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Autore: ferao    27/11/2009    7 recensioni
- Cos’è quello, Bunbury? - domandò a bassa voce Evangeline, vedendo arrivare Percy.
Bunbury smise di osservare un gruppo di maghi e puntò gli occhi da avvoltoio sul ragazzo. - Temo sia lo sposo, Evangeline.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'Una brezza lieve' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Risa e lacrime




Se lo meritava.
Un altro calcio raggiunse la scrivania di legno.
Se lo meritava.
Se lo meritava.
Imbecille.
Meschino, codardo.
Aveva detto addio alla sua famiglia per un motivo stupido e idiota; avrebbe meritato anche più del disprezzo che gli pioveva addosso dai suoi fratelli.
Se lo meritava.
Stronzo.
Al quinto calcio, il piede iniziò a dolergli. Si fermò, ansante.
Per il lavoro aveva lasciato sua madre.
Per il lavoro Penelope lo aveva lasciato.
Cosa gli era rimasto, ora?
Solo disprezzo.
Un ultimo calcio, poi più nulla.

Niente di tutto ciò poteva essere colto da Audrey.
Come diceva sempre la mamma, le donne Bennet sono sempre inguaribili romantiche; e lei, infatti, non riusciva proprio ad odiare il capo, nonostante i malumori e le espressioni antipatiche. Per lei, il capo era semplicemente un tipo particolare.
Un po’ fissato, ma in fondo gentile, deciso; sembrava (era un paragone un po’ scontato, ma perfetto) sembrava un’ostrica. Le ci sarebbe voluto del tempo, molta pazienza per scoprire cosa conteneva quell’impenetrabile guscio di serietà e malinconia. Ma giurò a se stessa che ce l’avrebbe fatta.

E pensare che stava per… Stava…
La rabbia montò in lui, incontrollabile.
Perché, si chiese urlando silenziosamente dentro di sé, perché tutto ciò che sfioro, tutto ciò che è bello mi appassisce davanti?
Minnie era stata solo un altro scherzo dei gemelli.
La Bennet…
Audrey…
Era certo, era ovvio che avrebbe dovuto una spiegazione a Audrey. Ed era altrettanto ovvio, che dopo quella spiegazione lo sguardo di quella ragazza – così limpido, così semplice, così avvolgente – sarebbe diventato uguale a quello di tutti gli altri.
Solo poche ore prima, vi aveva visto comprensione, un piccolo misero meraviglioso barlume di comprensione.
D’ora in avanti vi avrebbe letto pena, disprezzo, fastidio, antipatia.
Odio.
Stavolta fu un pugno a raggiungere il muro.

Non era una persona come le altre, questo era certo.
Se le avesse mostrato solo il lato burbero e maniacale, l’avrebbe allontanato con tutte le sue forze. Eppure non riusciva a togliersi dalla testa la sensazione delle mani di Percy che la costringevano a rimanere sdraiata quando era svenuta, o il suo viso trasformato da un imprevedibile sorriso.
Aveva un modo di mostrarsi gentile molto delicato, come se avesse paura di rompere ciò che toccava.
Sentì qualcosa stringerle le viscere, e per un momento pensò a Ben, al suo ragazzo.
Erano le stesse sensazioni che aveva provato le prime volte che si erano visti. Scacciò questo pensiero.
Ben era Ben, senza dubbio.
O forse qualche dubbio c’era?
Uno strano pensiero le attraversò la mente.

Mise le nocche sanguinanti sotto l’acqua gelida. Poi ci mise la testa.
Sentì il freddo penetrargli tra i capelli, nelle ossa, fermargli la rabbia e lo sconforto.
Quando alzò la testa e guardò lo specchio, dovette chiudere e riaprire gli occhi perché non credeva a quello che vedeva.
Stava piangendo.

Ma avrebbe fatto bene?
Poteva lasciar perdere Ben, una certezza nella sua vita, per buttarsi nell’ignoto, in un baratro in cui rischiava di farsi molto male, solo per un attacco di romanticismo?
Ma era davvero così certo Ben, nella sua vita?

Piangeva.
Piangeva per sua madre, per il sorriso smorto che non aveva mai visto prima di quel pomeriggio sul suo volto paffuto.
Piangeva per Penelope, perché tra lei e il lavoro aveva fatto la scelta peggiore e più ignobile.
Piangeva per i gemelli, che l’avevano trattato con volontario disprezzo, come a dimostrargli quanto poco valesse ancora ai loro occhi.
Piangeva per Audrey, per le poche ore passate assieme come esseri umani, per lo sguardo che non gli avrebbe più rivolto.
Piangeva perché sapeva che non lo avrebbe mai più accettato, non dopo aver scoperto chi era davvero.
Piangeva, perché l’aveva persa prima ancora di sapere se e come avrebbe potuto amarla.

Audrey si addormentò tranquilla, ancora pensando al primo sorriso di Percy.

Percy pianse, finché l’alba non lo trovò rannicchiato sul pavimento.

   
 
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