Capitolo 30
Barbara era andata a prendere la
bimba ancora in
lacrime e se l’era messa in braccio, ritornando a sedersi.
Maria Neve avrebbe
voluto essere un po’ consolata, ma poiché la mamma
non lo faceva, rivolse la
sua attenzione al libro abbandonato sul bracciolo del divano e subito
l’afferrò, mettendosi
a giocare con
esso. Le lacrime le bagnavano ancora il visino paffuto e qualche
singhiozzo la
faceva sussultare di tanto in tanto, però smise di piangere.
Intanto la donna osservava assorta
il fuoco nel camino
e con gli occhi della mente vedeva la scena che doveva essersi svolta
qualche
mese prima tra Sean e Robert. Probabilmente il primo gli aveva riferito
delle
sue profferte amorose con la solita ironia, sottolineandone il lato
comico e
l’altro doveva
aver sospirato, un po’ mortificato
per la figuraccia fatta dalla moglie, ma tutto sommato indifferente.
Forse si
era scusato, spiegandogli che quella misera paesana non aveva ancora
capito di
non essere neanche lontanamente all’altezza delle donne da
loro amate in
precedenza. Allora il dottor Hopkins, sempre senza peli sulla lingua,
doveva
averlo invitato a darsi un po’ da fare per calmarne i
bollenti spiriti e Robert
doveva aver fatto uno dei suoi sorrisini divertiti, promettendogli di
tenerla
buona per il futuro, almeno per evitare che rivolgesse le sue proposte
ad altri
uomini più disposti ad approfittare della situazione. D’altronde, ora
che il dolore per la perdita
di Julie non era più così cocente ed avvertiva
impellente il bisogno di
riprendere una normale vita sessuale, non gli sarebbe costato alcuno
sforzo
rivolgerle le sue attenzioni. In fondo lei era carina e se
c’era qualcuno a cui
spettava goderne, questi era unicamente suo marito. La conosceva bene e
sapeva
che gli sarebbe caduta ai piedi come una scema non appena si fosse
messo a
recitare la parte dell’innamorato. Forse ci aveva anche
provato gusto nel farlo,
ridendo dentro di sé per quelle sue ridicole resistenze.
Si era illusa di nuovo. Ora capiva
che solo di
un’illusione si era trattata: se il marito davvero
l’avesse amata, non sarebbe
stato capace di prendere la sua sbandata per un altro uomo con tanta
freddezza.
Era tutto inutile, per Robert sarebbe stata sempre e soltanto un
ripiego, così
come per Sean era stata solo una goffa ragazzotta di paese un
po’ esaltata e
per Filippo, tanto tempo prima, un
piacevole passatempo.
Si riscosse dai pensieri passandosi
una mano sulla
fronte. Solo allora vide come la figlia aveva ridotto il suo povero
libro,
oramai tutto bagnato di saliva e con molte pagine strappate. Era un romanzo di Jane
Austen, la sua autrice
preferita, dei cui scritti si era nutrita con avidità sin da
quando era
ragazza. Facilmente
si immedesimava con
le protagoniste, condividendone la modesta condizione e
provando la loro stessa costrizione alle rigide
regole sociali che ne soffocavano la vita ed i sentimenti. Eppure
sempre in
quelle storie, per quanto difficile potesse essere stato, alla fine
l’amore
trionfava, ripagandole di
tutte le
sofferenze patite. La vita non era così, perlomeno non la
sua. Aveva sempre
sbagliato a leggere simili sciocchezze buone solo per far letteratura.
Con un gesto deciso prese il libro
dalle mani della
figlia e lo gettò nel fuoco, rimanendo a guardarlo mentre
bruciava, poi si alzò
ed andò a preparare la pappa alla bambina.
Le stava ancora dando da mangiare
quando Robert e il
figlio ritornarono. Dalle loro voci contente pareva che la scenata di
poco
prima non si fosse mai svolta. L’uomo era rimasto in maniche
di camicia e
l’azzurro intenso del tessuto faceva risaltare il bel viso
abbronzato e
sorridente. Il suo maglione con qualcosa avvolto dentro lo teneva in
mano Charles
che si affrettò a correre tutto allegro dalla mamma.
- Guarda che abbiamo trovato!
– le disse scostando la
stoffa per mostrarle il suo prezioso tesoro.
Barbara, occupata ad imboccare
Neve, si voltò
abbastanza distrattamente ed ebbe un sussulto alla visione di un
animaletto
marrone e peloso.
- Un topo! –
urlò inorridita.
- Ma no – la
tranquillizzò il marito ridendo – è uno
scoiattolo. Con la tempesta di stanotte deve essere caduto dal suo
albero.
- Non ce lo voglio qui! Portatelo
fuori.
- No, è mio! –
protestò il bambino stringendoselo al
petto.
- Ti ho detto che non lo voglio
qui, portalo fuori – ripeté
con un tono che non ammetteva repliche e talmente alto che la bambina
se ne
spaventò e ricominciò a piangere.
- No, no, Pallino sta con me,
è mio! – strillò Charles
mettendosi a piangere anche lui.
- Barbara, per favore, è
solo uno scoiattolino,
lasciaglielo tenere un poco, si è già affezionato
– intervenne il padre, calmo
come sempre.
-
No! – urlo di
nuovo lei.
- Non vedi che lo fai piangere
così?
- Non sono io a farlo piangere, sei
stato tu uno
stupido a consentirgli di raccogliere un animale selvatico.
Chissà quali
infezioni può portare in casa! Mettetelo fuori.
- Già, sono stato uno
stupido, però non avrei mai
immaginato una tua reazione così esagerata. Si vede che sei
molto nervosa
stasera.
Il tono di Robert era decisamente
sarcastico e
l’allusione alla loro
precedente
conversazione era molto chiara.
- Non dovrei esserlo secondo te?
– gli rispose la
moglie, raccogliendo
la provocazione.
- Forse, ma non devi prendertela
con me ed i bambini
se gli uomini di cui t’innamori se
ne
scappano a gambe levate appena fai
capire loro che li vuoi!
Era nervoso e irritato anche lui e
si era sfogato
mettendo consapevolmente una buona dose di malignità nelle
parole. Comprese di averle
fatto del male quando la vide farsi bianca in volto e se ne
pentì subito. Avrebbe
voluto chiederle scusa, ma lei non gli diede il tempo di aggiungere
null’altro.
Prese la bambina e se ne andò in camera da letto a cambiarla
senza commentare.
Più tardi riapparve in
cucina. Charles e Robert,
incuranti della sua richiesta, stavano giocando con lo scoiattolo che
avevano messo
in una scatola accanto al fuoco. Lei lo notò, ma non disse
nulla e li esortò ad
andare a lavarsi per la cena, poi apparecchiò con due soli
piatti.
- Tu non mangi? – le
chiese il marito, desideroso di
far pace.
- Non ho fame.
Trascorse tutto il resto della
serata a pulire la casa
in un’attività
quasi febbrile tanto che
Robert ad un certo punto la invitò a smettere.
- Non c’è
bisogno di far tante pulizie se domani ce ne
dobbiamo andare! – commentò irritato.
- Le sto facendo proprio per
questo. Voglio lasciare
la casa pulita.
- Provvederà Teresa a
farlo, la pagheremo per questo.
- Io sono una persona pulita e mi
piace lasciare le
cose pulite.
-
Stai facendo
una fatica inutile!
- Appunto, la sto facendo io, non
tu. Lasciami fare,
per favore. Robert
avrebbe voluto
parlare ma con lei che sfaccendava a destra e a manca ed i bambini
presenti non
era affatto facile.
Maria Neve fu la prima ad essere
messa a letto e poi
la mamma tornò a prendere anche Charles per spogliarlo e
farlo coricare. L’uomo
sperò che una volta rimasti da soli avrebbe potuto
rabbonirla ma il piccino,
appena fu pronto per la notte, scappò di nuovo in cucina per
riprendersi la
scatola con lo scoiattolo.
- Dove credi di andare con quel
coso? – gli chiese Barbara
nel notare che lo stava portando in
camera da letto.
- Io vado a dormire soltanto se
Pallino sta con me!
- Neanche per sogno, non ce lo
voglio nella mia stanza!
- Non ci dormo senza di lui
– la sfidò il piccolo
battendo i piedi e sul punto di piangere di nuovo.
- Bene, allora ti metterai a
dormire con tuo padre in
uno dei lettini – gli disse severa.
- Insomma smettila – la
invitò Robert perdendo la calma
- Guarda che non è una tigre, è uno scoiattolo
pauroso ed infreddolito. Non
uscirà neanche dalla scatola.
- Mi fa impressione tenerlo dentro
mentre dormo e poi
ti avevo già pregato di sbarazzartene. Evidentemente non
t’importa niente di
quello che voglio io – gli rispose e poi se ne
andò senza dargli il tempo di
replicare nulla.
Robert ci mise del bello e del
buono a convincere il
bambino a lasciare in
cucina lo
scoiattolo e quando finalmente ci riuscì, lo prese in
braccio per metterlo a
dormire accanto alla madre, ma trovò la porta scorrevole chiusa con il lucchetto.
Scoraggiato, si passò
una mano tra i capelli ed al figlio che gli chiedeva se la mamma fosse
arrabbiata, rispose:
- Sì, piccino,
è molto arrabbiata. Per stanotte dormi
con papà.
- Allora ci portiamo Pallino a
dormire con noi?
- Sì, ce lo portiamo.
La mattina dopo si mossero davvero
di buon’ora perché
Rinaldo venne a prenderli con il carrozzino quasi alle prime luci
dell’alba.
Notando come se ne stessero tutti mogi, il buon uomo li
incoraggiò:
- Vi vedo
molto
tristi. È perché
è finita la vacanza?
- Già – gli
rispose sorridendo Robert seduto dietro
insieme alla moglie ed alla figlia mentre il piccolo Charles era
accanto al
guidatore a cassetta.
- Potrete tornarci quando volete!
Vi farò una
confidenza: mia cognata si preoccupava un po’
perché si poteva
rovinare qualcosa di proprietà dei
Walker ed invece è rimasta così contenta
di come la signora Forrest le ha lasciato la casa, che mi
ha detto di
dirvi che vi aspetta anche tutte le settimane.
- Grazie, Rinaldo, magari qualche
volta ne
approfitteremo ancora. Non è vero Barbara?
Lei non gli rispose ed al suo
silenzio ostinato ingenuamente
Charles rivelò:
- Mammina è molto
arrabbiata! Sono stato io a farla
arrabbiare.
- Davvero? E che hai fatto?
– gli chiese l’uomo
incuriosito.
- Ho preso lui e me lo voglio
tenere.
Così dicendo gli
mostrò lo scoiattolo nella scatola
che portava in grembo. L’animaletto si era alquanto ripreso
ed ora appariva
sicuramente più vivace.
- Non puoi tenerlo,
la mamma ha ragione, è un animale selvatico e
non può stare in casa con
te.
- Infatti, appena sarà
guarito lo libereremo su un
albero. Non è così, piccolo? – gli
domandò il padre.
- No, no, Pallino è mio!
Sei cattivo anche tu, come
mamma – protestò il bimbo, incominciando
piagnucolare.
Rinaldo sorrise e provò
a convincerlo a sua volta.
- Il povero Pallino, come lo chiami
tu, è nato per
vivere libero, non per stare chiuso in una scatola. Per te ci vorrebbe
un
animaletto domestico, come ad esempio un gattino. Mia sorella ha una
gatta che
ha appena fatto degli splendidi micini. Se ne vuoi uno, te lo porto.
Il piccino rimase un po’
interdetto e lo guardò
perplesso. L’altro proseguì per convincerlo:
- O magari preferisci un cucciolo?
Ne ho uno che è un
vero amore, è bianco e nero con un musino assai simpatico.
È l’ultimo rimastomi
dei figli della mia cagna e lo
avevo tenuto per farlo diventare un bravo cane da caccia come la madre.
Però se
lo vuoi, te lo regalo volentieri così quando crescerai
potrai andare a caccia con
lui.
- Io sono “pessc-catore”
– rispose il piccolo con la sua consueta comicità
nello storpiare le parole e
vedendo Rinaldo e Robert ridere, si mise a ridere anche lui,
aggiungendo poi, felice
– però un cagnolino mi piacerebbe assai!
- Allora è fatta, te lo
porto.
- Non devi privartene, Rinaldo
– obiettò il padre.
- Mi fa piacere, ingegnere, davvero.
- Bene,
quand’è così gli costruiremo una bella
cuccia
in giardino così non sporcherà in casa e la mamma
ci consentirà di tenerlo. Non
è così, mamma?
Ancora una volta lei non rispose,
restandosene
silenziosa ed assorta a guardare il panorama. Non disse una sola parola
fino a
quando giunsero a casa ed aveva un’aria molto abbattuta.
Kate, che si era affrettata
ad andare loro incontro, notò lo strano atteggiamento della
nuora ed il
disappunto sul viso del figlio. Ne fu molto dispiaciuta. Dopo averli
salutati, prese i
bambini con sé dando
loro modo di salire i bagagli in casa.
Robert lasciò la valigia
con i suoi vestiti nella
stanza di Barbara.
- Adesso devo andare alla miniera e
non ho tempo, ma
appena torno sistemo i miei vestiti per bene nell’armadio
– le disse cercando
di apparire disinvolto.
- No – lo corresse la
moglie – è meglio se te ne
ritorni a dormire nella stanzetta. Non ho nessuna intenzione di
riprendere la
commedia del maritino e della mogliettina innamorati.
L’uomo aveva cercato di
mantenere la calma in ogni
modo, ma oramai non
ce la faceva più.
- Ed io non ho nessuna intenzione
di riprendere la
battaglia, invece. Sono stufo del tuo caratteraccio, cerca di
smetterla! –
sbottò.
Ma era innamorato ed ancora una
volta provò a cercare
il colloquio.
- Ascolta – aggiunse dopo
qualche momento – ci siamo
detti che non avremmo più lasciato cadere il silenzio tra
noi, perché non
proviamo a parlarne?
- Non abbiamo niente da dirci, non
dopo il modo in cui
ti sei comportato – gli rispose lei mentre toglieva i propri
vestiti dalla
valigia.
A questo punto il marito ritenne
che avesse passato
ogni segno. Un velo di rabbia gli offuscò la vista e lui, di
solito così calmo
e misurato, l’afferrò per le spalle, la fece
girare per guardarla in faccia e
cominciò a scuoterla forte.
- Il mio comportamento? –
le urlò – Sei tu che
dovresti vergognarti del tuo e chiedermi scusa invece di fare
l’arrogante come
stai facendo. Vergognati!
- Mi vergognavo infatti ed ero
intenzionata a
chiederti perdono, ma evidentemente non ce n’era bisogno.
Pare che la cosa non
ti abbia interessato più di tanto.
- Cosa dovevo fare, sentiamo?
Saresti stata più
contenta se ti avessi picchiato? Dimmi, è questo che volevi?
– oramai fuori di
sé la stava quasi maltrattando scuotendola con violenza
– O magari preferivi
che ti cacciassi di casa? Volevi
di
nuovo fare la figura della sgualdrina con tutti ed andare a chiedere
pietà
ancora una volta a tuo fratello?
Barbara si sentì
indignata e, liberandosi dalla sua
stretta, gli urlò con rabbia:
- Non sarai tu a cacciarmi di casa,
me ne andrò da
sola e non certo da Alfredo!
- E dove andrai se non hai
né arte né parte?
- Chiederò al capitano
Borghero di portarmi a Genova,
lì c’è ancora un fratello di mia madre.
Sicuramente potrà darmi ospitalità per
un po’, almeno fin quando non avrò trovato un
lavoro come governante o come
cameriera. Questo lo so fare, non trovi? Persino tu dovrai darmene atto.
- Tu sei pazza, pazza! Lasciare la
tua famiglia per
andare a fare la serva! Non ti sopporto più quando dici
simili assurdità!
- Bene, allora ti farà
piacere che tolga il disturbo.
Non incaricarti di quello che farò, ingegnere, qualsiasi
cosa è meglio dello
stare qui con te a farmi umiliare ancora, persino andare a pulire le
latrine!
In un moto d’ira lui le
afferrò il viso in una mano,
serrandoglielo come in una morsa. Costringendola a guardarlo in faccia,
le
disse stravolto:
- No, mia cara, non ti
lascerò rovinare la mia vita e
quella dei miei figli. Hai preso un impegno con me e ora lo devi
rispettare, ti
piaccia o meno.
Poi la lasciò talmente
bruscamente da farle perdere quasi l’equilibrio
e andò via sbattendo
forte la porta. Barbara
non l’aveva mai
visto così adirato e non lo aveva udito mai urlare in quel
modo. Probabilmente
anche per Kate era così perché la
sentì nel corridoio che gli chiedeva qualcosa
ma il figlio, ancora alterato, le rispose bruscamente.
Dopo un po’ l’anziana signora si
affacciò
sotto la porta della stanza con la piccola Neve in braccio.
- Barbara, che
c’è? È successo qualcosa? –
osò
chiederle.
Solo allora la giovane si accorse
di avere il viso
rigato di lacrime. Asciugandosele in fretta, le rispose:
- Sì, Kate, è
successo qualcosa. Vi abbiamo coinvolto
nella nostra assurda vita ed oramai è venuto il momento che
voi sappiate la
verità. Ve ne parlerò, ma non ora, ora mi sento
troppo male. Perdonatemi.
La brava donna la guardò
con molta mestizia e la
incoraggiò con i suoi modi dolci.
- Non ti preoccupare, cara,
aspetterò quando starai
meglio. Adesso però approfitta che la piccina ha sonno e riposati un po’
insieme a lei. Baderò io a
Charles.
Barbara annuì e prese in
braccio la bambina che si
stava stropicciando gli occhietti con le
manine grassottelle. La mise sul letto e dopo essersi spogliata, le si
distese
accanto tenendola stretta.
Sperava di potersi addormentare
anche lei almeno per
un poco. Giusto il tempo di avere una piccola tregua dalla pena che si
sentiva
dentro.
Meno male,
mi aspettavo che mi avreste presa a parolacce ed invece mi sembra che
anche voi
concordiate sul fatto che qualche altra cosina Robert e Barbara debbano
impararla ancora. Non devono prendersela con la loro autrice, ma a
volte ho l’impressione
che i loro caratteri, mio malgrado, si siano quasi autodefiniti nel
corso dell’evolversi
di questa storia ed io per prima mi sono resa conto che il
“santo” Robert ha sempre
avuto la tendenza a dire e a fare cose terribili che quasi distruggono
quella
poveretta della moglie e poi pretendere che
tutto ritorni come prima, in piena calma e tranquillità,
come se niente fosse
successo. Del resto anche Barbara è troppo impulsiva e
permalosa e spesso
diventa eccessivamente bisbetica quando le cose non vanno come si era
aspettata. Tutt’e due poi, come avete notato anche voi, devono imparare a dialogare,
a non nascondersi
dietro le mura del silenzio e del risentimento senza aprirsi
reciprocamente e
soprattutto a dirsi la verità. Allora, anche se li ho fatti
soffrire ancora un
po’, spero di averli aiutati a riflettere e a ravvedersi
prima dell’immancabile
happy end che
arriverà nell’ultimo
capitolo. Però prima dovrà succedere ancora una
cosa che li … Stop! Non vi dico
più nulla che non sia: non perdetevi il prossimo
capitolo…