EPILOGO
Si sposarono la mattina seguente. La cerimonia fu
semplicissima e breve, ma a nessuno dei due importò.
In fondo,era soltanto una
formalità. I loro cuori erano già sposati davanti a Dio da tempo.
Christine indossava il famoso anello, e il vestito da sposa che lui aveva fatto
confezionare..per la seconda volta. Ma in questa occasione
non si inzuppò di acqua e fango nei sotterranei bui di un teatro.
Christine avanzò per la navata al braccio di Madame Giry.
Era radiosa e splendente come una stella.
Decisero di partire per un po’,di
raggiungere un villaggio nel nord del paese dove Erik
aveva vissuto per qualche tempo in gioventù,durante la sua vita girovaga.
Christine fece visita per l’ultima volta,prima della
partenza, al Visconte.
Il ragazzo dormiva profondamente,ancora
sotto l’effetto del laudano che Erik,per lenirgli il
dolore,gli aveva somministrato.
Christine gli passò pietosamente una pezza intinta nell’acqua fredda sul viso.
Era colpa sua di tutto quanto era successo.
Se avesse dato retta ad Erik,e se ne fosse andata al momento giusto..
Raoul forse avrebbe sofferto, ma non sarebbe stato
tradito e ferito da quello che a torto considerava il suo migliore amico.
Lei stessa non avrebbe patito l’umiliazione ed il
terrore di una simile aggressione.
E quell’uomo non sarebbe
morto..no,di
questo non si rammaricava.
Quell’uomo era feccia,e come feccia era morto.
Erik l’aiutò a rialzarsi dal capezzale del ragazzo.
“Christine,tesoro…dobbiamo proprio andare adesso.”la sollecitò.
Lei si voltò a guardare quell’uomo
potente e gentile,che d’ora in poi sarebbe stato al
suo fianco ogni giorno. Socchiuse gli occhi,inseguendo
un ricordo ormai lontano,quasi sbiadito..
Dimmi che tu mi amerai per sempre
Dimmi che mai più mi lascerai
Se tu colmi il vuoto mio
d’incanto
Dove andrò io voglio ci sia tu
Christine nient’altro chiedo…
Gli prese la mano,sorridendo.
“Andiamo.”
Erano passati già due anni dal loro matrimonio,che nel frattempo era
stato benedetto dall’arrivo di due gemelli, un maschio ed una femmina.
Entrambi bellissimi, senza alcuna
traccia della deformità del padre, ma che recavano il suo marchio
inconfondibile: occhi profondi e dal colore azzurro indefinibile.
I due piccini si chiamavano come il padrino e la
madrina che li avevano tenuti a battesimo.
Si chiamavano Raoul e Marguerite.
Dopo un primo momento di sofferenza,dovuto all’abbandono della sua fidanzata e alla sua
precaria condizione fisica, Raoul de Chagny aveva
accettato con rassegnazione il proprio destino, ed aveva iniziato a guardare
con occhi diversi la giovane Giry,che dopo avergli
salvato la vita con uno spaventoso atto di coraggio, era rimasta a vegliarlo e
ad assisterlo nei lunghi giorni tediosi della convalescenza.
I due giovani,entrambi di
buon cuore,ed entrambi spaventosamente rattristati dall’assenza di Christine, fulcro su cui fino a poco prima giravano
entrambe le loro vite, avevano allacciato un’amicizia sempre più stretta,che
inevitabilmente era sfociata in un sentimento più tenero,più duraturo.
Il Visconte e
Nonostante la freddezza iniziale che era intercorsa
fra Erik ed il Visconte de Chagny,
dolorosa memoria di quanto era accaduto all’Opera Populaire
soltanto un paio di anni prima, ora ogni problema
sembrava essere definitivamente risolto.
Anche Meg ora era in
dolce attesa,e aveva già implorato Christine
di essere madrina del nascituro.
A turbare questa perfetta felicità,solo un evento.
L’inaspettata morte della buona Madame
Giry.
La donna si era spenta così com’era vissuta, in
silenzio,nel sonno.
Aveva ripetuto spesso,nei
giorni precedenti alla scomparsa, che ora era davvero felice.
I suoi quattro ragazzi avevano trovato finalmente
il loro posto nel mondo.
Pioveva a dirotto,quella
notte.
I bambini,dopo mille
capricci,erano finalmente sprofondati nel sonno.
Erik raggiunse la giovane moglie a letto.
La baciò piano,a
lungo,assaporando per l’ennesima volta il gusto di quelle labbra,che lo avevano
stregato.
Christine appoggiò la testa sul suo petto.
”Non riesci a dormire?”
La donna scosse piano il capo. Poi disse,scherzosamente:”Lo sai cosa voglio,non è vero?”
Erik sospirò,fintamente scandalizzato. “Queste cose
una signora non dovrebbe dirle.”
“Ma cosa hai capito???”
gli fece l’ennesima linguaccia. “Voglio che canti per me, finchè
non mi sarò addormentata. Cantami la nostra canzone,
quella che hai scritto per il nostro matrimonio.”
Lui sembrò rassegnato. “Va bene,va
bene…questa sera mi è andata male!”le fece l’occhiolino,e sopportò stoicamente
il pizzicotto con cui lei rispose alla provocazione.
Si schiarì la voce ed iniziò piano a cantare.
E l’uomo attraversò la dimensione sua
Sotto il cielo più nero e più pesto visto mai
La donna attraversò la dimensione sua
Il silenzio pervase e si stese accanto a lei
Fu lungo un attimo
Nell’incantesimo
Il vento raccolse i suoi occhi dentro quelli di
lui
“Ti porterò con me,piccola come sei
Sarò dentro gli occhi tuoi”
Poi ridipinse il cielo
L’aria per respirare
Sotto gli occhi di un mondo che inerme continuava a morire
Lei prese i sogni suoi
Li strinse intorno a lui
Con le mani disciolse il suo cuore
Sbandando un po’
Prese un respiro e poi disse
“promettimi che non staccherai mai i tuoi occhi da me
Io ti amerò lo so per sempre e d’ora in poi
Sarò dentro gli occhi tuoi…”