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Autore: EleAB98    06/04/2024    3 recensioni
Amanda Benassi è appena diventata una scrittrice affermata.
Non è mai stata una ragazza particolarmente estroversa, tantomeno appariscente. Tutto d'un tratto, si ritroverà catapultata in una realtà completamente diversa da quella di un tempo, diventando oggetto delle più svariate attenzioni maschili.
Ma sarà un uomo in particolare a catturare tutta (o quasi) l'attenzione della giovane, stravolgendo a poco a poco la sua esistenza.
Emozioni contrastanti faranno da sfondo a quella vita che, pur avendo sempre sognato, si rivelerà più impegnativa del previsto, mentre le ombre di un passato mai dimenticato la travolgeranno a viva forza, spingendola ad affrontare una verità del tutto sconvolgente.
Amanda sceglierà, prima o poi, di cedere alla forza dei propri sentimenti? Chi farà mai breccia nel suo cuore?
*Opera Registrata su Patamù*
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CAPITOLO XXVII


 

 

Gli si sedette accanto e continuò ad accarezzargli a più riprese la fronte, come se, con quel tenero gesto, volesse cercare di calmare i tremori improvvisi che gli scuotevano il corpo. La febbre doveva essere molto alta, e questo perché, in alcuni momenti, sembrava proprio che Federico fosse del tutto disconnesso dal mondo circostante. I consueti momenti di lucidità venivano presto rimpiazzati da sguardi vacui e sorrisi incerti, il viso perennemente accaldato, il respiro che, da regolare che era, si faceva via via più affannoso. Vederlo in quello stato straziava Amanda più di quanto lei stessa riuscisse a esprimere con un semplice sguardo.

«Sta' tranquillo, okay? Ci sono qua io, adesso», lo rassicurò lei per l'ennesima volta, il groviglio del suo stomaco che tradiva tutta sua ansia.

Proprio come tu ci sei stato per me durante quel terribile attacco di panico che mi ha colto per strada, quando passeggiavamo insieme per le vie di Torino.

In Amanda, quel pensiero spuntò fuori spontaneamente, dai recessi più remoti del suo cuore. Ricordava i pochi momenti trascorsi con Federico con nostalgia e altrettanta amarezza, come gli sguardi enigmatici, i rari sorrisi e le dolci occhiate che le aveva sempre riservato. Doveva essergli costato davvero tanto affrontare una realtà che, soltanto fino a qualche tempo prima, gli era apparsa a dir poco inimmaginabile – se non addirittura assurda. Doveva essergli costato parecchio lasciare quanto aveva di più caro in quel di San Diego per ritornare nella sua città natale, e tutto pur di conoscere una figlia di cui non sospettava minimamente l'esistenza. Aveva lasciato la sua Roxanne, il suo lavoro; aveva rinunciato al suo prestigio e alle sue aspirazioni professionali pur di arrivare a lei.

Sento che il mio posto è qui a Torino, le aveva detto, giusto qualche mese prima.

Tradotto: sento che il mio posto è quiaccanto a teAccanto a una figlia la cui compagnia mi è stata privata per ben trent'anni.

A quella constatazione, Amanda provò l'irresistibile impulso di allontanarsi da lui per un momento, la vista annebbiata. Federico aveva chiuso gli occhi, quindi poteva scendere dabbasso per prendere un po' d'aria. E, magari, avvertire Alessandro di tornarsene a casa per festeggiare come si doveva il suo compleanno, assieme alla sua splendida famiglia. Fece per alzarsi e, dopo essersi liberata con garbo dalla stretta di Federico, tentò di avviarsi di soppiatto verso la porta. Lui, però, si risvegliò di soprassalto.

«N-non te ne andare», la implorò, a fatica, gli occhi fissi in quelli della figlia. «Ti prego, Valeria, resta con me», proseguì, quindi allungò il braccio e le sfiorò il polso con delicatezza. «Non mi lasciare un'altra volta

Ad Amanda si fermò – letteralmente – il cuore.

Valeria.

Federico l'aveva appena scambiata per sua madre.

«Perché mi hai lasciato, eh?» continuò lui, straziato. «Tu... tu mi amavi.» Un sorriso delirante, altresì accompagnato da una smorfia di dolore. «Oh, sì, tu mi amavi.»

Amanda non ce la fece più, e un'altra cascata di lacrime le rigò le guance. Nel mentre, riprese posto su quella sedia e continuò a guardare Federico, che adesso stava fissando, con una certa ostinazione, il soffitto della stanza. Scosse la testa, all'improvviso. «Anzi, no... Ero io. Ero io che...» Le strinse più forte la mano, ma senza farle male. «Ero io, quello che ti adorava. E che avrebbe continuato a farlo fino alla morte.» Federico chiuse gli occhi, l'espressione concentrata. Quella stretta, provocò in Amanda sonori brividi in tutto il corpo. «Dio, era così... così bella. La ragazza più bella che avessi mai conosciuto.»

Ancora una volta, Amanda rimase a bocca aperta. Sembrava che fosse appena tornato in sé. Riaprì gli occhi e li riportò in quelli di lei. In quel momento, alla ragazza parve sul serio che Federico l'avesse di nuovo riconosciuta come sua figlia. «L'ho amata più di me stesso», riprese, facendole un mezzo sorriso.

Amanda non si sforzò di nascondere le proprie, contrastanti emozioni. Sì, Federico aveva smesso di delirare.

«Non piangere, tesoro mio», se ne uscì poi, allungando appena la mano per asciugare quelle lacrime che, senza posa, le ricadevano lungo il viso. «Ti prego, non piangere», le ripeté.

Amanda, per tutta risposta, piegò la testa verso il basso e la posò sul bordo del letto, coprendosi il viso con una mano e stringendo l'altra in quella di lui. Non ce la faceva proprio, a smettere di piangere. Non dopo le parole che gli erano uscite di bocca. Non dopo che lui l'aveva chiamata tesoro mio con tutta la dolcezza di cui era stato capace, lasciandola senza fiato.

Federico prese ad accarezzarle i capelli, e, dopo qualche minuto, si addormentò, deliziato da quel gesto. Il suo sguardo sembrava sereno, per certi versi paragonabile a quello di un bambino. Ad Amanda, senza volerlo, scappò un sorriso. Gli rifilò un ultimo bacio sulla fronte e si apprestò a tornare da Alessandro, coltivando la silente promessa che sarebbe tornata a trovarlo molto presto.
 

«Come ti senti? Spero un po' meglio», s'informò Alessandro, non appena si trovarono fuori dall'ospedale.

Amanda sospirò. «Sì, mi sento molto meglio. Federico si è addormentato, per fortuna. All'inizio era molto agitato. Spero tanto che, a partire da domani, le cose migliorino. Però... però mi dispiace tanto per te. Non avrei mai voluto rovinarti il compleanno.»

Alessandro scosse la testa, un lampo di assoluta risolutezza gli attraversò gli occhi. «Ma figurati! La questione di tuo padre è di gran lunga più importante.»

«Dai, adesso ti lascio andare. Devi festeggiare insieme alla tua bellissima famiglia. Di sicuro, saranno ben felici di sapere che per colpa mia sei tornato a casa prima.»

L'altro alzò gli occhi al cielo. «Ma la vuoi smettere, di colpevolizzarti? Tuo padre è ancora vivo, ed è questo che conta.»

Amanda gli si avvicinò, baciandolo con dolcezza sulla guancia. Quando stava per staccarsi da lui, Alessandro la richiamò a sé per abbracciarla. «Fammi sapere come procedono le cose, okay? Fatti sentire, ogni tanto.»

«Cos'è, hai forse paura che sparisca?» gli chiese Amanda con serietà.

Gli aveva forse dato quell'impressione?

«Me lo prometti?» rincarò lui, l'aria preoccupata.

Amanda si rassegnò all'evidenza: a quanto pare sì, gli aveva proprio dato quell'impressione. «Non sparirò di nuovo. Te lo prometto.»

«Benissimo. Allora mi raccomando, quando hai bisogno, oppure hai anche soltanto voglia di sentirmi... alza pure la cornetta e chiamami. Ovviamente, anch'io farò lo stesso. Se la cosa ti fa piacere, certo.»

Amanda sorrise. «Come potrebbe non farmi piacere? Dai, adesso ti saluto. Per qualche giorno, penso proprio che me ne starò qui a Torino. Andrò a stare nella vecchia casa dei nonni. Per fortuna che mia madre non l'ha venduta, o sarei stata costretta ad andare in hotel.»

«Perfetto, meglio così. Stammi bene, allora. E, te lo chiedo per favore, abbi tanta cura di te. Non trascurarti, e cerca di tornare la Amanda solare e tenace che eri. Ogni tanto salirò qui a trovarti.»
Alessandro la salutò con un dolce bacio sulle labbra, che Amanda non ebbe neanche il tempo di approfondire. Ancora una volta, lui stava cercando di non pressarla e di lasciarle il pieno controllo della situazione.

«Non so cos'avrei fatto senza di te», ammise lei, sempre più riluttante al pensiero che non lo avrebbe più rivisto per qualche giorno. «Mi sei stato vicino come nessun altro, e... mi piacerebbe tanto sdebitarmi in qualche modo.»

«Ce l'avresti fatta anche da sola. Ne sono sicuro. Quanto al resto... be', ti potresti sdebitare regalandomi un bel sorriso dei tuoi. Uno di quelli che mi faranno ripartire con il cuore e la mente un po' più leggeri.»

Amanda lo accontentò subito, prima che quel sorriso lasciasse il posto alla più assoluta malinconia.

 

La casa dei suoi nonni paterni si trovava a pochi passi dall'ospedale, e Amanda ringraziò il cielo di aver portato sempre con sé le chiavi del loro appartamento. Quando vi entrò, l'avvolse un senso di profonda desolazione. Il tutto era avvolto nella semi-oscurità, gran parte dei mobili ricoperti da un telo di plastica cosparsi da chili di polvere. Non ricordava neanche quando fosse stata l'ultima volta che vi era entrata, in quella casa tanto grande quanto muta. Eppure, quel che c'era attorno parlava una lingua che per la giovane non era affatto sconosciuta. I quadri dipinti da suo nonno, raffiguranti vari scorci della città torinese, spiccavano tra le quattro pareti decorate da una sontuosa carta da parati, con dei motivi piuttosto particolari. La vecchia libreria, invece, era ormai vuota. Amanda l'aveva svuotata giusto qualche anno prima, a seguito della morte di sua madre.

Sospirò, esaminando la poca spesa che poco tempo prima aveva fatto al supermercato. Latte, uova, salumi, formaggi, qualche confezione di pasta e  del semplice condimento. Non che avesse molto appetito, ma sapeva di doversi tenere in forze, e di non poter deludere Alessandro né, tantomeno, se stessa. Fortunatamente, almeno il frigorifero funzionava ancora.

Il peso della solitudine la investì con prepotenza. Sarebbe stato bellissimo se Alessandro fosse rimasto lì con lei, ma comprendeva che anche lui aveva i suoi impegni e che non voleva affatto imporre la sua presenza, come lei non avrebbe mai voluto che lui si sentisse obbligato a stare con lei. Doveva fare prima i conti con se stessa, e con i forti sentimenti che stava iniziando a provare nei suoi confronti. Per un istante, il pensiero dei tanti baci appassionati che si erano scambiati in quel di Madrid – e nella sua stanza d'albergo, per giunta – le provocò una sensazione di immediato benessere, mista a eccitazione, che però si smorzò quasi subito. Avrebbe tanto voluto pensare a qualcosa di bello, e tutto pur di non pensare a un'altra verità: i suoi nonni paterni, quelli biologici, lei non li aveva mai conosciuti.

I genitori di Francesco, per quanto fossero stati meravigliosi, non avevano mai fatto davvero parte della sua famiglia. O meglio, era lei la mela marcia. Ma questo poteva forse importarle qualcosa? Loro le avevano voluto un bene dell'anima, e lo stesso era valso per lei.

Colta da un improvviso impeto di coraggio, Amanda estrasse la lettera incriminata dalla borsa. La tenne tra le mani per qualche minuto, inspirò a fondo l'odore della carta e si apprestò ad aprire la busta. Sua madre aveva qualcosa da dirle, e lei non poteva continuare a scappare da tutto in eterno.

Non appena iniziò a leggerla, tutto il suo corpo fu scosso da un tremito costante, che infine sfociò in un pianto disperato. Non ci poteva credere. Come poteva averglielo nascosto? E come aveva fatto a convivere con quel senso di colpa per così tanti anni?

Non ebbe nemmeno il tempo di metabolizzare il tutto, che il suo cellulare prese a squillare.

«Pronto?» mormorò, cercando di nascondere il proprio turbamento.

«Amanda, sono di nuovo io, il dottor Forti. Ti volevo soltanto dire che Federico sta già migliorando, e che la tua visita gli ha fatto davvero tanto piacere. Fino a poco fa stava insistendo perché potesse di nuovo parlarti, e... e anche adesso, non è diverso. Temo che non la smetterà di tormentarmi fino a quando non potrà di nuovo sentire la tua voce, malgrado gli abbia ingiunto di starsene zitto. Non è vero, Fede?»

Amanda sorrise appena e, malgrado si si sentisse ancora sconvolta, non le parve il caso di rifiutare la richiesta di Federico. «Passamelo pure», gli rispose, tirando su col naso. «Così magari la smette di fare i capricci.»

Dall'altra parte, si sentì una breve risata. «Lo spero proprio!»

Dopo qualche secondo, la voce di Federico risuonò forte e chiara nelle sue orecchie. «Amanda, ciao... Scusami tanto se ti ho disturbata.» La sua voce tradiva ancora una certa stanchezza, però suonava ben più limpida, rispetto a qualche ora prima.

«Ehi! Ma no, figurati. Non mi disturbi affatto, anzi! Stavo... sì, ecco, tra poco penso di preparami un uovo alla coque. Sono contenta che tu stia meglio. Spero che la febbre sia scesa.»

«Sì, per fortuna mi sento meglio. Ma... ma ci tengo a ringraziarti ancora tanto per essere venuta. Non eri tenuta a farlo, e... te ne sono davvero grato.»

Amanda si asciugò i residui di lacrime che popolavano le sue guance. «Non mi devi ringraziare. L'ho fatto perché... perché sentivo di volerlo fare.»

«Dove sei, adesso?»

«A qualche chilometro da te. Sono a casa dei miei nonni...» Si morse la lingua e si trattenne dal dire "paterni". Deglutì, a fatica. «Ci resterò per qualche giorno, o... o settimana.»

«Quindi... questo significa che verrai a trovarmi anche domani?» le domandò Federico, con un filo di voce.

Amanda sorrise. «Certo che sì! Non ti libererai facilmente di me, aggiunse dopo un po'.» Parlare con lui la fece sentire un po' più leggera, per quanto le parole della madre riecheggiassero tuttora nella sua mente.

«Ne sono lieto. Va... va tutto bene?»

L'altra trattenne il fiato. «Va tutto bene, sì. Perché me lo chiedi?»

«Non lo so, il tuo tono di voce—»

«Sono un po' raffreddata, tutto qui», intervenne Amanda, sperando di allontanare i suoi sospetti.

Lui non insistette oltre. «Capisco. Be', a quanto pare il mio tempo è finito. Brando sta di nuovo reclamando il suo cellulare, e il mio non vuole darmelo... E quindi—»

«Sta' tranquillo, non c'è problema. Ti ringrazio tanto per la chiamata. Io non volevo disturbarti, perciò—»

«Non preoccuparti. Anzi, ti ringrazio ancora per essere venuta. Ci vediamo domani, allora. Cerca di passare una buona serata e, mi raccomando, stai serena.»

«Ci proverò. E tu... cerca di riprenderti e non fare troppi sforzi, okay?»

«Ci proverò», la imitò lui. «Allora a domani, Amanda. Ti... ti voglio bene», sussurrò poi.

Amanda spalancò gli occhi, e poco prima che lei potesse rispondergli qualsiasi cosa, Federico riattaccò.

Nel cuore di Amanda, nel frattempo, si aprì come un varco fatto di luce. Una luce nuova dove la speranza, l'emozione e l'assoluta confusione si mescolavano insieme, in un tripudio di sensazioni meravigliose che, almeno per qualche ora, sciolsero tutta quella tensione che aveva accumulato durante il giorno, alleviando persino le sue sofferenze.

   
 
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