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Autore: Ariadne Oliver    10/10/2009    1 recensioni
Un adolescente può essere silenzioso come la luna, se confinato nello spazio ristretto di una gabbia di artigli. Può essere ghermito da un Diavolo tentatore, se il futuro che gli si prospetta è stato deciso senza il suo consenso. Oppure può tracciarsi la sua strada da solo, ampia come un viale della Parigi notturna. Un racconto in sei parti sul divenire adulti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il viaggio, per Enack, fu un silenzioso atto di adorazione.
Wang era stranamente nervoso, come se avesse intuito le intenzioni dell’altro senza comprenderne il reale significato.
O almeno così sembrava a prima vista.

-Siamo quasi arrivati, non ti preoccupare.-

Wang stava guardando fuori dal finestrino con aria assente.

-Non hai fatto nulla di male, è normale lasciare i ricevimenti se ci si annoia.-
-Non mi pento di aver lasciato il ricevimento, infatti, solo che… ecco: mi ritrovo in macchina con un perfetto estraneo, Sig. Viljani, e ancora devo capire perché.-

La frase venne accompagnata da un delicato sorriso di imbarazzo.
Enack, a sua volta, ridacchiò con aria complice.

-Tra qualche anno imparerai che sarà normale routine far salire in macchina delle estranee, e ti assicuro che allora non sentirai affatto l’esigenza di dare a te stesso delle motivazioni valide.-

Wang scosse il capo con aria divertita.

-Sono perfettamente d’accordo con lei, Sig. Viljani, ma c’è un piccolo particolare che lei si ostina a non voler notare: non sono io ad aver fatto salire nella mia macchina un estraneo, ma è l’estraneo che mi ha condotto nella sua senza che io battessi ciglio.-

Ad Enack non sfuggì la distinzione di genere.
In un primo momento tentò di attribuirle un doppio senso; ripensandoci, optò per una leggerezza del suo interlocutore.
Una leggerezza che lo stava spingendo sempre più lentamente nella sua rete.

-Non c’è nulla di cui preoccuparsi, Sig. Chen: in un certo senso, sono uno degli organizzatori della serata di gala a cui è stato costretto a partecipare, mi dispiace la abbia trovata noiosa. Ho sentito come un preciso dovere quello di sdebitarmi offrendole qualcosa da bere in un locale che, sono sicuro, risulterà molto più di suo gusto.-

Enack stava usando il lei in maniera giocosa, ma in quel modo di apostrofare Wang c’era anche una forma di rispetto per le sue insicurezze.

-Ma in sala aveva detto che mi avrebbe riaccompagnato in albergo!-

Più che disappunto, nella voce di Wang c’era sorpresa.
Soltanto adesso si era reso conto che la strada che stavano percorrendo non somigliava affatto a quella del viaggio di andata.

-Lo farò, ma solo dopo un brindisi in onore del suo “debutto in società”.-

Wang non rispose, limitandosi a sollevare un sopracciglio con aria perplessa.

-Cosa c’è di male in tutto questo? Se vuole fare il diplomatico come suo padre deve imparare a conoscere il più alto numero di persone possibili. Non le è stato insegnato nulla a riguardo, Sig. Chen?-
-Non ancora, direi.-

Wang sospirò rimettendosi a fissare le luci di Parigi dal finestrino.
Improvvisamente aveva assunto l’aria di una persona schiacciata da un masso tanto enorme quanto del tutto invisibile ad occhi estranei.
Enack conosceva bene quella sensazione, anche lui era stato cresciuto nella medesima maniera.
A quel pensiero anche lui smise di sorridere.
Non c’era nulla di piacevole nell’essere il futuro erede di un regno, quale che esso sia.

***

-Mai assaggiato un cocktail alcolico? Sul serio?-
-Non amo bere, Sig. Viljani.-

Il sorriso di Wang, ormai, mostrava tutti i segni di un’aperta cordialità, anche se impastata di imbarazzo.
La prima trasgressione di un adolescente non ha mai nulla di epico, in fondo.
È goffaggine allo stato puro, come quelle mani che stavano stropicciando la stoffa dei pantaloni.

-Chiamami Enack, per favore, o finirò per sentirmi un vecchio senza speranza.-

Il tono di voce aveva l’effetto di un braccio stretto attorno alle spalle, quasi più un tono fraterno che complice.

-Parlare non è certo una cosa che ti piace, lo si vede benissimo. Tuttavia, non credo sia una cosa malvagia. Eviterai pessime figure, il che è soltanto un bene.-

Il tono di voce, adesso, è una carezza di velluto che lambisce la punta delle dita per risalire fino al collo.
Wang aggrottò la fronte, quasi ritraendosi impercettibilmente, sulla difensiva ma non ancora in allerta.

-Perché le interessa tanto il mio futuro, Sig. Viljani? Ne ha fatto cenno anche in macchina. Non vorrei sembrarle insolente, ma ho come l’impressione che la sua cordialità sia mossa da intenti che nulla hanno a che vedere con la filantropia.-

Sembrava più ferito che arrabbiato, al punto che quella frase, ricca di termini cerimoniosi, pur pronunciata da labbra inesperte non aveva nulla di ridicolo.
Enack chinò appena il capo, quasi concedendo un piccolo inchino.

-A dire il vero volevo soltanto sapere che persona si nasconda dietro le parole stampate di certi romanzi, Wang. Tua madre è una scrittrice straordinaria, per questo ho insistito per conoscerla, alla festa.-
-Mia madre? Pensava di fare un favore a mia madre?-
-Una piccola gentilezza, sì. Sei molto importante per lei, si vede chiaramente dal modo in cui ti ha protetto dalla curiosità insistente di certi sguardi.-

Wang parve irrigidirsi un poco. Dubbioso, si fermò un istante prima di rispondere.

-A quanto pare, i suoi sforzi non sono serviti a molto.-

L’espressione tesa si era sciolta in un sorriso complice.
La pazienza di Enack era stata finalmente ripagata: Wang pareva avergli concesso la sua fiducia.

-Au contraire: se non fosse stata così brava, a quest’ora, seduto con lei in questo locale, avrebbe potuto esserci qualcun altro.-

Wang scosse la testa con una risata leggera.

-Gliel’ho detto: non amo bere. Lei mi ha portato qui con l’inganno, e io ci sono caduto perché sono uno stupido. In un’altra circostanza avrei declinato sicuramente.-
-Io sono convinto che tu ti stia sottovalutando, Wang. Non sei affatto uno stupido.-

Lo fissò con aria decisa, al punto che il ragazzo se ne sentì imbarazzato.

-Perché ne è così sicuro, Enack?-

Perché se potessi ti bacerei all’istante, ma non posso rovinare tutto proprio adesso.

-Perché anch’io, alla tua età, mi vedevo così. Credo sia una cosa normale.-

No, questa era una bugia bella e buona, mai Enack si era sentito insicuro o inferiore a qualcuno.
Soprattutto quando quel qualcuno era suo padre.

-Cosa fa nella vita, Enack?-

Il ragazzo era tornato a parlare con curiosità.

-Secondo lei cosa può fare un mediorientale in Europa?-

Wang trattenne una risposta a fior di labbra.

-I soldi non hanno bandiera: cerchi di ricordarlo.-
-Ci proverò.-

I sorrisi del ragazzo somigliavano a fiori: si schiudevano un po’ di più ad ogni nuovo scambio di battute.
Enack notò soltanto in quel momento che il francese di Wang era fluido e privo di inflessioni particolari, il modo di parlare tipico degli apolidi.

-E lei dove vive, esattamente? Mi è parso di capire che Parigi non sia la sua residenza abituale.-
-La mia famiglia vive stabilmente a Roma da molti anni, infatti, nonostante i viaggi frequenti. Studio lì, e devo dire che non ne sono affatto dispiaciuto.-

Enack annuì pensoso, mandando giù un sorso di liquore.

-Credevo che i cinesi di buona famiglia preferissero far studiare i propri figli negli Stati Uniti, piuttosto che lasciarli in una città così provinciale come Roma.-

Wang strinse le labbra con aria offesa.

-Io non trovo affatto Roma una città provinciale, anzi: la amo molto. Non so bene perché, ma mi rassicura. E poi ci sono così tante cose da vedere…-

Il ragazzo aveva preso ad animarsi. Se non lo avesse interrotto, Enack era sicuro che gli avrebbe fatto un elenco completo di musei e siti archeologici da visitare.

-Ami l’arte, Wang?-

Un altro gradino saltato: Enack aveva deciso di passare al “tu” definitivo.

-Le chiese. Hanno un fascino particolare.-
-Le chiese? Credi in Dio?-
-No, però ammiro ciò che gli uomini hanno costruito per lui. Al posto del cemento pare ci sia la devozione.-

L’immagine della fede come se fosse cemento rappreso parve ad Enack molto efficace. Quel ragazzo ragionava secondo schemi propri, ma era acuto, e l’essere privo del disincanto materno aveva lasciato meravigliosamente intatta la sua curiosità.
Annuì sorridendo in risposta al ragionamento.

-Io, al contrario, sono turco, e non credo di avere simpatia per le chiese e i loro abitanti.-

Enack osservò soddisfatto l’effetto delle sue parole. Quelle labbra carnose, appena schiuse in un’espressione stupita e imbarazzata, erano provocanti in maniera del tutto inconsapevole.

-È un fervente musulmano, quindi?-

Ribatté l’altro, squadrando con aria dubbiosa il massiccio tumbler colmo di bourbon.

-L’ha notato, eh? Beh, chinare la fronte a terra e chiedere misericordia non fa per me, qualunque sia la forma. Non sento di dover ringraziare nessuno per quello che ho, né tantomeno ho bisogno di un’illusione a cui aggrapparmi nei momenti difficili. Vivo l’istante, Sig. Chen, e credo in quello che posso toccare. Soprattutto se si tratta della tastiera di un pianoforte.-
-Ama suonare? Questo non l’avrei proprio detto.-

Enack inarcò un sopracciglio con disappunto. Era la prima volta che il suo amore viscerale per la musica non veniva notato. Non che potesse farne una colpa al ragazzo, certo, però la cosa lo aveva irritato lo stesso.
Era l’unico legame che avesse mai avuto con sua madre.

Bevve un lungo sorso di liquore lasciando che gli bruciasse la gola e poi tornò a voltarsi nuovamente verso Wang. Aveva la testa appena reclinata da un lato, mentre una mano stava carezzando pigramente il sottobicchiere.

-Suono fin da piccolissimo, è stata mia madre ad insegnarmi. Era una concertista di discreto successo, ed era tanto, visto l’ambiente in cui era cresciuta.-
-Così, hai finito per fare ciò che tutti si aspettavano da te.-

Senza pensarci troppo, Wang aveva seguito Enack abbandonando completamente ogni formalità verbale.
Si accorse soltanto adesso dell’esistenza di un bicchiere di fronte a lui.
Stava giocando distrattamente con l’oliva, incerto se mangiarla subito o rimandare, ma non aveva mai preso seriamente in considerazione l’idea di bere. I dubbi sul suo futuro istillati dal racconto di Enack, tuttavia, lo portarono d’istinto a bere un sorso di quel liquido chiaro.

-È molto forte, sembra vetro liquido!-

Disse, tossendo e stringendo gli occhi.
Enack rise di gusto.

-C’è della vodka, pensavo lo sapessi.-
-Ti ho già detto che non amo bere.-

Enack fece un gesto al barista, chiedendogli di portare al ragazzo un nuovo cocktail.

-Cos’è? Altro vetro liquido?-
-No, qualcosa di decisamente più adatto al tuo palato delicato. Niente vodka, stai tranquillo.-

Wang aveva un’aria dubbiosa, allungò la mano verso il piattino delle noccioline per togliere dalla bocca quel sapore di trasgressione.
Chiusa quella parentesi, riprese il discorso interrotto.

-Mi piacerebbe sentirti suonare. Sono sicuro che tu abbia un gran talento per la musica, si nota da tanti piccoli dettagli, ora che me l’hai fatto notare. Peccato che si finisca sempre per dare retta ai padri…-
-… Soprattutto quando ci costringono a seguire le loro orme con eventi inaspettati come la morte.-

In quel momento Wang si rese conto che, parlando di sua madre, Enack aveva utilizzato il passato, non il presente.
Aveva perso entrambi i genitori in giovanissima età.

-Mi dispiace, non avevo capito, sono stato indelicato.-
-Non rammaricarti più di tanto, non è successo nulla di grave. È passato molto tempo, ed io non ne ho sofferto, in ogni caso. Non ambivo ad una carriera di musicista, coltivo la musica come bene esclusivo della mia anima.-

Wang fissò pensoso la superficie del bancone.

-Non ti annoi ad avere così tanto solo per te? Senza qualcuno che ci ascolti non ha senso suonare, mia madre mi ha sempre insegnato questo.-

Enack piegò le labbra in un sorriso cinico, svelando per un attimo la sua reale natura, neanche fosse il riflesso di una scheggia di vetro.

-Sono la persona che sono, Wang. Porsi troppe domande ci distrae dal vivere, ed io ho molto più interesse a fare questo che a lambiccarmi il cervello.-

Lo sguardo di Enack era denso come pece. Wang, per un attimo, se ne sentì invischiato.

-Non è il porsi troppe domande a distrarci dal vivere, ma l’esatto opposto. Se si agisce senza chiedersi il perché, se si rimane a testa bassa a rovistare nella mangiatoia si è davvero come muli da soma. In fondo, la sete di soldi e di potere non è molto diversa da un qualsiasi altro padrone.-

Un ragazzino timido e lamentoso non ti sbatte in faccia la verità con tanta crudele e disarmante sincerità, si limita a godere, gioioso, della sua piccola trasgressione, andando in cerca di sapori sempre più forti.

Enack, in fondo, non voleva nient’altro che questo, e a tale scopo aveva accettato di scoprirsi.
Pensava che mostrare il suo lato più intimo ad un silenzioso adolescente sarebbe bastato a convincerlo, a conquistarlo, a fidarsi di lui.
Si sbagliava, ed ora si sentiva stupido per questo.
A quel ragazzo non importava niente di lui, non l’aveva seguito attratto dalla persona, ma semplicemente curioso di capire le ragioni di un certo tipo di comportamento.
Lo stava studiando come una cavia, lo dimostrava il suo tono calmo, il viso rilassato.
Non lo stava giudicando, ma soltanto annotando mentalmente la sua essenza.
Era irritato.
Avrebbe voluto ribattere in qualche modo, ma l’unica cosa che riuscì a fare fu emettere una roca risata.

-Meglio una propria pulsione dei propri genitori, non trovi? In fondo, se ho seguito una strada già tracciata per me è perché era quella che mi faceva più comodo, non sei d’accordo?-

Il suo sorriso aveva smesso di essere cordiale, era una ferita che stillava rabbia al posto del sangue.

Voglio vedere quanta fatica dovrò fare per renderti mio.

-Io non so affatto se seguirò la volontà della mia famiglia. Sento un’alternativa, dentro, ma non so darle ancora un nome preciso. Mi stavo chiedendo se potesse essere la ricerca di potere, ma non so se saprei isolarmi così tanto.-

Wang vide l’altro farsi appena più vicino. Lo stava fissando come a voler frugare tra i suoi neuroni per saggiare la consistenza effettiva dei suoi pensieri.

-No, non ne saresti capace. E bada che si tratta di un complimento.-

Nel sussurrargli quella sentenza all’orecchio Enack aveva fatto elegantemente scivolare le dita lungo il suo braccio, notando con compiacimento quanto Wang fosse tutt’altro che infastidito da quella piccola attenzione. C’era tensione, tra loro, ma non certo una tensione negativa. Wang lo fissava con la bocca appena socchiusa, non capiva bene cosa sarebbe dovuto accadere ma non era convinto si trattasse di qualcosa di pericoloso.
Se fossero stati soli lo avrebbe baciato, e il pensiero che quella solitudine potesse giungere a breve scosse Enack con un intenso brivido di eccitazione.

-Sarà meglio che ti riaccompagni in albergo, o tua madre si preoccuperà. Avresti dovuto essere in camera già da un pezzo.-

Gli scoccò uno sguardo complice, un sorriso da soci che condividono un segreto.
Wang annuì lentamente, ma il suo silenzio era indice di inquietudine.
Aspettò che Enack fosse in piedi, stropicciandosi ancora le mani sui pantaloni e guardandolo come un cucciolo guarderebbe il suo padrone mentre aspetta che gli impartisca un ordine.
Tuttavia, ad un nuovo cenno di Viljani, indugiò fissando un punto imprecisato del bancone.

-Qualcosa non va? Non ti va di rientrare?-

Sospirò pesantemente.

-Non sono ancora pronto.-

Enack lo fissò con aria interrogativa.

-Non era la serata adatta. Mia madre ha voluto anticipare troppo i tempi.-
-Che vuoi dire?-

Wang parlò quasi più a se stesso che a lui.

-Io non sono pronto, non posso ancora fare a modo mio.-

Enack tornò a sedersi, poggiando una mano sulla spalla del ragazzo.

-Se un carcerato vuole evadere prima si scava un tunnel dal quale fuggire. Io non ho tunnel, e in fondo non sono nemmeno sicuro di volerlo progettare. Perché dovrebbe non piacermi la carriera di mio padre? Tutti danno per scontato che io provi questo, ma nessuno ancora mi ha spiegato su quale base formula questo giudizio. Non sono scontento di quello che sono, non sento l’esigenza di trasformarmi in altro. Prendo atto delle vie che mi si aprono davanti, ma sono ben lungi dal sentirmi tentato di percorrerle.-
-Sei mai stato innamorato, Wang?-

Il ragazzo non si soffermò sull’opportunità o meno della domanda, ma sul senso che poteva assumere in quel contesto.

-L’amore potrebbe farti cambiare prospettiva.-

Le labbra erano vicinissime al collo, tanto, stavolta, da scatenare in Wang un riflesso che lo portò ad allontanarsi.

-La tua famiglia avrà già cominciato a cercare una ragazza adatta da farti sposare.-

Un tentativo di indagine mascherato da battuta.
Il ragazzo corrugò appena la fronte.

-A dire il vero, no.-
-No?-
-Mia madre vuole che sia quello che voglio, e mio padre non mi ha mai imposto nulla.-

Enack sorrise compiaciuto.

Questa volta, Wang si alzò assieme a lui, fissandolo curioso. Poggiandogli una mano sulla schiena lo guidò fuori dal locale, premurandosi di aprirgli la portiera della sua auto.
Durante quell’ultimo tratto di strada cadde di nuovo il silenzio, entrambi chiusi nei rispettivi pensieri. Le strade deserte della Parigi notturna hanno un che di squallido, a quell’ora, come un vestito stropicciato da una serie corsa a perdifiato priva di logica e meta. Arrivati davanti all’albergo, nessuno dei due ha voglia di lasciare il calore dell’abitacolo per essere inghiottito dal freddo.
La luna che hai di fianco vuole restarsene per conto proprio, non ha voglia di farsi mangiare un pezzo dal buio e divenire falce sottile.

-Vuoi che salga su con te?-

Non è educata quella richiesta, ma è sempre meglio di quel silenzio imbarazzante.

-No, non è necessario. Mia madre non è ancora rientrata, preferirei fare una doccia e riposare.-

La luce bluastra del display del cellulare rese gli occhi di Wang un po’ più tristi.

-Non volevo rovinarti l’umore, scusami.-

Wang lo fermò con un cenno di mano.

-È stato divertente osservarmi, Sig. Viljani?-

La domanda era spiazzante, e la risposta arrivò meccanica come un riflesso.

-Tu, invece? Mi hai trovato divertente?-

Wang lo fissò con aria piccata.

-Perché evita sempre di rispondere alle domande che le vengono rivolte?-
-Perché non sono coraggioso come te.-
-Coraggioso?-

Enack sentì con chiarezza il respiro dell’altro fermarsi.
Gli occhi erano lune nere, pacifiche e solitarie.

-Tu sai guardare in faccia chi sei, e sono sicuro che saprai difenderti, quando sarà il momento.-
-Difendermi?-
-Il mondo è cattivo, Wang. Non tutti sanno essere trasparenti come te.-

Enack non amava i baci, così come non amava ogni altra forma di contatto fisico.
Eppure le sue labbra stavano premendo con dolcezza su quelle di un adolescente.
Non era una violazione, quel gesto: era un atto di devozione.
Una promessa.

Wang sgranò gli occhi, trattenne il respiro, affondò le dita nella sua giacca, ma non si allontanò.

-Saprai come difenderti, a tempo debito.-

Enack ripetè quella frase indugiando su quelle labbra, trattenendole sospese con un filo di respiro.
Le sentì tremare, ancora lucide e arrossate.

-Ho paura, Enack. Non capisco.-

La mano dell’uomo scivolò dolcemente lungo la sua schiena in una carenza docile e salda.

-Non è necessario, adesso. Un giorno amerai, e a quel punto avrai tutte le risposte.-

La tensione si sciolse in un nuovo, impercettibile contatto di labbra.

-Tu…-

Wang non riuscì a proseguire la frase, tante erano le sensazioni che gli ingorgavano i nervi e stringevano lo stomaco.

-Perché?-

Riuscì a chiedere con un filo di voce.

-Perché volevo che non lo facesse nessun altro.-

Enack sorrise con aria sfacciata, come se il suo desiderio fosse assolutamente legittimo.

-Vai via, sei ancora in tempo per non fare stupidaggini. Fai finta che questo sia stato un brutto sogno e che io non sia mai esistito, sarebbe molto meglio per te. —

Wang gli strinse con forza il braccio, scuotendo la testa con aria decisa.
Era come se quel bacio avesse sbloccato le tessere di un puzzle incastrato male, per rimontarle poi nella maniera corretta.
Si sentiva bene, e questo lo spinse a ritenere che ciò che stava facendo fosse del tutto legittimo e naturale.

-Non è stato un brutto sogno, Enack. No, direi proprio che non lo è.-

Ora era lui ad allungarsi per baciare il compagno, cercando le sue labbra con curiosità e imbarazzo.
Nessuno dei due sapeva dove si sarebbe spinta la prima e dove avrebbe alzato un muro il secondo, ma di sicuro Enack sapeva di avere voglia di aiutare il suo amante a cercare il confine della sfacciata incoscienza della sua gioventù.
Le mani che esplorano e le labbra che si cercano sarebbero state le maglie di una rete che si sarebbe stretta a suo piacere attorno ai vostri corpi.

Che tu avresti stretto, con pazienza ed eleganza.

Volevo rigraziare sentitamente Vale_03 per il suo commento, che mi ha permesso di rimettere mano a questo racconto, che ho sempre considerato il meno riuscito tra quelli che ho scritto. Considera che l'ho finito parecchio tempo prima di iniziare a lavorare a "Un'estate pericolosa", fai tu... non avevo smesso di postarlo per l'assenza di commenti, quindi, cosa che di solito non influisce sul proseguimento di una storia, ma perché avevo dei dubbi circa la sua aderenza o meno al regolamento, dato che c'è di mezzo un minorenne. I personaggi sono patinati in maniera voluta, in realtà sono stati creati da me e dalla mia carissima amica e coautrice per due storie molto diverse, smussarne le spigolature era l'unico modo per rendere plausibile il loro interagire. Sono felice che ti piaccia tanto An Sun, è un personaggio piuttosto complesso del quale mi piacerebbe riprendere a scrivere, prima o poi. Come puoi notare, passando alle questioni di carattere pratico, ho corretto l'impaginazione. Ti ringrazio per avermi segnalato questa mancanza, mi scuso per non averci pensato io dall'inizio. Sulle recensioni, infine: mi son trovata a scrivere la stessa cosa anche a chi sta commentando "Un'estate pericolosa", e cioè che le mie aspettative, approdata qui in veste di perfetta sconosciuta, erano e sono pari allo zero. Mi fa piacere pensare ai miei racconti come salottini pronti per gli ospiti, accoglienti e a loro completa disposizione: per ora sembrano portare ritardo, ma qualcuno sta arrivando, e su quel qualcuno vorrei concentrarmi in qualità di padrona di casa, offrendogli sempre il meglio di cui sono capace. Ti ringrazio, quindi, per la fiducia e la franchezza, mando un abbraccio fortissimo anche a te!

   
 
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