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Autore: Iryael    03/10/2009    2 recensioni
Il Faro di Aelios, il santuario maggiore dedicato al dio del sole, è infestato da uno spirito che rapisce i sacerdoti lasciando le loro stanze piene di fuochi fatui. Riuscirà Arashi, scacciademoni di professione e Mezzodemone egli stesso, a risolvere la faccenda?
Genere: Azione, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Tales of Pangea'
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:: II ::
Richiesta di aiuto
M
ires fu trovato riverso a terra. I soccorritori – tre sacerdoti che stavano andando dal Gran Sacerdote – lo portarono immediatamente nella stanza di fronte e si adoperarono per controllarne lo stato di salute. A parte le ammaccature, gli unici sfregi erano cinque grandi ustioni ai polsi, alle caviglie ed al collo.
«Questa è opera della creatura, senza dubbio» decretò il Primo, prima di rivolgersi al Terzo «Per favore, vai a chiamare il Gran Sacerdote»
Il Terzo annuì ed uscì a passo svelto dalla camera, dileguandosi nel corridoio.
«Quello che mi domando è perché la creatura non lo abbia portato via come ha fatto con tutti gli altri» disse il Secondo
«Magari ha lottato ed è riuscito a cacciarla» ipotizzò il Primo
«Non credo. Di là è pieno di fuochi fatui...se anche l’avesse cacciata, sarebbe solo una cosa temporanea»
In quel momento il Gran Sacerdote entrò nella camera assieme al Terzo, che lo aveva fortunosamente incrociato proprio mentre scendeva le scale.
Era un uomo di mezza età, minuto, dalla mascella squadrata. Gli occhi sottili erano grigi come il metallo, ed i capelli corti erano brizzolati. La sua tunica era molto più pomposa di quelle degli adepti, rossa con le finiture dorate.
«Figli di Aelios, ditemi, cos’è successo?» esordì con voce delicata, avvicinandosi al corpo di Mires.
«Stavamo giusto venendo da lei, eminenza, quando abbiamo avuto il sentore di qualcosa che non andava» spiegò il Primo «Quando ci siamo avvicinati, lo abbiamo trovato riverso in mezzo alla stanza e lo abbiamo portato qui. Temiamo sia la creatura.»
«Capisco, capisco...ma andate a chiamare un medico, ora. Le sue ferite mi sembrano gravi, non vorrei che si infettassero» disse. Fu il Primo a scattare, stavolta, e a dileguarsi nel corridoio.
E mentre il Secondo ed il Terzo vennero messi ad esaminare la camera di Mires, il Gran Sacerdote si chiese se non fosse tutto dovuto ad un suo errore.
* * * * * *
Ovviamente, la notizia era volata di bocca in bocca e per la mattina seguente l’intero Santuario sapeva del nuovo attacco.
Nel refettorio c’era un continuo vociare più alto del solito, e non accennò a diminuire finché il Gran Sacerdote non prese la parola.
«Figli di Aelios» esordì. Se quando si era alzato il vociare era calato, ora che aveva cominciato a parlare era cessato del tutto «Come immagino sappiate, c’è stato un nuovo attacco. Ebbene, il novizio Mires è riuscito a sfuggire alle grinfie della creatura ed ora sta riposando sotto la sorveglianza del medico. Pare anche che Mires fosse solo in quel momento, quindi gioite perché oggi nessuno è stato portato via» a quelle parole grida di giubilo si alzarono dalle tavolate.
«Sbagliate»
Quella voce, flebile ma ferma e piena di dolore, fu come una doccia fredda per l’intera congrega. Tutta la sala si voltò verso l’ingresso dove Mires, pallido come un cadavere, fissava con occhi carichi di disapprovazione il Gran Sacerdote.
«Voi tutti sbagliate. Quella Yurei si è portata via Jekar...»
Subito dopo, sfinito dallo sforzo compiuto – perché lui non aveva voluto sentire ragione di rimanersene nel letto e si era alzato ed era salito di due piani per parlare con il Gran Sacerdote – svenne di nuovo.
* * * * * *
Mires aveva detto “quella Yurei”.
Era ormai chiaro di che cosa si trattasse. E non gli piaceva per niente.
Quella donna lo aveva perseguitato da viva e lo avrebbe fatto anche da morta...ma perché non si dava pace?! Tanto ormai quel che era fatto era fatto!
Ad ogni modo, lui come Gran Sacerdote poteva fare ben poco. L’unica cosa da fare sarebbe stato chiamare qualcuno abbastanza folle da scendere di sua spontanea volontà negli Inferi e mettere pace all’anima di quella donna. L’ideale sarebbe stato un Mezzodemone.
A proposito...ma non era venuto uno di loro a proporre i suoi servigi nella città vicina?
 
Il sorriso del Gran Sacerdote si allargò fin quasi a trasformarsi in un ghigno.
Guardò fuori dalla finestra del studio: a giudicare dalla luna dovevano essere le quattro del mattino. Prima di uscire dalla stanza, con un gesto rapido spense la candela che con la sua luce fioca illuminava il suo scrittoio: in quell’attimo, poco sopra il ghigno, gli occhi brillarono di un’inquietante luce maligna.
* * * * * *
«Fuori da qui!!!»
L’oste sembrava davvero fuori di sé. Eppure lui glielo aveva detto chiaro e tondo che non aveva molto denaro con sé.
Mah, alcuni Umani rimanevano un mistero.
Arashi si alzò dalla terra battuta della strada in cui l’oste lo aveva pressoché lanciato e si ripulì velocemente la giacca rossa, assicurandosi che nessuno avesse visto quella scena. Ci sperava, ma non era molto convinto che quella cosa fosse possibile. Non alle otto e mezza del mattino di un giorno di mercato.
“E ciò conferma che la sfiga è un’ottima cecchina” pensò, trovandosi di fronte ad uno che aveva tutta l’aria di essere un sacerdote di Aelios e che lo osservava con insistenza.
«Beh, che vuoi?» chiese, caustico. Ma l’omino continuava a fissarlo con quel suo ghigno stampato in faccia: poteva quasi percepire il suo sguardo scivolargli sui capelli chiari, soffermarsi sugli occhi azzurri e scendere sulla sua giacca rossa dalle maniche risvoltate all’altezza del gomito, i guanti a mezze dita, i pantaloni di pelle – il tutto sempre rimanendo a qualche metro da lui – e solo dopo qualche secondo gli rispose.
«Sei tu Arashi lo Scacciademoni?»
«Può darsi» rispose, sbrigativo. Ma che voleva quello?
«Sono il Gran Sacerdote del Santuario di Inti. Se sei Arashi, ho da proporti un lavoro»
Le orecchie di Arashi si drizzarono alla parola “lavoro”. Era senza il becco d’un quattrino, e un po’ di soldi non gli sarebbero tornati scomodi.
«Sono Arashi, sì, ma non parliamo di lavoro qui» rispose, cambiando tono e guardandosi intorno. Ma la gente passava oltre e sembrava non prestare loro attenzione «Lei non ha uno studio? Temo di aver perso la mia camera qui» disse. Il Gran Sacerdote lo guardò compiaciuto.
“Mezzodemoni...promettigli quello che a loro interessa e faranno qualunque cosa” si disse, prima di rispondere con un cenno d’assenso.
«Il mio studio è al santuario, ma se hai voglia di camminare...»
«Molto bene, andiamo» rispose Arashi, sbrigativo, superando il sacerdote con rapide falcate lunghe. Contava di lasciarlo alle sue spalle, ma l’omino lo sorprese con un passo abbastanza svelto da reggere il confronto e camminargli al pari. Così, in silenzio, attraversarono la città in tutta la sua lunghezza cercando di evitare le vie piene di bancarelle, camminando vicini.
Ma Arashi stava ragionando: aveva deciso che avrebbe accettato quel lavoro – qualunque lavoro fosse – solo perché aveva bisogno di soldi, ma l’odore che il Gran Sacerdote si portava appresso era strano, quasi come se stesse cercando di trattenerlo perché sgradevole. O forse era solo un’idea di Arashi, perché l’aroma d’incenso che quell’uomo aveva addosso era talmente forte da rendere difficile il riconoscimento di qualunque odore. Ad ogni modo, avrebbe tenuto la distanza di sicurezza con lui.
Soltanto quando furono usciti dalla cittadina – la cui guardia di turno, addormentata, si era presa un’occhiata di sdegno da parte di entrambi – Arashi si azzardò a chiedere dettagli.
«Di che si tratta?»
Il Gran Sacerdote continuò a camminare guardando avanti.
«Una Yurei infesta il Faro di Aelios da qualche tempo, catturando i sacerdoti» rispose. Pareva davvero preoccupato dalla faccenda «Novizi, per lo più, ma non posso tollerare oltre che uno spirito di Selene metta a soqquadro l’intero santuario, è un pericolo per noi e per i fedeli»
«Quindi sei venuto a cercarmi, okay. Quanti ne sono spariti?»
«Cinque, da quando lo spirito si è manifestato. L’ultimo è sparito ieri sera, dopo l’ultima funzione»
«Uhm...sono mille Guil, allora» rispose Arashi, svelto.
Il Gran Sacerdote si voltò a fissarlo, allibito.
«Ma...come puoi chiedermi mille guil?»
«Oh, posso e lo faccio. Sono l’unico Scacciademoni in città, in fondo...e poi sono cinque persone da riportare indietro e uno spirito da pacificare. Contando duecento guil per ciascuna persona e trecento per lo spirito mi pare di averti già fatto un bello sconto, vecchio» rispose tranquillamente Arashi.
“E ti va bene solo perché sei un Mezzodemone, sennò ti avrei lasciato in mezzo alla polvere prima” pensò il Gran Sacerdote, fissando torvo il giovane al suo fianco. Arashi lo guardò un momento, prima che un sorriso soddisfatto si stendesse sul viso. Un sorriso ironico e irritante, ma che scatenò la stessa reazione nel Gran Sacerdote: le labbra si stirarono appena in quello che sembrava un sorriso rassegnato, ma che aveva ben altri significati.
«E va bene, avrai ciò che chiedi. Che Aelios ti protegga»
«Così sia» rispose distrattamente Arashi.
* * * * * *
Una volta giunto al santuario, ad Arashi fu offerto di riposare e pranzare, mentre il Gran Sacerdote parlava con alcuni adepti più anziani.
E nel refettorio Arashi intanto si godeva la vista delle adepte, chiedendosi come mai le donne più belle finissero sempre per farsi seguaci di qualche dio. Ah, se fossero finite fra le sue mani!
Ma i suoi pensieri peccaminosi furono presto interrotti dal Gran Sacerdote.
«I fratelli più anziani ed esperti sono d’accordo per accompagnarti fino alle porte degli Inferi dopo la seconda funzione, quella del mezzogiorno» disse «Non appena terminerà, fatti trovare all’ingresso principale: all’interno del Faro di Aelios non sono consentite operazioni spirituali di tale portata»
«Che regola inutile» borbottò Arashi. Il Gran Sacerdote finse di non aver sentito e se ne andò, lasciando Arashi alla sua zuppa e alle sacerdotesse.
 
Circa mezz’ora dopo, Arashi era davanti al massiccio portone borchiato del santuario. La funzione era finita ed una fiumana di persone stava uscendo dal luogo di culto. Svelto, il Mezzodemone si spostò a lato della folla, dove fu raggiunto da una manipolo di sacerdoti.
Controllò che lo spadone fosse bene assicurato nel fodero che portava a spalla, e li seguì all’interno del bosco che si innalzava ad ovest del santuario.
Non camminarono a lungo, ma si inoltrarono abbastanza da poter compiere il rito in una radura senza che occhi indiscreti li spiassero. Gli affari del santuario dovevano rimanere interni al santuario, era una delle regole che vigevano in quel posto.
Arashi osservò i sacerdoti mettersi in cerchio attorno a lui, disponendosi ai vertici di un ottagono virtuale, ed ascoltò i loro mantra senza capirci molto. Poi fili d’energia oro e argento si dipanarono dalle loro mani e lo avvolsero come una rete fredda e strana, piena di pensieri e di immagini che lui percepiva chiaramente. Ma questa rete con tutte le sue sensazioni al seguito durò poco: qualche strofa cantata dopo vide il mondo dissolversi in polvere colorata e ricomporsi come fosse fatto da miliardi di pezzi di puzzle, e la rete scomparve con una nota argentina lasciandogli osservare un luogo a lui familiare ed estraneo al tempo stesso.
 
Era arrivato negli Inferi.

 

   
 
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