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Autore: mamma Kellina    09/01/2010    5 recensioni
Primi anni del Novecento. Miniere della Sardegna sud occidentale. Il giovane ingegnere gallese Robert Forrest, vedovo con un figlio piccolo, e la sfortunata ma indomita Barbara decidono di sposarsi pur senza amarsi. Ma il loro non sarà un patto facile da mantenere perché in fondo è l’amore che vogliono, come tutti gli esseri umani. Il cammino in comune sarà difficile e forse non riusciranno a trovare ciò che cercano, ma di sicuro impareranno a riconoscere le cose che contano davvero nel rapporto tra un uomo e una donna.
Si tratta di un vero e proprio romanzo, molto intenso e drammatico. Il genere è piuttosto classico, alla Jane Austen per intenderci, ed anche se non ho la presunzione di paragonarmi ad una tale Autrice, ho cercato di dare un certo spessore psicologico ai miei protagonisti. Ho provato anche a rendere con efficacia l’epoca ed i luoghi con un accurato lavoro di ricerca. Spero di esserci riuscita. Le località minerarie sarde e la loro storia sono del tutto autentiche. Non così le vicende ed i personaggi di cui narro che sono frutto invece solo della mia fantasia e pertanto non si riferiscono, se non in maniera casuale, a persone realmente esistite e a fatti davvero accaduti.
Vi va di accompagnarmi in questo viaggio?
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ed eccovi uno dei capitoli più importanti di tutta la storia dove scoprirete le motivazioni che spingono questi due individui a ficcarsi in una trappola quale può essere un “patto matrimoniale”. Credo di aver immaginato delle ragioni abbastanza plausibili e consone alla personalità che ho dato loro.

Come sempre in gran sintonia con me, Arte è riuscita a fare una buona analisi del carattere di Robert. Lui, all’apparenza freddo e calcolatore, in realtà è molto buono e fragile. Quella forte in questa storia è Barbara, una che non si fa mettere sotto i piedi da nessuno, quasi una femminista ante litteram, ma non per questo meno infelice e degna di simpatia.

Credo che le perplessità di Cricri su Robert saranno presto superate perché lui è molto meno drastico di Christopher e non è superficiale quanto Massimo. Sono certa che pur non volendo, finirete tutte per affezionarvi a lui e perdonarlo per i suoi inevitabili sbagli. In questo capitolo scoprirete anche quanto una supposizione di Cricri sia esatta.

Per quanto riguarda l’aspetto fisico dei mie protagonisti, mi dispiace, ma non posso rivelare chi me li ha ispirati perché un autore non deve mai imporre la propria visione. Per cui immaginateli  pure come più vi aggrada, è nel vostro pieno diritto di lettrici. Posso mai deludere Cricri, ad esempio, che vede Robert con l’aspetto di Pattinson se è lui che le accende il cuore ed i sensi? Immaginare qualcuno che vi piace molto “interpretare” la mia storia non può che rendervela più gradita, magari a compensazione della mia poca bravura a farvi innamorare dei miei protagonisti, soprattutto quelli maschili,  per cui…  

Per quanto riguarda la lunghezza dei capitoli,  non so. Oramai è fatta e cambiarla mi rallenterebbe. Prometto però che magari quelli più interlocutori li posterò a due a due.

Va bene nanette mie? Ma quanto siete dolci!

Tutte siete dolci!  

 

 

 

 

                               Capitolo 5

 

Robert Forrest aveva detto la verità. Sapeva di dover chiarire a  Barbara le sue vere intenzioni, ma fino a quel momento non aveva ancora trovato il coraggio di farlo. Oramai però si doveva decidere. Barbara non sarebbe rimasta ancora molto ad Ingurtosu perché il fratello era già venuto riprenderla.
Così li aveva invitati insieme ai Sulis  a Villa Bianca e si era ripromesso di chiedere ufficialmente la mano della giovane ad Alfredo.
Mentre li aspettava nel portico spiando ansiosamente il vialetto di ingresso, si era sentito molto agitato, ma la sua irrequietezza si trasformò in fredda calma quando infine vide arrivare la carrozza con gli ospiti. Nel rivedere Barbara dovette ammettere che era davvero bella. Se ne compiacque ma solo perché era un ulteriore buon motivo per chiederla in moglie. Nessuno avrebbe potuto biasimare un uomo ancora giovane che si fosse sentito attratto da una ragazza tanto seducente.       
Dopo i soliti convenevoli, rimasero un po’ a parlare del più e del meno. Intanto il comportamento di Alfredo denotava una certa inquietudine per l’ansia di ricevere finalmente quella domanda di matrimonio che lo aveva spinto a fare un viaggio così lungo.
Robert si avvide che era venuto il momento di parlare chiaro. Così chiese il permesso di conferire in privato con la ragazza e la condusse in un salottino al primo piano della villetta.

Barbara lo seguì e si accomodò su di una poltrona aspettando di udire cosa avesse da dirle. In quegli ultimi giorni si era sentita molto presa da lui e non vedeva l’ora di sentirsi ripetere quella proposta ricevuta solo pochi minuti dopo averlo conosciuto che adesso il giovane sembrava così riluttante a rifarle.

Dopo qualche attimo di riflessione, Robert esordì dicendo:

- Ascoltate, mia cara, credo che abbiate capito che ho intenzione di chiedere a vostro fratello la vostra mano. Prima però ho bisogno di chiarire alcune cose con voi e sapere le vostre intenzioni. Io non vi chiedo in moglie per amore.

La ragazza sussultò: non le sembrava certo il modo migliore per fare una domanda di matrimonio,  ma non disse nulla. 
Robert continuò:

- Però vi ho apprezzato sin dal primo momento che vi ho vista e sono sicuro che non c’è persona migliore a cui potrei chiedere di sposarmi. Volete farlo?

Rincuorata, lei gli sorrise.

- Sì Robert, lo voglio. Ve lo prometto, sarò una buona moglie.

Con il viso molto serio ed addolorato, lui la fermò con un gesto della mano.

-  Aspettate, non ho finito. Io non vi propongo un matrimonio d’amore, e questo pare che lo accettiate, ma non posso offrirvi neanche un matrimonio di convenienza. Il nostro sarà solo un patto. Io vi sposerò, ma tra noi non dovrà mai esserci nulla. Ho giurato a mia moglie sul suo letto di morte che non avrei mai più amato un’altra donna ed intendo mantenere la parola.

Sconvolta Barbara si alzò in piedi, ma era talmente agitata che non riuscì a dirgli altro che:

- Ma allora perché volete risposarvi?

- I miei suoceri intendono portarmi via Charles. Io sono di una condizione sociale molto inferiore alla loro e dopo la morte di mia moglie  non ho saputo fare di meglio che affidare il mio bambino ad una balia ignorante. Potrebbero portarmelo via, e molto facilmente. È per questo che ho bisogno di una moglie: un vedovo risposato con una donna di buona famiglia e ben  educata è più rispettabile di un uomo solo e sbandato. Proprio come sono diventato io - aggiunse con molta amarezza. Dopo una breve pausa, proseguì - Se così fosse, qualsiasi giudice ci penserebbe bene a dar ragione ai miei suoceri, per quanto potenti essi possano essere. Per questo motivo vi sto chiedendo di diventare mia moglie, ma lo saremo solo agli occhi del mondo. Tra di noi non ci sarà mai alcun rapporto se non la stima, la collaborazione  e, perché no, una profonda amicizia.

Barbara sentì salirsi le lacrime agli occhi per la delusione, ma le trattenne e con la voce rotta dal pianto, proruppe:

- È perché ho avuto un bambino senza essere sposata, non è così? È  per questo che mi state chiedendo questo, per disprezzo.

Lui fu sconcertato da quella accusa. Davvero quella era una cosa a cui non aveva mai pensato.

- No, per carità, non dite così! – si giustificò - Ho saputo della vostra triste storia e del fatto che avete poi perduto quella creatura, ma non lo sto facendo per questo, ve lo giuro, soltanto ho immaginato che la condizione in cui vi trovate in casa di vostro fratello possa essere peggiore di quella che vi offro io. Se accettaste, io non vi farei mancare mai nulla e vi riserverei  sempre una gratitudine immensa.

- Già, è logico, avete pensato che una povera zitella miserabile e con un passato come il mio avesse potuto trovare apprezzabile una tale proposta! Vi siete sbagliato, caro signore, io ero già preparata a non essere ancora amata, però così mi sembrerebbe di svendere completamente la mia dignità. Chiedetemi di diventare la vostra governante e lo farò, ma non pronunciate più la parola “matrimonio”. È un Sacramento e sarebbe un vero e proprio sacrilegio sposarci a queste condizioni!

Robert rimase zitto con il capo chino, poi mormorò molto addolorato:

- Lo farei, ma non posso. Una governante non sarebbe una soluzione definitiva ed i miei suoceri continuerebbero ad insistere per avere la tutela del nipote. Devo risposarmi se voglio tenere il mio piccino. Forse sono un pazzo, forse sarebbe meglio per Charles andare a vivere con i nonni, ma io ho già perduto sua madre e non voglio perdere anche lui. Vi supplico,  pensateci.

- No, Robert, non posso accettare. Perdonatemi.

Senza voltarsi indietro, Barbara lasciò la stanza. Soltanto pochi passi dopo però si fermò perché i singhiozzi le salivano dal petto. Aveva bisogno di farsi un bel pianto, uno di quelli disperati a cui si era abbandonata tante volte, sin da quando aveva diciassette anni, da quando cioè il suo amore per Filippo l’aveva perduta.        
Non potendo restare in quel corridoio, aprì una porta a caso e si infilò nella stanza buia. Solo allora diede sfogo al dolore per l’umiliazione subita che, unita alla paura di dover rivelare a qualcuno i motivi del suo rifiuto alla proposta di matrimonio dell’ingegnere Forrest, la ferivano profondamente nell’orgoglio.

Si accasciò per terra mentre le lacrime le scendevano copiose ed appoggiò la testa al muro abbandonandosi all’onda della propria pena, aspettando che passasse, così come aveva fatto tante volte nella vita. Infatti dopo un po’ si calmò ed asciugandosi gli occhi, già stava preparando il sorriso di circostanza da sfoggiare nel momento in cui avrebbe raggiunto gli altri, quando udì il pianto di un bambino provenire dalla stanza accanto. Incuriosita, si alzò ed aprì la porta. Scorse seduto sul lettino un bambino piccolo tutto nudo: doveva essere Charles, il quale, abbandonato a se stesso, piangeva disperato.

Stupita che lo avessero lasciato così da solo, la donna gli si avvicinò ed il bimbo alzò il faccino verso di lei. Con i riccioli biondi ed i lineamenti delicati, sembrava uno di quei puttini  raffigurati nei dipinti del Rinascimento. I suoi occhi erano simili a quelli del padre anche se il loro splendido colore azzurro era velato dalle lacrime.   
Nello scorgere una persona mai vista prima, il piccolo si stupì un po’ e smise di piangere, la boccuccia che gli tremava ancora. Era talmente tenero che Barbara non riuscì a frenarsi e lo prese in braccio.

- Che c’è, tesoro, che c’è? – gli disse mentre stringeva quel corpicino nudo a sé.        
Quando il bambino riprese a piangere, sempre parlandogli con dolcezza, accostò il viso al suo e tenendolo per la nuca, lo strinse ancora più amorosamente. Nel percepire il tipico odore dei bambini piccoli fatto di sudore, di latte, di pelle tenerissima, fu presa come da una vertigine e fu costretta a chiudere gli occhi. Per un attimo le parve di avere ancora tra le braccia il suo Giacomino e la commozione che gliene derivò fu immensa. Quante volte aveva sognato di averlo ancora, quante volte si era risvegliata da quel sogno con l’amara consapevolezza che il suo piccolo angelo se n’era tornato in Paradiso! Adesso, stringendo Charles, si avvide di quanto amore materno portasse ancora dentro e quanto fosse ancora viva la sofferenza per la perdita della sua creatura. Ora, accarezzando la pelle tenera di quel cucciolo solo ed indifeso, sentiva come una corrente di tenerezza passarle attraverso i sensi e riscaldarle l’anima. Forse anche il bambino l’avvertì  perché si calmò ed, appoggiata la testina sulla sua spalla, si abbandonò fiducioso.       
Ben presto però nel rendersi conto che il piccino era gelato, lo spirito pratico di Barbara prese il sopravvento sull’emozione. Aprì un comò e con una mano sola, rovistò nei cassetti fin quando non riuscì a trovare una copertina di lana con cui gli avvolse il corpicino nudo e tremante. Solo dopo si accorse della foto incorniciata sul mobile: ritraeva una ragazza molto giovane, bionda e bellissima. Intuì dai suoi lineamenti delicati che doveva essere la madre di Charles, la dolce ed angelica Julie di cui Robert non parlava mai. Fissò il ritratto con interesse ed ebbe la sensazione che la donna raffigurata la guardasse quasi  con un’espressione molto seria negli occhi, come a volerle dire qualcosa.

- Non ti preoccupare – le disse mentalmente – mi prenderò cura del tuo piccino, non lo lascerò solo, te lo prometto.

Le erano salite di nuovo le lacrime agli occhi, ma tutto sommato adesso si sentiva meno infelice con il bimbo tra le braccia. Lo avvolse nella copertina poi gli asciugò le lacrime con un fazzoletto e gli pulì il nasino, stringendolo sempre più forte al seno e cullandolo con dolcezza. Il piccolo a poco a poco non solo si calmò, ma le fece anche un sorrisino mostrandole i teneri dentini. Anche Barbara gli sorrise ed andò a sedersi su di una poltrona accanto alla finestra da dove si intravedeva il sole ormai al tramonto che aveva tinto di porpora il cielo e faceva risaltare la vegetazione  già del bel colore  rosso dell’autunno.        
Nella luce del crepuscolo, una sensazione di pace avvolse la donna ed il bambino che rimasero dolcemente abbracciati quasi come se il tempo si fosse fermato.   
Chissà quanto ne era passato quando si spalancò la porta. Entrò una donnetta di una quarantina d’anni la quale, vedendo la scena, sembrò restare interdetta. Subito dietro di lei apparvero Grazia,  Robert ed Alfredo.

- Insomma, si può sapere cosa stai combinando? Ti stavamo cercando per tutta la casa! - proruppe quest’ultimo, molto adirato. La sorella non si curò di lui e, rivolta alla donna, le chiese molto duramente:

- Vi occupate voi di questo piccino?         
Vedendo che l’altra annuiva, continuò:

 – Allora spiegatemi come mai lo avete lasciato nudo e da solo. Siete pazza per caso? Non vedete che fa freddo ed è già molto raffreddato?

- Ma io ho aiutato i signori a cercare voi! – si giustificò la domestica, prontamente e con furbizia.

- Non dite sciocchezze! Ho udito il bambino piangere disperato non appena ho lasciato il salotto e chissà da quanto tempo stava in queste condizioni! Ma ora basta, andate a preparargli un bagnetto caldo perché dobbiamo farglielo subito!

Mentre la donna si affrettava ad obbedire, Alfredo obiettò, sempre più innervosito:

- No mia cara, non gli farai nessun bagnetto. Dobbiamo ripartire domattina presto e ora ce ne dobbiamo andare. E poi mi spieghi cos’è questa pretesa? L’ingegnere mi ha appena detto che hai rifiutato la sua proposta di matrimonio.

- Ho cambiato idea – rispose calma la ragazza, senza smettere di guardare il bambino che ora stava giocando con le manine sul suo viso.

- Finiscila con questi capricci da stupida! – le urlò il fratello fuori di sé dalla rabbia – Forse tutti noi, e soprattutto il signor Forrest, dovremmo stare ai tuoi comodi?

- Ma perché non stai un po’ zitto tu e non fai parlare l’ingegnere? – lo rimproverò Grazia alla quale non era sfuggito l’intenso sguardo che i due giovani si stavano scambiando.

Robert non aveva aperto bocca fino a quel momento ed era rimasto ad osservare con tenerezza la donna ed il bambino. Chiamato in causa, affermò:

- Io invece non ho cambiato idea: sono sempre di più dell’avviso che siate la donna che cercavo. Ve lo ripeto, Barbara, sarei felicissimo se mi diceste che volete sposarmi.

- Sì e voglio prendermi cura di questo angioletto – gli rispose subito lei.

Gli stava sorridendo e negli occhi dell’uomo si dipinse un’enorme gratitudine perché sapeva che pronunciando quelle parole, la ragazza aveva accettato anche l’assurdo patto che le aveva proposto.

 

   
 
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