Storie originali > Noir
Segui la storia  |       
Autore: kannuki    30/06/2005    3 recensioni
Ford Shelton, un private eye di pochissimo rispetto. Non è proprio quello che si dice un brav’uomo: maleducato e scontroso, gioca d’azzardo e finisce spesso le serate fra risse e gare di bevute.
Max Gershow, giornalista, golden boy e scapolo tossico a tratti mortale. Narcisistico, vanitoso e dannatamente sicuro di se, latitante per i troppi debiti e deciso a sfuggire alla ex moglie e alla fidanzata assillante.
Infine c'è Jordan, ancora innamorata di Ford che a sua volta non l'ha mai dimenticata, Natalie che continua a scappare di casa, Andrea che 'simpatizza' per Max e una vicenda che ruota attorno ad un mucchio di soldi scomparsi e un cadavere scomodo.
Genere: Avventura, Dark, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Natalie, Natalie…gran bella ragazza, peccato abbia quella fissa di scappare di casa a mesi alterni

Natalie, Natalie…gran bella ragazza, peccato abbia quella fissa di scappare di casa a mesi alterni. La incontravo quasi tutti i giorni, quando ancora reputava casa propria un posto decente in cui vivere. Da un giorno all’altro ha cominciato a darsi alla macchia senza una spiegazione plausibile e io ho cominciato a correrle dietro con il guinzaglio e la museruola.

 

Poco più di un metro e 65, bionda, occhi nocciola chiari…strani occhi. Violenti a volte, dolci o tremendamente sensuali quando cerca di sedurmi in quel modo goffo...il potenziale ce l’ha ma a tecnica non ci siamo: deve impratichirsi e magari, fra un paio d’anni, riuscirà anche a convincermi del contrario.

Nel complesso è una ragazza normale, ma molto molto carina. Anche troppo.

Sarà il modo che ha di sorridere o quella smorfia che fa quando mi vede, fra l’esausto e il compiaciuto…ha quel qualcosa che poche donne hanno...quel  certo ‘non - so - che’ che ti fa ammutolire e comportare bene quando si è in loro presenza, che ti fa moderare il linguaggio e ti rende quasi schiavi di un loro sorriso.

Tutto questo in una ragazza di 22 anni.

22.

Quando crescerà sarà inarrestabile, spezzerà più cuori lei che l’intera popolazione femminile messa insieme.

Mi sa tanto che le piace che le corra dietro...anche a me fa piacere, lo ammetto. Mica per i soldi, lo farei anche gratis.

È una specie di nascondino scemo che facciamo da due mesi. Lei scappa e lascia tracce sufficienti a trovarla, non si premura di sparire mai del tutto e non si allontana mai dallo stato.

Mai capita…è strana, inquieta.

No, non l’inquietudine che può provare una ragazza di quell’età…più profonda e radicata, sembra quasi che soffra per i mali del mondo.

 

E quello sguardo che mi lancia ogni volta che la riporto a casa…intenso, dispiaciuto, ferito...

 

“Tanto scappo un’altra volta” mi avverte sempre prima di aprire la portiera, la testa voltata verso l’ingresso della casa.

“Tanto ti ritrovo un’altra volta” le dico di rimando come un ritornello senza neanche guardarla.

 

Se non fossi così come sono, penserei che si è presa una mezza sbandata per il sottoscritto. Non che sia sto granché: faccio abbastanza schifo dopo giornate passate in macchina a guidare e a domandare in giro sue notizie, con quella maledetta foto appiccicata alla mano come fosse parte integrante della pelle e dei tendini.

 

Certe volte penso di essermi affezionato a lei.  

Certe volte me la sogno anche di notte, Natalie.

 

Eppure ha tutto quello che può desiderare...è ricca è ben voluta dagli amici, non le manca niente.

I genitori sono brave persone e io gli stronzi li sgamo all’istante: qualsiasi situazione torbida in quella famiglia l’avrei pizzicata subito.

 

Che ti passa per la testa, Natalie?

 

***

 

“NATALIE!”

 

La ragazza sobbalza per un breve istante, girando la testa verso la compagna “che c’è?”

“Bisogna sparecchiare i tavoli e pulire, quando i clienti se ne vanno! Ma che hai oggi?! Cerca di ricordartelo” la rimprovera allontanandosi con la sua solita camminata altezzosa che la fa ridere.

La ragazza torna ad appoggiare il mento sulle braccia, le braccia sulle ginocchia piegate, sulla panchina al centro dello spogliatoio, in una breve pausa lavorativa non consentita dalla padrona che l’ha già richiamata uan volta di troppo da quando è stata assunta.

 

È scappata un’altra volta, stavolta solo per far dispetto a se stessa. Se ne stava comoda a casa, ci sarebbe rimasta qualche altro giorno se non fosse stato per quella maledetta ‘visita inattesa’: l’aveva vista entrare dentro il Blockbuster dietro casa sua, nascondendosi giusto in tempo per non farsi vedere ed era stato ad osservarlo con il cuore che batteva e le dita strette attorno al dvd scelto. Canticchiava una canzoncina che s’intitolava come lei e che le aveva fatto partire un embolo nel momento stesso in cui aveva calcato sulla parola ‘Natalie’. L’aveva pronunciata con un sorriso tenero e aveva alzato gli occhi al cielo, scuotendo la testa.

Se n’era andato con il cd che conteneva la canzone in questione mentre lei se ne stava accucciata nel reparto ‘Nuovi Arrivi’ con la bocca secca e le dita molli per la sorpresa.

 

Mi sa che ho fatto una stupidaggine, stavolta, pensa tirando giù le gambe e sistemandosi la divisa prima di uscire dallo spogliatoio e depositare lì il suo pensiero ricorrente.

 

***

 

Alla fine lo beccai, il caro Max che si era dato alla macchia per i troppi debiti, stressato da una ex moglie stracciapalle e da una fidanzata che sembrava sempre stesse sul punto di proporti una cosa a tre.

Quelle due erano insopportabili e fui ben contento di togliermele dalle scatole, dirigendomi verso la piccola cittadina di Wundersen al confine con lo stato. Non si era allontanato di molto perché durante la strada gli avevano fregato la macchina e si era fermato in tutti i bar nel raggio di mille chilometri per fare rifornimento alcolico.

Mica stupido.

Aveva una vera e propria predilezione per il whisky, robaccia che non riesco a bere neanche adesso… e si che di sbronze me ne sono prese un sacco nella vita. Penso di aver avuto più birre che donne…Mh…sul numero non ci pioveva e nessuno dei miei amici lo metteva in dubbio.

 

Stronzi.

 

Il mio problema è che riesco a farle scappare alla seconda occhiata; eppure non sono malaccio, ho tutti i requisiti giusti per attirare le donne.

Due braccia, due gambe e una testa sola.

Non provengo da un altro pianeta e non ho perversioni tali da spaventare le povere fanciulle indifese.

Non che sbandieri così le mie depravazioni, precisiamolo per il pubblico a casa.

 

Secondo Melissa, sono troppo arrogante e maleducato per piacere ad una ragazza normale… e per normale lei intende tutto il genere femminile dotato di figa – i transessuali li ha gentilmente esclusi - ma almeno non sono uno di quelli che si aggiusta il pacco continuamente.

 

Credetemi, quelli che fanno così, ce l’hanno piccolo.

 

Secondo mia sorella, ho la faccia da serial killer arrapato, soprattutto quando non mi rado e ho sonno, ma quella è una grandissima stronza lesbica e non fa testo.

Lasciamo perdere cosa pensa mia madre: per lei sono sulla via della perdizione e votato anima e corpo all’inferno…questo perchè a 22 anni ha trovato un po’ di fumo nella tasca dei jeans da lavare.

Meno male che aveva guardato la tasca giusta e non si era addentrata nei meandri della scrivania!

 

Mi siedo accanto a Gershow, già ubriaco fradicio alle cinque del pomeriggio e ordino una birra lanciandogli un’occhiata.

Ora, non sono uno che guarda gli uomini – e vorrei ben vedere – ma quel tipo lì non me la raccontava giusta.

Piuttosto belloccio, più alto di me anche da seduto e faccia da bravo ragazzo. Ecco, uno come lui lo presenteresti volentieri alla mamma.

 

Se ne stava in compagnia di una specie di cane che dormiva ai suoi piedi e continuava leccare il liquore caduto a terra.

Un cane alcolizzato mi mancava proprio!

 

Max Gershow parlava da solo, sottovoce e biascicava sull’essere rovinato. Non mi stupì neanche un po’: da quello che avevo trovato su di lui, era già tanto che non si fosse tagliato le vene con un coccio di bottiglia.

Era in pieno delirio alcolico e cianciava di gettarsi di sotto e farla finita. Mi chiesi da dove volesse gettarsi perché non c’era un ponte o un palazzo alto più di tre metri, in quella cittadina dimenticata da dio ma non dai camionisti alticci che stavano fischiando dietro la cameriera evidentemente incazzata.

 

Il barista gli gettò un’occhiata annoiata e mi porse la consumazione. Mai bevuta una birra più schifosa di questa.

Lo indicò con un cenno della testa ricominciando a pulire il bancone con uno straccio schifoso “Se ne sta lì da due giorni. Dovrei decidermi a buttarlo fuori ma secondo Mary è solo un poveraccio da compatire…e poi tutto quel cianciare come un matto mi da sui nervi”

 

Immaginai che Mary fosse la cameriera carina e appariscente che mi era passata accanto senza degnarmi di un’occhiata. A quel pezzo di merda gli dava fastidio perché parlava da solo? Beh, che cazzo, io lo faccio da un bel pezzo, ormai.

Posai la birra quasi intonsa sul tavolo e lo squadrai con disprezzo “scommetto che il piscio di quel  cane è migliore di questa schifezza che mi hai rifilato”

 

Il bello del barista è che ci ha messo tre secondi di troppo a reagire alla mia offesa. Il tempo giusto per afferrare Gershow per la collottola e tirarmelo dietro.

Stavamo andandocene senza pagare e ci eravamo quasi riusciti, quando andai a sbattere col naso contro un camionista di quelli giganteschi e tutti tatuati, evidentemente amico del barista.

“Togliti dai coglioni” sbottai facendo la faccia dura e rimediandomi un cazzotto sulla faccia. E che cazzo, l’occhio no!

Scrollai la faccia mentre il tipo grosso mi tirava su di peso e il barista mi ficcava una doppietta su per il naso. “Immagino te la sia presa per la birra, eh?” ridacchiai come uno scemo abbozzando un sorriso.

Sono attaccabrighe, ma non sono un codardo. Quindi mi raddrizzai sulla schiena con la lombalgia che ricominciava a farsi sentire, nemmeno fossi un povero vecchio acciaccato, e venni subito rinsaccato su me stesso da un altro pugno allo stomaco.

 

Porca vacca, adesso vomito il curry! Pensai maledicendomi per essermi lasciato trascinare da Pete dall’indiano la sera prima.

Lanciai un’occhiata a Max e vidi che si era riseduto e stava scolandosi la birra facendo una bocciaccia e schiantando allo stesso tempo il bicchiere sulla superficie “un altro!”gridò con la voce alticcia, tirando su col naso.

S tolse un po’ di schiuma dalle labbra e la sputò a terra con disgusto “sa di piscio di cane. Ha ragione lui” 

Proprio in quel momento, la mutazione canide ai suoi piedi decise che non c’era niente di meglio che farsi una sana pisciata nel locale, così alzo la gambetta e innaffiò lo sgabello di Gershow sotto le facce allibite del barista e dei camionisti che si erano riseduti perché non c’era più niente da vedere.

Max ridacchiò come uno scemo e ficcò il bicchiere sotto il getto paglierino del cane.

 

Quello stava più fuori di me quando si ubriacava! Cominciai a ridere come un matto, quando lo vide barcollare verso il barista col bicchiere teso. “Toh, assaggia”

 

Mi rialzai continuando ad annuire e lo spinsi contro il bicchiere. Non mi sarei fatto fregare una seconda volta e per prevenire qualsiasi azione da parte dei bistecconi tatuati, tirai fuori la Glock e gliela puntai contro con un sorrisetto, mostrando allo steso tempo il distintivo falso della polizia

“Tutti indietro o vi faccio arrestare“ sibilai con la mia migliore faccia da cazzo. Praticamente quella di sempre.

Ehi, scusa amico…offre la casa”  si affrettò a dire il barista alzando le mani.

 

Io mi affrettati a mettere via il distintivo, prima che si accorgessero che era una patacca e feci una smorfia all’indirizzo della pozza di urina sotto la sedia di Gershow “ Dovrei chiamare l’istituto di igiene e far chiudere questo buco.”

Mi risedetti in silenzio adocchiando la cameriera nervosa che stava tormentando il vassoio e la indicai col pollice “scommetto che lavora in nero. Tira un po’ fuori la licenza. Facciamo un bel controllo”

Allungai la mano verso il barista e lui mi guardò fisso “vuole bere qualcosa, signore?”

 

Ecco, adesso ero diventato ‘signore’ mentre prima era solo uno stronzo da pestare…e che cavolo, approfittiamone.”Per me una tequila e al signore qui, un whisky” gli ordinai senza guardarlo. Era talmente fatto che non sarebbe andato da nessuna parte e ora che l’avevo acciuffato potevo anche rilassarmi un po’.

 

“Grazie amico” biascicò tenendosi la testa con entrambe le mani, il bicchiere pieno di pipì del cane accanto a se. Lo spostai prima che lo bevesse, scambiandolo per un bel malto invecchiato e sorrisi malignamente all’idea che mi venne in mente. Cambiai l‘ordinazione e mi feci lasciare tutta la bottiglia.

 

“Da quanto tempo non ti fai una doccia? Puzzi da far schifo” gli dissi arricciando il naso e domandandomi un attimo dopo se fosse il mio corpo ad emanare quel tanfo schifoso di sudore.

Mi diedi una rapida annusata e alzai un sopracciglio. Ero io. Per forza la cameriera era tanto schifata.

Questa è una cosa che con le donne non ti aiuta.

 

Gershow era crollato addormentato sul bancone. Il barista non guardava e avevo tutto il tempo per escogitare la mia vendetta. Svuotai d’un sorso il bicchiere di Max, strangolandomi con quella schifezza, lo riempii a metà con l’urina del canide e di un quarto di whisky.

“Barista” chiamai con voce dura e ancora fintamente incazzata. Quello arrivò trafelato e ossequioso e io gongolai “mettiamoci una pietra sopra: non ci siamo mai visti, tu ed io” 

 

Il faccione dell’uomo si aprì in un sorriso accondiscendente. Gli porsi il bicchiere e alzai il mio “alla goccia e vaffanculo tutto il resto”

“A fanculo il resto!”esclamò ingoiando tutto d’un fiato.

 

Si! Che goduria!

 

Mi alzai senza neanche pensarci a mettere mano al portafogli e caricai Max sulle spalle soddisfatto.

Mica avevo finito.

Mentre mi avviavo all’uscita, mi girai con un sorriso strafottente “te l’ho detto che il piscio di quel cane era più buono, amico”

 

Il barista sbiancò e restò a guardarmi mentre uscivo sghignazzando come un matto. Quando misi in moto e me ne andai in fretta, potei assistere alla meravigliosa scena del pelatone che vomitava fuori dal locale dallo specchietto retrovisore della mia Chevrolet del ‘57.

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Noir / Vai alla pagina dell'autore: kannuki