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Autore: Master Chopper    20/03/2024    1 recensioni
[STORIA AD OC - ISCRIZIONI APERTE]
Nell'epoca degli Stati Combattenti, il regno di Fiore si difende dai tentativi di invasione dell'Impero di Alvarez. In questo mondo immerso nel caos, giovani soldati si fanno largo mossi da grandi aspirazioni.
-Esperimento per vedere se si riescono a riportare in auge le storie ad OC-
-Fanfiction tributo a Lord_Ainz_Ooal_Gown-
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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LA GUERRA CONTINUA

 

La pioggia di detriti era terminata da un po', e con essa il fragore del crollo si era dissipato. Un sentiero di distruzione tranciava in due la metà est di Crocus, partendo dal centro fino alla base di Fiore.

August si meravigliò di quanto a lungo fosse rimasto distratto da tutto ciò. I suoi avversari avrebbero potuto approfittare della sua distrazione per attaccarlo, ma a guardarli meglio parevano tutti più sgomenti di lui.

I soldati di Fiore erano giunti lì, dove credevano di riunirsi con il proprio Capitano, mentre invece avevano trovato solo un alvareziano e il crollo del palazzo Mercurius. Poi la videro. Edra fu la prima a vederla.

"Quella è Kinto." Dopo aver riportato lo sguardo sul nemico, unico uomo rimasto in piedi nel lago tra le macerie, notò come una spada fin troppo familiare spuntasse trafiggendogli la spalla.

Ma non c'era traccia del suo originale proprietario.

L'orrore fu troppo, scatenando una disperazione incontrollata tra i ranghi. Per molti fu l'anticipazione di una paura paralizzante, per altri invece, fu un ribollire di rabbia.

"Quando vuoi, Edra." Disse solamente Illya.

Il ragazzo aveva già corrotto il suo aspetto fanciullesco con il cuore del demone Chernobog, nonostante stesse sfidando il limite di sopportazione del suo corpo per attingere a tale potenziamento.

Edra sentì come il tono del compagno fosse freddo e determinato, e preferì non parlare: la sua voce sarebbe fuoriuscita rotta dai tremori causati dalla rabbia. Impugnò Sleipnir e anche lei si lasciò trasformare dal suo Tesoro Oscuro, rivestendosi di un'armatura blu come il mare.

August, uno dei guerrieri più potenti del continente, venne sopraffatto da un'ondata di vertigini. La presa attorno al bastone Ars Magia si allentò, non riuscendo più a dar forza ai suoi muscoli. Era durata poco, ma quella sensazione di impotenza lo aveva ai tempi in cui era solo un principiante in un mondo ancora pieno di avversari più forti di lui.

Il terrore dipinto sul suo viso fu palese anche per i soldati di Fiore, che si rinfrancarono e decisero di stringersi ai loro migliori soldati in avanguardia. Edra e Ilya urlarono, guidando la carica.

"No, vi ucciderebbe."

Sbucò dalla folla di soldati. Un'armatura alta, ma soprattutto larga: uno dei suoi spallacci neri era grande quanto la cassa toracica di un uomo normale, ovvero quei nanerottoli sui quali torreggiava.

L'armatura era nera come la notte e lucida, senza scanalature o decorazioni di alcun tipo, come fosse stata una lastra di cielo senza sole e senza luna. Con un elmo in cima, non vi era spiraglio per poter vedere la pelle di quell'uomo appena apparso.

Era ilare come fosse stato furtivo nonostante le fattezze mastodontiche, ma in realtà non era passato inosservato a tutti: August l'aveva visto per primo.

Un nuovo tremito percorse il corpo del Generale alvareziano.

"Chi sei tu?" ringhiò.

"Aspetta, sto parlando con loro" senza degnarlo di un altro minuto, l'uomo in armatura gli diede le spalle per rivolgersi ai suoi uomini. "Ragazzi, beata gioventù: so che scalpitate dall'idea di battervi con un avversario di quella risma, ma dovete imparare a riconoscere un avversario troppo forte con una semplice occhiata."

Indicò con il pollice dietro di sé: "Proprio come sta facendo quello lì adesso! Ma tranquilli, appena riprenderemo l'addestramento ci sarà una lezione a riguardo."

La ragazza dai capelli rossi ci mise un po' a verbalizzare il suo stupore: "Ge-Generale De Sagramore?"

Lui fece un cenno del capo, o forse era un modo per guardare meglio negli occhi la ragazza che sovrastava di venti centimetri "Capitano Star, temo che non ci sia tempo per i convenevoli. Abbiamo vinto la battaglia, ma finché rimarrà in piedi quel fastidioso vecchio non potremo dire di aver espugnato completamente Crocus."

Nel mentre qualcuno si raffazzonava in un pomposo inchino, il Generale li ignorò bellamente per tornare a guardare il nemico.

"De Sagramore? Come Percival De Sagramore?" Il tono di August fu tagliente come una lama, evidenziando quanto fosse decisamente più in guardia di quanto era mai stato in quella notte di battaglie.

"Sono io."

"Il Cavaliere Nero di Fiore... Il Mietitore... Il Generale Maled-"

"Ho detto che sono io. Visto che mi prestavi così tanta attenzione credevo mi avessi anche sentito: odio i convenevoli. La cavalleria è altro."

Snudò una lama. Legata alla sua schiena c'era un'enorme fondina, più simile a una sacca per dimensioni, dalla quale sporgevano manichi di varie armi: innestate come lance e alabarde, ma anche spade, asce e persino uno spadone. La spada scelta sembrava fin troppo normale per la sicurezza che il suo proprietario mostrava.

"Anche io ti conosco, comunque... August degli Spriggan 12. O dovrei dire, degli ex-Spriggan. Quanti siete rimasti?"

"Non te lo ricordi? Pensavo aveste contato i morti tre anni fa, a Shiranui."

"Non so contare." Dopo aver sostenuto il silenzio per un po', il Cavaliere Nero scoppiò a ridere "Scherzo, scherzo. Non me lo ricordo, ma mi ricordo di te. Combattesti contro la squadra di Gildarts."

"E tu contro Bloodman."

"Ah, si chiamava così? Non era un granché nell'uno contro uno, ma ha fatto fuori un sacco dei miei uomini con quella sua arma infame."

Anche August si lasciò andare a una risata liberatoria: "Lo fai sembrare un idiota, ma era uno dei Generali più potenti di Alvarez, nonché un mio carissimo amico."

"Bhe, forse era solo un idiota."

Risero entrambi. A crepapelle.

Poi scattarono l'uno verso l'altro. I soldati alle spalle di Percival, già provati dalla stanchezza, ebbero un capogiro e rischiarono di svenire quando esplose l'aria nell'impatto tra quei due mostri.

-Mostro- pensava Edra Star, vedendo i corpi di August e Percival scambiarsi una raffica di fendenti troppo veloci per essere seguiti con gli occhi -Il Generale istruttore De Sagramore quando combatte è un mostro...-

"Terra!" La Calamità di Alvarez pestò il bastone così in profondità nell'acqua da toccare il suolo, facendo emergere una colonna di pietra per intercettare il colpo nemico.

La spada di Percival si spezzò in mille frammenti, ma l'uomo ne afferrò uno in volo e lo scagliò in modo che aggirasse la barriera. L'anziano arretrò per schivare il proiettile, dando così tempo all'avversario di estrarre una nuova arma. O meglio, nuove armi: stavolta furono una spada corta e una da affondo.

"Acqua! Aria!" Lame invisibili di acqua e vento vennero sparate ad alta velocità dall'Ars Magia di August.

Bagliori al chiaro di luna.

Percival era già balzato in cielo, dove risultava più esposto a quell'attacco, ma la sua intenzione non era di schivare: roteò su se stesso mentre ricadeva, fendendo attraverso gli attacchi con la spada corta come un turbine d'acciaio. Il Generale alvareziano percepì quel meteorite rotante piombargli addosso, perché il gigante aveva eclissato la luna nella sua discesa: fu visibile solo un guizzo nel buio. 

Lo stocco affondò.

 

***

 

“E questo è ciò che è accaduto a Crocus l’ultima notte di assedio, una settimana fa.”

L’aria nella stanza era pesante, e nella penombra si poteva identificare una voce e un respiro pesante che si scambiavano battute. La voce rimbombava attraverso l’elmo, siccome il suo portatore non era tipo da mettersi comodo senza armatura nemmeno nei suoi alloggi privati. Quando smise di parlare, e il silenzio tornò tra quelle mura intarsiate di fiori di magnolia, si poteva udire un fitto rumore. Qualcosa si muoveva attorno alla stanza, come se si trovassero nel silenzioso occhio di un ciclone pulsante di vita.

I due uomini di acciaio non avevano smesso di guardarsi. Uno aveva lo sguardo imperscrutabile, perché celato dal sopracitato elmo, e l’altro gli teneva testa, come se oltre alla pelle, anche i suoi nervi ora fossero divenuti di acciaio temprato.

Gajeel infine volse il capo, perdendosi nella penombra: “E ora che sai anche tu la mia storia intendi forse giustiziarmi come un traditore?”

“Sarai anche un traditore, ma mi sentirei un stronzo a ucciderti dopo averti dato rifugio nelle mie stanze, e per giunta dopo tutta la strada che hai fatto.”

Quando all’alba il Generale Percival aveva accolto il Cavaliere Gajeel in quelle fattezze, era comunque rimasto sorpreso, nonostante le anticipazioni dei suoi messaggeri. Tra tutti i fidati compagni di palazzo, e tra tutti gli adulatori che aveva raccolto ai suoi tempi con Fairy Tail, il Cavaliere d’Acciaio si era voluto affidare alle sue mani. 

“Perché proprio da me?” 

“Non ti conosco, ma a pelle mi sei sempre sembrato uno che non mi avrebbe tagliato la testa all’istante se avessi confessato di aver fatto una cazzata.” Gajeel sorrise, ma durò poco quel breve tentativo di permearsi di sicurezza.

Vendere un soldato, anzi una ragazzina, ad Alvarez in cambio di un appoggio per detronizzare la Regina Mavis. Quella cospirazione era qualcosa di più di una cazzata. Però aveva ragione su una cosa: qualsiasi altro Generale, finanche Comandante, non avrebbe esitato a spedire il nobile e rinomato Gajeel Redfox alla forca per quella confessione. Invece Percival esitava eccome, nonostante a causa di quel tradimento avesse perso la vita un meritevole Capitano. 

“La morte non sarebbe una punizione adeguata, diciamola così.” Il Generale gli si avvicinò. Ogni passo era un rombo di tuono seguito dal tintinnio dell’armatura.

“La tua vera condanna sarà aiutarmi a risolvere questo casino.”

“È l’inferno che mi sono scelto.” Le parole si impigliarono nella gola di Gajeel, gorgogliando di rabbia “È il prezzo da pagare per essere l’unico superstite.”

Quando tutto il suo rancore fu traboccato da quegli occhi bianchi, Gajeel ondeggiò debolmente all’indietro. Scontrandosi contro uno spartano letto, troppo semplice in contrasto con le decorazioni sulle pareti, vi si accasciò.

“Riposa ora.” Il Cavaliere Nero continuò la sua avanzata fino alla finestra, a cui si sporse senza aprire le ante. “Tanto ormai questa stanza sembra più un ospedale da campo.”

E così l’ex membro di Fairy Tail si distese, lanciando un fugace sguardo alla branda accanto alla sua prima di cedere al sonno. Lì giaceva disteso da giorni un uomo anziano, con dei capelli un tempo rosso fuoco, ma che ormai erano solo un pallido fulgore del loro vecchio onore: l’emblema di Seboster Vellet, il Generale di Fiore che tutti ritenevano morto nell'assedio. Eppure, il suo cuore batteva ancora, anche se non aveva aperto gli occhi da quella notte.

“Quale posto migliore per nascondere ben due rifugiati, se non proprio sotto il naso di tutti?”

Oltre la finestra, sotto un cielo limpido, la capitale Magnolia vedeva un nuovo giorno. Discendendo dalle mura bianche del palazzo, da dove partiva lo sguardo rivolto all’infinito di Percival, le cinta murarie scanalavano la città, intervallando anelli sempre più larghi di tetti dai colori caldi, alberi e ginestre rampicanti. La cattedrale di Kaldia, col tetto verde smeraldo e i quattro torrioni ai vertici, si stagliava prima che il fiume separasse la città dalla sua periferia bagnata dal mare. Quel giorno però lo sconfinato paesaggio non diede sollievo al Generale, ma solo altre preoccupazioni per il futuro. E il palazzo abbandonato di Fairy Tail, ancora visibile sulla strada maestra, era una di queste.

 

***

 

Dalla capitale di un regno che aveva appena concluso una lunga battaglia ci si sarebbe aspettato un clima di festa, ma non erano quella l’atmosfera di Magnolia dalla ripresa di Crocus. La vecchia capitale reale era stata distrutta e saccheggiata per tre anni, e trasformarla da teatro di guerra a città pareva uno sforzo verso i quali in primis i reali, e successivamente nemmeno i civili, parevano opportuno prodigarsi.

C’era voluta una settimana per rimpatriare la maggior parte dei soldati lì spiegati, lasciandone giusto un manipolo per smaltire la carcassa del vecchio palazzo Mercurius crollato. Sette giorni di cure di fortuna con i medici da campo a Crocus, e sette giorni di viaggi verso Magnolia: prima erano rientrati gli eroi, ovvero i vivi, e man mano avevano seguito i cadaveri per la sepoltura nel cimitero della capitale.

Quel giorno era stato scelto per tenere il funerale generale di tutte le vittime di quella notte finale, nonché di chi era deceduto a causa delle ferite dopo la vittoria. C’erano un centinaio di lapidi nel cimitero militare ai piedi della cattedrale, circondate da un migliaio di magnolie.

Le bare erano già state calate nel suolo nero alle prime luci dell’alba, e dopo la messa e una breve fanfara sia le guardie che i cari dei defunti si stavano disperdendo. Il giorno nuovo era sorto e tutti procedevano a rientrare nelle loro vecchie vite, tranne chi, quella vita, non sapeva più come calzarla.

Edra era seduta sotto la statua di un cavaliere alato su cavallo rampante, una rappresentazione eroica nella quale non si rifletteva assolutamente, nonostante i ringraziamenti dei prigionieri salvati da Alvarez. Nel momento in cui vide Ilya avvicinarsi, lo degnò di uno sguardo ma poi tornò a capo chinato nella contemplazione di un fiore calpestato.

“Capitano…” L’albino trovò difficile aggiungere altro. In quanto persona riservata, era a conoscenza dell’importanza di meditare da soli con i propri pensieri, eppure dopo una settimana sentiva la necessità di condividere la sua angoscia con qualcun altro che potesse capirlo.

“Non abbiamo potuto seppellire Florence. E nemmeno Rea.”

Edra provò un brivido nel ricordare il momento in cui aveva stretto Kinto, il Tesoro Oscuro del suo compagno d’armi. Non l’aveva mai potuto brandire prima di allora, e la realizzazione che non ci potesse essere più la barriera rappresentata dal suo geloso portatore l’aveva terrorizzata. L’arma era stata ritrovata nel braccio carbonizzato e mutilato di August, dopo che il Generale se lo era amputato durante il combattimento con Percival per poter fuggire.

In quanto Tesoro Oscuro e arma di indispensabile valore, non era stato concesso seppellirla nella bara simbolica per Florence. Ciò nonostante, chiunque nel regno dubitava che si potesse trovare un degno successore.

“E neanche il Generale Seboster.” Aggiunse Ilya “Ma stanno ancora cercando i resti tra le macerie del palazzo Mercurius, forse troveranno qualcosa.”

Quell’ultima parola fece sprofondare il ragazzo in una tetra riflessione. Cosa avrebbero potuto rinvenire? Il cadavere di Rea, la ragazza che aveva dato loro uno scopo dopo che la guerra li aveva privati di un motivo per vivere? Riesumarla da quell’altra sottospecie di bara sarebbe stato, in un certo modo, come portare alla luce la consapevolezza che ora la gilda Path of Hope fosse morta.

Guardò meglio la sua Capitana, vedendo riflessa in lei tutta la sua preoccupazione “E ora cosa faremo?”

“Perché parli al plurale? Non sei più obbligato a seguirmi: il rapporto gerarchico che abbiamo è solamente dettato dal rango militare, ma con la gilda sciolta possiamo scegliere cosa fare.”

“Io voglio ancora ciò che Rea e Florence volevano, ovvero liberare questo Regno.” Sorrise Ilya, nonostante il suo cuore fosse colmo d’ansia per l’ignoto che lo attendeva “E poi io voglio stare al tuo fianco. Pensavi davvero che il mio rispetto nei tuoi confronti fosse dettato solo dalla gerarchia? Sono convinto che tu sia ancora capace di fare la scelta giusta, indipendentemente da chi tu sia ora.”

Edra arrossì, così sorpresa da rivolgere all’albino i suoi due occhi sgranati. Si scoprì a domandarsi se davvero fosse meritevole di tutta quella fiducia e, soprattutto, di quell’affetto. Proprio lei, che aveva visto la sua famiglia venirle strappata via?

Cercò di distrarsi da quel pensiero per far svanire la tonalità porpora dalle sue gote, e alzandosi in piedi trasse un lungo respiro.

“C’è un pensiero fisso che mi tormenta da quella notte.” Iniziò col dire, facendosi seria “Quando la Capitana di Alvarez… Seraphia, credo l’abbiano chiamata, mi ha visto per la prima volta, mi ha scambiata per un’altra persona.”

Ilya ricordò quella donna contro la quale aveva combattuto. “Chi?”

“Non lo so con certezza, ma ha detto “Ehi ragazzo, ti ho già visto a Vistarion”. Credi che assomigli a un ragazzo, Ilya?”

Stavolta fu l’albino ad arrossire, colto alla sprovvista da quella domanda: “Ma che-?! No, ovvio che no.”

“E allora se ad Alvarez c’è qualcuno che mi somiglia è un problema.” Un ricordo della sua infanzia la riempì di tristezza “Da piccola io e la mia famiglia viaggiavamo molto in mare, era un periodo in cui c’erano ancora paesi liberi a cui vendere le merci. Dopo poco la stretta di Alvarez sul commercio marittimo si serrò, e così venimmo rapiti e costretti ai lavori forzati su di un’isola.”

“È dove trovasti Sleipnir.” Ilya ricordava la storia di come la sua Capitana avesse ottenuto il suo Tesoro Oscuro, durante una prigionia durata anni e conclusasi solo grazie alla liberazione da parte di soldati di Fiore.

 “Sì, ma è anche dove ho perso per sempre i miei genitori.” La solitudine negli occhi blu di lei lo inondò “Mio padre venne ucciso per essersi preso la colpa della prima vita che riuscii con Sleipnir, e mi fece promettere di non usarla mai più perché avrei potuto mettere a rischio me stessa e gli altri prigionieri. Ma anni prima, mia madre fu smistata in un altro campo di prigionia, dopo che l’ebbero messa su una nave. Fu l’ultima volta che la vidi.”

“Cosa pensi?”

“Mia madre era incinta da prima della cattura, e non partorì in tempo prima che la portassero via. Temo che questo mio fratello, che ad oggi avrebbe ventidue anni, possa essersi arruolato nell’esercito di Alvarez.”

 

***

 

A Rea sembrò di svegliarsi in un luogo familiare, ovvero la sua camera da letto. In realtà quella fu solo una speranza, l’illusione di aver cancellato l’ultima notte dalla sua vita, che fosse solamente un sogno. Quando aprì gli occhi sentì le ciglia appesantite dalle lacrime che già le avevano rigato le guance. Poi mise a fuoco il luogo in cui si trovava. No, non era decisamente la sua camera.

Si trovava distesa su di un letto a baldacchino, con la schiena e la testa sorretti da morbidi cuscini in moda da avere il busto rialzato. Di fronte a sé, superando la vasta stanza bianca asettica in cui si trovava, c’era una porta nera. Ai lati di essa, due sedie, di cui una sola era vuota.

“Finalmente ti sei svegliata.” La persona seduta, ovvero una donna bionda vestita da aristocratica, la fissava con cipiglio “Sei davvero sgradevole quando dormi. Russi, sai?”

Le due si fissarono per circa un minuto, in completo silenzio. La bionda perse la pazienza per prima.

“Non è stato per niente piacevole vegliare su di te, sai? Non sono mica una servetta, sai? Il mio nome è Beatrice Alighieri. I miei amici mi chiamano Bea, ma tu non puoi chiamarmi così, perché non sono di certo la tua servetta e tu la mia padrona...”

“Va bene, calma Bea.” La voce di un uomo interruppe la Generalessa mentre stava iniziando ad assumere un color rosso peperone.

“E tu non chiamarmi Bea, bifolco!”

A parlare era stato un grosso figuro sbucato dalle spalle del letto e che, quando emerse allo scoperto, fece balzare sulla difensiva Rea. La ragazza infatti raccolse le gambe al petto, tenendole pronte a scattare come due molle.

“Oi, bifolco non me lo merito.” Il Capitano Wilhelm si grattò il capo mogio, brontolando qualcosa mentre ignorava la prigioniera e si dirigeva verso la sedia vuota.

“Siamo ad Alvarez.” Rea finalmente ruppe il silenzio, attirando l’attenzione di entrambi i suoi bizzarri aguzzini. Non distolse lo sguardo dall’arma pendente dalla cintura dell’uomo, ovvero una catena con due teste di lupo all’estremità, almeno fin quando questo non le si rivolse.

“Indovinato. Te l’hanno detto prima di rapirti, per caso?”

Il rapimento. C’era stata la sconfitta di Sunse, poi l’arrivo dei Cavalieri di Fairy Tail, e poi il buio. Nel buio, solo voci distanti.

Il silenzio della ragazza lasciò qualche interrogativo ai due alvareziani, ma dopo poco Beatrice scattò in piedi. Era agile, a dispetto della grossa gonna che faceva chiedersi come avesse potuto anche solo sedersi comodamente.

“Ascoltami bene ora, ragazzina. Forse non abbiamo iniziato con il piede giusto, a causa tua… ma sono magnanima, quindi fai la brava e sarai perdonata.” Arrivò fino ai piedi del letto, dove estrasse un ventaglio e con esso la puntò.

“Fare la brava?” La ragazza si strinse nelle spalle, cercando di sopprimere la tensione che le faceva venire la pelle d’oca “Non mi posso lamentare per ora: al posto di una cella buia e sporca mi sono svegliata in un letto molto più comodo della mia branda in caserma. Immagino di non essere una semplice prigioniera, per voi.”

L’uomo la fissò, o meglio, la squadrò nell’animo con i suoi penetranti occhi color ambra. La cicatrice che gli tagliava il volto a metà brillava sinistramente in controluce. Dopo qualche secondo, si rilassò e parlò con voce allegra: “Già, sei proprio sveglia. Meglio così, almeno non proverai a fare qualcosa di stupido come scappare. Io non mi sono mai occupato di queste cose come la protezione di un ostaggio, e nemmeno Bea a quanto vedo, per questo è così nervosa.”

“Io non sono affatto nervosa, solo i maleducati si innervosiscono.” La bionda emise uno squittio quando alzò la voce. Doveva essere il suo tono nervoso.

A quel punto la porta nera si aprì. Apparve dall’oscurità aldilà della soglia una ragazzina vestita con una divisa militare sproporzionata e un cilindro in testa.

Heill Alvarez!” Disse mettendosi in posa, di sicuro non quella del saluto militare, ma con le dita a “V” di vittoria, la lingua da fuori e un occhiolino.

“Ehm, sì, heill... Stratega” fu la risposta poco entusiasta di Wilhelm, mentre Beatrice ignorò la nuova arrivata e insistette nel dimostrare quanto non fosse per niente nervosa.

Dal momento in cui era entrata quella figura, Rea avvertì che ci fosse qualcosa che non andava. I forti contrasti di ostilità e accoglienza che stava ricevendo dal suo risveglio divennero indice dell’assurdità della situazione. E una situazione assurda è prodotta da una mente assurda, e quindi imprevedibile. Non sentendosi in controllo, ma in balia degli eventi e lontana da chi potesse aiutarla, interpretò l’arrivo di quella Stratega come un segnale di pericolo.

Scese dal letto. Nel momento in cui i suoi piedi si poggiarono al suolo, le teste degli altri tre guizzarono verso di lei. Il discorso di Beatrice e Wilhelm si era interrotto, così come la posa della ragazzina. Tutti ora le stavano prestando la somma attenzione.

Rea si tese come una corda di violino, sperando che irrigidendo i muscoli avrebbe impedito al suo corpo di tremare.

“Basta scherzi! Mettete subito in chiaro la mia situazione, adesso.” Urlò con tono così schietto da sorprendere se stessa. Si sarebbe volentieri applaudita per il coraggio.

E, proprio la Stratega, infatti le applaudì. Sul suo viso c’era un sorriso così inespressivo da far credere che fosse solo una bambola con occhi e bocca dipinti.

Non aveva ancora finito di applaudire, che disse “Wil, Bea, grazie per aver vegliato su di lei. Ora fuori.”

La sua voce era cambiata. Si era abbassata almeno di un’ottava, diventando più piatta, simile a quella di un ragazzo.

I due se ne andarono, nonostante Beatrice bofonchiò qualcosa sul non farsi dare ordini da nessuno. Quando la porta venne chiusa alle spalle della ragazza, questa lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Poi, secondo per secondo, centimetro dopo centimetro, il suo sorriso si allargò fino a raggiungerle le orecchie.

“Eeeccoti.” Sghignazzò con il suo tono fastidioso di prima.

Poi, prima ancora che Rea potesse mettersi sulla difensiva, balzò in avanti. A larghe falcate coprì la distanza che le separava, fermandosi a un palmo di naso dall’albina. A quel punto l’altra dovette fare un grande sforzo per non mostrare di avere paura, e si forzò a rimanere salda nella sua posizione.

“Sono la Stratega Imperiale, Amasia Proxima, e morivo dalla voglia di fare la tua conoscenza.”

“Ah sì? Per questo mi hai fatta rapire?” Dopo aver detto ciò con fare sprezzante, a Rea sembrò di aver sbagliato.

Ripensò a qualcosa che aveva detto Sunse durante lo scontro.

Se mi avessi ferito anche solo un minimo, non penso sarei stato nelle condizioni di catturare quel tuo amico, il Capitano Florence. Stavo anche pensando di usarti come esca per attirarlo qui…”

Scosse la testa, facendo oscillare la treccia di capelli argentei.

“No, voi volevate Florence. Perché sono stata presa io?” Trattenne il respiro. L’altra ci mise troppo a rispondere, e quell’attesa la tormentava.

“Non mi dirai che… avete fatto qualcosa a…”

“No, non abbiamo fatto nulla al Capitano Vellet.” Disse Amasia, apparentemente divertita da aver instillato un po’ di panico nella ragazza “Sono semplicemente contenta di sapere che sei qui perché ci sarai molto utile.”

Rea si irrigidì ancor di più, se possibile: “Utile? Intendete forse torturarmi per estorcermi informazioni?” Guardò meglio la ragazzina, studiandone i movimenti facciali “No… come ho detto prima, mi sarei svegliata in una cella se fossi stata un’ospite meno gradita.”

“Esatto. E invece tu sei molto gradita, soprattutto all’Imperatore.”

Quel nome suonò come un concetto alieno all’albina. Fino ad allora aveva sentito parlare raramente dell’Imperatore, perché sul campo di battaglia ci si interfacciava con soldati, nemici in carne e ossa che si potevano vedere nel momento dello scontro. Era difficile pensare a chi ci fosse dietro, a chi muovesse i fili dello spettacolo di burattini. L’Imperatore Zeref era l’ingranaggio che muoveva tutto il meccanismo contro cui combatteva. Lo stesso meccanismo che aveva portato via suo fratello, e spinto Fairy Tail a…

Una fitta al petto la fece curvare su se stessa. Presto si trovò a boccheggiare in cerca d’aria, con gocce di sudore di cui si accorgeva solo in quel momento che le percorrevano il viso.

Nastu, Gray, Elsa, Gajeel, Makarov. E suo fratello Corex. Un tempo così uniti.

“Ma principalmente siamo venuti qui per te, Rea Halfeti.”

Improvvisamente le venne voglia di scagliarsi contro quella Stratega, balzarle alla gola e sfogare ciò che tre anni le era rimasto sopito in petto. Dentro di lei si annidava un universo di rabbia e rancore che non faceva altro che aumentare, gonfiandosi, e dopo aver scoperto il tradimento degli amici di suo fratello sentì che sarebbe cresciuto così tanto da farla esplodere.

“Vuoi sapere cosa ha detto l’imperatore non appena ti ha vista?” La voce di Amasia la riportò alla realtà, e al discorso che stavano intrattenendo.

Rea sollevò la testa, e con i capelli madidi appiccicati alla fronte e gli occhi sbarrati pensò che dovesse sembrare proprio una stupida.

“Cosa ha detto… di me?”

“Inizialmente era a dir poco scontento di non avere un ostaggio di alto lignaggio, come il figlio di un Generale o un Generale stesso, ma quando ti ha vista…” La Stratega iniziò a vagare per la stanza, tenendo però gli occhi sempre puntati su di lei “Una sola parola. Ha detto solamente…”

Si fermò dall’altro capo del letto. Le separavano molti passi, Rea avrebbe potuto raggiungere la porta senza essere presa.

“… Mavis.”

Ma non lo fece. Rimase imbambolata dopo quella parola. L’eco dell’Imperatore le risuonò con la sua voce mai sentita prima nella testa.

Amasia sogghignò e continuò: “Ti aveva scambiata per la tua regina, Mavis Vermillion. Certamente, dopo si è corretto. Era stata solo una svista, a detta sua. In realtà, quella che ha chiamato svista per vergogna, in pochi hanno riconosciuto essere un guizzo del suo cuore. Proprio il suo freddo cuore, che ha fatto capolino dagli occhi per accertarsi di avere davanti a sé o meno l’unica donna che ama.”

Mentre ascoltava tutto ciò Rea fissò il letto. C’era ancora la sua sagoma lasciata tra le coperte e i cuscini, così le fu più facile immaginarsi ancora lì distesa e addormentata. Poi guardò Amasia, e al suo posto immaginò qualcuno che la guardava dormire. Quel qualcuno era l’Imperatore Zeref.

“Amore. Ne è capace anche l’imperatore che non ha mai preso moglie, né speso un giorno lontano dalle campagne militari: la divinità del suo popolo ha una simile debolezza. Ne fu colpito quando incontrò per la prima volta la principessa Vermillion quindici anni fa, in un incontro diplomatico dei rispettivi genitori. A quei tempi Fiore era lontana dalle mire di Alvarez, ma indovina quale fu il primo passo dopo l’ascesa al trono di Zeref?”

L’espressione della stratega era cambiata. Il suo sorriso ora era un lontano ricordo, lasciando posto a due labbra taglienti e strette. Anche gli occhi emettevano una luce diversa, che a Rea parve di riconoscere.

“Esatto, volle fare sua Mavis, anche a costo di dare alla fiamme l’intero regno.”

I ricordi dell’assalto a Shiranui e delle settimane di combattimenti a Crocus si succedettero nella mente della ragazza. Tutto ciò era stato causato dall’amore?

Amasia sembrò leggerle il pensiero: “Lo chiamiamo amore, è vero, ma ciò che farebbe l’Imperatore se si trovasse di fronte la vostra Regina, sia essa consenziente o meno, ha poco a che fare con il romanticismo. E, data la tua somiglianza con l’oggetto del suo “amore”… ti conviene aiutarci a prendere il trono e la sua occupante, prima che l’Imperatore focalizzi le sue attenzioni su di te. Questo, almeno fino a quando non si sarà stancato, e dopo averti buttato via riprenderà con il piano originale.”

Il volto di Rea si distorse dall’incredulità. Poi, quella rabbia di prima emerse da sotto la pelle, facendole aggrottare le sopracciglia e mostrare i canini in un ringhio.

“Sei un’idiota se pensi di spingermi a collaborare con voi! Era questo che intendevi con l’esservi utile? Fareste prima a strapparmi tutte le unghie, poi a scuoiarmi viva e infine a trapassarmi con mille aghi, e forse allora capireste che la mia risposta sarebbe sempre la stessa: io non mi piegherò mai al vostro Impero.”

L’altra non si fece intimidire: “Se ci aiuterai non ti verrà torto un capello, e anzi ti insigniremo di un rango a te adeguato. Sarai pur sempre un ostaggio politico, ma secondo le leggi dell’Impero verrai trattata come una donna libera e un soldato.”

“Dopo le minacce sei passata al volermi comprare con i titoli, eh?” Rea era diventata paonazza per la rabbia “Ma non capisci che la mia vita ha perso importanza per me ormai da anni? Ciò che conta davvero ormai è la salvezza della mia gente, quindi non vi aiuterò mai in una sanguinosa conquista di Fiore!”

“Non ci serve Fiore, né le vite dei suoi cittadini. Siete troppo civilizzati per essere schiavi.” Amasia avanzò carponi sul letto, come un gatto, mentre la guardava dal basso verso l’alto “Come ti ho detto, l’Imperatore vuole solo la Regina per sé.”

“E tu cosa vuoi, allora? Non pensare che non sappia riconoscere la brama negli occhi di un uomo.”

La ragazza sul letto si fermò. Le sue labbra si mossero piano, per la prima volta colta alla sprovvista “Un uomo?”

Rea non si ripeté, né sentì il bisogno di dare spiegazioni.

“Quindi l’hai capito?”

“Gradirei parlare con il vero te. Questo ridicolo costume che indossi mi sta sui nervi.”

La persona che era sul letto si alzò in piedi, sovrastando Rea fino a rimanere con il volto celato dai teli del baldacchino. Poi il suo corpo mutò: fu un gioco di luci, come se parti del corpo si sottraessero o si aggiungessero, spostandosi e ruotando a ritmo di brevi flash.

La persona che rimase infine non era più una ragazzina minuta dai capelli neri, bensì un uomo slanciato dai capelli blu.

Rea sussultò. “Tu sei…” Non si aspettava che quell’inganno celasse nientemeno che… “Lo Stratega Reale di Fiore, Gerard Fernandez.”

L’uomo si incupì, corrucciandosi in una smorfia sofferente, o forse pensierosa. Un secondo dopo si rivelò soltanto in procinto di trattenere una risata, e scoppiò a ridere fragorosamente.

“È incredibile che tu ci sia riuscita. È da tre anni che nessuno si è avvicinato anche lontanamente a capirlo, sei proprio un talento.” Le fece l’occhiolino con il suo occhio sormontato da un tatuaggio runico “Ma non per quanto riguarda la mia identità. Non sono affatto il Gerard Fernandez che conosci tu. Il mio Tesoro Oscuro mi permise di scindermi in due entità separate: sia io che il Gerard di Fiore abbiamo una coscienza distinta, però collaboriamo per lo stesso piano… ovvero la risposta alla tua domanda di prima.”

Attese il tempo di una drammatica pausa, per poi balzare a terra, atterrando davanti a Rea. A quel punto lei sì che si ritrasse, intimorita.

“Il potere. Noi vogliamo tutto il meglio sia da Fiore che da Alvarez. E il meglio che Fiore ha, ma che non possiamo ottenere senza la sua conquista da parte dell’Impero, è la potenza militare data da tutti i Tesori Oscuri in mano all’esercito. In particolar modo mi interessa il Tesoro Oscuro per eccellenza, appannaggio della casata reale… il Lumen Histoire.”

Nonostante la scioccante rivelazione di quanto detto dallo stratega, quell’ultimo nome portò Rea a riflettere, scavando nella sua conoscenza generale.

“Lumen Histoire… il Tesoro della Regina Mavis. Si dice sia passato di generazione in generazione ai regnanti di Fiore, e che appartenga all’originale Imperatore che millenni fa regnava sul continente e forgiò tutti i Tesori Oscuri.” Non sapeva altro, ma solo quella presentazione bastava per assaporare l’entità della questione. Pareva un potere troppo importante per essere concentrato nelle mani di una sola persona, peggio ancora che in quelle di un individuo tanto viscido.

L’Altro Gerard la squadrò con attenzione: “Dimmi una cosa, Rea Halfeti… ora che ti ho detto la verità, non credi forse che, se il mondo fosse stato privo di persone come la Regina Mavis e l’Imperatore Zeref, oggi vivremmo in pace? Non ci sarebbero persone avide e malate che si tengono strette con le unghie e con i denti al potere, e che vogliono, vogliono, vogliono e basta, fino a fare tabula rasa tutto attorno a loro.”

“Perché, tu saresti tanto diverso? Hai appena detto che vuoi impadronirti del Tesoro Oscuro più potente di tutti.”

“Ma io sarei un giusto sovrano. Finita la guerra, non ci sarebbe più bisogno di caos, morte e distruzione per accumulare altro potere. Avrei già tutto, no?”

“Una guerra per raggiungere la pace.” Dopo essere rimasta immobile per un attimo, Rea alzò il mento al cielo, tirando un gran respiro. Quando tornò giù con la testa si era calmata.

“Diciamo che ti credo. Cosa vorresti da me?”

L’Altro Gerard non rispose subito alla domanda, e rimase a fissarla negli occhi per capire se stesse mentendo o meno.

Dopo un po’ riprese: “Nessuno sa come funziona Lumen Histoire, tranne forse le persone più vicine ai regnanti. Tra le famiglie più prestigiose c’è quella del Ministro del Commercio. È un uomo troppo ricco per essere incauto, infatti non si allontana mai dalla Capitale. Sua figlia invece si sposta molta, tuttavia è difficile rapirla, siccome è ben sorvegliata. Ma tu non dovresti avere problemi, specialmente se accompagnata da una squadra addestrata personalmente da me…”

Quella storia prese in contropiede la ragazza, che domandò “Proprio io? E perché?” facendo finta di non sapere il motivo del suo stesso nervosismo.

Stavolta però l’Altro Gerard seppe leggere nella sua finzione: “Perché so che già vi conoscete! Ha finanziato la vostra gilda tempo fa, ricordi? La figlia del direttore del Konzern Heartphilia, Lady Lucy Heartphilia.”

Rea si ricordava eccome di quella ragazza. Era stata l’unica tra i nobili a credere in una neo-gilda dopo l’abolizione di tutte le gilde per mandato reale due anni prima. Siccome per lei Path of Hope era stato la sua nuova ragione di vita, chiunque l’avesse aiutata alla realizzazione di quell’obbiettivo era eternamente degno della sua amicizia.

“E mi stai chiedendo di rapirla.” Volle assicurarsi di aver capito bene “Per ottenere come riscatto dal padre informazioni sul Lumen Histoire, e basta? Non le verrà fatto del male, vero? Verrà trattata come me, anzi, meglio di come sono stata trattata io.”

Si rese conto di aver progressivamente alzato la voce, fino a urlare nell’ultima parte.

Gerard le porse la mano.

“Te lo giuro.”

Affare fatto, pensò Rea. Lei invece non avrebbe affatto giurato di non ucciderlo, nel momento in cui fosse giunta l’occasione propizia.

Ripensò ancora a Natsu, Gray, Elsa, Gajeel e Makarov. Erano stati dei traditori, e avevano contribuito alla morte di suo fratello, certo. Eppure, adesso qualcosa di buono l’avevano fatta: portarla nella tana del mostro, così vicina al cuore dell’Impero, sarebbe stata la mossa che l’avrebbe portata a terminare la guerra. Fairy Tail non era stata distrutta da Alvarez. Fairy Tail avrebbe distrutto Alvarez.

 

***

 

La residenza estiva dell’ex-presidente del Concilio Crawford Seam era immersa nella natura. Una piccola baita distante qualche miglio da poche fattorie, con alle spalle le montagne e aldilà di esse il mare. Da quando era in pensione quella era diventata la sua nuova casa, ritirandosi dalla vita di città. 

Il Generale Percival De Sagramore non stentò a comprenderne il motivo. Osservando le distese erbose puntellate di fiorellini bianchi, gialli e arancioni, respirando aria pulita e sentendo la brezza del vento montano sulla pelle, ci si sentiva molto meglio che nel labirinto della corte reale. In realtà lui, tutto bardato e in armatura, la brezza e l’aria montana non la avvertiva più di tanto.

“Un the, Generale?” l’anziano omone aveva già disposto due tazzine sul tavolo all’esterno della casa, richiamando allora l’uomo che fissava lo sconfinato paesaggio verdeggiante.

“Ti ringrazio, Crawford.” 

Percival si parò di fronte alla sedia in bambù con fasci intrecciati sullo schienale, e preferì non disintegrarla spedendocisi sopra. Bevette il the facendolo colare nei fori degli occhi che aveva nell’elmo, così da non rimuoverlo.

“Di tuo gradimento?”

“Delizioso” ridacchiò poi, con il fumo che gli fuoriusciva dai buchi.

“Credimi, mio Generale, non ho alcun piacere a ricevere visite da vecchie conoscenze legate agli ambienti di palazzo. Eccezion fatta per te, che sei sempre un ospite gradito.”

“Sono io a doverti ringraziare per il tuo aiuto. La magione che hai messo a disposizione dei miei allievi sarà per loro un’occasione per allenarsi in pace. Chi più di te, d’altronde, capisce la necessità di allontanarsi dalla frenesia della corte.”

L’omone rise con una voce delicata. “Ti garantisco che la libertà che garantisce un po’ di isolamento fa miracoli, sia per il corpo, ma ancor di più per la mente. Quando anche tu andrai in pensione capirai.”

“Pensione? Io? Dovrò sterminare tutta Alvarez prima che arrivi quel giorno.”

Entrambi risero.

“Non strapazzare troppo quei poveri giovani.”

“Mi astengo dal fare queste promesse. Ho arruolato degli esperti Cavalieri dalla capitale per permettere loro di fronteggiare qualcuno di ben più esperto, e dopo che si saranno riscaldati, interverrò io personalmente.”

“Tu in persona? Poveri loro.” Sorrise bonariamente l’anziano.

“Che ti devo dire… hanno scelto una vita difficile. Avrebbero potuto fare i panettieri, o i pescatori. E invece sono soldati in tempi di guerra.”

Era trascorsa un’altra settimana dalla fine della lunga difesa di Crocus. Le truppe ritornate a Magnolia per le celebrazioni si erano riposate per pochi giorni, per poi venir reintegrate nella difesa della capitale, o della sede del concilio a Era. Chi non era stato premiato con alte onorificenze, invece, era stato inviato a Crocus per seguire i lavori di recupero della città. Ebbene, Percival non poteva permettere che tra i più valorosi guerrieri che avevano difeso strenuamente Crocus facessero una fine del genere.

Era stato al funerale dei caduti che si era avvicinato a Edra, Ilya e Jun, trovandoli ancora piegati dal rammarico per le perdite. Florence, la loro master Rea… ciò che restava della gilda Path of Hope erano solo frantumi, cocci che nessuno sapeva come raccogliere. Percival disse loro che non avrebbero saputo intraprendere una nuova strada con le loro forze, perché queste forze al momento non erano in loro possesso: li avrebbe addestrati personalmente e resi i migliori soldati di Fiore. A quel punto avrebbe permesso loro di sapere che Rea fosse ancora viva, e l’avrebbero salvata dalle grinfie di Alvarez.

“Quanto prima questa insensata guerra si sarà conclusa, tanto meglio riposerò.” L’ex-presidente guardò l’orizzonte con aria stanca. Tutto il suo grosso corpo era stanco. Amministrare per tutti quegli anni il concilio, unico organo che potesse consigliare alla Regina assieme allo Stratega, doveva essere come andare in guerra.

“E capisco anche perché hai voluto allontanare quei poveri giovani da Magnolia. Hanno appena perso dei cari per via di Alvarez… non sarebbero tanto felici nello scoprire chi sta andando lì adesso.”

 

***

 

La via principale della città tremava per il rombo di passi di tutti i cittadini che vi si stavano radunando. Un simile fermento popolare si vedeva solo una volta l’anno, al festival di Fantasia, ma nella circostanza attuale c’era molta meno gioia. I popolani, infatti, sbirciavano tra le spalle delle guardie disposte ai lati del vialone, ‘sì incuriositi ma anche timorosi di ciò che stava per accadere. Le macchinazioni dei reali per loro erano ignote e apparivano tanto oscure quanto pericolose, in un momento storico del genere: dopo aver bandito le gilde anni prima, e poi forzatamente inviato migliaia di loro al fronte, adesso avveniva quello.

La carrozza era un cubo nero come la notte e grande quanto una casa di due piani, poggiante su otto ruote grandi come un uomo adulto e trainata da quattro coccodrilli levrieri, fortunatamente con museruola e paraocchi, ma che non instillavano così meno paura. Le guardie cittadine l’avevano accerchiata all’ingresso di Magnolia e ora la stavano scortando lentamente fino alla Cattedrale di Kaldia.

Lì, a qualche miglio di distanza, un gigante e un omino la guardavano arrivare con preoccupazione crescente. 

La Vecchia Fata Makarov si tormentava i baffi. Il portale della cattedrale torreggiava alle sue spalle, rendendolo una pulce al confronto.

“Dannazione” Sbuffò l’uomo accanto a lui. Era il Generale Aracadios, capo dei cavalieri reali. Nonostante l’armatura bianca splendente che gli aveva favorito il soprannome di Cavaliere Bianco, e il viso sempre curato, quando non era in presenza di cariche più alte della sua si mostrava per il comune mortale quale era.

E al momento il suo nervosismo era palpabile, traspariva dalla sua pelle e infettava anche il vecchio.

“Non posso credere davvero che vogliano trattare. Non è mai accaduto prima, mai! Tutte le volte che lo hanno fatto, con gli altri paesi…”

“Questi si sono arresi, annettendosi all’Impero, lo so.” Terminò per lui Makarov, vedendo la carrozza ingrandirsi man mano che si avvicinava “Il fratello del re, per quanto non sia un pericoloso soldato, ha mietuto più vittime con i suoi trattati di qualsiasi Spriggan 12. È un mostro politico, una vipera… ma arrivati a questo punto della guerra, non possiamo ignorare che la ripresa di Crocus abbia cambiato gli equilibri. Forse un dialogo è ciò che ci serve, dopo tanti inutili spargimenti di sangue…”

Arcadios si era sempre posto all’anziano Generale con fredda cortesia, anche quando non era d’accordo con lui. Ma, dopo una frase del genere, nessuna gerarchia o rispetto per l’anzianità lo avrebbe spinto ad assecondarlo. Così rimase in silenzio, stringendo le labbra e i guanti d’arme.

“Almeno è da solo, senza nessuna scorta.” esordì Makarov quando la carrozza si fu fermata, e il suo occupante fu disceso. Li separavano ancora qualche metro di scalinata.

“Ciò nonostante, trovo disdicevole che il Generale De Sagramore abbia richiesto la tua Squadra dei Lupi Affamati per svolgere il suo addestramento sulle nuove leve. Non si dispone così di ben cinque cavalieri reali, sono pur sempre dei pubblici ufficiali a difesa-…”

“Non era così.” Lo interruppe Arcadios, perso nei suoi pensieri da quando la Vecchia Fata aveva cominciato a parlare.

“Non era così quando mi hanno segnalato che la carrozza avesse superato il confine. C’era una scorta con lui.”

E così i due Generali, con una stretta opprimente al cuore per quella tenebrosa constatazione, accolsero il loro ospite con volti pallidi.

Il Principe, fratello dell’Imperatore che ne richiamava una somiglianza sconcertante, spalancò le braccia non appena ebbe percorso l’ultimo gradino. Alle sue spalle, c’era Magnolia, e Fiore tutta, in attesa di ciò che le sue parole avrebbero portato al regno.

“Miei generali, grazie per l’accoglienza. Vedo che la vostra è una terra meravigliosa.” Sorrise mellifluo Lord Mard Geer. 

 

***

 

“Accidenti, molto meglio della caserma.” Con quelle parole Ilya varcò la soglia della villa dell’ex-presidente Crawford Seam. 

Alle sue spalle Jun fece un fischio, mimando poi un ululato con il peluche di Wolfie calzato sulla mano, e anche Edra si concesse un sospiro rilassato.

La sala era opulente, riccamente arredata con tappeti, tende e persino legno mai visti prima a Fiore, e che assieme ai ninnoli e ai quadri presenti un po’ ovunque, dovevano provenire da ogni angolo del continente.

“L’ex-presidente è stato davvero generoso a fornirci la sua vecchia casa.” La Capitana si soffermò su una grossa conchiglia dipinta di un blu oceanico, fino a quando non si rese conto che quello fosse il suo colore originario.

“Già” sorrise l’albino, per poi dare una pacca sulla spalla al suo silenzioso amico “Almeno avremo del meritato riposo dopo mesi passati a combattere.” 

“Wolfie dice di non aspettarsi troppo riposo, visto che parliamo del programma di allenamento del Generale De Sagramore!” Jun abbaiò con la vocetta da ventriloquo di Wolfie, nascondendosi dietro il pupazzo. 

“Jun… cioè, Wolfie ha ragione.” Intervenne la rossa “Siamo pur sempre qui per allenarci, e se per l’addestramento il Generale ha scelto solo noi tre, per di più isolandoci così tanto dagli altri soldati, vorrà dire che sarà molto intenso.”

“Mamma mia, ragazzi, che soddisfazione fare una vacanza con voi!” ribatté il ragazzo con una smorfia “Speravo vi facesse bene l’aria di campagna.”

La risata in cui scoppiò subito dopo fu contagiosa per i suoi compagni d’armi. In fin dei conti, l’atmosfera più rilassata rispetto al campo di battaglia e alla capitale già stava facendo miracoli sul loro buonumore. 

Ben presto decine di maggiordomi e domestici posizionarono i loro effetti personali nelle stanze assegnate, procedendo a illustrare le stanze della villa. Un gruppo formato da cinque di loro rimase al portone d’ingresso, osservando i soldati sparire tra le sale.

Quando si assicurarono di essere rimasti soli e lontani da orecchie indiscrete, la donna più grande parlò: “Possiamo dare inizio alla missione non appena saranno nelle loro stanze. Tempesta, ti sei liberato dei corpi?”

L’uomo più alto alle sue spalle annuì.

“Jackal, gli esplosivi sono stati piazzati?”

Il più giovane del gruppo, con i capelli biondi acconciati per formare due orecchie ferine, sghignazzò. “Affermativo, Kyoka. Certo che quei Cavalieri del Lupo Affamato erano proprio delle mezze seghe, qui a Fiore danno titoli del genere a cani e porci.”

“Non parlare così” Lo interruppe l’uomo più massiccio tra i presenti, con un’espressione truce “Noi assassini non siamo nessuno per giudicare dei veri combattenti. I nostri modi di togliere la vita sono diversi.”

“Basta così, Torafuza.” Lo interruppe la donna, prima che quei due si saltassero alla gola “Vorrei ricordarvi che dobbiamo finire prima che il Principe termini l’incontro diplomatico. Una volta che avremo ottenuto le informazioni necessarie, cancelleremo questo posto e ogni traccia della nostra permanenza qui.”

“Già” l’unica altra donna, Sayla, annuì con sguardo mesto e rivolto al pavimento “D’altronde non possiamo rischiare di mettere a rischio l’integrità di Lord Geer, o del nostro alleato, l’ex-presidente Crawford.” 

 

 

 

Angolo Lobotomia:

Mentre il Generale del Disastro, August affrontava il Cavaliere Nero, Percival De Sagramore, August chiese: “Sei il più forte perché sei l’unico Generale di Fiore rimasto, o sei l’unico Generale di Fiore rimasto perché sei il più forte?”. August iniziò ad utilizzare il suo Tesoro Oscuro, Ars Magia, sfruttando tutta la potenza degli elementi circostanti, però Percival gli rispose solamente “Ad Alvarez e a Fiore, sono io il più forte. Stand proud, you’re strong but nah, I’d win.”

Io mentre faccio letteralmente dire “Fairy Tail ga Crush” alla voce pensiero di Rea:

Scusate ragazzi, sono pazzo.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, io lo volevo davvero scrivere. Finalmente è finita questa lunga notte di guerra a Crocus durata due anni (irl) e possiamo parlare di altro. Rea è ad Alvarez e verrà affiancata alla squadra di Thrax, Daisuke Julia etc, mentre Edra, Ilya e Jun verranno allenati da Percival “Powerhouse” De Sagramore… se non muoiono nel prossimo capitolo, dato il rischioso attentato di Tartaros.

Per chi si stesse chiedendo da dove viene Percival, è stato creato come riscatto dal pazzo che mi domanda ogni giorno quando aggiornerò. Mi diverte troppo scrivere di lui, vorrei che tutti voi ve lo immaginaste come il Cavaliere Nero di Fire Emblem Path of Radiance (il mio gioco preferito di sempre, e da dove viene anche il nome della gilda di Rea).

Cosa ne pensate dei reveal di questo capitolo, tipo la vera identità di Amasia, il piano di Gerard, la sopravvivenza del generale Seboster?

Rispondo in anticipo a qualche domanda che immagino potreste porvi:

Sì, Florence è morto per davvero. Amasia/Gerard ha mentito a Rea.

Sì, August è vivo, è solamente scappato quando si è accorto che senza un braccio non avrebbe retto contro Percival.

Sì, in questa ff Mard Geer è uno dei fratelli di Zeref. Natsu non lo è. L’unico altro fratello dell’Imperatore era Larcade, ma faceva parte degli Spriggan 12 morti a Shiranui (se ne parlerà nel prossimo capitolo).

Sì, l’ex-presidente fa il doppiogioco per Tartaros proprio come nel manga.

Aaah e sì, sono riuscito a inserire Lucy, per chi se lo stesse chiedendo. Non vedo l’ora di farla morir- no dai, scherzo. Forse. Bho, ancora non ho deciso.

Fun fact: Ieri sera ho scoperto che, zitta zitta, la Dynit nel 2023 ha finito di doppiare Fairy Tail in Italiano, dopo il doppiaggio della Rai interrotto nel 2016 a prima del torneo della magia. Rifacendomi un breve re-read di un centinaio di capitolo in questi giorni per motivarmi a scrivere mi sono reso conto che per me Fairy Tail non è invecchiato né male né bene… purtroppo non faccio mistero che è dal 2013 che per me ha iniziato a perdere colpi, con una saga peggio dell’altra fino a raggiungere l’apice della merda nella guerra contro Alvarez. Fosse per me Hiro Mashima dovrebbe andare a vendere il pesce alle bancarelle e non fare il mangaka, ma ehi, intanto eccomi qui a scrivere una fanfiction di Fairy Tail ^^… circa. Ormai sta diventando molto più ASOIAF di quanto abbia mai pensato. Asoiaf, ma con le mazzate in stile manga. Mi piace questa direzione. E a voi? Fatemelo sapere.

Grazie per aver letto fin qui! Alla prossima <3

 

   
 
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