[I Want It All
– Queen
Disturbia – Rihanna
Russian – Sting]
Sono
soddisfattissima *O*
Non per il capitolo in sé, va be’, quello
è davvero brutto XD, per mi piace che
la trama inizi a svilupparsi – mi sento incredibilmente
realizzata XD, non
posso proprio negarlo!
Presentiamo la situazione attuale dei personaggi e (in maniera
piuttosto
superficiale) le relazioni che intercorrono fra essi: dipingiamo a
grandi
linee, dopo l’antefatto, i primi accenni di trama.
C’è anche un personaggio
originale *mki-*, peccato muoia XD! Chi individua la citazione vince un
biscotto :D
Felice perché sto andando a trovare la mia teeneeraa E-chan
e Noemi... Aww, che
cosa splendida! XD
Mini-pubblicità: ho vinto il contest “New
Couples” indetto da amimy con una mia
storia già edita e che forse alcuni di voi già
conosceranno, «Save
the last
dance for me»:
se per caso vi dovesse capitare di passare di là... XD
@ Thyarna: Grazie per la recensione
d’apprezzamento *O*, spero di riuscire a mantenere lo stesso
alto profilo da te
descritto ;D
@ redseaperl: Ciao :D Be’, grazie
^^, il «L e B alleati» verrà chiarito e
si prolungherà – un elemento che
tornerà, in un modo o nell’altro XD
@ BloodNyar: Aww, che donna dolce
siete XD Il tuo aiuto è stato fondamentale per la messa
online dello scorso
capitolo O__O, lo sai? Non penso mi sarei convinta prima di un paio i
giorni a
postare XD Grazie per l’entusiasmo dimostrato *__*, mi doni
gioia ogni volta XD
@ Nene: XDD Mi ero quasi illusa che
non ti fosse piaciuto *sasa*, ero pronta a eliminarlo *amykettismo
all’ennesima
potenza* Con questa parte, due baci e un pullman 13 in omaggio ;D!
@ _BellaBlack_: A quel “l’unica
cosa che non mi è piaciuta” mi
è venuto un colpo che non immagini XD Grazie, grazie, grazie
*w*
Grazie, come al solito, a chiunque degni questa storia anche solo di
una
lettura.
*Au revooiir!*
[Midnight
Factory]
La Fabbrica di Mezzanotte.
«Perché così incredulo,
Mello?»
Non aveva avuto bisogno di voltarsi, Lawliet: conosceva la risposta di
ognuno,
una volta che avesse dato le proprie ragioni.
«
—
Lancia uno sguardo all’orologio da polso, abbandonandosi poi
a una
manifestazione di sconforto più totale.
Ancora dieci minuti, si promette, e darà il via
all’«inondazione». Nove
minuti e mezzo.
Si costringe a non contare le macchine che passano nella stradina
secondaria
sulla quale si affaccia la finestra; appoggiato al davanzale della
stessa con
il gomito, prende il portasigarette dalla tasca con un gesto quasi
istintivo. Mentre
una mano allontana e riporta la stecca di tabacco alle labbra,
meccanicamente,
l’altra tiene stretto l’astuccio di metallo,
accarezzando con il polpastrello
il punto d’incontro, nell’angolo basso destro, con
una pallottola vagante,.
Quell’ennesimo momento di vuoto dura anche troppo poco:
quando controlla
nuovamente l’orario, si accorge che l’ora X
è vicina.
Un brivido lo scuote; «Basta così»,
mormora quasi senza aprire la bocca.
Afferra il gilet e il laptop, chiuso e tenuto sotto il braccio mentre
scavalca
il davanzale. Percorre a tre a tre i gradini della scala antincendio,
adocchiando la propria automobile, all’interno della quale
una ragazzina, non
più di quattordici anni, attende con tranquillità.
«Tu»: attira la sua attenzione aprendo la portiera,
«scendi».
Obbedisce, attardandosi un attimo per recuperare dal sedile del
passeggero una
giacca in pelle e un paio di jeans. China il capo di lato, come in
cerca di
approvazione. A un cenno positivo di Matt, lei indossa gli abiti sopra
al
vestito bianco.
Silenziosa, accetta il casco che le viene porto.
«Aspetta qui per cinque minuti»,
le ordina. «Se non succede
nulla, sei libera di tornare alla fabbrica».
La sottoposta annuisce, voltandosi in direzione della strada.
I midnighters,
affettuoso nomignolo
dato ai primi prototipi di SP, Prodotti di Supporto, non sono dotati di
particolare intelligenza né carattere: loro principali
caratteristiche sono il
fisico, spropositatamente forte ma facile da condizionare e rendere
inutilizzabile, e la durata massima è di metà
giornata, due giornate al mese.
Allo scattare dell’«ora X», ossia la
mezzanotte, qualsiasi ordine impartito dal
Prodotto Affidatario sparisce dalla memoria del midnighter, il quale
si può solo avviare alla volta della propria
fabbrica o quartier generale.
Mancano quattro minuti al nuovo giorno, quando a Lady Midday
è finalmente permesso
di adempiere al proprio compito.
Una moto accosta rumorosamente al marciapiede, la figura familiare del
guidatore smonta e, prima che la sostituta prenda posto, apre
velocemente il
vano portaoggetti.
Cartellina di
cartone blu, «Vai!», sgommata.
«Sembra tutto sia andato secondo il mio
piano»; Mello si inginocchia al fianco della macchina rossa e
si sfila il casco
con un sospiro soddisfatto, al riparo dalle auto che passano
all’inseguimento
del suo precedente mezzo.
Matt lo riprende. «Per ora, idiota».
L’altro storce il naso, nascondendo un sorriso divertito.
Prende possesso del
posto del passeggero con un altro sbuffo.
«Per
ora».
—
Near resta in silenzio, le parole che scorrono senza sosta sul monitor.
Nero su bianco, nero su
bianco
– lettere che si allontanano e s’incontrano
nuovamente in un ordine differente, lettere a formulare pensieri e
ipotesi
immediatamente scartati, poi ripresi, infine cancellati
dall’attuale monologo.
Un odore di malattia, quasi un sapore sul palato a disturbare la sua
opera di
riflessione. Un gesto della mano, e al fastidio viene posto rimedio.
Le labbra di Nate si muovono senza produrre alcun suono, le dita della
mano
sinistra che si alternano nella tortura di una ciocca di capelli
chiari; di
tanto in tanto esordisce qualcosa, eppure ogni domanda o richiesta dei
collaboratori cade nel silenzio.
«Ricominciamo da capo», afferma
all’improvviso.
«Come?»
Per la prima volta da ore, il giovane solleva lo sguardo dallo schermo
per
rivolgersi a Stephen.
«Gevanni, reset». Aggrappandosi all’aria,
si tira in piedi: «Domani partiremo
da zero. Potete andare».
L’uomo non sa cosa rispondere, solo segue con gli occhi il
superiore mentre
questi si allontana e infine sparisce in direzione delle scale. Sospira
dolorosamente, avviando la procedura.
Anche
ora che «L»
ha gli occhi chiusi e
cerca di riposare sul duro materasso, il volto al soffitto e le mani
sulla
pancia come un morto, le
informazioni
viaggiano frenetiche sotto le palpebre.
Per ogni informazione un’immagine, collegamenti infiniti con
altre nozioni, una
lettera dopo l’altra come marchi a freddo – il
fuoco si è raffreddato, negli
ultimi anni: l’improvvisa scomparsa di Lawliet ha spento ogni
fiamma di
competizione nel giovane River, accendendo invece un odio del tutto
nuovo in
Mihael.
È difficile individuare un vero schema: forse il collega aveva ragione a dubitarne, magari
si tratta sul serio solo
del timore causato da una massa di persone incitate alla vendetta in
criminali
particolarmente conosciuti e altri di secondaria importanza.
Eppure non è molto difficile individuare quei particolari
nomi e volti fra i
tanti – non è difficile, quando si ha imparato a
riconoscere ogni singolo nome
e volto. Surreale il comportamento di alcuni
«seguaci», suicidatisi dopo aver
diffuso messaggi sotto il nome di Kira.
“Perdonami,
ho deluso te e il mondo”.
Messaggi senza
firma né destinatari reali.
La madre di Helena Cross aveva dichiarato che «mia figlia non
era capace di
usare il computer, non sapeva farlo! Com’è
possibile che si sia spacciata per
qualcun altro quando neppure sa ap—... sapeva aprire la
casella di posta
elettronica?»
«Com’è possibile che individui tanto
differenti fra loro abbiano assunto la
falsa identità di Kira, abbiano redatto messaggi nel suo
stesso stile e si
siano suicidati senza essere a conoscenza dei precedenti?»
Nate mormora fra sé, non ascoltandosi più di
tanto. La mano sinistra gioca con
i capelli, la seconda poggiata sul petto, resta sdraiato sul pavimento
a
osservare il soffitto.
—
Per l’ultima volta, guarda per intero il proprio ufficio:
tutto appare in
ordine e non gli sembra di aver dimenticato nulla. Eppure ha una strana
sensazione, come se qualcosa gli stesse sfuggendo, come se qualcosa
stesse per accadere
– come se qualcosa fosse appena
cominciato.
Scuote il capo.
Afferra la ventiquattrore e finalmente apre la porta, chiudendola poi
con
particolare cura alle proprie spalle. Già quella mattina ha
trovato le proprie
carte in un ordine differente: vuole essere sicuro che sia tutto chiuso
a
chiave e perfettamente inaccessibile.
Sta per chiamare l’ascensore, quando la voce della segretaria
chiede la sua
attenzione.
«Signor Mikami!», gli si affianca, trafelata.
«Mi perdoni, ero in pausa
caffè...»
«Io sto andando a casa, se è qualcosa
d’importante manda via mail e lavorerò
dopo cena».
«A dire il vero», la donna recupera un foglio dalla
cartellina che tiene sotto
braccio, «quella donna vi
ha
contattato nuovamente. Questa volta ha mandato questa busta
chiusa».
Nel dire ciò, estrae una lettera scura. «A
domani», gli sorride.
[Prossimo capitolo:
«Perfezione».]