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Autore: Chillram9    24/03/2024    0 recensioni
Elizabeth Belvoir ha un sogno: incontrare il suo idolo Aldric, il mago più potente del regno.
L'occasione per riuscirci si presenta quando riceva una lettera d'ammissione dalla misteriosa Accademia di Magia Reale Duelcrest.
Di questa scuola si sa poco e nulla, se non che Aldric è l'unico ad averne mai ottenuto il diploma.
Elizabeth è determinata a fare lo stesso. Non sa però che il terribile segreto che si cela dietro l'Accademia e l'incontro con una strana ragazza cambieranno per sempre la sua vita.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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23. Passeggiata notturna
 

«Non ne posso più…»
Feci sprofondare il viso nelle coperte del letto dell’infermeria.
Amy ridacchiò, non era la prima volta che mi sentiva pronunciare quelle parole dopotutto.
Alzai lo sguardo e le sorrisi debolmente.
Finalmente sembrava che stesse riacquistando le proprie energie.
Erano passati dieci giorni da quando era stata assalita e ne aveva passato la maggior parte distesa su quel letto, avvolta dalla luce azzurrina di un incantamento che, pian piano, ripristinava il mana che le era stato forzatamente sottratto.
La cura aveva sin da subito dato i suoi frutti ed Amy era migliorata a vista d’occhio. Sembrava che i guaritori al servizio della scuola sapessero il fatto loro. Certo, il loro scopo probabilmente era farci tornare al più presto ad ammazzarci a vicenda, ma in questa situazione non potevo che essere grata della loro preparazione.
Sembrava che Amy sarebbe presto potuta tornare ad andare a lezione. Fortunatamente, prima di essere stata attaccata, si trovava in una posizione in classifica abbastanza sicura, ma durante il suo ricovero il suo vantaggio sulle ultime posizioni si era assottigliato. Avremmo dovuto fare qualcosa a riguardo.
Per inciso, duellare era proibito nell’infermeria. Gli ultimi avvenimenti mi avevano tuttavia fatto capire quanto poco stringenti fossero le regole dell’Accademia. Per questo motivo, trascorrevo quanto più tempo possibile con Amy, per evitare che qualche malintenzionato potesse approfittare del suo stato di debolezza.
O almeno, quello era uno dei motivi. Ultimamente gran parte del tempo che trascorrevo in infermeria lo passavo a sonnecchiare sulla sedia vicino al letto di Amy.
«State esagerando, perché non ne parli con lei?» mi rimproverò quest’ultima, dopo che mi ebbe sentito lamentare la mia stanchezza per l’ennesima volta.
«No, no…» risposi debolmente, scuotendo la testa.
La causa della mia recente mancanza di energie, erano le notti insonni che passavo insieme a Sophia, pattugliando i bui corridoi della scuola. Dopo cena, quando tutti gli studenti si ritiravano nelle loro stanze, noi due sgattaiolavamo fuori, complici le tenebre, per assicurarci di cogliere sul fatto un nuovo possibile attacco. La nostra guardia solitamente durava fino alle prime luci del mattino. Ciò mi lasciava solo un paio d’ore di sonno prima dell’inizio delle lezioni. Certo, con i punti che avevo, avrei potuto tranquillamente evitare di andarci e utilizzare quel tempo per riposare. Ma dopo che, anche se costretta, Sophia aveva finalmente deciso di cooperare con me, non avevo intenzione di mostrarle alcun segno di debolezza.
Ma come? Ti concedo di accompagnarmi e sei in questo stato per così poco?
Già me la immaginavo, sputare quelle parole mentre mi squadrava con aria di sufficienza.
Per questo avevo deciso di far buon viso a cattivo gioco.
Certo, avrei sopportato tutto molto più volentieri se fosse servito a qualcosa.
Non ero stupita che, finora, i nostri pattugliamenti notturni non avessero ottenuto risultati. Dopo il fallito attacco contro Amy, non era strano che il killer fosse in guardia. Probabilmente sarebbe passato del tempo prima che riacquistasse la confidenza necessaria per colpire di nuovo.
Non ci restava altro che attendere, in agguato, senza fargli sospettare che gli stessimo dando la caccia.
Avevo però sperato che la nostra momentanea alleanza mi avrebbe quantomeno dato occasione di avvicinarmi un po’ a Sophia. Ma anche in questo caso non avevo avuto fortuna.
Sophia mi aveva sin da subito proibito di approcciarla durante il giorno. A detta sua era necessario per tenere la nostra partnership segreta. Se avessimo iniziato ad interagire all’improvviso, subito dopo che la mia migliore amica era stata assalita, il killer avrebbe potuto intuire che stavamo lavorando insieme per acciuffarlo.
Purtroppo non avevo trovato modo di contraddirla.
Anche la notte non avevo avuto fortuna. Dopotutto non potevamo chiaccherare granché quando ci aggiravamo furtivamente nella scuola o avremmo allertato il colpevole.
Nonostante tutto, non avevo comunque intenzione di demordere.
Amy annuì al mio rifiuto.
«Vedi di dormire un po’ allora dai, ti sveglio quando è ora delle lezioni serali.»
Malgrado fossi io quella che era in visita, trascorsi il resto del pomeriggio sonnecchiando, mentre Amy vegliava su di me.

 

***


«Come sta?»
«Eh?!»
Erano ormai un paio d’ore che io e Sophia ci aggiravamo per la scuola, avvolta dalle tenebre.
Sotto suo suggerimento da alcuni giorni avevo iniziato ad evocare un velo magico attorno a noi. Il suo scopo era occultare la nostra presenza. Non ci donava una vera e propria invisibilità (un incantesimo del genere era fuori dalle mie capacità), ma finché ci muovevamo con cautela, avrebbe reso più difficile individuarci, permettendo di confonderci con l’ambiente circostante.
L’incantesimo non faceva però nulla per nascondere i rumori che emettevamo, quindi era raro che Sophia mi rivolgesse la parola in quei momenti.
Fu anche per questo che quando mi sussurrò nell’orecchio, non potei che farmi sfuggire un gridolino di sorpresa.
Com’era successo dieci giorni fa, Sophia fu un lampo nel tapparmi la bocca con una mano.
«Sei matta?!» sibilò, fulminandomi con lo sguardo dopo avermi liberato.
«Scusa, mi hai fatto spaventare…»
«Allora? Amy, come sta? Ho visto che passi molto tempo in infermeria. Va tutto bene?»
«Sì, sta molto meglio. Penso che la prossima settimana potrebbe già uscire.»
«Dovrà mettersi d’impegno per recuperare punti o potrebbe rischiare di essere eliminata nelle prossime settimane. Stavo pensando…» fece una piccola pausa, «se io e te la sfidassimo ogni giorno e lei facesse lo stesso con noi, potrebbe salvarsi facilmente, no? Certo perdere apposta non mi fa-... Perché mi stai guardando così?»
Ero sbalordita, cosa ci potevo fare?
Avevo già intenzione di fare qualcosa del genere, ma non immaginavo che Sophia avrebbe proposto di aiutarci. Che…?
«Ti senti ancora in colpa?» le chiesi, «ti ho già detto che-»
«Non mi importa quello che pensi tu,» sbottò Sophia voltando la faccia, «voglio fare ciò che ritengo giusto. Vedilo anche come un modo per ripagare l’aiuto che mi stai dando. Dopodiché saremo nuovamente pari.»
Non mi facevo illusioni sulle intenzioni di Sophia. Era chiaro che dopo la conclusione di questa faccenda, intendesse nuovamente tagliare i ponti.
«Come vuoi,» risposi, «ma non credi che cooperare sia una buona idea anche in futuro? Come vedi ci sono cose che anche tu non puoi fare da sola.»
«Mmpf…»
“Non puoi obiettare, eh?”
«Certo, come hai detto un giorno forse saremo nemiche. Ma nulla ci vieta di aiutarci in situazioni come questa, no?»
Sophia rimase in silenzio per un po’. Ma poi:
«Pensi veramente abbia senso aiutarci? In fondo non sarebbe comodo per te se qualcuno mi facesse fuori? Avresti meno competizione…» sussurrò, senza guardarmi.
«Come puoi dire una cosa del genere?»
«È tanto strano pensarla così? Se vuoi sopravvivere a questa stupida competizione, io dovrò morire un giorno. Vuoi veramente essere tu ad uccidermi con le tue stesse mani?»
“Eh?”
Ancora una volta non seppi come rispondere. Nonostante tutto però, non potei fare a meno che notare che i toni di Sophia erano cambiati dall’ultima volta che avevamo toccato l’argomento.
Allora mi ero trovata di fronte ad un muro. Sophia voleva tenermi lontana per non avere problemi quando un giorno inevitabilmente avrebbe dovuto farmi fuori.
Ora però le sue parole avevano una nota di tristezza. Come se sperasse che quel giorno non sarebbe mai arrivato…
«Sophia, non dob-»
Non riuscii a finire la frase.
Sophia per l’ennesima volta mi tappò la bocca.
Quando feci per lamentarmi, mise un indice davanti alla bocca, facendomi segno di fare silenzio.
Dopo un attimo capii il perché mi avesse zittito.
Nel profondo silenzio in cui era immersa la scuola, udii chiaramente il rumore di una porta che si chiudeva.
Qualcuno era uscito dalla sua stanza.
Al momento, eravamo appostate in uno dei corridoi del piano terra dell’ala ovest. Il suono era vicino. Era senza dubbio uno studente.
In tutti questi giorni d’attesa, non era mai accaduto che qualcuno facesse una passeggiatina notturna. Dopotutto chi sarebbe stato tanto stupido da farlo, quando una delle ultime due vittime era stata uccisa proprio durante la notte?
Se qualcuno era fuori dal letto, non poteva che essere sospetto.
Annuì a Sophia e insieme sgusciammo lungo la parete fino a che non potemmo sbirciare dietro l’angolo più vicino.
Non c’era dubbio, i passi che sentivamo si stavano dirigendo in questa direzione. Dal rumore che stava facendo, chiunque fosse, non sembrava intenzionato ad essere furtivo.
Il fatto che fossimo sulla sua strada non era però a nostro favore. Se fossimo rimaste quì, non ero confidente che il mio incantesimo ci avrebbe tenute nascoste.
Afferrai Sophia per il polso e la tirai verso di me.
«Cosa st-»
Questa volta fui io a tapparle la bocca. Con l’altra mano estrassi la bacchetta e la puntai verso uno degli armadi che decorava il corridoio in cui ci trovavamo.
«Duplicate,» sussurrai, spostando la punta della bacchetta verso il terreno ai nostri piedi. Dal nulla, pareti di legno si formarono intorno a noi, occultandoci alla vista.
Era un azzardo, ma complice il buio, era improbabile che passando di  lì, quella persona avrebbe fatto caso ad un armadio in più.
Sophia sembrò sussultare dalla sorpresa. Mollai velocemente la presa, ma nonostante ciò, rimanemmo comunque vicinissime, chiuse in quello spazio angusto. Potevo sentire il suo respiro solleticarmi il collo.
Ero felice che le tenebre nascondessero l’occhiataccia che ero certa mi stesse riservando.
Non potemmo far altro che attendere, schiacciate l’una contro l’altra, finché non sentimmo i passi farsi sempre più vicini. Trattenemmo entrambe il respiro quando quella persona misteriosa passò di fronte all’armadio, ignara della nostra presenza.
I passi poi si fecero più lontani. Lo studente si stava dirigendo verso l’ingresso.
Quando fummo certe che si fosse allontanato abbastanza, saltammo fuori dall’armadio.
«Confermo… sei matta. Ma… buona idea,» commentò Sophia ansimando appena.
«Grazie… ma su sbrighiamoci.»
Rievocai l’incantesimo occultante. Ora che potevamo seguire quella persona a debita distanza, sarebbe probabilmente stato abbastanza per tenerci nascoste.
Velocemente, ma facendo attenzione a non fare rumore, ci affrettammo a raggiungere il nostro bersaglio.
Fu quando arrivammo al salone d’ingresso che, complici le torce che lo illuminavano a giorno, finalmente potemmo vedere di chi si trattasse. Era un ragazzo di media statura e con una chioma di capelli castano chiaro, ordinatamente pettinati all’indietro. Da non riuscendo a vedergli il volto non avevo chiaro chi fosse, ma mi sembrava familiare…
«Von Bitten,» mi sussurrò Sophia.
«Oh…»
Ma certo, era il ragazzo che mi aveva sfidato a duello il primo giorno di scuola. Con l’intento di rendermi la sua fidanzata. Era passato così tanto tempo che avevo quasi dimenticato quella peculiare interazione. Chissà se l’incantesimo gli impediva ancora di rivolgermi la parola…
Ma non era importante adesso. Che diavolo ci faceva in piedi a quest’ora?
Di sicuro non era il killer, altrimenti non avrebbe attraversato la scuola con tanta nonchalance, senza curarsi di essere scoperto.
Continuammo a pedinarlo verso l’ala est dell’edificio. Il ragazzo non sembrava preoccuparsi di essere seguito, ma cercammo comunque di fare meno rumore possibile. Era essenziale che, se il killer era in agguato, non ci vedesse arrivare. Infine, giungemmo al corridoio delle classi.
Il ragazzo si fermò davanti alla porta del cortile interno e ci entrò, chiudendola alle sue spalle.
Allenamento notturno forse?
Era improbabile. Ma questa situazione era un problema: ora che c’era una porta a separarci, non avevamo modo di continuare ad osservarlo. Aprirla ci avrebbe senza dubbio fatte scoprire.
Avevo recentemente studiato un incantesimo capace di farmi passare attraverso le pareti, ma sarebbe stato fin troppo rischioso utilizzarlo in questa situazione. E se fossi rimasta incastrata in mezzo al muro?
Anche Sophia sembrava incerta sul da farsi.
«Maledizione,» sibilò mordendosi il labbro.
Dopo un attimo però sembrò decidersi.
«Dobbiamo entrare, veloce!» esclamò senza più curarsi di mantenere basso il tono della voce. E in un lampo scattò in direzione del cortile esterno.
«S-sei s-icura?» ansimai, arrancando dietro di lei.
«Se il killer lo sta aspettando lì dentro, non possiamo star qua senza far niente!»
Quando arrivò davanti alla porta, Sophia la spalancò con forza.
Ci trovammo di fronte ad una scena orribile.
Il corpo di Von Bitten, illuminato dalla luce innaturale del cortile, era lungo disteso per terra. Non c’era più traccia di quel giovane di bella presenza che ricordavo aver conosciuto. Quello che avevamo di fronte rassomigliava più che altro ad uno scheletro. Non uno, ma ben due di quegli orribili insetti banchettavano su quello che restava di quel povero ragazzo.
Sophia, come un fulmine, estrasse la sua spada e si avventò su una di quelle due bestie, dividendola a metà con un solo fendente. Nel momento in cui il suo ventre brillante fu lacerato, l’insetto emise un bagliore violento prima di spegnersi all’improvviso. Nel mentre estrassi la mia bacchetta e con precisione congelai l’altra creatura.
Sophia si avvicinò in fretta al corpo di Von Bitten.
«Appena in tempo… È ancora vivo. Dobbiamo portarlo subito in infermeria. Nel frattempo vedi se riesci a seguire il flusso di mana di quell’affar-... Elizabeth?!»
Era troppo tardi, ero già uscita di corsa dal cortile.
Sentii Sophia inveirmi contro.
“Spero potrai perdonarmi…”
Ci avevo già pensato parecchie volte, durante le nottate insonni che avevamo trascorso insieme, ma la scena a cui avevo appena assistito mi aveva finalmente portato a prendere quella decisione.
Non potevo permettere che Sophia affrontasse il killer.
Era stupido da parte mia preoccuparmi per lei. Dopotutto, il potere che aveva era completamente fuori scala. Era improbabile che avrebbe rischiato qualcosa.
Tuttavia. il suo duello con Valentine mi aveva mostrato come anche lei non era immune dal commettere errori di valutazione.
Certo, nel 99% dei casi avrebbe vinto, ma… se avesse sbagliato qualcosa? Magari il killer aveva qualche trucco in serbo per noi o ci avrebbe teso un imboscata. E allora… sarebbe successo tutto così velocemente. Il poco mana che aveva sarebbe stato assorbito nel giro di pochi istanti e la sua vita sarebbe svanita in un battito di ciglia.
Quel potere era praticamente l’arma perfetta contro Sophia.
Ma io non gli avrei dato la possibilità di utilizzarlo contro di lei. Questa volta sarei stata io a proteggerla, che volesse o no.
Corsi per i corridoi della scuola, seguendo il flusso di mana che avevo avvertito legare l’insetto con il suo creatore. Proveniva dall’ala ovest. Che il killer fosse tranquillo nella sua stanza?
“In quel caso dovrò per forza tornare da Sophia per farle sfondarle la porta,” pensai mordendomi il labbro.
Ma non fu così.
Il flusso mi condusse in un corridoio pieno di stanze, ma non sembrava provenire da nessuna di esse. Dovetti fermare la mia corsa.
Un vicolo cieco. Davanti a me c’era un muro.
Non c’erano dubbi, chiunque stesse controllando quelle creature era lì dietro. Tastai la parete con le mani. Non era un’illusione, era perfettamente solida. Che ci fosse un passaggio segreto da qualche parte?
Non avevo tempo per pensarci, potevo già sentire il mana affievolirsi, presto le tracce del killer sarebbero scomparse. Dovevo agire subito.
Feci un respiro profondo, preparandomi al peggio.
Estrassi la bacchetta e la puntai contro me stessa. Sapevo che, a differenza del potere di Sophia, nessuno dei miei incantesimi avrebbe scalfito quel muro. Non c’era altro modo, dovevo rischiare.
«Phase shift,» sussurrai.
Rabbrividii. Era come se il mio corpo fosse stato calato in un catino d’acqua ghiacciata. Mi guardai le mani: avevano un colorito perlaceo, quasi trasparente.
L’incantesimo aveva funzionato. Non avevo tempo da perdere. Con decisione mi incamminai verso il muro e senza guardarmi indietro ci passai attraverso.



Note dell'autore: alla fine non sono riuscito ad arrivare al reveal del killer come speravo, ma ci siamo quasi! Forse anche domani.

 

   
 
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