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Autore: Fiamma Drakon    08/04/2010    2 recensioni
[Seconda classificata al Multifandom Fantasy Contest indetto da redseaperl]
Mi chiamo Monette De Lune e sono una vampira.
Be’, era ovvio, dopo sette lunghi anni trascorsi sotto queste immortali - o quasi - spoglie.
Ormai era un dato di fatto, e mi ero anche quasi del tutto abituata al sapore del sangue, del quale, da umana, non avevo mai neanche potuto sopportare la vista.
E anche la compagnia dei ragni ora mi era adorabile: la mia migliore amica era una vedova nera.
Insomma, ormai era normale pensare a me come a una vampira.
Quello che non era normale - e che tuttora mi sembrava ancora incredibile - era la situazione in cui, per un’astrusa serie di circostanze, mi ero trovata coinvolta: il mio amore - e padrone - Kevin D’Oyly era in pericolo ed io ero la sola che potesse salvarlo.
Ed era per far ciò che, adesso, mi trovavo davanti a questo vecchio cimitero abbandonato, alla periferia di Parigi.
Ma perché arrivare ad un tal segno?
Insomma, Kevin non era poi così malvagio, senza contare il suo dilettevole hobby della vivisezione umana, i poveri diavoli che aveva brutalmente scuoiato - e ucciso - nella sua Sala delle Torture, i disperati che aveva mutilato con la sua cara molatrice da tortura e i bastardi che aveva mandato a morire nelle fiamme dell’Inferno - e non in senso metaforico -.
Be’, in fondo un po’ di malvagità c’era, ma sapeva anche essere gentile e premuroso in tutto il suo essere macabro.
La mia memoria, così portentosa dal giorno della mia trasformazione, mi ripresentò davanti agli occhi tutto ciò che mi aveva condotta fin lì...
Genere: Romantico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Atto II - Là sul Senna
ATTO II
LÀ SUL SENNA


«Il conte è in pericolo».
Quell’affermazione, unica, semplice, mi riecheggiò dentro, facendomi vibrare persino le ossa, distruggendo tutto: emozioni, speranze, pensieri.
Non sopravvisse niente.
In pericolo?
Come? Perché?
Com’era potuto accadere?
Mi gettai contro Roxanne, afferrandola, disperata, scuotendola come una palla con la neve.
«Come?! Dimmi dov’è!!! Dov’è Kevin???» gridai, fuori di me.
Roxanne seguitava a rimanere immobile, le pupille bianche, la bocca semiaperta.
Stavo per piangere: sentivo le lacrime pungermi ai lati degli occhi.
Come poteva essere?
Kevin... in pericolo?
Non riuscivo a crederci, non riuscivo a realizzarlo.
Il mio Kevin... che cosa gli era accaduto?
«Roxanne!!! Parla! Dov’è Kevin ORA?!?» le urlai contro.
«Monette... calmati, ti prego. Cerca di ragionare... » mi ammonì bonariamente Cindra.
«È tutto... buio... vedo morti... vedo... sangue... e lui. Ferito... deperito... il conte D’Oyly è... prigioniero...» sibilò Roxanne con una voce che non era sua.
«Dove?!?! DOVEEE?!?!» chiesi ancora.
«A... Parigi...».
La risposta tanto attesa, anelata fino a quell’istante di follia estrema.
Corsi via, senza dir niente, senza ragionare, senza perdere neppure un secondo: che cos’ero io per decidere, in quel momento?
Solo una facile preda dell’angoscia e della disperazione.
Il mio amore era in pericolo e dovevo salvarlo.
Correvo a perdifiato attraverso i corridoi, la mente persa in un vuoto caotico, cercando la strada più rapida per giungere al luogo dove stavano le carrozze del conte.
Non c’era nessuno oltre a me di vivo - o vampiro - all’interno del castello: tutto ciò che c’era di parlante era stato reso “vivo” da vari ed appositi incantesimi che Kevin o sua madre avevano tempo addietro gettato su mobilio e altro nel castello.
Anch’io avevo chiesto a Kevin di donare la parola a qualcuno: altrimenti, come avrebbe fatto Cindra a parlare?
Avevo bisogno di qualcuno che mi tenesse compagnia mentre lui non c’era e mi ero affezionata a quella vedova nera.
Così gliel’avevo chiesto, ottenendo una risposta favorevole.
«Lunette! Lunette! Dove stai correndo?»
«Al luogo di stazione delle carrozze! Sono certa che qualche cocchiere ci sarà!».
Uscii da una porta laterale e attraversai il cortiletto pieno di sterpi, morto, che correva tutt’intorno all’edificio, fino a raggiungere la zona di stazione delle carrozze.
Lì vicino c’erano tre cocchieri-scheletri intenti a giocare a carte.
Non appena mi videro arrivare, di corsa, si alzarono e si apprestarono ad inchinarsi.
«Cosa possiamo fare per lei, madamoiselle De Lune?» chiese uno dei tre in tono estremamente formale.
«Ho bisogno che mi portiate immediatamente a Parigi!» esclamai, trafelata.
«Da sola? Ma... e il conte...?»
«Il conte è a Parigi e io devo raggiungerlo, subito. Vi prego!» continuai, nel tono più drammatico e supplichevole che riuscii a trovare.
Vidi i cocchieri scambiarsi occhiate dubbiose, prima che uno si facesse avanti.
«Come desidera, madamoiselle...».
Mi fece un ampio e plateale inchino, facendomi con ciò segno di precederlo verso una delle carrozze.
Eseguii, avvicinandomi a quella a mio parere più vicina.
«Prego, salga » mi disse, mentre andava a prendere i cavalli, anch’essi scheletrici.
Mi sistemai all’interno, chiudendomi dietro lo sportellino.
«Lunette... è da tanto che non vai a Parigi. Saranno...»
«Sette anni or giù di lì... lo so. Non mi so orientare affatto, ma non m’importa: devo andare in soccorso di Kevin prima che sia troppo tardi!».
La carrozza partì con un sobbalzo.
Spostai lo sguardo sul cielo oltre il finestrino: la luna brillava della sua liquida luce nel nero cielo notturno.
«Oh, Kevin, amor mio, dove sei? Voglio essere con te, voglio vederti, abbracciarti, baciarti... voglio averti di nuovo con me... dovunque siamo... e per sempre. Mi hai donato questa vita dannata ed io voglio passarla con te, in eterno. Voglio sentirti vicino, di nuovo, come nelle notti passate, quando eravamo insieme...».
Nella mia mente era questo il filo conduttore di tutti i miei pensieri e delle mie preoccupazioni, che crescevano di minuto in minuto, sempre più.
Non riuscivo a non pensare a lui e a tutti i momenti che, bene o male, avevamo passato insieme.
Io l’amavo più della mia stessa vita, anche se a questo punto avrei dovuto definirla semplicemente “esistenza”.
Avrei fatto di tutto per riuscire a salvarlo.
Il tempo iniziò a scorrere: la landa dove sorgeva il castello del conte D’Oyly era avvolto da uno spesso strato di magia nera che lo nascondeva a quegli umani che avessero stupidamente osato allontanarsi troppo dalle città.
In quella specie di “dimensione” dove vivevo, il giorno e la notte si alternavano semplicemente per darci modo di sapere quando poter uscire e andare a caccia all’esterno, anche se solitamente era Kevin ad andare a cacciare anche per me: mi era sempre mancato il coraggio per uccidere persone innocenti, vampira o non che fossi.
«Non preoccuparti, bocciolo appassito... un giorno ci riuscirai anche te...» mi ripeteva sempre.
Forse: non ne ero molto convinta.
Tuttavia, lì dentro l’ambiente faceva più pensare ad un cimitero, tanto che una perenne volta celeste grigia sarebbe stata certamente più adatta: alberi rinsecchiti dalle radici lunghe e nodose, che si estendevano anche per metri lungo il terreno, sterpi marroni, secchi, disseminati un po’ ovunque e il terreno accidentato e nient’affatto praticabile, soprattutto per una vampira poco allenata come me.
Metteva sinceramente i brividi, ma dopo averci fatto l’abitudine non più, o forse dipendeva tutto dal fatto che ora vedevo e percepivo da essere della notte e non più come un’umana.
Ben presto abbandonammo quella desolazione, ritornando nella dimensione reale, quella degli umani.
Fu incredibile la sensazione di meraviglia che provai nel notare quanto più bello fosse il cielo reale, rispetto a quello artificiale della mia dimensione.
Infinitamente più bello, indescrivibile.
E, mentre dilettavo gli occhi con quel panorama, pian piano questi mi caddero sull’orizzonte, dove iniziai a distinguere i profili degli edifici parigini stagliarsi contro la volta celeste e le luci tremolanti dei lampioni ad olio che si diramavano per tutta la città.
Era da così tanto tempo che non la rivedevo, Parigi, la mia città natale.
Sette lunghi anni nei quali avevo dovuto imparare cosa volesse dire essere un vampiro e comportarmi per quello che ero, così da riuscire a sopravvivere.
Rivedere quella città fu per me come rivedere il sole: un bagliore che mi riportò alla mia gioventù, quando ancora ignoravo cosa sarei diventata.
Mi sentii stringere da una morsa di nostalgia pensando ai miei genitori e a mia sorella minore, che mi credevano morta in un tragico incidente.
Ormai, io non avevo più alcun legame con loro, solo quello dei miei ricordi, che tuttavia erano sfuocati e indistinti: i vampiri - mi aveva spiegato Kevin - conservano sporadici e confusi ricordi della loro esistenza umana, in casi eccezionali potevano ricordare più eventi, ma mai tutto quanto.
Io forse ero uno di quei casi, perché conservavo diversi ricordi della mia vita antecedente, anche se fortemente sfuocati.
Scossi appena il capo: non era quello il momento di rivangare il passato.
Ora, il mio unico obiettivo era Kevin: per i ricordi nostalgici avrei avuto tempo poi, una volta fatto ritorno al castello, insieme a lui.
«Sembra essere una bella città...» commentò Cindra, scendendo dalla mia spalla e posizionandosi sulla piccola rientranza del finestrino, a guardare fuori.
«Ed è anche incredibilmente grande... come faremo a trovarlo?» aggiunsi, sconsolata: il tempo stringeva.
Ricordavo bene le parole di Roxanne: era prigioniero, ferito e deperito.
Involontariamente lo visualizzai incatenato ad una parete, i suoi zigomi duri e definiti, perfetti, sporchi di sangue, gli occhi chiusi, l’espressione sofferente.
Allontanai quel pensiero con veemenza e ribrezzo: come potevo anche solo prendere in considerazione un’idea simile?
Tuttavia, la situazione era quella, e spettava a me trovarlo.
Ma la domanda più importante, quella cruciale, dalla quale dipendeva tutto, era una, all’apparenza semplice, ma ben più complessa: come?
Non sapevo orientarmi, e già questo era un punto a mio sfavore.
Oltretutto, Parigi era grande.
Altro punto a mio svantaggio.
Non c’erano molte probabilità di trovarlo prima che facesse giorno, ma dovevo farcela: la notte era ancora giovane, ed io ero determinata a riuscire.
Vidi un mantello nero coprire la finestrella dalla quale prima era visibile il cocchiere-scheletro, segno che, probabilmente, ci stavamo avvicinando alla città.
Infine, eccola: vedevo gli edifici passarmi oltre, le finestre inondate di calda luce.
«Che nostalgia...» mormorai tra me, mandando un sospiro.
Sentii la carrozza sobbalzare appena e il rumore degli zoccoli dei cavalli che galoppavano sul legno: mi affacciai allo sportello, e vidi che stavamo attraversando un ponte sul Senna.
«Ma... i cavalli non erano scheletri?!» esclamai tra me, all’improvviso allarmata: se li avessero visti, si sarebbe sparso il panico.
Mi affacciai alla finestrella, sbirciando l’esterno: dei cavalli si vedeva la... pelle?
Sì, era proprio pelle: un nero manto di pelo li rivestiva.
Mi rimisi seduta, tirando un sospiro di sollievo: probabilmente era un altro incantesimo di Kevin.
All’improvviso, sentii nitrire i cavalli, tanto che saltai di nuovo in piedi.
Sentii il fondo della carrozza vacillare e un rumore di legno che si rompeva rimbombare nell’aria tutt’attorno.
«Che succede?!» esclamai, impaurita e angosciata.
La carrozza iniziò a vibrare, scossa sempre di più da qualcosa che non riuscii a definire.
Infine, ebbi la sensazione di precipitare: mi ritrovai sbattuta contro il sedile.
«CINDRA!! CINDRAAA!!!» chiamai, spaventata.
Nessuna risposta.
Aprii lo sportello, come ad uscire, ma mi sorprese un mare d’acqua, che inondò l’abitacolo.
Ero in preda al panico: il ponte era crollato, la carrozza pure ed ora ero alla mercé delle tremende correnti del fiume.
Di Cindra, nessuna traccia.
Pensai subito al peggio e mi sentii persa: ora ero realmente sola, in quel luogo a me ormai sconosciuto.
Che cosa potevo fare?
Un’ulteriore ondata mi colpì in pieno petto, trascinandomi sempre più verso l’interno dell’abitacolo.
L’acqua oramai mi sovrastava: non c’era più via di scampo.
Sentii all’improvviso qualcosa di duro cozzare violentemente contro la mia nuca, annebbiandomi la vista.
«Cindra... Kevin...» sussurrai debolmente in ultimo, mentre i miei sensi scemavano poco a poco.






Angolino autrice
Ecco il secondo capitolo! ^^
Ringrazio sinceramente xXxNekoChanxXx e Sachi Mitsuki per le recensioni allo scorso capitolo (e i complimenti).
Per quanto riguarda Ambrose... presto (anche se non troppo u-u) avrete sue notizie.
Well... al prossimo chappy! ^^
F.D.
   
 
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