondo di Mogura. Le punte del tridente si infrangono contro gli artigli di una creatura volante che dovrebbe essere estinta da milioni di anni. Crepita un fuoco sul dorso del dinosauro che per un istante divampa a causa del potente scontro di haki che i due sono costretti a sostenere. Dietro la sciarpa, un ghigno compare sulla bocca del secondogenito Charlotte: immaginava che prima o dopo avrebbe dovuto affrontarlo…
Così com’è nato, il sorriso gli si congela sulle labbra e il fiato gli si blocca nel petto. Il suo Kenbun-shoku lo mette in guardia dall’artigliata che gli sta per arrivare addosso ed è solo la sua prontezza di riflessi che gli permette di togliersi di dosso lo sbigottimento e deviare un colpo che lo avrebbe decapitato. Un colpo inferto per uccidere.
«Torna qui, Katakuri! Mamma non ti ha dato ordine di intervenire» sbraita qualcuno dalla nave e per una volta è contento di seguire gli ordini perché non è uno scontro che adesso può affrontare.
Anche King si ritira sulla propria nave e Katakuri non gli toglie gli occhi di dosso mentre lo fa. Un fuoco gli divampa nello stomaco, un acido gli sta corrodendo il fegato, una sensazione di nausea lo pervade da cima a fondo e ha paura di non riuscire a stare nemmeno in piedi.
«Dov’è mamma?» chiede non appena Perospero si avvicina.
«Ancora al lumacofono con Kaido … non hai una bell’aspetto, fratellino, ti ha colpito?» domanda il maggiore con un filo di preoccupazione.
«No, non è così». Il problema è un altro. È il suo haki kenbun-shoku che è troppo allenato, un portento tale da permettergli di riconoscere e identificare la presenza di ogni persona in quel tratto di mare. Spera con tutto il cuore di sbagliare, ma ha probabilmente appena scovato un segreto che avrebbe fatto volentieri a meno di apprendere.
La porta che conduce a sottocoperta si spalanca improvvisamente e Big Mom esce con tutta la sua imperiosità. Nonostante sia ritta e fiera, è tesa e il suo solito ghigno lo dà a vedere.
«Perospero, Katakuri, Oven, con me! Abbiamo una visita da fare adesso». Non è saggio salire su una nave nemica senza armi e Charlotte Lin Lin vuole giustamente portare le più potenti che ha. Forse Kaido gliel’ha concesso; o forse no, ma è raro che sua madre obbedisca agli ordini.
Katakuri non vuole andare. Vuole restare il più lontano possibile da quella verità che teme di aver scoperto e sa che se sale sulla nave di Kaido e si rende conto che tutto quello cha ha intuito si rivela giusto, allora non ha idea di cosa potrebbe esserne di lui e del proprio cuore.
“Io non sono necessario. Può andare Daifuku al mio posto” è quello che vorrebbe dire, ma sa che è una menzogna. Lui non è necessario: lui è essenziale. Il più temuto membro dei Charlotte non può tirarsi indietro di fronte a uno dei più importanti avversari della famiglia. Che figura ci farebbe di fronte ai fratelli e a Kaido? E già sente lo sguardo furibondo della madre su di sé se solo provasse a esternare quei pensieri, un’accusa che non è pronto a portare sulle spalle, come se il disagio che già prova non bastasse.
Ingoia un groppo amaro e obbedisce agli ordini.
 
È bravo a non dare a vedere il malessere che sente, perché una volta arrivato sulla nave ammiraglia del nemico tutti lo guardano con evidente rispetto e timore, si riparano dietro alle loro armi sollevate come se quelle potessero metterli al sicuro da un suo eventuale attacco.
Katakuri li ignora e guarda dritto verso la porta della cabina del capitano, aprendo la strada ai fratelli e alla madre che sta incutendo la stessa paura di un’incontenibile calamità naturale.
Kaido è seduto su uno scranno nella sua cabina, un re assiso in trono pronto a incontrare degli ambasciatori di un regno nemico.
Tutto in quella stanza sembra più grande del normale per accomodare le dimensioni degli occupanti.
«Lin Lin». Dal tono di voce, Kaido sembra già ubriaco e per questo non sarà una discussione semplice. A fianco a lui, i suoi due fedelissimi stanno ritti in piedi e li guardano con occhi minacciosi, con Queen che si fuma un sigaro e con movimenti calcolati batte via la cenere prima di riportarselo alla bocca e King … King non gli stacca lo sguardo di dosso ed è più perforante di una baionetta. Le sue ali nere sembrano talmente grandi da occupare tutta l’altezza della stanza e Katakuri le conosce ormai troppo, troppo bene.
«Kaido…» ribatte Big Mom fissandolo senza nessun timore. Lo sguardo di Big Mom poi scivola verso destra, nello stesso punto in cui sta fissando Katakuri. Nota che sua madre si sta leccando le labbra a quella vista e spalanca gli occhi, come se non potesse credere a quello che sta vedendo. «Da quando hai un Lunariano nella tua ciurma? E non mi hai avvisato?».
Quella conferma non fa che aumentare il senso di nausea di Katakuri, che si chiede da quanto sua madre studiasse e bramasse quella razza per poterla riconoscere con un solo sguardo e senza vedere il vero volto di King.
«Non è di questo che voglio parlare!» urla Kaido, lanciando il barile da cui stava bevendo contro Big Mom, che resta impassibile mentre Katakuri devia e distrugge quell’improvvisato proiettile. È uno stimolo sufficiente per la far tornare lucida la sua mente annebbiata.
Non può dimostrarsi debole e disattento, soprattutto in quel momento che Kaido lo guarda con più interesse. «Charlotte Katakuri … mi ricordo bene di te. Sembri diventato più forte…».
Big Mom sorride con una punta di malsano orgoglio. «Lo è. Probabilmente più di tutti i tuoi sottoposti…».
Kaido irrigidisce la mascella e digrigna i denti, mostrando le zanne da bestia che ha in bocca. «Cosa vorresti insinuare, Lin Lin? Che siamo deboli? Vuoi che dimostriamo di cosa siamo capaci?!».
Katakuri punta l’asta di Mogura sulle assi del pavimento della nave. A occhio esterno, poteva sembrare un modo per dimostrarsi pronto alla sfida, ma in realtà è solo un tentativo di sostenere le sue ginocchia sul punto di cedere.
Una voce si intromette. «Kaido, non li abbiamo lasciati salire sulla nostra nave per questo» dichiara con fermezza King dal fianco del suo capitano.
Ogni dubbio si dissipa dalla mente di Katakuri perché non può non riconoscere quella voce. La ricorda meno dura e autoritaria, più calda e suadente mentre gli sussurra dolci parole nell’orecchio quando sono avvolti dal calore dell’intimità, oppure più leggera e scherzosa mentre sono sdraiati nel letto a raccontarsi avvenimenti mondani e idioti. Ricorda un tono diverso, ma il timbro è uguale.
Chiude gli occhi per darsi un contegno, per non dimostrare agli altri occupanti della stanza come il suo cuore sia appena andato in pezzi.
«Il Lunariano ha ragione» concorda Big Mom. Si rivolge poi ai propri figli, concentrandosi su uno di loro in particolare. «Oven, fuori dalla porta» e il gemello si sbriga a obbedire agli ordini e a sbarrare la strada a chiunque possa avere la malaugurata idea di entrare. Katakuri vorrebbe andare al suo posto, ma non ha il fiato per parlare e non vuole contraddire gli ordini di sua madre in un momento così delicato.

Ora, con ancor meno gente nella stanza, sembra che l’attenzione possa concentrarsi ancora di più su di lui. Si rende conto in quel momento, con la pressione di sua madre che gli grava addosso, con il potere di Kaido che permea e soffoca l’intera stanza, con gli occhi di Arbel che non si sono ancora mossi e gli trapassano l’anima, che quelle saranno tra le ore più lunghe ed estenuanti della sua vita.
 
 
 
   
 
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