Capitolo
1
Il
bolide sfrecciò a un soffio dal suo orecchio; Albus
sferò di lato e
arrestò bruscamente la scopa a mezz'aria, concedendosi un
istante
per buttare fuori il fiato.
“Roxanne!”
urlò in direzione della ragazza che volava verso di lui
impugnando
una mazza da Battitore. “Due centrimetri di differenza e mi
avresti
spaccato il naso! Si può sapere perché mi vuoi
morto?”
“Perché sei un Cercatore pessimo e voglio farti sostituire,” ribatté Roxanne, ormai ferma davanti a lui. Subito dopo le sue labbra si tesero in un sorriso che lui non poté fare a meno di ricambiare. “Scusa, mi sono fatta un po' prendere la mano.”
“Cerca di stare attenta, vi servo tutto intero contro i Tassorosso.”
Planarono insieme in discesa, verso il centro del campo, e balzarono giù dalle scope accanto a Matt, che scuoteva la bacchetta per costringere il bolide che aveva quasi spaccato il naso di Albus a stare fermo nel baule.
“Perché sei un Cercatore pessimo e voglio farti sostituire,” ribatté Roxanne, ormai ferma davanti a lui. Subito dopo le sue labbra si tesero in un sorriso che lui non poté fare a meno di ricambiare. “Scusa, mi sono fatta un po' prendere la mano.”
“Cerca di stare attenta, vi servo tutto intero contro i Tassorosso.”
Planarono insieme in discesa, verso il centro del campo, e balzarono giù dalle scope accanto a Matt, che scuoteva la bacchetta per costringere il bolide che aveva quasi spaccato il naso di Albus a stare fermo nel baule.
“Noi
andiamo in dormitorio a finire i compiti, vieni con noi?” gli
chiese Matt mentre entravano negli spogliatoi.
“No,
io pensavo di andare in Sala di Ritrovo,” rispose
sovrappensiero
Albus, riponendo la scopa e la divisa spiegazzata nel suo armadietto.
“Mi faccio la doccia qui, non aspettatemi.”
Si
precipitò verso i bagni, senza dare a Matt e Roxanne il
tempo di
replicare. Quando – vestito in felpa nera e jeans –
tornò nello
spogliatoio, lo trovò vuoto. Si diede un'ultima occhiata
allo
specchio della stanza, aggiustandosi una ciocca dei capelli
perfettamente allisciati dietro l'orecchio, prima di gettarsi addosso
il cappotto e uscire incamminandosi lungo il pendio erboso che
portava all'ingresso del castello.
Si
trovò a fischiettare allegramente tra sé e
sé mentre camminava.
Nonostante l'atmosfera tetra data dal grigio cielo autunnale e dagli
alberi ingialliti, non poteva fare a meno di sentirsi di buonumore;
il suo quarto anno si stava rivelando molto più divertente
del
terzo, da quando sua cugina e il suo migliore amico erano entrati
nella squadra di Grifondoro. Avevano iniziato ad organizzare dei
piccoli allenamenti privati tra loro oltre quelli con il resto della
squadra, in vista della partita che avrebbe visto i Grifondoro contro
i Tassorosso.
In
più si sentiva animato dalla prospettiva di poter vedere
Mary da lì
a poco.
Mary,
Tassorosso, di due anni più grande di lui, la ragazza
più bella che
avesse mai visto in vita sua. Era da tempo che tentava di beccarla da
sola per chiederle di uscire, speranza prontamente delusa in quanto
la ragazza era sempre circondata da gruppi di amiche. Aveva persino
chiesto consiglio a James il quale aveva riso e gli aveva detto, con
il solito tono di scherno; “Andiamo, Al, non sei neanche
capace di
chiedere a una ragazza di uscire con te?”
Un moto di fastidio gli contorse lo stomaco nel ricordare quelle parole. Nonostante lo scorrere del tempo, James continuava a trattarlo come se lui fosse ancora il ragazzino timido che aveva appena messo piede a Hogwarts – suo fratello sembrava del tutto cieco ai cambiamenti che pian piano avevano trasformato la sua personalità nel corso di quegli anni. Lo infastidiva oltremodo che James fosse convinto della sua incapacità di chiedere a una ragazza di uscire per quanto – o almeno così gli ripeteva Rose – sapeva che non avrebbe dovuto affatto curarsi del suo giudizio.
Un moto di fastidio gli contorse lo stomaco nel ricordare quelle parole. Nonostante lo scorrere del tempo, James continuava a trattarlo come se lui fosse ancora il ragazzino timido che aveva appena messo piede a Hogwarts – suo fratello sembrava del tutto cieco ai cambiamenti che pian piano avevano trasformato la sua personalità nel corso di quegli anni. Lo infastidiva oltremodo che James fosse convinto della sua incapacità di chiedere a una ragazza di uscire per quanto – o almeno così gli ripeteva Rose – sapeva che non avrebbe dovuto affatto curarsi del suo giudizio.
Quelle
preoccupazioni svanirono nel momento in cui varcò la soglia
della
Sala di Ritrovo, gremita di studenti che studiavano ai tavolini
accanto alle finestre o chiacchieravano intorno al fuoco. Si
sentì
richiamare da un gruppo di ragazzi di Corvonero del suo anno ma le
loro voci sbiadirono quando scorse Mary seduta davanti al camino,
sola, intenta a leggere un libro.
Grazie,
Rose, grazie.
Era
stata sua cugina a dirgli che, di tanto in tanto, vedeva Mary
studiare da sola in Sala di Ritrovo intorno a quell'ora del mattino.
Continuando a ringraziare Rose tra sé e sé, si
incamminò verso la
ragazza senza alcuna esitazione.
“Ciao.
Ti disturbo?”
Mary sollevò lo sguardo dal libro e gli sorrise – di un sorriso bellissimo che le illuminò gli occhi castano chiaro.
Mary sollevò lo sguardo dal libro e gli sorrise – di un sorriso bellissimo che le illuminò gli occhi castano chiaro.
“Ciao.
No, figurati. Siediti pure qui,” rispose, indicando la
poltroncina
vuota accanto alla sua.
Albus
si sedette, il cuore che iniziava ad accellerare i battiti.
“Che
cosa leggi?”
“Il
libro di Storia della Magia. Domani abbiamo un compito scritto, sto
provando a ripassare qualcosa.”
“Anche noi abbiamo avuto un compito scritto di Storia della Magia la settimana scorsa. L'ho consegnato in bianco, ovviamente. Vedi, in realtà a me piace molto come materia. Però non mi piace essere forzato a studiare le cose per quanto mi appassionino. E poi penso sempre che potrei impiegare il mio tempo in cose molto più proficue, per esempio il Quidditch...”
“Certo, abbiamo la partita a fine novembre,” lo interruppe Mary – per quanto il suo tono fosse bonario, Albus si ritrovò a chiedersi se non fosse infastidita dalla sua parlantina.
“Anche noi abbiamo avuto un compito scritto di Storia della Magia la settimana scorsa. L'ho consegnato in bianco, ovviamente. Vedi, in realtà a me piace molto come materia. Però non mi piace essere forzato a studiare le cose per quanto mi appassionino. E poi penso sempre che potrei impiegare il mio tempo in cose molto più proficue, per esempio il Quidditch...”
“Certo, abbiamo la partita a fine novembre,” lo interruppe Mary – per quanto il suo tono fosse bonario, Albus si ritrovò a chiedersi se non fosse infastidita dalla sua parlantina.
Eppure
lei continuava a sorridergli mentre parlavano; senza neanche
rendersene conto Albus si lasciò andare a un fiume di
parole, come
la prima volta che l'aveva approcciata all'ingresso della Sala
Grande. Lei portava una spilla dei Ballycastle Bats, la sua squadra
di Quidditch preferita, e senza neanche riflettere lui le aveva
chiesto dove l'avesse acquistata e da quanto tempo fosse una loro
fan. Da allora si erano incontrati e parlati altre volte, sempre
negli stessi toni amichevoli, ma mai soli – quel momento era
l'occasione perfetta per chiederle di uscire. Ora o mai più.
“Anche
la vostra squadra si allena nei weekend come la nostra?” gli
stava
chiedendo Mary.
“Sì,
spesso. Però, sai, stavo pensando che ogni tanto potrei
anche
sacrificare un po' di tempo dedicato al Quidditch per...”
“Oh, aspetta un attimo.”
“Oh, aspetta un attimo.”
Mary
si era voltata di scatto e aveva sollevato la mano in segno di
saluto, gli occhi più luminosi che mai. Albus
seguì il suo sguardo;
suo fratello James e i suoi amici erano sulla soglia della porta e
guardavano nella loro direzione.
“Scusa,
vado un po' di fretta. Mi ha fatto piacere parlare con te. Ci
becchiamo in giro, va bene?”
“Sì, certo, non c'è problema,” rispose lui, la gola stretta in un nodo insopportabile, mentre Mary si gettava la spalla in borsa e si alzava di scatto, rivolgendogli appena uno sguardo sfuggente prima di affrettare il passo verso James e salutarlo con un bacio sulla guancia.
“Sì, certo, non c'è problema,” rispose lui, la gola stretta in un nodo insopportabile, mentre Mary si gettava la spalla in borsa e si alzava di scatto, rivolgendogli appena uno sguardo sfuggente prima di affrettare il passo verso James e salutarlo con un bacio sulla guancia.
“Un
bacio sulla guancia,” ripeté Rose tra
sé e sé, arrotolandosi un
ricciolo rosso fuoco intorno al dito. “E lui le ha sfiorato
la
spalla, giusto? Non ci sono stati né abbracci né
baci di altro
tipo?”
“Esatto. Tu dunque non ne sapevi niente?”
Albus guardò speranzoso Rose, che solitamente era al corrente di gran parte dei pettegolezzi che circolavano per la scuola. Si trovavano in sala comune, seduti a un tavolino circolare sul quale Albus aveva sparso i suoi libri e dispiegato la pergamena ancora immacolata sulla quale avrebbe dovuto scrivere il suo tema di Trasfigurazione.
“Esatto. Tu dunque non ne sapevi niente?”
Albus guardò speranzoso Rose, che solitamente era al corrente di gran parte dei pettegolezzi che circolavano per la scuola. Si trovavano in sala comune, seduti a un tavolino circolare sul quale Albus aveva sparso i suoi libri e dispiegato la pergamena ancora immacolata sulla quale avrebbe dovuto scrivere il suo tema di Trasfigurazione.
“No,
non ne sapevo nulla, te lo giuro. Altrimenti te l'avrei detto subito.
Se davvero si stanno frequentando deve essere qualcosa di molto
recente. Però... ecco, non è detto che stiano per
forza insieme.
Forse...”
“Mary non ha neanche sfiorato gli amici di James, li ha solo salutati a voce,” la interruppe Albus. “Si vedeva che tra loro c'era una confidenza diversa.”
“Beh, questo è vero.” Rose si strinse nelle spalle. “Però non saltare a conclusioni troppo affrettate. Cercherò di raccogliere qualche informazione in questi giorni e ti farò sapere, va bene?”
Albus annuì e tornò con lo sguardo alla pergamena, sentendosi cogliere da un lieve senso di colpa. Dall'inizio dell'anno scolastico era riuscito a stento a tenere in mano una piuma; il Quidditch e il tempo passato con i suoi amici avevano assorbito del tutto le sue energie e le sue attenzioni, al punto da essersi beccato almeno un paio di punizioni dal professor Wildred e persino un rimprovero dal professor Lumacorno, di cui era sempre stato un pupillo.
“Mary non ha neanche sfiorato gli amici di James, li ha solo salutati a voce,” la interruppe Albus. “Si vedeva che tra loro c'era una confidenza diversa.”
“Beh, questo è vero.” Rose si strinse nelle spalle. “Però non saltare a conclusioni troppo affrettate. Cercherò di raccogliere qualche informazione in questi giorni e ti farò sapere, va bene?”
Albus annuì e tornò con lo sguardo alla pergamena, sentendosi cogliere da un lieve senso di colpa. Dall'inizio dell'anno scolastico era riuscito a stento a tenere in mano una piuma; il Quidditch e il tempo passato con i suoi amici avevano assorbito del tutto le sue energie e le sue attenzioni, al punto da essersi beccato almeno un paio di punizioni dal professor Wildred e persino un rimprovero dal professor Lumacorno, di cui era sempre stato un pupillo.
Forza,
concentrati.
Intinse
la piuma nel calamaio e iniziò a scrivere l'introduzione ma
non
riuscì ad arrivare neanche in fondo al primo rigo; la sua
mente era
invasa dal ricordo del bacio sulla guancia che Mary aveva dato a
James.
Si
disse che, forse, avrebbe potuto sopportare che a lei piacesse un
altro, ma non suo fratello.
Certo,
James non gli stava facendo alcun torto personale; non aveva idea che
fosse Mary la ragazza per cui lui si era preso una cotta.
Ciò che
non sopportava era il pensiero che Mary potesse preferirgli la
persona a cui lui si era paragonato – in negativo –
per una vita
intera.
Aveva
passato anni recluso in se stesso per colpa di James, delle prese in
giro che avevano prosciugato la sua autostima e la sua sicurezza.
Innumerevoli volte aveva esitato a parlare in sua presenza per paura
di essere interrotto perché James aveva la fastidiosa
abitudine di
interrompere le persone quando parlavano, soprattutto se si trattava
di Albus; sembrava che non avesse mai avuto alcun interesse ad
ascoltare ciò che suo fratello aveva da dire. Aveva
soffocato più e
più volte il suo bisogno di mettersi al centro
dell'attenzione
durante una conversazione di gruppo o un pranzo in famiglia
perché
James gli avrebbe rubato il posto in un battito di ciglia; James e i
suoi monologhi, James che raccontava storie divertenti e che faceva
ridere tutti, James che animava una stanza con la sua sola presenza.
Come
lui non era mai riuscito a fare. O meglio, come solo recentemente
aveva imparato a fare.
Gli
ci era voluta una vita intera per uscire dall'ombra, per tornare a
essere se stesso senza temere il confronto con suo fratello. Non
voleva accettare l'idea che, senza neanche esserne consapevole, James
gli avesse soffiato via la ragazza di cui si era innamorato.
Infatuato.,
si corresse. Non
so se
posso dirmi innamorato di lei. Non ancora, almeno.
“Albus? So a cosa stai
pensando. Smettila.”
Sbatté le palpebre per uscire dallo stato di trance in cui l'avevano immerso i suoi pensieri e si voltò a guardare Rose.
Sbatté le palpebre per uscire dallo stato di trance in cui l'avevano immerso i suoi pensieri e si voltò a guardare Rose.
“Non puoi sapere a cosa sto
pensando.”
“Invece sì,” replicò lei. “Ti conosco fin troppo bene. Che cosa ti ho detto più e più volte? Non devi metterti a confronto con altre persone, tantomeno con lui.”
“Invece sì,” replicò lei. “Ti conosco fin troppo bene. Che cosa ti ho detto più e più volte? Non devi metterti a confronto con altre persone, tantomeno con lui.”
“Non
mi stavo mettendo a confronto con nessuno.”
“Andiamo. Non puoi neanche illuderti di riuscire a prendermi in giro.”
“Andiamo. Non puoi neanche illuderti di riuscire a prendermi in giro.”
Rose
aveva ragione. Non solo era dotata di un'empatia e un intuito che le
permettevano di comprendere le emozioni delle persone che la
circondavano; per lui era come una seconda sorella e il legame che
convidiveva con lei era persino più solido e profondo di
quello che
sentiva di condividere con Lily.
“Va bene. Forse, ma solo forse, stavo pensando a...”
Si bloccò, le parole incastrate sulla punta della lingua. Era sempre stato molto bravo ad ascoltare gli sfoghi altrui, un po' meno a parlare delle proprie emozioni, soprattutto nel momento in cui ciò avrebbe significato esternare delle debolezze che lui non voleva accettare di possedere.
“Va bene. Forse, ma solo forse, stavo pensando a...”
Si bloccò, le parole incastrate sulla punta della lingua. Era sempre stato molto bravo ad ascoltare gli sfoghi altrui, un po' meno a parlare delle proprie emozioni, soprattutto nel momento in cui ciò avrebbe significato esternare delle debolezze che lui non voleva accettare di possedere.
“Ho
capito, adesso non ti va di parlarne,” sorrise Rose,
comprensiva.
“Quando ne avrai voglia, fammi un colpo. Piuttosto, vuoi
sapere
cosa mi è successo ieri con Wanda?”
“Fammi indovinare. Vi siete date appuntamento e lei non si è presentata?”
“Esatto.” Gli occhi azzurri di Rose, solitamente pacati e gentili, iniziarono a infiammarsi e la sua voce ad accalorarsi. “Dovevamo vederci in Sala di Ritrovo, solo io e lei. Ovviamente non si è fatta viva, neanche per sbaglio. Stamattina a colazione mi ha detto di essere stata trattenuta da degli imprevisti. Pensa un po', abbiamo il Ministro della Magia a Hogwarts e non ne sapevamo niente!”
“Io credo che dovresti lasciarla stare. Vedi?” Un sorriso malizioso gli piegò le labbra. “Così come tu mi dici di non curarmi del giudizio di James e di non mettermi a confronto con lui, io ti dico che tu dovresti lasciar stare la MacMillan una volta per tutte. È lo stesso concetto. Perché io dovrei ascoltare te ma tu non ascolti me? D'altronde Roxanne e Louis ti dicono la stessa cosa. Non perdere tempo dietro a delle persone che non fanno altro che stressarti senza darti nulla in cambio. Capisco che durante i primi due anni siete state molto amiche e che avete condiviso dei momenti importanti, ma sei sicura che lei ti racconti la verità quando ti dice che tu sei l'unica a cui confida i suoi problemi personali? Dopotutto dovresti aver imparato che la MacMillan non è una persona molto sincera, anzi, per niente sincera da quello che intendo. Io penso che...”
“Va bene, Albus, va bene. Mi hai fatto questo discorso già un sacco di volte,” Rose gli diede un colpetto sulla spalla e si lasciò andare a un sospiro, esasperato quanto divertito. “Ti prego, smettila di parlare e scrivi il tuo dannato tema. Puoi copiare il mio se vuoi. Davvero, non capisco come fai ad avere i complessi di inferiorità nei confronti di James. La tua parlantina è peggiore della sua.”
“Fammi indovinare. Vi siete date appuntamento e lei non si è presentata?”
“Esatto.” Gli occhi azzurri di Rose, solitamente pacati e gentili, iniziarono a infiammarsi e la sua voce ad accalorarsi. “Dovevamo vederci in Sala di Ritrovo, solo io e lei. Ovviamente non si è fatta viva, neanche per sbaglio. Stamattina a colazione mi ha detto di essere stata trattenuta da degli imprevisti. Pensa un po', abbiamo il Ministro della Magia a Hogwarts e non ne sapevamo niente!”
“Io credo che dovresti lasciarla stare. Vedi?” Un sorriso malizioso gli piegò le labbra. “Così come tu mi dici di non curarmi del giudizio di James e di non mettermi a confronto con lui, io ti dico che tu dovresti lasciar stare la MacMillan una volta per tutte. È lo stesso concetto. Perché io dovrei ascoltare te ma tu non ascolti me? D'altronde Roxanne e Louis ti dicono la stessa cosa. Non perdere tempo dietro a delle persone che non fanno altro che stressarti senza darti nulla in cambio. Capisco che durante i primi due anni siete state molto amiche e che avete condiviso dei momenti importanti, ma sei sicura che lei ti racconti la verità quando ti dice che tu sei l'unica a cui confida i suoi problemi personali? Dopotutto dovresti aver imparato che la MacMillan non è una persona molto sincera, anzi, per niente sincera da quello che intendo. Io penso che...”
“Va bene, Albus, va bene. Mi hai fatto questo discorso già un sacco di volte,” Rose gli diede un colpetto sulla spalla e si lasciò andare a un sospiro, esasperato quanto divertito. “Ti prego, smettila di parlare e scrivi il tuo dannato tema. Puoi copiare il mio se vuoi. Davvero, non capisco come fai ad avere i complessi di inferiorità nei confronti di James. La tua parlantina è peggiore della sua.”