BREAK MY SILENCE
Thanks
to:
Clamp
(che hanno inventato quella meraviglia che è X)
REM
(la loro musica è stata un’ispiratrice fondamentale per la seguente storia)
Leryu,
Lilie, Kairi, Clover, Ren, Haryuu, Laurie e gli altri che tengono viva la
discussione su X sul forum e stimolano la mia fantasia sull’argomento
Eleonora
(a cui la fic è dedicata, anche se non lo sa!)
Dio
(…beh, semplicemente, mi piace ringraziarlo quando sto per cominciare un
lavoro…^__^)
You!
(che vi apprestate alla lettura…)
Questa
storia è un tentativo di dare un finale ad X, mentre aspettiamo quello vero.
Non ha nulla a che vedere col finale dell’anime, tantomeno con quello del film.
La storia ripartirà dal punto in cui si è interrotta al volume 18.
Devo
chiamare questa una death fic? Non so. Sappiate che qualche Drago ci saluterà,
mentre altri, rimarranno in vita. Spero che approviate le mie scelte!
Questa
fic fa parte della categoria “azione/drammatico”, ma anche “sentimentale” (beh,
non si parla di amore, ma di sentimenti, senza dubbio!). Ho dato una mia
interpretazione dei personaggi, spero di essere riuscita a renderli abbastanza
fedelmente…
Questa storia è iniziata nell’autunno del 2004 ed è stata terminata a maggio 2005. (questa cosa la dico perché ho il complesso delle Troppe Fic In Contemporanea. Va bene, sto portando avanti Clamp Work. Ma questa è già stata scritta, nei momenti liberi, soprattutto di notte. Quindi l’aggiornamento dovrebbe essere abbastanza regolare…Ok, va bene, taglio corto con le paranoie).
Mi
auguro vi sia gradita. Criticate pure senza ritegno, a volte ce n’è più bisogno
che degli apprezzamenti.
Io
sono qui: yumemi@hotmail.it
Che
altro dire? Buona lettura, e grazie!
I
– Open Your Eyes
Sono
stanco e nudo
Non
so di che cosa sono affamato
Non so più cosa voglio
(Rem)
Ottobre 2001
Si
alzò di scatto, trovandosi immerso nel sudore, colto da brividi. Un risveglio
davvero orrendo. Naturale, visto che aveva appena avuto un incubo.
-
Incubo?-
Increspò
le labbra in un sorriso amaro, l’unica espressione che, ogni tanto, infrangesse
la sua aria sempre seria, persa in un altro luogo, forse in un’altra vita.
Beh,
non che tra gli incubi e la vita ci fosse poi tutta quella differenza abissale!
Si
scrollò di dosso le coperte, e scese dal letto. Viveva in un piccolo appartamento
alla periferia di Tokyo da due anni. E non ricordava affatto di essere andato
in un’agenzia immobiliare ad acquistarlo. Né di aver ritirato in banca tutti i
suoi soldi. Né di aver trasferito lì i mobili che, evidentemente, prima stavano
in un’altra casa. Se era per questo, non ricordava nemmeno di aver avuto
un’altra casa. Né dove fosse. Né che lavoro facesse.
Non
ricordava assolutamente nulla del suo passato. Sapeva solo che due anni prima
aveva deciso di lasciarsi la sua vecchia vita alle spalle, e c’era riuscito
bene. Lui non ricordava il momento preciso in cui aveva preso quella decisione.
Osservava il risultato tutti i giorni, però.
Due
anni prima aveva cancellato, quasi metodicamente, le tracce di un passato, ed
aveva ricominciato.
Solo
che quel passato era sparito veramente, dalla sua memoria. Come tutto il resto.
Non
sapeva quale fosse il nome che i suoi genitori gli avevano destinato, né se
quel nome era mai stato chiamato con affetto, con dolcezza, con disprezzo, con
odio, con desiderio, con amore.
Non
sapeva dov’era cresciuto, cos’aveva amato nella sua infanzia, quali passioni
erano germogliate nel suo animo col passare del tempo. Non sapeva se aveva
avuto fratelli, se aveva stretto amicizie, se aveva amato qualcuno. Non sapeva
bene nemmeno la sua età. A occhio, sarebbe dovuto essere uno studente
universitario. Ammesso che avesse frequentato qualche scuola.
Gli
era capitato di passeggiare per i cortili di alcune università della città,
sperando che qualcuno lo riconoscesse. Ma non era mai successo, né in quel
luogo, né in nessun altro. Se lui si era dimenticato del suo mondo, era
accaduto anche l’inverso.
“Se
morissi, nessuno lo saprebbe”.
Quando
ci pensava, sorrideva, lo stesso sorriso amaro ed ironico con cui illuminava un
viso che, nonostante l’espressione gelida, era dolce.
A
volte si chiedeva chi era stato. A volte aveva tanto desiderio di saperlo, da
avvertire le lacrime che volevano uscire dai suoi strani occhi. Ma aveva
dimenticato come piangere tanto tempo fa, forse le sue lacrime erano già state
consumate tutte, e i suoi occhi restavano aridi.
Per
chi aveva pianto tanto?
Per
quanto si sforzasse, non ricordava nemmeno un volto. E se in certi giorni ne
era ben felice, altre volte gli sembrava di morire, all’idea di aver perso
tutto.
Tutto.
Non
c’era un modo per riaverlo?
Nell’ufficio
dove lavorava come segretario aveva detto di chiamarsi Yuki Saitoh. E di avere
21 anni. Il direttore, prima di assumerlo, aveva constatato che sembrava un
adolescente. La sua vice aveva ribattuto che per lei avrebbe potuto avere anche
più di venticinque anni. Lui aveva sorriso. Beh, potreste aver ragione
entrambi. Comunque, Saitoh-san era stato assunto.
Anche
quella mattina si sedette al suo posto, con la solita calma.
“Tu
non hai mai fretta, eh?”, gli aveva detto una volta una sua giovane collega,
sorridendo.
“Non
ho nessuno che mi aspetta e nessuno da aspettare”, aveva risposto,
raggelandola.
Non
ho nessuno che mi aspetta e nessuno da aspettare.
Era
per questo, che dopo il lavoro prese una strada insolita, per lui? Perché era
solo, solo, terribilmente solo?
Forse
sì. Se almeno avesse avuto un ricordo, avrebbe potuto attaccarsi a quello.
Avere un nome da sussurrare la sera, quando si torna a casa, anche se è un nome
che non risponderà mai, è dolce.
Entrò
dalla piccola porta nella stanza dalle luci basse. Forti profumi gli dettero
subito alla testa, e si affrettò a sedersi. Possibile che certi maghi e
sciamani avessero bisogno di riempire di cianfrusaglie, strane luci ed odori
forti i loro “uffici”, per impressionare la gente?
-
Benvenuto. Lei è Saitoh-san, non è vero?-
La
donna seduta di fronte a lui sorrise, si inchinò. Era abbastanza giovane, e
vestiva di nero. Aveva capelli corti, un buffo diadema azzurro su di essi, e
gli occhi truccati di viola. Almeno lei, era piuttosto sobria, di certo più
della sua stanza.
-
Lei è venuto da me perché ha perso il suo passato, vero? Così mi ha detto nella
sua e-mail.-
Già,
ora gli sciamani prendevano appuntamento per mail! Sorrise nel suo modo solito,
le fece cenno di sì.
-
Perché ha scelto proprio una sciamana, e non è andato da uno psicanalista, ad
esempio?-
Scosse
la testa.
-
Mi è sembrato naturale.-
-
Beh, questo potrebbe già essere un segnale. Lei ha avuto a che fare con il
soprannaturale, in passato, forse. Lei non ricorda proprio niente?-
-
Niente. Solo che due anni fa ho ritirato i soldi che avevo in banca, ho
comprato una casa nuova, e ho deciso di trovarmi un lavoro. Ma non so perché.
Non so nulla della persona che ero.-
La
donna annuì, come soppesando le sue parole. Infine trasse un lungo sospiro,
mentre estraeva qualcosa da un cassetto. Quando aprì le mani, lui vide cos’era.
Un ofuda, una sorta di sigillo di pergamena, su cui erano tracciati dei
caratteri.
-
“Mente”.- lesse lui.
-
Già. Uso questi ofuda per ritrovare ricordi perduti nella mente delle persone.
Penso di provare ad usarlo su di lei. Non le garantisco che riuscirò a ridarle
la memoria, ma almeno smuoverà in lei qualche immagine del passato.-
Prese
il piccolo pezzo di pergamena tra due dita, e lo sollevò davanti al viso.
Rimase a lungo in quella posizione, come rintracciando in sé l’energia per
compiere il rito. Poi iniziò a pronunciare parole antiche, prima piano, poi
sempre alzando la voce. Per lui era come un suono conosciuto, una ninna-nanna,
un rumore di fondo rassicurante. Si lasciò trascinare dalla cantilena, ed un
attimo dopo…
“…”
Un
adolescente, ma gravato di un compito non facile. La sensazione di doversi
scontrare con la parte peggiore dell’animo umano…
“…I
sogni sono importanti…”
Sogni?
“…Tu
non sei normale! Ti odio perché tu non sei normale!”
Chi
glielo diceva? E soprattutto, chi lo consolava, parlando dell’importanza dei
sogni? Chi sapeva entrare così bene nel suo animo, dissipando ogni dubbio, ogni
paura, ogni nodo doloroso? Chi era quella persona che…
“Tu hai la capacità di capire il cuore degli altri, ma io ho avuto in dono la capacità di capire il tuo cuore!”
Era
una presenza tanto dolce, diversa da quella di prima, che era invece ardente e
lo travolgeva. Questa era fatta dei rumori conosciuti di una casa, del profumo
di luoghi che ami, aveva la consistenza di qualcosa di morbido e delicato che
ti avvolge, senza soffocare, lasciando la tua anima libera di respirare…
“Quella persona è l’unica che può renderti felice, vero?”
C’era
una persona, nella sua stanza, e gli somigliava in qualche modo, ma era anche
diversa da lui, ed era…come…come la fiamma appena nata, quando getti un
fiammifero su teneri rametti. A volte va giù, sembra che si stia spegnendo. E’
come un’agonia, la piccola fiamma sembra morire. Ma un attimo dopo si rialza, e
quasi ride, e ti spaventa per la sua forza, e ti fa sorridere, perché è bella.
Quale
persona gli era sembrata una meraviglia simile?
“Tu
sei…”
Volti,
che avevano qualcosa da dirgli, che desideravano farlo partecipe di qualcosa di
grande, di importante.
Ma
un desiderio costante e inspiegabile, ardente e gelido, opprimente e
bellissimo, vinceva tutto, travolgeva il resto, e gli impediva di vedere
qualsiasi cosa che non fosse la sua realizzazione…
-
Ah…-
Lanciò
un piccolo gemito, afferrando i braccioli della sedia, come se volesse evitare
di precipitare ancora. La donna posò l’ofuda, e lo fissò.
-
Ha ricordato qualcosa?-
-
Volti.- balbettò lui, passandosi una mano sul viso. – Solo volti. E parole. Ma
non so metterli insieme.-
-
Io ho cercato nella sua mente. Ed è tutto molto strano. E’ come se lei…se lei
avesse voluto proteggerla!-
-
E cosa significa?-
-
Che è stato proprio lei a desiderare di dimenticare tutto, con una forza
sorprendente. Io credo che lei sia dotato di un qualche potere spirituale.-
-
Non lo so.- rispose lui, un po’ sorpreso dalla rivelazione. – E dimenticando
tutto, potrei averlo sopito?-
-
Sì. Può essere accaduto.-
-
Ma perché ho voluto dimenticare?-
Il
viso della donna si fece serio, quasi le fosse difficile proferire altre
parole.
-
I volti che vedevo vagamente nella sua mente, ecco, quei volti andavano in
frantumi. E c’era la sua voce, che sovrastava tutto, gridando dei nomi che io
non riuscivo a capire. Io temo che lei abbia attraversato una grande
sofferenza, e per questo abbia deciso di scordare!-
-
Ma perché ho scelto questa via?-
-
Non capisco. Non lo so. Dovremmo riprovare, ma ho paura di farle del male, se
ricomincio a cercare adesso!-
-
Non può…entrare nella mia mente?-
La
donna assunse un’aria stupita.
-
Come sa che esiste questa tecnica?-
-
Non lo so.- rispose lui, più stupito di lei, scuotendo la testa. – L’ho detto
senza pensare.-
-
Beh, è una tecnica che solo gli sciamani di più alto livello sanno mettere in
atto. Io ho dei poteri, ma non arrivo così lontano.-
-
Non esiste nessuno che possa aiutarmi, con quella tecnica?-
All’improvviso
era diventato ansioso, ansioso di sapere. I volti che aveva visto gli
ricordavano qualcosa di tremendo, ma erano così belli! E svanivano di nuovo,
troppo in fretta, dalla sua mente!
-
Un tempo c’era la famiglia Sumeragi.- rispose lei. – Erano forse i migliori, in
questo campo. Forse gli unici, al giorno d’oggi. Ma la dodicesima capofamiglia
è morta l’anno scorso, e il suo successore…beh, è scomparso. E non credo che
esistano persone a cui abbiano rivelato il segreto, erano soliti lavorare da
soli. Però potrei informarmi.-
-
La prego, lo faccia.- mormorò lui, abbassando la testa, con aria sconfitta. –
Ma lei non ha visto nulla?-
-
Solo dei volti. Non so nulla di loro.-
-
Me li descriva. Io…li sto già dimenticando!-
-
C’erano una giovane donna, un uomo e un ragazzo, loro tre ritornavano con
insistenza. E poi altre persone…Una donna che piangeva, vestita di viola. Una
donna con i capelli rossi…Altre persone, ma passavano velocemente, dinanzi a
me, ed erano molte. Giovani, vecchie. Lei deve avere incontrato tanta gente.
Forse lavorava, e li ha incontrati svolgendo la sua attività. Ma sono state tre
persone a colpirla particolarmente.-
-
Mi parli di loro.-
-
La ragazza sorrideva sempre, nelle sue immagini. Era molto giovane e…Ecco,
direi che le somigliava. Anche un altro dei tre era giovane, un adolescente.
Credo che risvegliasse in lei sensazioni contrastanti, perché nella sua mente
lo vedevo sotto ombre nere e subito dopo illuminato da mille luci. E poi c’era
un uomo, molto alto, ed era una presenza diversa dalle altre. Oscura. Come…come
un abisso. Ne ero spaventata. Non si resta spesso in vita, dopo aver conosciuto
una persona simile! Vorrei davvero sapere chi era. E cosa le ha fatto.-
-
Lei crede che io sia stato in qualche modo vittima di quella persona?-
-
Ne sono sicura. Per questo dico che lei ha sofferto. E, sinceramente, vuole
proprio ricordare? In questo modo le manca una parte della sua storia, ma se la
riconquistasse, potrebbe scoprire che era meglio non aver mai rivissuto quei
momenti!-
Lui
si limitò a scuotere la testa. In ogni modo, anche rivivere una sofferenza
sarebbe stata una variazione alla noia mortale che invadeva la sua vita.
Noia,
incubi, desideri vivi ma nascosti da veli di nebbia, la nebbia della
dimenticanza. Non ne poteva più.
-
Devo sapere.- rispose semplicemente. – Cerchi un altro ricordo, non ho paura.
Lo faccia ora.-
La
donna sospirò, ma davanti a lei c’era una persona che sapeva quel che faceva.
Riprese in mano il sigillo. Riprese a cantilenare.
E
questa volta fu lei ad interrompersi, gridando. Lui era rimasto immobile, nella
sua mente solo la voce di lei, e un turbine, nero, nero, nero e rosa.
Rosa?
-
Che succede?- le chiese, prendendole la mano come per sostenerla.
-
Non capisco.- ansimò lei. – E’ come se…Se lei pensasse che…che le persone che
ho visto prima…Ecco, lei è certo che quelle persone sono state portate alla
distruzione proprio da lei!-
Le
strinse la mano, inavvertitamente. Non capiva.
-
Da me?-
-
Non significa che ciò sia vero. Forse è solo un suo senso di colpa.-
-
Me lo diceva spesso, che dovevo perdonarmi…- mormorò lui, all’improvviso, con
aria trasognata ed un sorriso nostalgico sul volto.
-
Chi? Chi glielo diceva?- chiese lei, speranzosa, comprendendo che c’erano dei
ricordi che si affacciavano alla sua mente. Lui spostò lo sguardo negli occhi
di lei, e scosse la testa, sconsolato.
-
E’ stato solo un attimo. Ricordo una voce che mi dice questo, ma ignoro chi sia
il proprietario.-
-
Cosa risveglia in lei, quella voce?- mormorò la donna. Lui sorrise di nuovo,
come non faceva da tempo.
-
Rosa.- rispose.
-
Rosa?-
-
E calore. Non so perché.-
Lei
sospirò, e mise via in fretta l’ofuda, come per evitare che lui le chiedesse un
altro tentativo. Nessuno dei due l’avrebbe sopportato, non in quel momento.
-
Si accontenti, per oggi. Se vuole, può tornare. Ma io credo che se trovassimo
un oggetto importante, che appartiene al suo passato, potrebbe riacquistare
tutta la sua memoria.-
-
Gliel’ho detto, ho cancellato tutto.-
-
Si, ma non si dia per vinto. Forse c’è qualcosa. Cerchi, in casa sua. Frughi
nei cassetti, nei documenti vecchi, negli abiti che metteva in passato…Ci
provi!-
Lui
annuì, alzandosi. Prese il portafogli per pagarla, ma lei gli fece cenno di no.
-
Non penso di averle fatto un favore, rendendole quei ricordi. Non voglio
nulla.-
-
Ma ha sprecato tempo ed energie! E sono stato io a chiederglielo!-
-
Per favore, no.-
Lui
annuì, e si alzò. La donna sollevò il viso, e parve accorgersi solo allora
della stranezza che caratterizzava i suoi occhi.
-
Sono di due colori diversi.- mormorò, indicandoli.
-
Si. Uno è verde ed uno è color ambra.- rispose lui.
-
E’ sempre stato così?- chiese lei, come seguendo un’intuizione.
-
No. Credo di no. Ma, naturalmente, non so perché.-
Lasciò
la donna, si rituffò nella notte caotica di Tokyo, mentre la sciamana si
tormentava le mani, sentendosi in colpa per non avergli rivelato una scena ben
precisa che aveva visto.
“Amo
questa città, perché va verso la distruzione ad una velocità folle,
divertendosi.”
“Non
è per i tuoi stessi motivi, ma anche a me piace Tokyo…”
Si passò una mano sul viso, come per implorare le lacrime di scendere e dare sollievo ai suoi occhi. Chi era, che diceva parole simili?
Con
chi aveva parlato della città di Tokyo? Perché, perché aveva detto di amarla?
Chi lo accompagnava nei suoi giri per la città?
Poco
distante dal luogo in cui un giovane ricercava se stesso, in un tempio
buddhista, un giovane monaco osservava la notte stellata, chiedendosi perché
mai a volte si sentiva triste.
Come
se gli mancasse qualcosa.
Un
giornalista coccolava la figlioletta, mentre la moglie cucinava, rumori
quotidiani dolci come sottofondo. Eppure, nella mente dell’uomo c’era l’ombra
di un ricordo che non riusciva a raggiungere…
Una
ragazzina si pettinava i capelli, che aveva deciso di far crescere.
Quando?
Due
anni prima.
Perché?
Per
dimenticare, per dimostrare quanto fosse cambiata.
Si,
ma cambiata…Perché?
Un
giovane si svegliò all’improvviso, rabbrividendo. Il sogno che aveva fatto era
conosciuto, ne era certo, eppure era anche sicuro di non averlo mai fatto
prima.
Era
davvero un sogno, e nient’altro?
Uno
studente universitario si sollevò dai suoi libri, stringendo all’improvviso in
maniera convulsa la penna con cui stava riempiendo il quaderno di fronte a lui.
-
Ehi, tutto bene?- domandò il suo compagno di stanza, disteso sul letto poco
distante.
-
Sì. Scusami.- mormorò l’altro, sorridendo.
No,
niente affatto. All’improvviso aveva avvertito una tristezza così profonda e
straziante, e senza alcun motivo!
Un’infermiera
uscì con passo lento dalla stanza del ragazzo. Sospirò. Le faceva molta
tenerezza. Era in coma da due anni, e mai una volta aveva visto una persona che
fosse venuto a trovarlo! Mai. Non sapevano nemmeno chi fosse. Probabilmente era
orfano, o almeno un familiare sarebbe venuto a cercare di lui…
No,
nessuno. Era molto triste. Chissà cosa gli era successo, poi. Lo avevano
ritrovato ai piedi della Tokyo Tower, dopo quel terremoto terribile, però aveva
delle ferite strane, di certo non provocate dal terremoto.
Beh,
in ogni modo, lui era lì, e nessuno si ricordava della sua esistenza.
“Povero
piccolo. Penso che se si svegliasse, sarebbe quasi peggio. Da solo…”
Ma
quando le cose si mettono in moto, quando gli eventi vogliono dare inizio ad un
nuovo corso, niente può fermarle.
E
nessuna di quelle persone sapeva che, ben
presto, un’ombra antica sarebbe tornata nelle loro vite, private di un
ricordo troppo importante.